Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4491 del 19/02/2021

Cassazione civile sez. I, 19/02/2021, (ud. 18/01/2021, dep. 19/02/2021), n.4491

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. TRICOMI Laura – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14619/2019 proposto da:

A.F., D.M.L., D.M.S., N.A.,

elettivamente domiciliati in Roma, Circonvallazione Clodia n. 165,

presso lo studio dell’avvocato Scarpati Marco, rappresentati e

difesi dall’avvocato Virgone Francesco, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrenti –

contro

M.M.N., nella qualità di curatrice speciale della

minore Di.Ma.So., domiciliata in Roma, Piazza Cavour, presso

la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione, rappresentata e

difesa dall’avvocato Lenzi Ridi Ghita, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

contro

P.M. presso il Tribunale per i Minorenni di Firenze, Procuratore

Generale della Repubblica di Firenze, Servizio Sociale – Zona

Valdera, in persona del tutore responsabile;

– intimati –

avverso la sentenza n. 762/2019 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

pubblicata il 01/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

18/01/2021 dal Cons. Dott. TRICOMI LAURA.

 

Fatto

RITENUTO

che:

Con sentenza n. 82 del 6/7/2018 il Tribunale per i minorenni di Firenze, confermando la già disposta sospensione della responsabilità genitoriale di N.A. e D.M.L., aveva dichiarato lo stato di adottabilità della minore Di.Ma.So. (n. (OMISSIS)), che alla nascita era risultata positiva al metadone per l’uso fattone dalla madre, essendo emerso già in tale occasione che entrambi i genitori avevano problemi legati alla tossicodipendenza; il Tribunale aveva inoltre disposto l’interruzione di qualunque rapporto della minore con i parenti e ne aveva ribadito il collocamento etero familiare preadottivo.

La Corte di appello di Firenze ha confermato tale statuizione, respingendo i separati appelli proposti distintamente dai genitori N.A. e D.M.L. e dai nonni paterni A.F. e D.M.S..

I genitori ed i nonni paterni hanno proposto unico ricorso per cassazione articolato in quattro mezzi; il Curatore speciale della minore ha replicato con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1.1. Con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 184 del 1983, artt. 8,9,12,15,16 e 27 e si sostiene l’insussistenza dello stato di abbandono della minore Di.Ma.So. per ritenuta inidoneità dei nonni paterni D.M.S. e A.F..

I ricorrenti lamentano che la valutazione di inidoneità dei nonni paterni sia frutto di un’erronea, parziale e diacronica lettura degli elementi istruttori costituiti dalla CTU e dalle relazioni degli assistenti sociali.

Sostengono che, nonostante dalla CTU emerga una valutazione positiva circa le astratte capacità genitoriali dei nonni, la Corte di appello si sia limitata a criticare l’atteggiamento asseritamene assente tenuto dagli stessi nei due anni antecedenti il giudizio, senza nemmeno ipotizzare interventi di sostegno e pervenendo ad un giudizio meramente apodittico in ordine alla sussistenza dello stato di abbandono della minore.

I ricorrenti evidenziano che a seguito della sentenza di primo grado gli incontri protetti erano stati interrotti, con l’effetto che nessuna modifica sarebbe potuta intervenire nei rapporti tra loro e la bambina; si dolgono, infine, che la decisione sia stata presa valorizzando solo il presunto disinteressamento al momento della nascita.

1.2. Con il secondo motivo si denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, segnatamente indicato per i ricorrenti D.M. e A. nella non consapevolezza della condizione della minore, rilevante al fine di escludere la sussistenza dei presupposti per la dichiarazione dello stato di adottabilità per ritenuta inidoneità dei nonni paterni ad ovviare alle presunte condizioni di abbandono della nipote.

