Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4495 del 20/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 20/02/2020, (ud. 07/11/2019, dep. 20/02/2020), n.4495

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27282-2017 proposto da:

P.M., M.P., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA LUIGI LUCIANI 1, presso lo studio dell’avvocato DANIELE

MANCA BITTI, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato

FRANCESCO FERRARA;

– ricorrenti –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) SRL in persona del Curatore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUIGI LUCIANI 1, presso lo

studio dell’avvocato ROBERTO CARLEO, che lo rappresenta e difende

unitamente all’avvocato STEFANO SANTI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1303/2017 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 07/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 07/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. PELLECCHIA

ANTONELLA.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Nel 2012, B.E., nella qualità di curatore del fallimento (OMISSIS) s.r.l., citava in giudizio i coniugi M.P. e P.M. per ottenere la dichiarazione di inefficacia, nei confronti della società, dell’atto costitutivo di fondo patrimoniale dagli stessi posto in essere in data 30 dicembre 2011.

Esponeva che nel 2011 era stato dichiarato il fallimento del (OMISSIS) srl, società facente parte del gruppo “Italcase-Bagaglino” che comprendeva a sua volta 19 società, tutte fallite. Inoltre, a seguito di indagini svolte dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Brescia era stato avviato un procedimento penale, in cui si era costituito il curatore dei fallimenti sopradetti Dott. B., nei confronti di una serie di soggetti (ex amministratori, ex sindaci, consulenti) tra cui anche il Dott. M.P., ritenuti responsabili (con differenti imputazioni) di condotte contrarie all’ordinamento giuridico e lesive dei diritti e degli interessi della massa dei creditori. Il procedimento penale si era concluso con la sentenza n. 1753 della Corte di cassazione che accertava, anche, la responsabilità di M.P., rimandando al Giudice penale di rinvio la quantificazione del risarcimento del danno a favore delle parti civili (e quindi, anche a favore del Fallimento (OMISSIS) srl). Il fallimento (OMISSIS), agendo nella fattispecie unitamente ad altro fallimento ((OMISSIS) Spa) e nei confronti di altri soggetti, aveva richiesto ed ottenuto sequestro conservativo ex art. 671 c.p.c. nonchè ex artt. 669 quater e 669 ter c.p.c., comma 3, nei confronti di M..

Si costituivano in giudizio i convenuti M. e P., chiedendo il rigetto della domanda revocatoria.

Con sentenza n. 1212/2015, il Tribunale di Brescia dichiarava l’inefficacia, nei confronti del Fallimento (OMISSIS) srl, del fondo patrimoniale costituito dai convenuti.

I coniugi M. e P. proponevano appello avverso tale sentenza. Costituendosi in giudizio, il Fallimento (OMISSIS) contestava le ragioni degli appellanti.

2. Con sentenza n. 1303 del 7 settembre 2017, la Corte d’Appello di Brescia confermava la pronuncia del Tribunale. La corte ha precisato che l’azione revocatoria ordinaria può essere posta anche da chi assume di avere un credito oggetto di contestazione. Inoltre, la Corte, contrariamente a quanto sostenuto dagli appellanti, ha rilevato che la decisione della Cassazione, che aveva disposto l’annullamento della sentenza penale relativamente ai capi civili, aveva assunto chiaramente che non si potesse in alcun modo escludere la sussistenza di comportamenti da parte degli imputati (tra cui appunto M.) idonei a determinare danni al Fallimento (OMISSIS) srl. Ha anche precisato che tali comportamenti dovessero essere specificamente individuati e conseguentemente, dovesse essere anche individuata l’entità del danno rapportabile a tali comportamenti. In altre parole, la sentenza della Cassazione ha inteso conferire al giudice del rinvio il compito di individuare i fatti ed i comportamenti puntualmente riferibili al M.. Inoltre, era del tutto incontestato che l’immobile risultasse intestato a M.. Nulla rilevava la circostanza che il danaro per l’acquisto dell’immobile, e poi del mutuo, provenisse dalla moglie dell’appellante, in quanto tale circostanza non impediva la sussistenza di una donazione indiretta. Invero, in ordine alla conoscenza del pregiudizio che l’atto poteva arrecare alle ragioni dei creditori, veniva ribadito, che essendo l’atto di natura gratuita, era irrilevante l’eventuale conoscenza del pregiudizio da parte del coniuge. Inoltre, appariva incontestabile che l’atto di conferimento dell’immobile in fondo patrimoniale avvenisse solo qualche mese dopo e soprattutto dopo che era stato depositato il ricorso per sequestro conservativo da parte della curatela.

