Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4502 del 19/02/2021

Cassazione civile sez. II, 19/02/2021, (ud. 09/10/2020, dep. 19/02/2021), n.4502

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – rel. Presidente –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25686/2019 proposto da:

O.O.D., rappresentato e difeso dall’avvocato MASSIMO

GOTI, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 483/2019 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 19/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

09/10/2020 dal Presidente Dott. FELICE MANNA.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

O.O.D., cittadino (OMISSIS), proponeva ricorso innanzi al Tribunale di Brescia avverso la decisione della locale Commissione territoriale, che aveva respinto la sua richiesta di protezione internazionale o umanitaria. A sostegno della domanda deduceva che, a seguito della morte del padre, aveva avuto dei contrasti con uno zio, che rivendicava la proprietà di un terreno oggetto dell’eredità paterna, al fine di lucrare sull’indennità della prevista espropriazione. Aggiungeva di aver subito per tale fatto un’aggressione ad opera di persone armate, che avevano ucciso la sua unica sorella e procurato a lui ferite ad un polpaccio, e di non voler fare ritorno in Nigeria temendo di essere ucciso dallo zio.

Il Tribunale respingeva la domanda.

Del pari rigettato l’appello alla Corte distrettuale di Brescia, con sentenza n. 483/19. Limitatamente a quanto ancora rileva in questa sede di legittimità, la Corte territoriale escludeva, ai fini della concessione della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c), che nella zona di provenienza del richiedente (Delta State) fosse in atto un conflitto armato interno o internazionale, tale da ingenerare una situazione di violenza indiscriminata. Quest’ultima non era ravvisabile nella repressione delle proteste della popolazione per l’attività estrattiva delle compagnie petrolifere nel sud della Nigeria; nè le relative vicende avevano alcun collegamento con la narrazione del richiedente, avente ad oggetto una vicenda privata, in relazione alla quale questi avrebbe potuto rivolgersi alla polizia.

Avverso detta sentenza il richiedente propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo.

Il Ministero dell’Interno resiste con controricorso.

Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380-bis.1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. – Con l’unico motivo d’impugnazione è dedotta la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8,D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e art. 14, lett. c), in una con l’omesso esame del fatto decisivo inerente alla situazione generale della Nigeria e la relativa omessa attività istruttoria, il tutto ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria. Si sostiene che il richiedente, in caso di rientro in Nigeria, rischierebbe la vita o la tortura o altra forma di trattamento inumano o degradante, essendo egli ricercato dalla polizia. Si censura, quindi, che la Corte d’appello avrebbe omesso di valutare la complessiva situazione socio-politica della Nigeria (caratterizzata da corruzione della polizia ed inefficienza del sistema giudiziario), e di calare in essa la vicenda prettamente personale del richiedente.

2. – Il motivo è in parte inammissibile e in parte infondato.

2.1. – Inammissibile lì dove deduce un fatto – l’essere il richiedente ricercato dalla polizia, col connesso rischio di trattamenti disumani o degradanti (v. pag. 4 del ricorso) nuovo ed opposto alla narrazione personale posta a base della domanda di protezione. Dalla sentenza impugnata (in ciò non oggetto di censura) non si ricava affatto che il richiedente sarebbe ricercato dalla polizia, ma al contrario che egli, asseritamente vittima di un sopruso interpersonale e di un’aggressione, non avrebbe chiesto protezione alla polizia perchè la questione avrebbe dovuto essere risolta dal “re” (intendi, il capo villaggio).

2.2. – Infondato nella parte in cui suppone che il diritto alla protezione sussidiaria dipenda dalla situazione generale di degrado del Paese d’origine e dai rischi collegati. Per contro, la giurisprudenza di questa Corte è costante nell’affermare la necessità d’un rischio individualizzato, quanto alle fattispecie di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b); e di una situazione oggettiva di generale violenza indiscriminata – dettata da un conflitto esterno o da instabilità interna – percepita come idonea a porre in pericolo la vita o incolumità psico-fisica per il solo fatto di rientrare nel paese di origine, quanto alla previsione di cui alla lett. e) stesso articolo (cfr. tra le più recenti, nn. 19224/20 e 14350/20). Violenza indiscriminata che, nella specie, la Corte d’appello ha motivatamente escluso sulla base delle informazioni EASO 2017-2018, che parte ricorrente non ha efficacemente contraddetto mediante la deduzione di fonti qualificate più recenti e di diverso contenuto (sulla necessità della cui allegazione, v. nn. 22769/20 e 26728/19).

3. – In conclusione, il ricorso va respinto.

4. – Seguono, le spese, liquidate come in dispositivo.

5. – Ricorrono i presupposti processuali per il raddoppio, a carico del ricorrente, del contributo unificato, se dovuto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, che liquida in Euro 2.100,00, oltre spese prenotate e prenotande a debito. Sussistono a carico del ricorrente i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 9 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 febbraio 2021

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