Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4493 del 21/02/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 21/02/2017, (ud. 15/12/2016, dep.21/02/2017),  n. 4493

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – rel. Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4116-2015 proposto da:

F.F., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’Avvocato VINCENZO PAGANO giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE

DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati MAURO RICCI,

EMANUELA CAPANNOLO, CLEMENTINA PULLI giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

contro

REGIONE PUGLIA;

– intimata –

contro

MINISTERO ECONOMIA FINANZE (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 2391/2014 della CORTE D’APPELLO di BARI del

13/10/2014, depositata il 27/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

15/12/2016 dal Consigliere Dott. FERNANDES GIULIO;

udito l’Avvocato MAURO RICCI, difensore del controricorrente, che si

riporta agli scritti.

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 15 dicembre 2016, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:

“Il Tribunale di Trani dichiarava nei confronti dell’INPS e del Ministero dell’Economia e delle Finanze che F.F. era portatore di handicap in situazione di gravità con diritto all’esenzione della tassa automobilistica e compensava interamente tra le parti le spese di lite.

Tale ultima statuizione veniva riformata dalla Corte di Appello di Bari, con sentenza del 21 ottobre 2014, che condannava l’INPS al pagamento delle spese di lite in favore del F. con attribuzione al procuratore antistatario e compensava le spese del giudizio di appello con la seguente motivazione: “…sia perchè all’errore del primo giudice non ha concorso l’INPS, sia perchè quest’ultimo non ha contrastato l’avverso atto di gravame ma si è rimessa alle decisioni dell’Ora. Corte di Appello adità…”.

Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso il F. affidato ad un unico motivo.

L’INPS resiste con controricorso. Il Ministero dell’economia e delle Finanze ha depositato procura.

Con l’unico motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., nonchè vizio di motivazione per avere la Corte di appello compensato le spese sulla scorta di argomentazioni illogiche ed erronee e, comunque, non rientranti nei casi in cui è consentita la compensazione previsti dall’art. 92 c.p.c. (soccombenza reciproca o per gravi ed eccezionali ragioni).

Il motivo è, per un verso, manifestamente infondato e, per altro, inammissibile.

La manifesta infondatezza attiene alla censura di violazione di legge e discende dal fatto che – trattandosi di giudizio instaurato nel maggio 2009 (cfr. pag. 3 del ricorso) – non si applica il testo dell’art. 92 c.p.c., come modificato a decorrere dal 4 luglio 2009 dalla L. n. 69 del 2009, art. 45, comma 11, per i procedimenti instaurati successivamente all’entrata in vigore della legge (cfr. art. 58 stessa legge), in ragione del quale per la compensazione si richiedono) soccombenza reciproca o altre gravi ed eccezionali ragioni, esplicitamente indicati nella motivazione.

Nei giudizi instaurati dopo l’entrata in vigore della L. n. 263 del 2005 (e prima del 4 luglio 2009), come quello in oggetto, il giudice può, invece, procedere a compensazione parziale o totale tra le parti in mancanza di soccombenza reciproca solo se ricorrono giusti motivi esplicitamente indicati nella motivazione, atteso il tenore dell’art. 92 c.p.c., comma 2, come modificato dalla Legge citata art. 2, comma 1, lett. a), (cfr. Cass. ord. 30 gennaio 2014, n. 2033). E tale obbligo motivazionale è stato assolto nel caso specifico, avendo la Corte di appello esplicitato le ragioni che l’hanno indotta ad avvalersi della facoltà di compensare le spese processuali.

Il motivo è. inammissibile laddove denuncia un vizio motivazionale in quanto non presenta alcuno dei requisiti di ammissibilità richiesti dall’art. 360, comma 1, n. 5 (così come novellato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. b, convertito con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012 ed applicabile ai ricorsi avverso le sentenze pubblicate, come quella all’esame, successivamente al 11 settembre 2012) nella interpretazione fornitane dalle Sezioni unite di questa Corte (SU n. 8053 del 7 aprile 2014) finendo con il lamentare una motivazione illogica e contraddittoria.

L’attuale testo, infatti, prevede un vizio specifico, quale l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, da indicarsi specificamente dal ricorrente, riducendo, per il resto, il sindacato sulla motivazione al minimo costituzionale. Di talchè, l’anomalia motivazionale denunciabile in sede di legittimità è solo quella che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante ed attiene all’esistenza della motivazione in sè, come risulta dal testo della sentenza e prescindendo dal confronto con le risultanze processuali, e si esaurisce, con esclusione di alcuna rilevanza del difetto di “sufficienza”, nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili”, nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile” (Cass. civ., Sez. Unite, 18 aprile 2014, n. 9032).

Alla luce di quanto esposto si propone il rigetto del ricorso, con ordinanza ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5.”.

Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio.

La difesa del F. ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c., in cui si evidenzia il decesso della parte e si chiede l’interruzione del giudizio.

Preliminarmente, osserva il Collegio che nel giudizio di cassazione, in considerazione della particolare struttura e della disciplina del procedimento di legittimità, non è applicabile l’istituto dell’interruzione del processo, con la conseguenza che la morte di una delle parti, intervenuta dopo la rituale instaurazione del giudizio, non assume alcun rilievo (Cass. n. 1757 del 29/01/2016; Cass. n. 24635 del 03/12/2015, ex multis).

Ciò detto, quanto al contenuto della relazione lo stesso è pienamente condivisibile e, quindi, il ricorso va rigettato.

Le spese del presente giudizio, per il principio della soccombenza, sono poste a carico del ricorrente e vengono liquidate in favore dell’INPS nella misura di cui al dispositivo; non si provvede in ordine alle spese nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze non avendo svolto alcuna apprezzabile attività difensiva e della Regione Puglia, rimasta intimata.

Il ricorso è stato notificato in data successiva a quella (31/1/2013) di entrata in vigore della legge di stabilità del 2013 (L. 24 dicembre 2012, n. 228 del 2012, art. 1, comma 17), che ha integrato il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, aggiungendovi il comma i quater del seguente tenore: “Quando l’impugnazione, anche incidentale è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma art. 1 bis. Il giudice dà atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente e l’obbligo di pagamento) sorge al momento del deposito dello stesso” Tuttavia, risultando il ricorrente ammesso – sia pure in via provvisoria – al gratuito patrocinio (si veda il provvedimento del Consiglio dell’ordine degli, avvocati di Bari del 26.11.2014 in atti), non deve essere onerato delle conseguenze amministrative previste dal suddetto comma 1 quater (Cass. 2 settembre 2014, n. 18523).

PQM

La Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio in favore dell’INPS liquidate in Euro 100,00 per esborsi, Euro 1.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%; nulla spese nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze e della Regione Puglia.

Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2017

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