Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 450 del 11/01/2011

Cassazione civile sez. III, 11/01/2011, (ud. 03/12/2010, dep. 11/01/2011), n.450

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – rel. Consigliere –

Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 1701/2010 proposto da:

L.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,

VIA E. GIANTURCO 11, presso lo studio dell’avvocato CHIBBARO MARIO,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato TUFARIELLO

GIOVANNI giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

ITALIANA ASSICURAZIONI S.P.A., C.G.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2461/2009 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI 4^

Sezione Civile, emessa il 22/06/2009, depositata il 20/07/2009 r.g.n.

554 4/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/12/2010 dal Consigliere Dott. ANTONIO SEGRETO;

udito l’Avvocato MARIO CHIBBARO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L.A., quale procuratore speciale di L.D., albanese madre del defunto LL.La. conveniva con citazione notificata il 20.2.1997 davanti al tribunale di S. Maria Capua Vetere C.G. ed la sua assicuratrice la Italiana Assicurazioni s.p.a., per sentirli condannare al risarcimento del danno che essa L.D. aveva subito a seguito del decesso del figlio investito dall’auto Mercedes del C. mentre viaggiava su una bicicletta nella frazione (OMISSIS).

Si costituiva l’Italiana Assicurazioni s.p.a. e tra l’altro eccepiva la mancanza della condizione di reciprocità ai sensi dell’art. 16 preleggi, in relazione all’attrice albanese. Il tribunale adito dichiarava inammissibile la domanda per tale ragione con sentenza n. 757 del 29.1.2003.

La corte di appello di Napoli, adita dall’attrice,con sentenza depositata il 20 luglio 2009 rigettava l’appello, ritenendo che nella fattispecie operava la condizione di reciprocità di cui all’art. 16 preleggi, in relazione all’ordinamento albanese; che tale condizione doveva essere provata dall’attrice; che nessuna prova era stata offerta. L’attrice veniva condannata al pagamento delle spese processuali in favore dell’assicuratrice. Avverso questa sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’attrice.

Non hanno svolto attività difensiva gli intimati.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo di ricorso la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 6 del Trattato della Comunità Europea, ratificato con L. 14 ottobre 1957, del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 2, nonchè degli artt. 2, 3, 10, 24, e 32 Cost..

Assume la ricorrente che, poichè il diritto alla salute ed all’integrità fisica sono costituzionalmente garantiti, nella fattispecie non operava la condizione di reciprocità di cui all’art. 16 preleggi.

2.1. Il motivo è fondato e va accolto.

L’art. 16 preleggi, in tema di trattamento dello straniero, statuisce al comma 1, che: “Lo straniero è ammesso a godere dei diritti civili attribuiti al cittadino a condizione di reciprocità e salve le disposizioni contenute in leggi speciali”. La giurisprudenza afferma pacificamente che l’esistenza della condizione di reciprocità prevista dall’art. 16 preleggi si pone come fatto costitutivo del diritto azionato dallo straniero, che deve essere provato in caso di contestazione; che conseguentemente, la contestazione da parte del convenuto italiano della condizione di reciprocità attiene alla mera difesa nel merito e non integra l’eccezione di difetto di giurisdizione (Cass. S.U. n. 24814/2007).

2.2. Il problema si pone in relazione all’applicabilità della condizione di reciprocità in tema di risarcimento del danno alla persona da circolazione stradale. Sul punto vi è nella giurisprudenza di merito ampio contrasto.

Accanto a sentenze che escludono ogni forma di risarcimento in assenza della condizione di reciprocità (quale è quella impugnata), ve ne sono altre (antecedenti alla sentenza delle S.U. n. 26972/2008) che ammettono tale risarcimento anche indipendentemente dalla prova sull’esistenza della condizione di reciprocità per il solo danno biologico, quale diritto fondamentale. Altre estendono il risarcimento anche al danno morale della sola vittima; altre dispongono il risarcimento anche del danno morale sofferto dal prossimo congiunto. La maggioranza delle sentenze di merito esclude, in assenza della condizione di reciprocità, il risarcimento del danno patrimoniale, anche se conseguente della lesione alla persona.

