Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4497 del 24/02/2010

Cassazione civile sez. III, 24/02/2010, (ud. 27/01/2010, dep. 24/02/2010), n.4497

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI NANNI Luigi Francesco – Presidente –

Dott. FINOCCHIARO Mario – rel. Consigliere –

Dott. URBAN Giancarlo – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 4480-2005 proposto da:

D.C.D. (OMISSIS), D.C.M.

(OMISSIS), D.C.A.A. (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA F. S. NITTI 11, presso lo

studio dell’avvocato NAPOLETANO PAOLO, rappresentati e difesi dagli

avvocati CAPOTORTO CESARE, DI CIOMMO MAURO ANTONIO, con delega a

margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

C.P. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

Roma, presso Cancelleria Corte di Cassazione, rappresentato e difeso

dagli avvocati PREZIOSI CLAUDIO, BARBOZZI VITO con procura speciale

del dott. Notaio Antonio Di Lizia in Potenza, in data 7/01/2010 rep.,

85968, resistente con procura;

– resistente –

sul ricorso 11519-2005 proposto da:

C.P. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CICERONE 28, presso lo studio dell’avvocato RAMPELLI

ELISABETTA, rappresentato e difeso dall’avvocato BARBUZZI VITO con

studio in 85029 Venosa (PZ), Piazza Orazio n. 18 giusta delega in

calce al controricorso con ricorso incidentale;

– ricorrente –

contro

D.C.D., D.C.A.A., D.C.M.,

C.C.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1/2004 della CORTE D’APPELLO di POTENZA,

emessa il 03/12/2003; depositata il 02/01/2004; R.G.N. 264/1998;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

27/01/2010 dal Consigliere Dott. MARIO FINOCCHIARO;

udito l’Avvocato NICOLA PENNELLA (per delega Avv. CLAUDIO PREZIOSI);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MARINELLI Vincenzo che ha concluso per rigetto principale

assorbimento e rigetto incidentale.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto 28 settembre 1989 e date successive C.P. ha convenuto in giudizio, innanzi al tribunale di Melfi, D.C. D., D.C.M., C.C..

Ha esposto l’attore che con contratto preliminare 23 aprile 1988, notificatogli il successivo 27 aprile ai fini dell’eventuale esercizio di prelazione spettategli quale affittuario conduttore diretto dei terreni in questione, C.C. aveva promesso di vendere agli altri convenuti un fondo rustico in agro di (OMISSIS), esteso ha. 9.41.20 nonchè la metà indivisa di altro fondo rustico esteso ha. 14.71.84 pervenuto a esso attore e alla convenuta C.C. per successione della madre F.M., per il prezzo complessivo di L. 400 milioni e che esso concludente aveva comunicato alla promittente venditrice di volere esercitare la prelazione, chiedendo, allo scopo, la concessione di un mutuo agrario agevolato.

La C., peraltro, ha riferito ancora l’attore – assumendo che il diritto di prelazione non fosse stato esercitato nei termini di legge – aveva venduto i terreni oggetto del preliminare compresi due locali posti sul secondo fondo con atto (OMISSIS).

Tutto ciò premesso l’attore ha dichiarato di esercitare il diritto di riscatto sui due fondi oggetto della vendita, e, in subordine, anche sui locali nonchè, in ulteriore subordine, il diritto di riscatto di cui all’art. 732 c.c. sulla metà indivisa del secondo fondo, e spiegando, altresì, domanda di accertamento dell’avvenuto acquisto dei locali e di altre particene da parte sua per usucapione.

Ha chiesto altresì, l’attore fosse dichiarata nulla o comunque inefficace la proposta contenuta nel preliminare notificatogli il 27 aprile 1988 (sia perchè non attribuiva un prezzo distinto per i due fondi bensì uno globale, sia perchè a esso concludente, in quanto coerede del fondo indiviso, spettava anche il diritto di prelazione di cui all’art. 732 c.c. che non aveva potuto esercitare per mancata indicazione del prezzo, sia perchè il terreno di proprietà esclusiva della C. doveva entrare il collazione in sede di divisione, si che costei aveva promesso di vendere ai D.C. più di quanto di sua proprietà, sia – da ultimo – perchè non esisteva coincidenza tra l’oggetto del preliminare e della successiva vendita, la quale aveva a oggetto anche due locali).

Costituitasi in giudizio C.C. ha eccepito la validità della proposta di alienazione.

Costituitisi in giudizio – all’udienza del 10 marzo 1992 – anche i D.C. costoro hanno fatto presente che in risposta alla citazione introduttiva il 27 gennaio 1990 avevano notificato a C.P. la propria adesione all’esercizio del diritto di riscatto e che costui, in data (OMISSIS) aveva notificato loro certificato di ammissione alla istruttoria della domanda di mutuo rivolta all’IPA di Potenza, senza, peraltro, versare il prezzo nel termine annuale previsto, per cui era venuto meno il diritto di riscatto.

