Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4500 del 19/02/2021

Cassazione civile sez. I, 19/02/2021, (ud. 22/01/2021, dep. 19/02/2021), n.4500

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio P. – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21240/2020 proposto da:

Ministero dell’Interno, in persona del Ministro p.t. rappresentato e

difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui

uffici domicilia in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

– ricorrente –

contro

E.F., Er.An. elettivamente domiciliate in

Roma, Via Sistina, 121, presso lo studio dell’Avvocato Giovanna

Corrias Lucente, e rappresentate e difese dall’Avvocato Ezio Maria

Zuppardi, giusta procura speciale in calce controricorso;

– controricorrente –

nonchè

M.A., Comune di Arzano, Procura della Repubblica presso

il Tribunale di Napoli Nord, Procura Generale presso la Corte di

appello di Napoli, Procura Generale della Corte di Cassazione;

– intimati –

Avverso il decreto della CORTE D’APPELLO DI NAPOLI, depositato il

29/06/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

22/01/2021 dal Cons. Dott. Laura Scalia;

lette le conclusioni scritte del P.M., in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. NARDECCHIA Giovanni Battista, che ha

chiesto il rigetto del ricorso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Ministero dell’Interno ricorre con unico motivo per la cassazione del decreto in epigrafe indicato, con cui la Corte di appello di Napoli, in un giudizio in materia elettorale, introdotto ex art. 143 T.U.E.L. per la dichiarazione di incandidabilità di E.F., Er.An., M.A., Er.Ro. alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali successive al D.P.R. 22 maggio 2019, di scioglimento del consiglio comunale del Comune di Arzano, aveva dichiarato l’inammissibilità del gravame ritenendolo tardivo perchè il ricorso era stato depositato il 19 dicembre 2019 e quindi oltre il termine di dieci giorni dalla notifica del provvedimento di primo grado, la sentenza del Tribunale di Napoli Nord, notificata su istanza di M.A. il 14 novembre 2019 e su istanza di E.F. e Er.An. il 19 novembre 2019.

2. Resistono con controricorso E.F. e Er.An..

3. Il rappresentante della Procura Generale della Corte di cassazione ha depositato conclusioni scritte chiedendo il rigetto del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con unico articolato motivo la difesa erariale fa valere la nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 325,326 c.p.c., in combinato con gli artt. 737 e 742-bis c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

1.1. La Corte territoriale aveva ritenuto la tardività del proposto ricorso in appello per una erronea interpretazione delle norme processuali indicate non avendo valutato la compatibilità, non sorretta da automatismo, delle forme di cui agli artt. 737 c.p.c. e segg., con lo speciale procedimento previsto in materia di incandidabilità degli amministratori locali di cui all’art. 143, comma 11, T.U.E.L. quando con le loro condotte hanno dato causa allo scioglimento dei consigli comunali o provinciali per infiltrazioni di tipo mafioso.

1.2. Per il principio dell’apparenza processuale, poi, poichè il tribunale in primo grado aveva pronunciato con “sentenza”, per ciò stesso il mezzo di impugnazione, giusta la qualificazione data dal primo giudice al provvedimento di definizione del processo, doveva intervenire nel rispetto dei trenta giorni, termine ordinario secondo le richiamate disposizioni processual-civilistiche.

L’appello quindi, per il principio dell’apparenza, era tempestivo perchè depositato l’11 dicembre 2019 quando ancora non era decorso il termine di trenta giorni dalla notifica della sentenza del tribunale intervenuta su iniziativa delle parti l’11 ed il 19 novembre 2019.

2. Il motivo presenta profili che si prestano ad una valutazione di infondatezza e di inammissibilità.

2.1. Il motivo è infondato là dove la difesa erariale fa valere la nullità dell’impugnata ordinanza per avere ritenuto, nell’applicabilità delle norme del rito camerale, la decadenza dell’Amministrazione dal potere di impugnazione per avere proposto appello oltre il termine di dieci giorni fissato per il reclamo ex art. 739 c.p.c., comma 2.

2.1.1. Nel dare definizione al procedimento giurisdizionale previsto dal D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 143 (Testo unico enti locali), volto alla dichiarazione di incandidabilità degli amministratori responsabili delle condotte che hanno dato causa allo scioglimento dei consigli comunali o provinciali per infiltrazioni di tipo mafioso, questa Corte ha avuto occasione di precisare che il procedimento non ha natura impugnatoria, ma è riconducibile ad un ordinario giudizio camerale contenzioso di cui agli artt. 737 c.p.c. e segg., ferma la specialità dell’atto introduttivo da individuare, per la più recente giurisprudenza di legittimità, nella proposta del Ministero, di cui del menzionato art. 143, comma 11, che ha valore di atto introduttivo della lite unicamente in una accezione atecnica, in quanto idonea a provocare l’attivazione del potere d’impulso del tribunale volto alla fissazione dell’udienza camerale (Cass. 11/01/2017 n. 516).