2.3. La giurisprudenza di legittimità ha trattato la questione con la sentenza 10/02/1993, n. 1681 in un procedimento in cui la domanda risarcitoria era stata proposta da un soggetto egiziano contro il fondo di garanzia ed ha statuito che, in caso di sinistro stradale causato da un veicolo o natante non identificato o non coperto di assicurazione, lo straniero che vuole esercitare il diritto al risarcimento del danno nei confronti del fondo di garanzia per le vittime della strada, previsto dalla L. 24 dicembre 1969, n. 990, art. 19, deve solo dimostrare, ai sensi dell’art. 16 preleggi, che lo Stato cui appartiene riconosce, senza limitazioni discriminatorie per il cittadino italiano, i diritti civili connessi al risarcimento del danno ed all’istituto dell’assicurazione, essendo del tutto irrilevante la carenza, nell’ordinamento straniero, di un istituto analogo a quello del fondo di garanzia che, avendo funzione risarcitoria e non indennitaria, attiene non al diritto ma alle modalità attraverso le quali nello Stato italiano è assicurato il risarcimento del danno.

In effetti la sentenza in questione, pur riconoscendo la tutela dei diritti inviolabili dello straniero, individuati dalla Costituzione, quanto alla tutela risarcitoria degli stessi attraverso il sistema assicurativo, ribadiva l’operatività in materia dell’art. 16 preleggi, comma 1.

La questione relativa alla possibilità della domanda (da parte di danneggiato extracomunitario) di risarcimento del danno con azione diretta nei confronti dell’assicuratore per la rea, a prescindere dalla condizione di reciprocità, non risulta successivamente affrontata da questa Corte.

2.4. Nelle sentenze di questa Corte n. 10504 del 07/05/2009 e n. 4484 del 24.2.2010, risulta affermato il principio per cui l’art. 16 preleggi, sulla condizione di reciprocità è applicabile solo in relazione ai diritti non fondamentali della persona dal momento che i diritti fondamentali, come quelli alla vita, all’incolumità ed alla salute, siccome riconosciuti dalla Costituzione, non possono essere limitati da tale articolo, con la conseguenza che la relativa tutela deve essere assicurata, indipendentemente dalla cittadinanza (italiana, comunitaria ed extracomunitaria).

Tuttavia entrambe le sentenze, al di là dell’affermazione suddetta di principio, non si pongono il diverso problema se l’inviolabilità del diritto leso comporti che il cittadino straniero, a prescindere dalla condizione di reciprocità, possa esperire la tutela risarcitoria non solo nei confronti del danneggiante, ma anche nei confronti di soggetto responsabile per fatto altrui (quale il proprietario, non conducente dell’auto, a norma dell’art. 2054 c.c., ovvero il padrone o il committente a norma dell’art. 2049 c.c.) ovvero possa proporre tale domanda risarcitoria direttamente nei confronti dell’assicuratore della rea.

In altri termini, come avevano ben osservato Cass. 10/02/1993, n. 1681 e la dottrina che la criticò, una questione è quella della risarcibilità del danno da lesione di diritto inviolabile dell’uomo, tutelabile ex art. 2 Cost., a prescindere dalla condizione di reciprocità anche se trattasi di cittadino extracomunitario, altra cosa è l’allocazione del costo del risarcimento di tale danno, e cioè oltre che nella sfera del danneggiante (come è nella logica delle cose), anche direttamente in quella di un soggetto diverso dal danneggiante (segnatamente l’assicuratore).

Le due sentenze suddette (n. 10504 del 07/05/2009 e n. 4484 del 24.2.2010) hanno condannato al risarcimento del danno alla persona da sinistro stradale due Società assicuratrici della rea, ma non emerge il percorso attraverso cui sono giunti a tale conclusione, non essendo da sola sufficiente l’applicazione del richiamato principio di cui all’art. 2 Cost. (che si limita ad assicurare la tutela).

Ciò è invece importante, non tanto a fini dogmatici, che atomisticamente considerati – non interessano questa sede, ma perchè, solo individuando i principi attraverso i quali si giunge a questa diversa allocazione della pretesa risarcitoria nella sfera di soggetti estranei al sinistro stradale (quelli che rispondono per il fatto del conducente ovvero l’assicuratore della rea), si possono individuare i confini ed il contenuto della responsabilità di questi altri soggetti e quindi risolvere i contrasti esistenti nella giurisprudenza di merito, sopra richiamati.