I ricorrenti sostengono che, contrariamente a quanto affermato dalla Corte di appello, al momento della nascita non erano a conoscenza della concreta situazione in cui versava la minore, non sapevano che la madre avesse ripreso a fare uso del metadone ed ignoravano le ragioni per cui la minore era stata trattenuta presso l’ospedale, non essendo stati informati dai genitori. Riferiscono di essere stati informati della situazione dall’assistente sociale in occasione dell’incontro avvenuto il (OMISSIS) e spiegano che, in occasione di questo incontro, non manifestarono la volontà di prendersi cura della minore perchè tale volontà era stata già rappresentata dalla madre di A. e da F., sorella di L. e loro figlia.

Riferiscono quindi di avere potuto incontrare la minore nel periodo successivo all’incontro del (OMISSIS) una volta, presso la comunità di (OMISSIS) dove era stata collocata, e che solo dopo l’udienza del 27 giugno 2017, come disposto dal Tribunale per i Minorenni erano iniziati gli incontri protetti nonni/nipote, che avevano avuto un andamento positivo. Negano quindi che vi sia stata alcuna inadeguatezza da parte loro e che queste circostanze non erano state verificate dalla Corte distrettuale.

1.3. I primi due motivi vanno trattati congiuntamente perchè connessi.

1.4. I motivi sono inammissibili e vanno respinti perchè sostanzialmente sollecitano una diversa ricostruzione dei fatti ed una più favorevole valutazione degli stessi.

Le censure non si confrontano con l’accertamento dei fatti, compiuto dalla Corte territoriale, che, contrariamente a quanto sostengono i ricorrenti, muovendosi in linea con i principi volti a valorizzare il contributo al mantenimento del rapporto del minore con la famiglia di origine anche mediante le figure vicarie interfamiliari (Cass. n. 28257 del 04/11/2019) ha preso in esame i comportamenti da loro tenuti nel corso della procedura e della attività svolte dai Servizi sociali a seguito dell’affido etero familiare della minore sin da quando aveva pochi mesi di vita, ed ha formulato un giudizio sulla loro inidoneità, avendo tenuto conto del comportamento in concreto tenuto nel corso delle vicende vissute dalla neonata, del fatto che era stato necessario collocarla prima presso un Centro e poi in affido etero familiare, in assenza di concrete disponibilità parentali, della sporadicità dei rapporti con la minore e con i Servizi sociali e del carattere piuttosto formale degli stessi, privi di specifiche manifestazioni di concreto interesse alle condizioni di salute e di vita della minore.

Di contro quanto dedotto dai nonni paterni – peraltro neppure con modalità autosufficienti, indicando il se, quando, come e dove siano stati illustrati i fatti rilevanti e decisivi trascurati dalla corte fiorentina – non trova riscontro in quanto accertato dal giudice del gravame e non vengono illustrati con la dovuta specificità quali sarebbero i fatti di cui sia stato omesso l’esame tempestivamente dedotti e/o provati.

Quel che è emerso dalla ricostruzione fatta dalla Corte di appello (senza evidenze contrarie rappresentate con le modalità della legge processuale) è che sin dalla nascita si evidenziarono problemi di salute della bambina e che i nonni, anche se non avevano capito che questi erano da collegare all’uso della droga, avrebbero potuto e dovuto prontamente intervenire, intervento che tuttavia non emerge. Non può non rimarcarsi che si parla di una neonata e che i trascorsi dei due giovani genitori erano comunque noti e tali da indurre una attenzione rafforzata nei nonni paterni.

Ancora, è stato accertato dai giudici di merito (senza contrarie rilevanti indicazioni processualmente autosufficienti) che, informati ufficialmente della situazione dall’assistente sociale, non si fecero avanti per accudire la minore; anche la discrezione dichiarata nei confronti della disponibilità che avrebbero mostrato la nonna materna e la loro figlia F., appare inconciliabile – una volta che era risultata evidente l’irrealizzabilità di queste ipotesi, come si desume inequivocabilmente dal collocamento della minore presso il Centro di (OMISSIS) e poi in affido etero familiare – con l’assenza di iniziative concrete volte a assumere in prima persona l’accudimento e la cura della minore, specificamente sottoponibili ai Servizi sociali ed al Tribunale per i Minorenni, di guisa che il ragionamento svolto dalla Corte di appello appare congruamente motivato e logicamente sviluppato laddove valorizza non tanto l’assenza di astratta capacità genitoriale dei nonni, ma quella in concreto emergente in ragione delle specifiche vicende occorse alla neonata.