Il modello processuale è quindi quello del giudizio camerale, richiamato all’art. 143, comma 11, T.U.E.L. là dove è previsto che “Si applicano, in quanto compatibili, le procedure di cui al libro IV, titolo II, capo VI, del codice di procedura civile”, salva la specialità della struttura dell’atto introduttivo, strumentale all’attivazione del procedimento e privo dei contenuti della litis denuntiatio, nell’ulteriore rilievo che le successive fasi dell’appello e dell’eventuale giudizio di rinvio dalla cassazione vanno introdotto con ricorso, tale essendo, per regola generale, la forma dell’atto introduttivo dei procedimenti camerali anche nella fase di impugnazione ex art. 739 c.p.c. (Cass. 31/07/2017 n. 19020, in particolare, p. 6 motivazione; convergono sulla necessità di adozione delle forme del giudizio ordinario camerale: Cass. 29/07/2015 n. 16048; Cass. SU, 30/01/2015 n. 1747).

2.1.2. Individuato nel ricorso l’atto introduttivo dell’appello resta da scrutinare se il termine e la sua decorrenza (definiti dall’art. 739 c.p.c., comma 2) siano compatibili con la tutela degli interessi primari in gioco di rilievo costituzionale, definiti dal diritto all’elettorato passivo e dalla tutela del buon andamento ed imparzialità dell’azione della pubblica Amministrazione (artt. 51 e 97 Cost.).

Nella giurisprudenza di questa Corte molteplici sono le pronunzie che affermano la cpmpatibilità del procedimento camerale contenzioso e la materia di diritti soggetti e status trovandosi a stabilire l’ammissibilità del ricorso per cassazione ex art. 111 Cost., comma 7 (Cass. SU 09/12/2008 n. 28873), esclusa ogni violazione del diritto di difesa e del principio del contraddittorio nel rito camerale ex art. 737 c.p.c. (Cass. 05/07/2018 n. 17717 in materia di protezione internazionale; per una ipotesi relativa al procedimento di equa riparazione per durata irragionevole del processo: Cass. 10/04/2014 n. 8421).

Come pure correttamente rilevato dal rappresentante della Procura Generale nelle rassegnate conclusioni, il procedimento camerale costituisce un modello processuale idoneo a contemperare esigenze di effettività della tutela del diritto del singolo cittadino ad accedere alle cariche elettive pubbliche con le esigenze di rapida definizione della questione della incandidabilità, destinata a frapporsi ad una gestione trasparente ed imparziale della res pubblica, nel necessario e strumentale procedere in giudizio con il rispetto dell’imparzialità e terzietà del giudice, nella facoltà riconosciuta alle parti di prendere parte al processo con parità delle armi.

In siffatta cornice, a tutela delle posizioni dei soggetti del procedimento camerale, si inserisce il principio per il quale nei procedimenti in Camera di consiglio che si svolgono nei confronti di più parti ed anche in quelli contenziosi assoggettati per legge al rito camerale, è la notificazione del decreto effettuata ad istanza di parte e non la comunicazione del cancelliere a far decorrere – tanto per il destinatario della notifica quanto per il notificante – il termine di dieci giorni per la proposizione del reclamo ai sensi dell’art. 739 c.p.c., comma 2 (Cass. 25/09/2017 n. 22314; Cass. 26/03/2003 n. 4482).

L’osservanza nella fattispecie in esame dell’indicato incombente, risultando il provvedimento appellato notificato al Ministero impugnante su istanza di M.A. il 14 novembre 2019 e su istanza di E.F. e Er.An. il 19 novembre 2019, conforta il giudizio di tutela piena delle ragioni del contraddittorio e di compatibilità del modello camerale adottato, segnatamente quanto alla previsione di cui all’art. 739 c.p.c., comma 2 – là dove è statuito che il reclamo del provvedimento di primo grado deve essere proposto entro dieci giorni dalla notifica – con le ragioni del diritto di difesa e l’esigenza di celerità nella definizione del giudizio.

2.2. Ogni ulteriore profilo del motivo di ricorso (tutela dell’affidamento da apparenza del diritto avendo il tribunale pronunciato con provvedimento qualificato come “sentenza” così da far ritenere come regolato dal rito ordinario il giudizio di appello, con conseguente applicabilità del termine breve di impugnazione di cui all’art. 326 c.p.c.) resta inammissibilmente proposto nel rilievo che l’accertamento di quali siano state le forme processuali in concreto adottate compete al giudice del merito, per un giudizio che resta al primo riservato e che condiziona anche la valutazione sulla tempestività dell’impugnazione.

3. Il ricorso è in via conclusiva infondato e va come tale rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese di lite secondo soccombenza come in dispositivo liquidate.

Si dà atto che non si applica il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il Ministero ricorrente al pagamento in favore di E.F. ed Er.An. delle spese di lite che liquida in Euro 2.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali al 15% forfettario sul compenso ed accessori di legge.

Dà atto che non si applica il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 22 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 19 febbraio 2021

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