Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4500 del 11/02/2022

Cassazione civile sez. VI, 11/02/2022, (ud. 19/01/2022, dep. 11/02/2022), n.4500

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 7492/2021 proposto da:

P.S., elettivamente domiciliato in Roma, presso lo studio

dell’avvocato ALESSANDRO FERRI, rappresentato e difeso dall’avvocato

GUGLIELMO GUERRA;

– ricorrente –

contro

UNIPOLSAI ASSICURAZIONI S.P.A., elettivamente domiciliata in ROMA,

presso lo studio dell’avvocato FRANCO TASSONI che la rappresenta e

difende;

– controricorrente –

e

CONSAP S.P.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2428/2020 emessa dalla CORTE D’APPELLO DI

BOLOGNA, depositata il 16/09/2020;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di Consiglio non

partecipata del 19/01/2022 dal Consigliere Relatore Dott. DELL’UTRI

MARCO.

 

Fatto

RILEVATO

che:

con sentenza resa in data 16/9/2020 (n. 2428/2020), la Corte d’appello di Bologna ha confermato la decisione con la quale il giudice di primo grado ha rigettato la domanda proposta da P.S. per la condanna della UnipolSai Assicurazioni s.p.a., in qualità di società designata dal Fondo di garanzia per le vittime della strada, e della Consap s.p.a. al risarcimento dei danni subiti dall’attore a seguito del sinistro stradale dedotto in giudizio;

a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha rilevato la correttezza della decisione del primo giudice nella parte in cui aveva escluso l’acquisizione di elementi di prova nel loro complesso sufficienti ad attestare l’avvenuta verificazione del sinistro secondo le modalità narrate dall’attore, con la conseguente mancata dimostrazione dell’illecito asseritamente commesso dall’ignoto autore del sinistro pretesamente dileguatosi a seguito del fatto;

avverso la sentenza d’appello, P.S. propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi d’impugnazione, illustrati da successiva memoria;

la UnipolSai Assicurazioni s.p.a. resiste con controricorso; la Consap s.p.a. non ha svolto difese in questa sede;

a seguito della fissazione della Camera di Consiglio, la causa è stata trattenuta in decisione all’odierna adunanza camerale, sulla proposta di definizione del relatore emessa ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo, il ricorrente si duole della nullità della sentenza impugnata (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4), per avere la corte territoriale disatteso la domanda risarcitoria avanzata dall’attore dopo aver ingiustamente rigettato l’ammissione della prova testimoniale del Capo-pattuglia della Polizia municipale (sopravvenuto sul luogo del fatto dopo l’incidente, e autore del verbale redatto in relazione al sinistro dedotto in giudizio), la cui escussione avrebbe certamente assicurato al processo l’acquisizione di elementi di valutazione determinanti ai fini dell’attestazione delle modalità di verificazione del sinistro stradale secondo la narrazione fornita dall’originario attore, non potendo ammettersi, come implicitamente desumibile dalla motivazione sul punto dettata dalla corte territoriale, che la prova di un fatto possa essere desunta esclusivamente sulla base della deposizione di testi oculari del fatto;

il motivo è inammissibile;

al riguardo, osserva il Collegio come, in relazione al caso di specie, sia appena il caso di richiamare il principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, ai sensi del quale, qualora con il ricorso per cassazione siano denunciati la mancata ammissione di mezzi istruttori e vizi della sentenza derivanti dal rifiuto del giudice di merito di dare ingresso a mezzi istruttori ritualmente richiesti (rifiuto che il giudice di merito non è tenuto a formalizzare in modo espresso e motivato, qualora l’inconcludenza dei mezzi istruttori invocati dalle parti possa implicitamente dedursi dal complesso della motivazione adottata: cfr. Sez. L, Sentenza n. 5742 del 25/05/1995, Rv. 492429 – 01), il ricorrente ha l’onere di dimostrare che con l’assunzione delle prove richieste la decisione sarebbe stata diversa, in base a un giudizio di certezza e non di mera probabilità, così da consentire al giudice di legittimità un controllo sulla decisività delle prove (cfr. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 23194 del 04/10/2017, Rv. 645753 – 01);

sul punto, varrà ribadire il principio secondo cui il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità, non già il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale, ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della congruità della coerenza logica, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr., ex plurimis, Sez. 5, Sentenza n. 27197 del 16/12/2011, Rv. 620709);