Hanno eccepito, altresì, i D.C. la infondatezza della pretesa ex art. 732 c.c. nonchè della domanda di usucapione, chiedendo, pertanto, in via principale, il rigetto di ogni domanda attrice e, in via riconvenzionale subordinata, di essere garantiti per l’evizione da C.C..

Svoltasi la istruttoria del caso l’adito tribunale, con sentenza 29 luglio 1998 ha rigettato le domande dell’attore C., con condanna dello stesso al pagamento delle spese di causa.

Gravata tale pronunzia dal soccombente C.P., nel contraddittorio dei D.C., che costituitisi in causa hanno chiesto il rigetto della impugnazione nonchè, in via subordinata, di essere manlevati da C.C. nonchè di questa ultima che, costituitasi pur essa in giudizio ha chiesto il rigetto di ogni domanda, la Corte di appello di Potenza, mentre con sentenza 29 dicembre 2000 ha rigettato l’appello limitatamente ai motivi concernenti la domanda di riscatto agrario e quella di accertamento di usucapione, con sentenza definitiva 3 dicembre 2003 – 2 gennaio 2004 ha dichiarato C.P. subentrato nell’atto (OMISSIS) agli acquirenti D.C. nell’acquisto della quota pari alla metà in piena proprietà del fondo rustico meglio descritto in atti, con declaratoria dell’obbligo del C. di rimborsare agli acquirente la somma di Euro 89.760,21, oltre interessi legali dalla data dell’atto di vendita al soddisfo e oltre rimborso delle spese notarili e rigetto della domanda dei D.C. nei confronti di C.C..

Per la cassazione di tale pronunzia, non notificata, hanno proposto ricorso D.C.D., D.C.M. e D.C.A. A., con atto (OMISSIS), affidato a un unico motivo e illustrato da memoria.

Resiste, con controricorso, e ricorso incidentale, proposto sia nei confronti dei ricorrenti principali che di C.C., affidato a un motivo, notificato il 23 marzo 2005 e illustrato da memoria, C.P..

Non ha svolto attività difensiva, in questa sede C.C..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. I vari ricorsi, avverso la stessa sentenza devono essere riuniti, ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

2. Come accennato in parte espositiva, con la sentenza ora oggetto di ricorso per cassazione, la Corte di appello di Potenza ha accolto la domanda di riscatto ex art. 732 c.c. proposta da C.P. nei confronti di D.C.D., D.C.M. e D. C.A.A., quanto all’atto di acquisto, da parte di costoro, della quota indivisa di un terreno in comproprietà tra esso C.P. e la sorella C.C..

Il diritto di riscatto del coerede – hanno osservato i giudici di secondo grado – sussiste allorchè, persistendo la comunione ereditaria, sia posta in essere la alienazione onerosa, a un estraneo, di una quota ereditaria.

Nella specie, hanno accertato quei giudici, sussistono tutte le condizioni al cui ricorrere la norma positiva subordina il sorgere del diritto di riscatto, atteso che la comunione ereditaria nel caso concreto, aveva a oggetto un unico cespite e la coerede C. C. ha alienato questa con conseguente presunzione – non vinta da alcuna prova contraria e anzi confortata dal comportamento successivo delle parti che nel preliminare hanno fatto espresso riferimento la doppia qualità di C.P. di soggetto avente diritto alla prelazione sia come affittuario dei terreni oggetto della progettata vendita che come coerede – che vi è stata una alienazione avente a oggetto una quota ereditaria.

Come già accertato con la sentenza non definitiva n. 18 del 2001 la denuntiatio comunicata al C., mediante trasmissione del preliminare di vendita C.C. – D.C., è inefficace, come anche è inefficace la pretesa successiva accettazione di tale denuntiatio da parte del C. – ha ancora osservato la sentenza gravata – per cui non vi è dubbio che a C.P. spetti il diritto di riscatto in relazione al fondo in comunione con la sorella.

Egli, quindi, lo ha esercitato – ha precisato la sentenza impugnata – con la dichiarazione di riscatto contenuta espressamente nell’atto di citazione 28 – 29 settembre 1989 che, per la verità, non ha bisogno di alcun atto di adesione delle controparti, dato che il diritto di riscatto è un diritto potestativo e la sostituzione nell’atto di compravendita del retraente al ritrattato si produce proprio in forza della sola dichiarazione.