3.1. Ritiene questa Corte che l’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 16 preleggi, comporti non solo che della condizione di reciprocità non debba tenersi conto ai fini di assicurare allo straniero il risarcimento della lesione di un diritto inviolabile della persona costituzionalmente garantito (fin qui in applicazione dell’art. 2 Cost.), ma anche che lo straniero danneggiato possa avvalersi di tutti gli strumenti risarcitori apprestati per il cittadino, anche se essi sono diretti verso un soggetto diverso da quello che ha provocato la lesione.

Il codice del 1865, in omaggio ad un principio di solidarietà dei popoli, ispirato, in parte, dalle vicende risorgimentali, aveva operato un’equiparazione nel trattamento giuridico, ammettendo lo straniero a godere incondizionatamente dei diritti civili riconosciuti al cittadino (art. 3).

In un clima più sensibile al principio di nazionalità, nonchè a tutela dell’aumentato flusso migratorio degli italiani verso l’estero, il codice del 1942 (tanto le preleggi che il libro primo erano stati approvati, peraltro, già con il R.D. 12 dicembre 1938, n. 1852), pur ripetendo la medesima formula iniziale del codice del 1865, ha subordinato il godimento dei diritti da parte dello straniero nel territorio dello Stato alla “condizione di reciprocità”.

E’ da sottolineare, tuttavia, come è stato rilevato da più parti, che tale condizione, derivante dal rilievo della diversità di trattamento riservata allo straniero da numerosi ordinamenti, costituisce una forma di “ritorsione” (o, per alcuni, secondo un paradigma ben noto al diritto internazionale, di “rappresaglia”), idonea a stimolare i vari ordinamenti statuali verso una parificazione dei trattamenti.

Non è inopportuno precisare inoltre, in proposito, che l’art. 16 si riferisce esclusivamente alla capacità di diritto privato, concernente la materia familiare, testamentaria, contrattuale, etc., laddove i cosiddetti diritti politici rimangono in linea di massima riservati ai cittadini, indipendentemente da qualsiasi riferimento alla regolamentazione che assumono negli altri Stati.

3.2. L’entrata in vigore della Costituzione repubblicana, in un clima del tutto nuovo, ha fatto sorgere – e pone – il problema se l’art. 16, debba ritenersi tuttora in vigore o non ne sia, quanto meno, in qualche modo derogato: una tale verifica costituisce il necessario presupposto di ogni ulteriore esame.

Si è fatto riferimento, allo scopo agli artt. 2, 3, 10 e 24 Cost..

Si è affermato (con riferimento all’art. 24) che l’attribuzione a “tutti” (e quindi anche agli stranieri) della facoltà di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi, senza alcun riferimento alla reciprocità (in tal senso, ad es., Corte Cost. 15 marzo 1972, n. 50) comporterebbe l’incondizionata ammissione dello straniero al godimento anche di detti diritti ed interessi.

Il richiamo è, in realtà, frutto di una confusione concettuale tra le posizioni di diritto sostanziale e la loro tutela giudiziale. Il diritto di accesso a tale forma di tutela non risolve, in realtà, il problema di diritto sostanziale, ma lo presuppone, nel senso che allorchè sia riconosciuto dall’ordinamento un determinato diritto, si prescinde da ogni condizione di reciprocità ai fini della sua tutela giurisdizionale.

3.3. Diverso è il rapporto tra l’art. 2 Cost., e l’art. 16 preleggi.

L’art. 2 Cost., “riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo”, escludendo quindi, in tale ambito, qualsiasi distinzione fondata sul criterio della reciprocità.

Il criterio della gerarchia delle fonti ed il principio c.d. di “ndrittwirkung” delle norme costituzionali (per cui le norme costituzionali di garanzia dei diritti fondamentali della persona sono pienamente e direttamente operanti, anche nei rapporti tra privati, cfr. Corte Cost., n. 184 del 1986), impongono quindi un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 16 preleggi, per cui i diritti inviolabili della persona umana sono riconosciuti dal nostro ordinamento in favore di ogni individuo (sia esso anche extracomunitario), indipendentemente dal riconoscimento di eguale diritto in favore del cittadino italiano nello Stato a cui si appartiene lo straniero.