3. M.P. e P.M. ricorrono per Cassazione sulla base di due motivi. Il Fallimento (OMISSIS) srl – in persona del Curatore B.E. – resiste con controricorso.

4. E’ stata depositata in cancelleria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., e regolarmente notificata ai difensori delle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza, la proposta di inammissibilità del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

5.1 Con il primo motivo di ricorso, la parte ricorrente denuncia la “violazione o falsa applicazione dell’art. 2901 c.c. omesso esame di un fatto deciso”. Sostiene di aver dimostrato, mediante produzione documentale, che i pagamenti per l’acquisto dell’immobile, poi costituito in fondo patrimoniale, erano stati eseguiti con denaro della P.. Sul punto avrebbe chiesto di integrare la prova mediante assunzione di testimoni. Secondo i coniugi M.- P. avrebbe errato la Corte territoriale perchè ha ritenuto che la costituzione del fondo patrimoniale non possa essere considerato atto gratuito; da ciò sarebbe scaturita, erroneamente quindi, la necessità di verificare la sussistenza dei presupposti dell’art. 2901 c.c..

Il motivo è inammissibile in quanto denuncia ex 360 c.p.c., n. 5, un fatto già esaminato dal giudice di appello (l’acquisto dell’immobile con denaro della moglie). La Corte d’Appello di Brescia a pagina 6 ha correttamente valutato la circostanza circa la provenienza di danaro per l’acquisto dell’immobile e poi del mutuo, provenuto dalla moglie dell’appellante, che non impedisce, però, la sussistenza di una donazione indiretta che esclude completamente un onore di restituzione della somma (ed ovviamente a maggior ragione dell’immobile).

Il motivo, poi, è fuori dai limiti posti da Cass. S.U. 8053-8054/2014. Inoltre con le doglianze articolate, la parte ricorrente, in sostanza, sottopone alla Corte di legittimità inammissibili istanze di revisione di valutazioni di fatto, prevalentemente probatorie, rientranti nel sovrano apprezzamento del giudice del merito e non sindacabili in sede di legittimità

5.2. Con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente si duole della “violazione o falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 c.c.”.

Parte ricorrente censura il ragionamento della Corte d’Appello di Brescia circa la sussistenza, nel caso di specie, della scientia damni, ritenendo che la Corte avrebbe errato nell’applicare le norme sulle presunzioni perchè ha tratto la propria convinzione in via presuntiva, che il M. fosse informato del ricorso cautelare prima di riceverne la notificazione, non da un fatto noto, ma da altre presunzioni. Pertanto, non essendo ammesso nel nostro ordinamento presunzioni di secondo grado, cioè presunzioni fondate su altre presunzioni, vi sarebbe violazione degli articoli suindicati.

Il motivo è inammissibile perchè non coglie la ratio decidendi della sentenza in quanto il giudice ha affermato che non c’è presunzione sulla base di presunzione ma presunzione di conoscenza del sequestro sulla base del fatto noto che fosse stato disposto nei confronti di altro soggetto responsabile del dissesto della società. L’inferenza presuntiva è poi sufficiente che sia di carattere probabilistico (id quod plerumque accidit) e non che sia di carattere certo. Pertanto non appare affetta da vizi logico-giuridici la ricostruzione probatoria della Corte territoriale, basata su presunzioni “gravi, precise e concordanti”.

6. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.

PQM

la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 7 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 febbraio 2020

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