Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 450 del 11/01/2017

Cassazione civile, sez. II, 11/01/2017, (ud. 29/09/2016, dep.11/01/2017),  n. 450

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 13589/2012 proposto da:

D.A., (OMISSIS), D.M. (OMISSIS),

V.S. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, LUNGOTEVERE

FLAMINIO 22, presso lo studio dell’avvocato GIANLUIGI MARTINO, che

li rappresenta e difende;

– ricorrenti –

contro

T.A., S.U., K.A.M.,

T.D.M.I., elettivamente domiciliati in (OMISSIS), presso lo

studio dell’avvocato DINO COSTANZA, rappresentati e difesi

dall’avvocato MARIA CARMELA PERNICE;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1608/2011 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 13/04/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

29/09/2016 dal. Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO;

udito l’Avvocato MARTINO Gianluigi, difensore dei ricorrenti che si

riporta agli atti;

udito l’Avvocato COSTANZA Dino, con delega depositata in udienza

dell’Avvocato PERNICE Maria Carmela, difensore dei resistenti che si

riporta agli atti;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SERVELLO Gianfranco, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 28 marzo 1987 S.U., T.A. e K.A.M. convenivano in giudizio, davanti al Tribunale di Frosinone, D.G. e To.Gi. per sentire dichiarare, previa declaratoria di inefficacia ed invalidità della scrittura privata dell’8 settembre 1980, che i loro fondi non erano gravati da servitù di passaggio in favore di quelli dei convenuti.

Gli attori esponevano che:

S.U. era proprietario di terreni siti in (OMISSIS), distinti in Catasto al foglio 33, mappali (OMISSIS), su cui insisteva un fabbricato adibito a civile abitazione;

i coniugi T. – K. erano proprietari di un terreno pure sito in (OMISSIS), confinante con il fondo (OMISSIS), distinto in Catasto al foglio (OMISSIS), mappali (OMISSIS);

entrambe le proprietà erano raggiungibili dalla via pubblica (OMISSIS) mediante accesso realizzato a cura e spese degli attori stessi;

la strada insisteva sul fondo mappale (OMISSIS) di proprietà S., il quale aveva concesso servitù di passaggio al T., e per il restante su quello di proprietà dei coniugi T. – K., insistente sui mappali (OMISSIS);

sullo stradello così realizzato avevano cominciato a transitare i coniugi D. – To., proprietari dei fondi in Catasto ai mappali (OMISSIS), benchè il mappale (OMISSIS) confinasse con la strada pubblica;

nell’erronea convinzione che la proprietà dei convenuti fosse interclusa, era stata redatta una scrittura privata in data 8 settembre 1980, con cui era stato concesso il diritto di passaggio per la larghezza di metri 1 a partire dal confine tra i mappali (OMISSIS), fino a raggiungere il mappale (OMISSIS) per una lunghezza di metri 32;

successivamente, era stato accertato che il fondo dei convenuti aveva possibilità di accesso diretto dalla strada comunale.

Si costituivano D.G. e To.Gi., chiedendo il rigetto della domanda attrice, in quanto la scrittura privata summenzionata era solo servita ad ampliare il tracciato esistente sul tratto finale di una servitù di passo già esistente.

Essi domandavano, in via riconvenzionale, che fosse dichiarato il loro acquisto per usucapione della servitù di passaggio a carico dei fondi di proprietà degli attori di cui ai mappali (OMISSIS) e perchè fosse emessa sentenza ex art. 2932 c.c., produttiva degli effetti di cui alla suddetta scrittura privata.

Nel corso del giudizio, a seguito del decesso di T.A., si costituivano gli eredi T.A. e T.D.M.I..

Espletata l’istruttoria, il Tribunale di Frosinone, Sezione Stralcio, con sentenza n. 351/03, accoglieva la domanda attrice e rigettava quella riconvenzionale.

To.Gi., D.G., D.A. e D.M., la prima anche in proprio e tutti quali coeredi di D.G., proponevano appello, con atto notificato il 9 aprile 2004, contro la sentenza del Tribunale di Frosinone.

Si costituivano S.U., K.T.A.M., T.A. e T.D.M.I. e chiedevano il rigetto dell’appello.

