Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4498 del 23/02/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 4498 Anno 2018
Presidente: CAMPANILE PIETRO
Relatore: TERRUSI FRANCESCO

ORDINANZA
sul ricorso 2843-2017 proposto da:
D’AMORE, DANIELA, FILOSA CATELLO in proprio e quale legale
rappresentante pro tempore della ALT’I'( )NIICHELANGELO DI
VILOSA CATELLO & C SAS, elettivamente domiciliati in ROMA,
PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE,
rappresentati e difesi dagli avvocati DAN I I ME SPIRITO
MICHI TETT A TITA’, ALFREDO REPETTI;

– ricorrenti Contro
PLUTINO GIOVANNI, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIALE G. MA2ZIN1 113, presso lo studio dell’avvocato ROSA
iALBA GRASSO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato
SALVATORE NIORRONE;

– controrícorrente –

Data pubblicazione: 23/02/2018

avverso la sentenza n. 2226/2016 della CORTE D’APPELLO di
TORINO, depositata il 28/12/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 12/12/2017 dal Consigliere Dott. FRANCESCO

Rilevato che:
la corte d’appello di Torino, con sentenza in data 28-12-2016,
ha respinto il gravame della Automichelangelo s.a.s. nei
confronti della sentenza del tribunale della stessa città che,
accogliendo l’opposizione del socio accomandante Giovanni
Plutino, aveva annullato la delibera di esclusione comunicata
con lettera del 13-9-2013;
nello specifico, e per ciò che ancora rileva, la corte d’appello ha
condiviso la valutazione del tribunale affermando che la
condotta del socio accomandante non aveva dato luogo ad atti
di amministrazione e di gestione di affari per conto della
società, essendosi concretata in mera presa di contatto con
altra società, finalizzata a sondarne l’intento di eventualmente
definire in modo bonario una controversia;
per la cassazione della sentenza, la società Automichelangelo e
i soci Catello Filosa e Daniela D’Amora hanno proposto ricorso
sorretto da un solo motivo, illustrato pure da memoria, al
quale Plutino ha replicato con controricorso.
Considerato che:
con l’unico motivo, la parte ricorrente deduce la violazione
dell’art. 2320 cod. civ., poiché a suo dire la corte d’appello ha
errato nél ritenere che le accertate prese di contatto del socio
accomandante nei riguardi del terzo non avevano integrato la
fattispecie di esclusione;

Ric. 2017 n. 02843 sez. M1 – ud. 12-12-2017
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TERRUSI.

il motivo è manifestamente infondato e in parte inammissibile
perché suppone un sindacato di fatto;
ai sensi dell’art. 2320 cod. civ., i soci accomandanti non
possono compiere atti di amministrazione, né trattare o
concludere affari in nome della società, se non in forza di

invero l’accomandante che contravviene a tale divieto assume
responsabilità illimitata e solidale verso i terzi per tutte le
obbligazioni sociali e può essere escluso dalla società a norma
dell’art. 2286 cod. civ.;
secondo la giurisprudenza di questa Corte, l’elemento
determinante ai fini dell’applicazione della norma è costituito
dalla preclusione di ingerenza del socio accomandante nella
gestione della società;
difatti il socio accomandante assume la responsabilità illimitata
per le obbligazioni sociali, e può essere escluso, ove
contravvenga al divieto di trattare o concludere affari in nome
della società, o di compiere atti di gestione aventi influenza
rilevante sull’amministrazione della stessa (v. di recente Cass.
11250-16; Cass. n. 23211-12);
nel caso di specie la corte d’appello ha accertato che il Plutino
si era limitato a una presa di contatto con la San Carlo Servizi
s.r.l. dopo che, a seguito della definizione di una controversia
tra le due società, la San Carlo Servizi aveva minacciato di
richiedere il risarcimento dei danni; peraltro, sempre in base a
quanto accertato dal giudice del merito, le trattative di
composizione non erano sfociate in alcun accordo e l’iniziativa
del Plutino si era arrestata a una fase ben anteriore, « di mero
“sondaggio” delle condizioni della San Carlo Servizi per la
chiusura della controversia »;

Ric. 2017 n. 02843 sez. M1 – ud. 12-12-2017
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procura speciale per singoli affari;

in tal guisa la corte d’appello ha concluso negando che
l’accomandante avesse compiuto un’attività gestoria in senso
proprio, tale da esprimere la volontà della s.a.s. e da
impegnarla in un senso o in un altro;
la conclusione implica una valutazione di fatto, motivata e

per negare il presupposto applicativo dell’art. 2286 cod. civ.;
le spese processuali seguono la soccombenza.
p.q.m.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in
solido, alle spese processuali, che liquida in euro 6.100,00, di
cui euro 100,00 per esborsi, oltre accessori e rimborso
forfetario di spese generali nella percentuale di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115
del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il
versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Deciso in Roma, nella camera di consiglio del 12

insindacabile in questa sede, e ciò costituisce base sufficiente

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