Nella specie, ha concluso la sentenza:

– l’atto di adesione dei D.C. notificato il 15 gennaio 1990 si riferisce unicamente al diritto di riscatto agrario a non al retratto successorio e i D.C. hanno compiuto tale atto non perchè esso servisse per il perfezionamento negoziale, ma perchè scattasse per C.P. l’obbligo di pagare il prezzo entro il termine di legge, pagamento che costituisce una condizione sospensiva al cui verificarsi è subordinata la efficacia del riscatto;

– non solo l’atto di adesione non riguardava il retratto successorio, va evidenziato che per il riscatto da parte del coerede non è previsto alcun termine per il pagamento del prezzo, nè è previsto che tale pagamento integri un elemento costitutivo o una condizione di efficacia del retratto, nel senso che la efficacia reale del riscatto consegue solo alla dichiarazione e non è subordinata al versamento del prezzo da parte del retraente all’acquirente.

3. I ricorrenti principali censurano la riassunta sentenza nella parte in cui ha accolto la domanda ex art. 732 c.c. proposta da C.P. denunciandola, con l’unico motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 per violazione dell’art. 732 c.c. e L. n. 590 del 1965, art. 8.

Si osserva, infatti, che i giudici di appello hanno totalmente ignorato una eccezione già proposta in primo grado e ribadita in appello e, in particolare, la rinunzia tacita di C.P. all’esercizio del diritto di prelazione che gli spettava quale coerede e, quindi, nel succedaneo diritto di riscatto.

Giusta la testuale previsione della L. 26 maggio 1965, n. 590, art. 8, u.c. invocano i ricorrenti principali, il diritto di prelazione del coerede, purchè come puntualmente nella specie coltivatore diretto prevale su quello dell’affittuario e del confinante, se coltivatori diretti.

Ciò significa che vi è una graduatoria tra i due soggetti (coerede e affittuario) e i due diritti (di prelazione, rispettivamente ex art. 732 c.c. e L. n. 590 del 1965, ex art. 8) il che porta a affermare che quando, come nel caso di specie, un soggetto cumula in se entrambe le qualità, l’esercizio del secondo, cioè del diritto di prelazione quale conduttore con preferenza rispetto al primo, cioè del diritto di prelazione quale coerede equivale a una rinunzia all’esercizio dell’altro diritto.

4. Come puntualmente evidenziato nella propria memoria ex art. 378 c.p.c. da parte del nuovo difensore del C., il motivo per più versi inammissibile, per altri manifestamente infondato, non può trovare accoglimento.

Alla luce delle considerazioni che seguono.

4.1. Come anticipato, i ricorrenti denunziano che la corte territoriale … ha completamente ignorato una eccezione che proposta dai D.C. in primo grado e superata in quella sede per il totale rigetto della domanda, era stata riproposta in grado di appello.

E’ palese, pertanto, che gli stessi lamentano la violazione – da parte del giudice di appello – della regola posta dall’art. 112 c.p.c. quanto all’obbligo del giudice di pronunciare su tutta le domanda e non oltre i limiti di essa, e, in particolare, la omessa pronunzia su una eccezione introdotta da essi concludenti nel corso del giudizio di appello e, non certamente contrariamente a quanto si prospetta nel motivo, la violazione e falsa applicazione di norme di carattere sostanziale quali l’art. 732 c.c. e la L. 26 maggio 1965, n. 590, art. 8 nè – tantomeno – un vizio della motivazione peraltro neppure specificamente indicato rilevante sotto il profilo di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Pacifico quanto precede deve ribadirsi, ulteriormente, in conformità, del resto, a una giurisprudenza più che consolidata di questa Corte regolatrice, da cui totalmente prescinde parte ricorrente, che la omessa pronuncia su una domanda, ovvero su specifiche eccezioni fatte valere dalla parte, integra una violazione dell’art. 112 c.p.c., che deve essere fatta valere esclusivamente a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 4, e, conseguentemente, è inammissibile il motivo di ricorso con il quale la relativa censura sia proposta sotto il profilo della violazione di norme di diritto, ovvero come vizio della motivazione (Tra le tantissime, Cass. 27 gennaio 2006, n. 1755; Cass. 26 gennaio 2006, n. 1701; Cass. 11 novembre 2005, n. 22897).

4.2. Contemporaneamente, si osserva – in una con una giurisprudenza più che consolidata di questa Corte regolatrice – che il ricorso per cassazione – in ragione del principio di cosiddetta autosufficienza dello stesso – deve contenere in se tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito ed altresì a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere – particolarmente nel caso in cui si tratti di interpretare il contenuto di una scrittura di parte – a fonti estranee allo stesso ricorso e quindi ad elementi od atti attinenti al pregresso giudizio di merito (Cass. 13 giugno 2007, n. 13845; Cass. 18 aprile 2007, n. 9245; Cass. 9 gennaio 2006, n. 79, tra le tantissime).