3.4. La sentenza di questa Corte n. 1681/1993, come notato dalla dottrina più attenta, finiva per limitare i diritti inviolabili dell’uomo a quelli successivamente e specificamente elencati dalla stessa carta Costituzionale (art. 13 e segg.).

Va invece osservato che il catalogo dei diritti inviolabili dell’uomo, costituzionalmente garantiti, non costituisce numero chiuso.

La tutela non è ristretta ai casi di diritti inviolabili della persona espressamente riconosciuti dalla Costituzione nel presente momento storico, ma, in virtù dell’apertura dell’art. 2 Cost., ad un processo evolutivo, deve ritenersi consentito all’interprete rinvenire nel complessivo sistema costituzionale indici che siano idonei a valutare se nuovi interessi emersi nella realtà sociale siano, non genericamente rilevanti per l’ordinamento, ma di rango costituzionale attenendo a posizioni inviolabili della persona umana (Cass. S.U. 11 novembre 2008 n. 26972) Ne consegue che l’art. 2 Cost. non ha comportato l’abrogazione dell’art. 16 preleggi, ma ha solo escluso che tra i diritti, la cui tutela è sottoposta alla condizione di reciprocità, rientrino anche quei diritti inviolabili dell’uomo, costituzionalmente garantiti, rimando tale norma, invece operativa per tutti gli altri “diritti civili”.

3.5. Questa interpretazione costituzionalmente orientata trova riscontro nella L. 6 marzo 1998, n. 40, art. 2, (poi trasfuso nel t.u. D.P.R. n. 286 del 1998, art. 2, sulla condizione dello straniero), che statuisce al comma 1: “Allo straniero comunque presente alla frontiera o nel territorio dello Stato sono riconosciuti i diritti fondamentali della persona umana previsti dalle norme di diritto interno, dalle convenzioni internazionali in vigore e dai principi di diritto internazionale generalmente riconosciuti”.

Detta norma è quindi sul punto ricognitiva dell’esistente, proprio perchè il riconoscimento di tali diritti inviolabili già derivava in favore dello straniero direttamente dall’art. 2 Cost..

Sennonchè la tutela somministrata dall’art. 2 Cost., nei confronti dello straniero è ben più ampia di quella di cui alla L. n. 40 del 1998.

Anzitutto la L. n. 40 del 1998, art. 2, è norma di diritto sostanziale (non apparendo predicabile una possibile diversa natura della stessa), con la conseguenza che essa dispone solo per il tempo successivo alla sua entrata in vigore (1998).

Tale norma non è quindi applicabile nella fattispecie, poichè il sinistro stradale mortale si verificò nel 1996.

Inoltre il riconoscimento dei diritti fondamentali è accordato dalla 1. n. 40/1998 allo straniero, solo a condizione che questi si trovi alla frontiera o nel territorio nazionale.

Il che significa che al momento della lesione del diritto fondamentale, lo straniero danneggiato deve trovarsi in Italia, non essendo sufficiente che egli lo sia solo successivamente, quando la fattispecie lesiva è ormai esaurita.

Quindi l’attuale attrice sulla base della L. n. 40 del 1998, art. 2, non vedrebbe tutelato il suo diritto all’inviolabilità del rapporto parentale con il figlio, in quanto nel momento dell’uccisione del giovane, essa non si trovava in Italia, ma in Albania (anche in questo giudizio essa è presente per il tramite di un procuratore speciale).

Invece l’art. 2 Cost., “riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo”, indipendentemente dal luogo in cui si trovi il titolare, essendo – ovviamente- solo necessario che la lesione di tali diritti avvenga nel territorio dello Stato italiano.

3.6. Pertanto allo straniero, indipendentemente dalla condizione di reciprocità, compete il risarcimento dell’intero danno non patrimoniale, di cui all’art. 2059 c.c., allorchè esso sia liquidato non come ipotesi espressamente prevista dalla legge (nella formulazione letterale ed originaria della norma), ma quale risarcimento della lesione di un valore della persona umana, costituzionalmente garantito, giusta l’interpretazione formatasi a seguito del revirement inaugurato dalle sentenze n. 8827 ed 8828 del 2003.