ciò posto, occorre rilevare l’inammissibilità della censura in esame, avendo il ricorrente propriamente trascurato di circostanziare gli aspetti dell’asserita decisività della mancata considerazione, da parte della corte territoriale, delle eventuali deposizioni di un teste che, come rilevato dallo stesso ricorrente, lungi dal riferire il racconto di un fatto direttamente percepito, avrebbe unicamente comunicato al giudice del merito le proprie personali interpretazioni e valutazioni dei dati obiettivi emersi dai fatti di causa (interpretazioni e valutazioni, peraltro, già formalizzate nel verbale redatto dallo stesso teste), dovendo conseguentemente ritenersi che, attraverso le odierne censure, il ricorrente altro non abbia prospettato se non una rilettura nel merito dei fatti di causa secondo il proprio soggettivo punto di vista, in coerenza ai tratti di un’operazione critica come tale inammissibilmente prospettata in questa sede di legittimità;

con il secondo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione dell’art. 2727 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5), per avere la corte territoriale erroneamente interpretato il contenuto della deposizione della teste C., negando alla stessa alcuna virtù rappresentativa del sinistro per come descritto dall’attore, in contrasto con il ragionevole significato di detta deposizione, di per sé interpretabile (unitamente agli altri mezzi di prova complessivamente acquisiti) come confermativa dell’avvenuta collisione tra il mezzo condotto dall’originario attore e il veicolo antagonista dileguatosi a seguito dell’incidente dallo stesso colpevolmente provocato;

il motivo è inammissibile;

osserva il Collegio come, con il motivo in esame, il ricorrente – lungi dal denunciare l’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata dalla norma di legge richiamata – si sia limitato ad allegare un’erronea ricognizione, da parte del giudice a quo, della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa: operazione che non attiene all’esatta interpretazione della norma di legge, inerendo bensì alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, unicamente sotto l’aspetto del vizio di motivazione (cfr., ex plurimis, Sez. L, Sentenza n. 7394 del 26/03/2010, Rv. 612745; Sez. 5, Sentenza n. 26110 del 30/12/2015, Rv. 638171), neppure coinvolgendo, la prospettazione critica del ricorrente, l’eventuale falsa applicazione delle norme richiamate sotto il profilo dell’erronea sussunzione giuridica di un fatto in sé incontroverso, insistendo propriamente lo stesso nella prospettazione di una diversa ricostruzione dei fatti di causa, rispetto a quanto operato dal giudice a quo;

nel caso di specie, al di là del formale richiamo, contenuto nell’epigrafe del motivo d’impugnazione in esame, al vizio di violazione e falsa applicazione di legge, l’ubi consistam delle censure sollevate dall’odierno ricorrente deve piuttosto individuarsi nella negata congruità dell’interpretazione fornita dalla corte territoriale del contenuto rappresentativo degli elementi di prova complessivamente acquisiti, dei fatti di causa o dei rapporti tra le parti ritenuti rilevanti;

si tratta, come appare manifesto, di un’argomentazione critica con evidenza diretta a censurare una (tipica) erronea ricognizione della fattispecie concreta, di necessità mediata dalla contestata valutazione delle risultanze probatorie di causa; e pertanto di una tipica censura diretta a denunciare il vizio di motivazione in cui sarebbe incorso il provvedimento impugnato;

ciò posto, il motivo d’impugnazione così formulato deve ritenersi inammissibile, non essendo consentito alla parte censurare come violazione di norma di diritto, e non come vizio di motivazione, un errore in cui si assume che sia incorso il giudice di merito nella ricostruzione di un fatto giuridicamente rilevante sul quale la sentenza doveva pronunciarsi, non potendo ritenersi neppure soddisfatti i requisiti minimi previsti dall’art. 360 c.p.c., n. 5, ai fini del controllo della legittimità della motivazione nella prospettiva dell’omesso esame di fatti decisivi controversi tra le parti;

le argomentazioni sin qui esposte, nel dar conto delle ragioni dell’inammissibilità delle censure esaminate, valgono a destituire di alcun rilievo le doglianze avanzate dal ricorrente con la memoria da ultimo depositata (circa il preteso denegato accesso alla giustizia mediante la proposta inammissibilità del ricorso), dovendo ricondursi, alle caratteristiche normative del giudizio di cassazione, la previsione della preliminare sottoposizione del ricorso a un introduttivo vaglio di ammissibilità come condizione per l’accesso alla valutazione del merito del ricorso: vaglio preliminare nella specie non superato in forza delle specifiche ragioni in precedenza illustrate;

sulla base di tali premesse, dev’essere formalmente dato atto dell’inammissibilità del ricorso, con la conseguente condanna del ricorrente al rimborso, in favore della società controricorrente, delle spese del presente giudizio, secondo la liquidazione di cui al dispositivo, oltre all’attestazione della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 7.000,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.

Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, della Corte Suprema di Cassazione, il 19 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2022

 

 

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