Va detto che nessun progetto di vita commisurato all’esigenze della minore risulta, dagli accertamenti dei giudici di merito, che sia stato proposto fino all’adozione della decisione di primo grado, nè dopo, e che le censure – peraltro prive dei necessari richiami alla fase di appello – vanno considerate inammissibili perchè propongono l’esame di fatti atomisticamente considerati (l’incontro con la minore a (OMISSIS), qualche altro incontro protetto, le astratta capacità genitoriali dei nonni), senza cogliere il senso della valutazione complessiva della condotta dei nonni sostanzialmente carente, inadeguata in concreto e “velleitaria” (fol. 11 della sent. imp.) rispetto a quanto oggi richiedono, e cioè l’affidamento della minore, a oltre tre anni dalla nascita.

La decisione risulta pertanto conforme al principio secondo il quale “Lo stato di abbandono dei minori non può essere escluso in conseguenza della disponibilità a prendersi cura di loro, manifestata da parenti entro il quarto grado, quando non sussistano rapporti significativi pregressi tra loro ed i bambini, e neppure possano individuarsi potenzialità di recupero dei rapporti, non traumatiche per i minori, in tempi compatibili con lo sviluppo equilibrato della loro personalità” (Cass. n. 9021 del 11/04/2018).

2.1. Con il terzo motivo si denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa di pronunciarsi in ordine alla domanda principale proposta dai genitori N.A. e D.M.L..

I ricorrenti sostengono che erroneamente la Corte di appello ha ritenuto che essi non avessero chiesto l’affidamento della minore, omettendo la relativa pronuncia.

I ricorrenti sottolineano che la stessa sentenza dà conto in premessa, dove sono riprodotte le conclusioni delle parti, della richiesta dei genitori di revoca della dichiarazione di adattabilità con affidamento ai genitori appellanti, mentre nel corpo della decisione la Corte di appello avrebbe sostenuto che la domanda di affidamento personale non era stata proposta, traendo da questa erronea premessa l’implicita confessione dei genitori di non essere in grado di provvedere alla minore con conseguente rilevanti in ordine al decisum.

2.2. Il motivo è infondato perchè non si ravvisa la omessa pronuncia sul punto.

In merito all’accertamento dello stato di abbandono, giova ricordare che, come già affermato da questa Corte, “Lo stato di abbandono che giustifica la dichiarazione di adottabilità ricorre allorquando i genitori non sono in grado di assicurare al minore quel minimo di cure materiali, calore affettivo, aiuto psicologico indispensabile per lo sviluppo e la formazione della sua personalità e la situazione non sia dovuta a forza maggiore di carattere transitorio, tale essendo quella inidonea per la sua durata a pregiudicare il corretto sviluppo psico-fisico del minore, secondo una valutazione che, involgendo un accertamento di fatto, spetta al giudice di merito ed è incensurabile in cassazione” (Cass. n. 5580 del 04/05/2000; Cass. n. 4503 del 28/03/2002): ciò perchè “il ricorso alla dichiarazione di adottabilità costituisce solo una “soluzione estrema”, essendo il diritto del minore a crescere ed essere educato nella propria famiglia d’origine, quale ambiente più idoneo al suo armonico sviluppo psicofisico, tutelato in via prioritaria dalla L. n. 184 del 1983, art. 1, il giudice di merito deve operare un giudizio prognostico teso, in primo luogo, a verificare l’effettiva ed attuale possibilità di recupero delle capacità e competenze genitoriali, con riferimento sia alle condizioni di lavoro, reddituali ed abitative, senza però che esse assumano valenza discriminatoria, sia a quelle psichiche, da valutarsi, se del caso, mediante specifica indagine peritale, estendendo detta verifica anche al nucleo familiare, di cui occorre accertare la concreta possibilità di supportare i genitori e di sviluppare rapporti con il minore, avvalendosi dell’intervento dei servizi territoriali” (Cass. n. 7559 del 27/03/2018).