Anche per il danno non patrimoniale risarcibile allo straniero vale quanto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte con sentenza 11.11.2008 n. 26972, per cui il danno non patrimoniale da lesione della salute costituisce una categoria ampia ed omnicomprensiva, nella cui liquidazione il giudice deve tenere conto di tutti i pregiudizi concretamente patiti dalla vittima, ma senza duplicare il risarcimento attraverso l’attribuzione di nomi diversi a pregiudizi identici. Ne consegue che è inammissibile, perchè costituisce una duplicazione risarcitoria, la congiunta attribuzione alla vittima di lesioni personali, ove derivanti da reato, del risarcimento sia per il danno biologico, sia per il danno morale, inteso quale sofferenza soggettiva, il quale costituisce necessariamente una componente del primo (posto che qualsiasi lesione della salute implica necessariamente una sofferenza fisica o psichica), come pure la liquidazione del danno biologico separatamente da quello c.d.

estetico, da quello alla vita di relazione e da quello cosiddetto esistenziale. Il riferimento a determinati tipi di pregiudizio, in vario modo denominati (danno morale, danno biologico, danno da perdita del rapporto parentale), risponde ad esigenze descrittive, ma non implica il riconoscimento di distinte categorie di danno. E’ compito del giudice accertare l’effettiva consistenza del pregiudizio allegato, a prescindere dal nome attribuitogli, individuando quali ripercussioni negative sul valore – uomo si siano verificate e provvedendo alla loro integrale riparazione,, ma senza duplicazioni.

3.7. In questo concetto unitario di danno non patrimoniale e della sua conseguente liquidazione, non ha più senso discutere se allo straniero competa oltre al risarcimento del danno biologico anche quello del danno morale: anche lo straniero ha diritto al risarcimento integrale dell’intero danno non patrimoniale di cui all’art. 2059 c.c..

4. Egualmente nei confronti dello straniero va applicata la giurisprudenza di questa Corte in tema di risarcimento del danno non patrimoniale subito dai prossimi congiunti della vittima deceduta.

Ciò è conseguenza del fatto che il danno subito in conseguenza dell’uccisione del prossimo congiunto, per la definitiva perdita del rapporto parentale, concretandosi nell’interesse all’intangibilità della sfera degli affetti e della reciproca solidarietà nell’ambito della famiglia, nonchè all’inviolabilità della libera e piena esplicazione delle attività realizzatrici della persona umana nell’ambito della famiglia, la cui tutela – alla stregua dei principi sanciti con le sentenze nn. 8827 e 8828 del 2003 della Corte di cassazione – è individuabile negli artt. 2, 29 e 30 Cost., si colloca nell’area del danno non patrimoniale di cui all’art. 2059 c.c., (Cass. 19/01/2007, n. 1203).

Anche in questa ipotesi la perdita di una persona cara implica necessariamente una sofferenza morale, la quale non costituisce un danno autonomo, ma rappresenta un aspetto – del quale tenere conto, unitamente a tutte le altre conseguenze, nella liquidazione unitaria ed omnicomprensiva – del danno non patrimoniale (Cass. Sez. Unite, 11/11/2008, n. 26972).

5.1. Negli stessi termini, relativamente all’inoperatività della condizione di reciprocità, si pone la questione del risarcimento in favore dello straniero del danno patrimoniale, purchè conseguente alla lesione di un valore della persona umana costituzionalmente garantito.

Infatti il danno risarcibile, nella struttura della responsabilità aquilana, sia esso patrimoniale che non patrimoniale, è sempre un danno conseguenza di un fatto lesivo.

Per “fatto lesivo” deve intendersi: una condotta (commissiva o omissiva), un nesso causale ed un evento lesivo.

Allorchè questo evento lesivo attinge un valore della persona umana costituzionalmente garantito e quindi un diritto inviolabile della persona, scatta la tutela dell’ordinamento.

La riparazione mediante indennizzo (ove non sia praticabile quella in forma specifica) costituisce la forma minima di tutela, ed una tutela minima non è assoggettabile a specifici limiti, poichè ciò si risolve in rifiuto di tutela nei casi esclusi (v. Corte Cost., sent.

n. 184/86, che si avvale tuttavia dell’argomento per ampliare l’ambito della tutela ex art. 2043 c.c., al danno non patrimoniale da lesione della integrità biopsichica; nonchè Cass. n. 8828/2003; ma l’argomento si presta ad essere utilizzato anche in questa sede).