Pacifico quanto precede è palese che i ricorrenti non potevano – come hanno fatto – limitarsi a denunzia-re la omessa pronunzia su una tempestiva eccezione da loro formulata con la comparsa di risposta in grado di appello, ma anche trascrivere, in ricorso, in quali termini una tale eccezione fosse stata formulata, allo scopo di porre questa Corte nelle condizioni di apprezzarne la rilevanza e pertinenza ai fini del decidere della eccezione stessa.

4.3. Anche a prescindere da quanto precede, comunque – per completezza di motivazione – si osserva:

– nella eventualità sia oggetto di trasferimento a titolo oneroso una quota di fondo rustico, condotto in affitto da un coltivatore diretto che, contemporaneamente, sia anche coerede con l’alienante di quel fondo, il diritto di prelazione previsto in suo favore dalla L. 26 maggio 1965, n. 590, art. 8 in quanto conduttore coltivatore diretto del fondo in vendita concorre – senza escluderlo – con il diritto di prelazione previsto in suo favore quale coerede dall’art. 732 c.c.;

– che la parte istante può proporre, nello stesso giudizio, in forma alternativa o subordinata, due diverse richieste, anche eventualmente tra loro incompatibili, senza che le espressioni che manifestano l’intenzione di proporre domande subordinate, alternative o eventuali possano escludere di per se la richiesta di accoglimento della domanda principale (o di quella subordinata) (cfr., ad esempio, Cass. 13 marzo 2008, n. 6629).

Pacifico quanto precede è palese che C.P. bene poteva (nel rispetto delle rispettive norme) esercitare in via principale una prelazione e, in via subordinata, l’altra, senza che una tale condotta processuale potesse – dovesse essere interpretata dal giudice del merito come rinunzia alla prelazione esercitata esclusivamente subordinatamente al rigetto di quella esercitata in via principale.

5. Hanno ritenuto i giudici di appello che in caso di accoglimento della domanda di riscatto ex art. 732 c.c. costituisce un effetto naturale dell’esercizio del riscatto l’obbligo, a carico del retraente, di rimborsare al ritrattato il prezzo da questi pagato per l’acquisto più gli accessori, cioè gli interessi e le spese dell’atto notarile, di registrazione e di trascrizione.

In applicazione di tale principio quei giudici hanno disposto che C.P. corrisponda ai D.C. la somma di Euro 89.760,21, oltre gli interessi legali dalla data dell’atto di vendita, cioè dal (OMISSIS) al soddisfo (oltre spese notarili, di registrazione e trascrizione dell’atto).

6. Il ricorrente incidentale censura nella parte de qua la sentenza, assumendo che esso concludente non è stato messo nelle condizioni di pagare il prezzo in quanto per l’accertamento di questo è stato necessario (un giudizio, stante la opposizione dei D.C. e la non esigibilità del credito non essendo stato specificato nell’atto notarile il corrispettivo pagato per la quota indivisa del fondo acquistato, e il credito è divenuto esigibile solo a seguito dell’accertamento giudiziale del quantum (da parte della stessa corte di appello).

7. Il motivo non coglie nel segno.

Come noto l’accoglimento della domanda di retratto successorio (art. 732 c.c.), con effetto retroattivo, toglie causa alle attribuzioni patrimoniali del contratto.

La circostanza comporta, per effetto naturale del suo carattere restitutorio, che il retrattato ha diritto ad ottenere, anche se non li ha richiesti, gli interessi legali (art. 1282 c.c.) sul prezzo – debito di valuta – che il retraente deve corrispondergli (Cass. 9 aprile 1997, n. 3049), ancorchè il relativo obbligo abbia per oggetto un debito di valuta soggetto al principio nominalistico (Cass. 23 luglio 1986, n. 4695).

Atteso che il C. è divenuto proprietario della quota indivisa del fondo sin dalla data dell’atto di vendita posta in essere dalla sorella in favore dei D.C. ((OMISSIS)) tali interessi, palesemente, non possono che decorrere – come puntualmente evidenziato dalla sentenza impugnata – che dalla data dell’atto di vendita senza che rilevi – in senso contrario – che la domanda sia stata accolta solo in grado di appello giustificano una diversa conclusione le ragioni dell’accoglimento della domanda e in particolare il comportamento extraprocessuale e processuale della controparte.

Essendosi i giudici a quibus puntualmente attenuti a tale principio è palese che il motivo non può trovare accoglimento.

8. Risultati infondati in ogni loro parte entrambi i ricorsi devono essere rigettati.

Atteso che il rigetto di entrambi i ricorsi sussistono giusti motivi per disporre, tra le parti, la compensazione delle spese di questo giudizio di cassazione.

P.Q.M.

LA CORTE riunisce i ricorsi e li rigetta;

compensa, tra le parti, le spese di questo giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 3^ezione civile della Corte di cassazione, il 27 gennaio 2009.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2010

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