2.3. Nel caso in esame la Corte territoriale ha dato corretta applicazione a detti principi, giacchè – contrariamente a quanto assumono i ricorrenti – ha puntualmente approfondito le vicende occorse alla minore e le caratteristiche dei rapporti genitori/figlia e nonni/figlia.

I ricorrenti, nello svolgere la loro critica, sostanzialmente valorizzano un passaggio dell’articolata motivazione e non la complessiva statuizione, ove, nella ampia considerazione delle plurime difese svolte dai genitori di So., è stata accertata la insussistenza della capacità genitoriale, necessaria premessa per l’affidamento personale della minore, attraverso l’esame delle articolate risultanze istruttorie (relazioni dei servizi sociali, CTU, condizione ancora non superata di tossicodipendenza) con statuizione non impugnata nel merito, rispetto alla quale le considerazioni circa l’atteggiamento dei genitori, e cioè il fatto che essi stessi non si ritenevano in grado di provvedere alla minore, da un lato non risulta smentita e dall’altro costituisce solo uno degli argomenti della motivazione con la quale la Corte distrettuale ha rigettato la complessiva domanda, senza aver dato luogo ad un’ omessa pronuncia.

Invero, la Corte fiorentina ha accertato l’inidoneità genitoriale della coppia sulla scorta delle risultanze istruttorie e della CTU – e non delle loro personali prospettazioni, utilizzate solo per rafforzare la motivazione – rimarcando l’incapacità degli stessi di capire i bisogni elementari della bambina e di interagire con essa, oltre che le permanenti difficoltà incontrate nel gestire se stessi, in considerazione dell’esito non positivo dei vari progetti terapeutici intrapresi per sottrarsi alla tossicodipendenza, condizione accertata finanche nel corso del giudizio di appello, e sulla scorta di tale accertamento non contestato, hanno rigettato tutte le domande dei genitori.

3.1. Con il quarto motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 184 del 1983, artt. 8,9,12,15,16 e 27, con riferimento alla valutazione dell’interesse della minore alla ripresa del rapporto parentale.

I ricorrenti sostengono che la valutazione dell’interesse della minore a fruire di una vita serena e di stabili rapporti affettivi, abbia condotto ad un irragionevole compressione dei diritti dei genitori e dei nonni, in ragione della erronea sentenza di primo grado, confermata dalla Corte di appello.

3.2. Il motivo è inammissibile perchè prescinde dai fatti accertati dalla Corte territoriale che ha valutato gli interessi in gioco ed ha comparato le diverse situazioni, attraverso la ampia ricostruzione delle vicende familiari occorse alla minore e del ruolo assunto da ciascun familiare; non viene, inoltre, formulata alcuna specifica doglianza motivazionale volta a contestare quanto accertato, mediante l’indicazione di specifici fatti decisivi oggetto del giudizio di cui sia stato omesso l’esame, ed il motivo appare volto a perseguire una inammissibile rivalutazione del merito.

4. In conclusione, il ricorso va rigettato, infondato il terzo motivo, inammissibili i motivi primo, secondo e quarto.

Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.

Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Dagli atti il processo risulta esente, sicchè non si applica il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

PQM

– Rigetta il ricorso;

– Condanna i ricorrenti in solido alla rifusione delle spese processuali, che liquida in Euro 3.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali liquidate forfettariamente nella misura del 15% ed accessori di legge;

– Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Così deciso in Roma, il 18 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 19 febbraio 2021

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