Se il danno patrimoniale è conseguenza della lesione del diritto inviolabile alla salute e quindi all’integrità psicofisica, la tutela risarcitoria apprestata investe ogni danno conseguente a tale lesione della persona umana: è il bene leso che caratterizza la diretta copertura costituzionale della tutela, mentre il danno conseguenza (patrimoniale e non patrimoniale) individua solo la perdita (o il pregiudizio) in concreto verificatasi e risarcibile.

5.2. Eguale discorso va effettuato in caso di uccisione di congiunto dello straniero.

Anche in questo caso la tutela risarcitoria (non derogata dalla condizione di reciprocità), derivando dall’evento lesivo dei valori costituzionali attinenti alla famiglia ed al rapporto parentale (artt. 2, 29 e 30 Cost.), e quindi integranti diritti inviolabili dell’uomo, copre sia il danno conseguenza patrimoniale che quello non patrimoniale.

5.3. Non potrà invece essere fatto valere, in assenza della condizione di reciprocità, il danno da perdita o danneggiamento di cose (generalmente il veicolo) subito dallo straniero extracomunitario (per i cittadini dell’Unione Europea, invece, opera l’art. 6 del Tratto CE, ratificato con L. n. 3 del 1957, per cui essi non possono essere discriminati dalla legislazione italiana nell’esercizio dei diritti civili).

In questo caso, infatti, ciò che è leso è il diritto alla proprietà di quello specifico bene e tale diritto non costituisce, secondo l’opinione prevalente, un diritto inviolabile della persona umana.

6.1. L’ulteriore problema che si pone è se tale tutela risarcitoria dello straniero per il danno alla persona o al prossimo congiunto della vittima deceduta possa essere fatto valere, oltre che contro il responsabile del sinistro, anche contro l’assicuratore dello stesso con l’azione diretta di cui alla L. n. 990 del 1969, art. 18, (ed ora D.P.R. n. 209 del 2005, art. 144) ovvero nei confronti del Fondo di garanzia per le vittime della strada (L. n. 990 del 1969, art. 19 e segg., ed ora D.P.R. n. 209 del 2005, art. 283 e segg.).

Anche sul punto vi è contrasto nella giurisprudenza di merito.

6.2. Coloro che hanno sostenuto l’esperibilità da parte dello straniero dell’azione diretta nei confronti dell’assicuratore o del fondo di garanzia hanno affermato che era sufficiente per ritenere esistente la condizione di reciprocità di cui al’art. 16 preleggi, che non vi fossero nei confronti del cittadino italiano discriminazioni nell’ordinamento dello straniero, indipendentemente da quale fosse la tutela ivi accordata.

La tesi non può essere condivisa perchè la condizione di reciprocità esige di essere verificata sotto un duplice e concorrente profilo.

Sia nel senso che lo Stato a cui lo straniero appartiene riconosca nel proprio ordinamento un diritto corrispondente, in via generale ed astratta, a quello che egli intende esercitare in Italia, sia nel senso che tale ordinamento non ponga discriminazioni a danno del cittadino italiano in ordine all’esercizio di quel diritto nello Stato estero. Da ciò consegue che il diritto dal cui godimento il cittadino italiano risulti escluso sul territorio dello Stato straniero, per il difetto dell’uno o dell’altro dei due requisiti, sarà negato in Italia al cittadino di quello Stato.

6.3. Altra giurisprudenza ha ritenuto ammissibile l’azione diretta attraverso un’interpretazione lata del sintagma “diritti civili” e del concetto di “reciprocità”.

Questa giurisprudenza ha ritenuto, sulla base del precedente di questa Corte 10.2.1993, n. 1681 che, per potersi esperire l’azione contro il fondo di garanzia per le vittime della strada era sufficiente che nello stato estero vi fosse l’istituto dell’assicurazione per la responsabilità civile senza discriminazioni nei confronti del cittadino italiano, essendo la mancanza del Fondo di garanzia irrilevante, in quanto costituiva solo una modalità del risarcimento e non atteneva al diritto. La suddetta sentenza, quindi, riteneva applicabile nella fattispecie la condizione di reciprocità di cui all’art. 16 preleggi, ma svalutava le disposizioni di cui alla L. n. 990 del 1969, artt. 19 e 20, a mere modalità di esercizio di un diritto risarcitorio genericamente riconosciuto, attesa l’attribuita possibilità di azionarlo nei confronti di soggetti ulteriori, accanto al conducente ed al proprietario.