La Corte di Appello di Roma, con sentenza n. 1608 del 2011, rigettava l’appello.

Avverso tale sentenza della Corte di Appello di Roma hanno proposto ricorso per cassazione D.A., D.M. e V.S., i primi due quali eredi dei genitori D.G. e To.Gi. e l’ultima quale erede di D.G., a sua volta erede di D.G. e To.Gi., articolandolo su tre motivi.

S.U., K.T.A.M., in proprio e quale erede di T.A., T.A., quale erede di T.A., e T.D.M.I., quale erede di T.A., hanno depositato en controricorso.

La causa è stata discussa alla pubblica udienza del 29.9.16, per la quale non sono state depositate memorie illustrative ex art. 378 c.p.c. e nella quale il Procuratore Generale ha concluso come in epigrafe.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primi due motivi di ricorso – rispettivamente riferiti al vizio di violazione di legge (artt. 1058 e 1376 c.c.) ed al vizio di insufficiente e/o illogica motivazione – i ricorrenti censurano la statuizione della sentenza gravata che ha negato che la contestata servitù di passaggio sui terreni T. – K. fosse stata costituita con la scrittura T. – K. / D. – To. dell’8 settembre 1980.

Con tali motivi – da trattare congiuntamente perchè hanno ad oggetto la medesima doglianza, prospettata, nel primo motivo, sotto il profilo della violazione di legge e, nel secondo motivo, sotto il profilo della il vizio di motivazione – si lamenta che la corte d’appello abbia erroneamente attribuito effetti obbligatori, invece che reali, alla suddetta scrittura costitutiva di servitù dell’8 settembre 1980; da tale errore, secondo i ricorrenti, sarebbe conseguito l’ulteriore errore di legare l’efficacia della suddetta scrittura all’adempimento di altra coeva scrittura avente ad oggetto la cessione di una striscia di terreno dal D. al T. e, quindi, di ritenere priva di effetti la scrittura di costituzione di servitù in ragione del ritenuto (e, peraltro, dai ricorrenti contestato) inadempimento del D. alla scrittura di trasferimento di una striscia di terreno.

I motivi vanno disattesi.

Al riguardo è opportuno precisare preliminarmente che la la statuizione della sentenza gravata che ha negato che la contestata servitù di passaggio sui terreni T. – K. fosse stata costituita con la scrittura T. – K. / D. – To. dell’8 settembre 1980 si fonda su due autonome rationes decidendi.

La prima ratio, censurata con i motivi di ricorso in esame, si fonda sul ritenuto collegamento negoziale tra le due scritture sopra menzionate e, quindi, sull’assunto che l’inadempimento del D. alla scrittura relativa al trasferimento di una striscia di terreno priverebbe di efficacia anche la scrittura relativa alla costituzione di una servitù di passo.

La seconda ratio consiste nell’affermazione che “quand’anche volesse sostenersi la validità ed efficacia della scrittura privata per cessione di diritto di passaggio con l’affermazione, quindi, del diritto dei To. – D. di passare sul fondo dei T. – K., in ogni caso una pronuncia in tal senso sarebbe inutiliter data, atteso che la proprietà T. – K. non ha accesso diretto alla strada pubblica” (pag. 17, ultimo cpv, della sentenza).

Ciò posto, osserva il Collegio che la seconda delle due rationes decidendi sopra riportate non è stata in alcun modo censurata dai ricorrenti e tanto basta per giudicare inammissibili, per carenza di interesse, i primi due motivi del ricorso per cassazione. Quand’anche tali motivi fossero da giudicare fondati, infatti, egualmente essi non potrebbero portare alla cassazione della statuizione di rigetto dell’azione confessoria servitutis spiegata in via riconvenzionale dei signori To. – D., giacchè tale statuizione di rigetto resterebbe autonomamente sorretta dalla seconda ratio sopra menzionata. Come più volte affermato da questa Corte (da ultimo, cfr. sent. 4293/16), infatti, il ricorso per cassazione non introduce un terzo grado di giudizio tramite il quale far valere la mera ingiustizia della sentenza impugnata, caratterizzandosi, invece, come un rimedio impugnatorio, a critica vincolata ed a cognizione determinata dall’ambito della denuncia attraverso il vizio o i vizi dedotti. Ne consegue che, qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla, è inammissibile il ricorso che non formuli specifiche doglianze avverso una di tali rationes decidendi.