La dottrina ha rilevato che nella fattispecie non si trattava di una generica modalità di esercizio dello stesso diritto risarcitorio ma della creazione di un’ulteriore situazione giuridica soggettiva in capo al danneggiato, consentendo l’indirizzarsi della pretesa risarcitoria direttamente nei confronti di soggetti che non lo sarebbero altrimenti (nella fattispecie esaminata il Fondo di garanzia, ma l’osservazione vale anche per l’assicuratore convenuto con azione diretta), così accordando un’effettività risarcitoria altrimenti inesistente, poichè l’astratto riconoscimento di un diritto risarcitorio nei confronti di persona sconosciuta equivale a un “non diritto”. Le critiche suddette non paiono prive di fondamento.

7.1. Sennonchè la soluzione della questione la si trova sullo stesso piano costituzionale, in cui ci si è posti.

Infatti una volta adottato il criterio dell’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 16 preleggi, tale percorso interpretativo non può arrestarsi al solo art. 2 Cost., ma va compiuto per intero, per cui in tutte le ipotesi per le quali lo straniero può far valere la tutela risarcitoria in deroga alla disciplina di cui all’art. 16 preleggi, per la lesione di un diritto inviolabile dell’uomo, essendo questo direttamente riconosciuto dall’art. 2 Cost., tale tutela gli andrà accordata anche in osservanza del principio di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost., e cioè nelle stesse forme in cui viene somministrata al cittadino italiano, salvo che non sia espressamente previsto in modo diverso dalla legge (la quale peraltro non si deve prestare a vizio di irragionevolezza sindacabile dal Giudice delle Leggi).

7.2. A tal proposito la Corte costituzionale ha statuito che, per quanto il principio di eguaglianza (art. 3 Cost.) si riferisca espressamente ai soli cittadini, esso vale anche per lo straniero, quando si tratta di tutelare i diritti fondamentali ed inviolabili della persona individuati dalla Carta Costituzionale, e ciò anche in sintonia con l’art. 10 Cost., comma 2, in relazione con l’art. 14 della Convenzione Europea che sancisce il diritto dello straniero all’eguaglianza, proclamato anche dagli artt. 2 e 7 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (Corte cost., 23/11/1967, n. 120; Corte cost. 27/04/1988, n. 490; Corte cost., 24/02/1994, n. 62; Corte cost., 23/11/1967, n. 120; Corte cost., 23/07/1974, n. 244; Corte cost., 20/01/1977, n. 46).

7.3. Da ciò deriva che, poichè, in tema di risarcimento del danno da circolazione stradale, al cittadino italiano non solo gli è riconosciuta ex art. 2043 c.c., la generica azione da responsabilità aquiliana nei confronti dell’autore del fatto illecito (generalmente il conducente), ma anche ex art. 2054 c.c., l’azione per responsabilità solidale nei confronti del proprietario e del conducente dell’automezzo, assistita da presunzione di colpa, ed altresì l’azione diretta nei confronti dell’assicuratore della responsabilità civile (o del Fondo di garanzia) nelle ipotesi già previste dalla L. n. 990 del 1969, ed attualmente dal codice delle assicurazioni, di cui al D.P.R. n. 209 del 2005, eguali azioni vanno riconosciute in favore dello straniero, anche extracomunitario, per ogni tipo di danno (patrimoniale o non patrimoniale) conseguente alla lesione dell’integrità psicofisica ovvero di altro valore della persona umana, costituzionalmente garantito (quale quello relativo al rapporto parentale – familiare).

Per quanto, invece, riguarda l’azione risarcitoria da circolazione stradale per danni alle cose (generalmente il veicolo), al cittadino straniero, ma comunitario, egualmente competono le suddette azioni, nei casi in cui esse competono al cittadino italiano, stante il divieto di discriminazione tra cittadino italiano e cittadino comunitario.

Per il cittadino straniero extracomunitario in tale ultima ipotesi opera la condizione di reciprocità e quindi il risarcimento per danni alle cose conseguenti a sinistro stradale è accordato nei limiti in cui eguale azione risarcitoria è esperibile dal cittadino italiano nella nazione dell’extracomunitario.

8.1. Alla legittimità dell’azione diretta nei confronti del solo assicuratore contraente da parte del danneggiato extracomunitario si può giunge anche attraverso una via tutta civilistica, fondata sul contratto di assicurazione con quello specifico assicuratore.

La premessa è sempre che, per effetto della lettura costituzionalmente orientata dell’art. 16 preleggi, alla luce dell’art. 2 Cost., la tutela dei diritti inviolabili dell’uomo non è sottoposta alla condizione di reciprocità e quindi che essa va sempre accordata, con allocazione del costo del risarcimento quanto meno a carico del danneggiante.

Sennonchè questa è la prospettiva del danneggiato, avulsa dal contesto in cui si sia precedentemente mosso il danneggiante. La diversa prospettiva da cui porsi è appunto quella del danneggiante, il quale abbia stipulato un contratto per la rea a norma della L. n. 990 del 1969 (ora D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209) per vedersi coperto da ogni rischio risarcitorio nei confronti di ogni soggetto danneggiato, e tra questi, proprio per effetto della lettura costituzionale dell’art. 16 preleggi, vi è necessariamente anche la persona extracomunitaria relativamente alle sole lesioni di diritti inviolabili.

8.2. Tale contratto, secondo la dottrina maggioritaria, attribuisce al creditore danneggiato un diritto autonomo di natura sostanziale (e non solo una mera legittimazione) nei confronti dell’assicuratore, cui corrisponde l’obbligo di quest’ultimo di pagare a lui direttamente il risarcimento. Proprio per tale struttura il contratto in questione è stato ritenuto da parte della dottrina come contratto a favore di terzo, da altra come contratto per conto dello stesso danneggiato ed infine, da altri Autori, come contratto atipico a favore di terzo. Sta di fatto che, se si ritenesse nella fattispecie non possibile l’azione diretta nei confronti dell’assicuratore da parte del danneggiato extracomunitario, anzitutto il danneggiante si vedrebbe scoperto sotto il profilo assicurativo ai fini risarcitori della lesione del diritto inviolabile dell’extracomunitario (a cui egli è invece tenuto ex art. 2 Cost.), mentre egli ha stipulato un contratto perchè (in conformità alla legge sull’assicurazione obbligatoria della rea) ogni danneggiato sia risarcito direttamente dall’assicuratore. Inoltre il danneggiato extracomunitario, che ha acquisito dal predetto contratto un diritto autonomo di natura sostanziale relativo alla tutela risarcitoria di un diritto inviolabile ( che – come detto – è la forma minima di tutela, non assoggettabile a specifici limiti) si vedrebbe limitato in tale sua tutela ad agire solo nei confronti del danneggiante, non essendogli riconosciuto quel diritto che gli deriva direttamente dal contratto nei confronti dell’assicuratore contraente.

9.1. Va, quindi, affermato il seguente principio di diritto:

“Interpretando l’art. 16 preleggi alla luce degli artt. 2, 3 e 10 Cost., per il principio della gerarchia delle fonti, poichè costituiscono diritti inviolabili della persona umana sia il diritto alla salute ed all’integrità psicofisica sia il diritto ai rapporti parentali – familiari, il risarcimento dei danni (patrimoniali e non patrimoniali) subiti dallo straniero (anche extracomunitario) in conseguenza della lesione di tali diritti, può essere fatto valere con l’azione risarcitoria, indipendentemente dalla condizione di reciprocità di cui all’art. 16 preleggi, senza alcuna disparità di trattamento rispetto al cittadino italiano, e quindi non solo contro il danneggiante (o contro il soggetto tenuto al risarcimento per fatto altrui), ma anche con l’azione diretta nei confronti dell’assicuratore o del Fondo di Garanzia per le vittime della strada”.

9.2. La sentenza impugnata, che non ha fatto corretta applicazione di tale principio, va cassata, con rinvio, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla corte di appello di Napoli, in diversa composizione, che si uniformerà al suddetto principio di diritto.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso. Cassa l’impugnata sentenza e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2011

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