Va peraltro aggiunto che la censura prospettata con il primo ed il secondo mezzo di ricorso presenta anche un profilo di inammissibilità intrinseco, giacchè essa attinge l’interpretazione operata dalla corte distrettuale in relazione alle scritture dell’8 settembre 1980 – concernenti, rispettivamente, la costituzione di una servitù ed il trasferimento di una striscia di terreno – senza, tuttavia, che in detti mezzi di ricorso venga dedotta alcuna violazione dei canoni di ermeneutica negoziale fissati dagli artt. 1362 c.c. e segg., nè vengano enunciati specifici profili di illogicità o lacunosità dell’interpretazione della corte d’appello secondo cui gli accordi contenuti in tali scritture sarebbero produttivi gli effetti obbligatori e non reali. Come più volte affermato da questa Corte (da ultimo, cfr. sent. 2465/15), infatti, in tema di interpretazione del contratto, il sindacato di legittimità non può investire il risultato interpretativo in sè, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, ma afferisce solo alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica e della coerenza e logicità della motivazione addotta, con conseguente inammissibilità di ogni critica alla ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca in una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto da questi esaminati.

Con il terzo motivo di ricorso – promiscuamente riferito al vizio di violazione di legge (art. 1158 c.c.) e al vizio di insufficiente motivazione sul punto fondamentale della controversia – i ricorrenti censurano la statuizione della sentenza gravata che ha rigettato la loro domanda di accertamento di acquisto per usucapione della servitù di passaggio in questione, giudicando non raggiunta la necessaria prova. I ricorrenti in sostanza si dolgono dell’apprezzamento delle risultanze istruttorie operato dalla corte distrettuale e argomentano che le deposizioni dei testi, il contenuto delle lettere del T. del 18 ottobre 1985 e del 9 giugno 1980 e l’assenza di altre vie di accesso al fondo avrebbero dovuto indurre la corte distrettuale a ritenere provata la loro domanda di usucapione.

Il motivo va disatteso perchè, pur denunciando promiscuamente un vizio di violazione di legge ed un vizio di motivazione, non individua, quanto al dedotto vizio di violazione di legge, alcuna esplicita od implicita affermazione in diritto della sentenza gravata che si ponga in contrasto con il disposto dell’art. 1158 c.c., nè individua, quanto al dedotto vizio di motivazione, alcun vizio logico dell’iter argomentativo sviluppato in detta sentenza, nè alcun fatto storico trascurato dalla corte distrettuale che, se adeguatamente valutato, avrebbe orientato diversamente l’accertamento di fatto da questa operato. La censura proposta con il motivo in esame, in sostanza, si appunta contro le conclusioni a cui è approdato il libero convincimento del giudice di merito e non contro eventuali vizi del percorso formativo di tale convincimento; essa cioè si risolve in una istanza di revisione, da parte della Corte di cassazione, delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito. La censura risulta dunque inammissibile, perchè, come questa Corte ha più volte affermato, anche prima della riforma recata dal D.L. n. 83 del 2012 (cfr. sent. n. 7972/07), nel giudizio di cassazione la deduzione del vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, non consente alla parte di censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali contenuta nella sentenza impugnata,contrapponendo alla stessa una sua diversa interpretazione, al fine di ottenere la revisione da parte del giudice di legittimità degli accertamenti di fatto compiuti dal giudice di merito: le censure poste a fondamento del ricorso non possono pertanto risolversi nella sollecitazione di una lettura delle risultanze processuali diversa da quella operata dal giudice di merito, o investire la ricostruzione della fattispecie concreta, o riflettere un apprezzamento dei fatti e delle prove difforme da quello dato dal giudice di merito.

Il ricorso va quindi, conclusivamente, rigettato.

Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna i ricorrenti a rifondere ai contro ricorrenti le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 2.000, oltre Euro 200 per esborsi ed oltre accessori di legge.

Si dà atto che la sentenza è stata redatta con la collaborazione dell’Assistente di studio Dott. C.D..

Così deciso in Roma, il 29 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2017

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