Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4490 del 20/02/2020

Cassazione civile sez. VI, 20/02/2020, (ud. 07/11/2019, dep. 20/02/2020), n.4490

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCODITTI Enrico – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – rel. Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26111-2018 proposto da:

V.P., elettivamente domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE SANZIO

1, presso lo studio dell’avvocato ALBERTO ROMANO, che lo rappresenta

e difende unitamente all’avvocato ROBERTO CAVALLO;

– ricorrente –

contro

B.D.D., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZALE

CLODIO 12, presso lo studio dell’avvocato ROBERTA FEDERICO,

rappresentata e difesa dall’avvocato PAOLO SAMMARITANI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 477/2018 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 14/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 07/11/2019 dal Consigliere Relatore Dott. GRAZIOSI

CHIARA.

La Corte:

Fatto

RILEVATO

che:

Il Tribunale di Aosta, con sentenza del 27 luglio 2017, accoglieva la domanda avanzata da V.P. nei confronti di B.D.D. limitatamente alla somma di Euro 400 oltre interessi quale risarcimento dei danni subiti da un appartamento che ella gli aveva riconsegnato alla cessazione del relativo contratto di locazione abitativa.

Il V. proponeva appello, cui controparte resisteva. La Corte d’appello di Torino, con sentenza del 14 marzo 2018 pronunciata ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c., accoglieva parzialmente il gravame, condannando l’appellata a risarcire per Euro 1652,89 oltre interessi, nonchè a pagare Euro 4074,94 oltre interessi per altre debenze per crediti di valuta, compensando per due terzi le spese di entrambi gradi.

V.P. ha proposto ricorso, da cui si è difesa con controricorso B.D.D..

Diritto

RITENUTO

che:

Il ricorso presenta un unico motivo, rubricato come violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5, consistente in nullità della sentenza per errore in judicando, motivazione contraddittoria e omesso esame di un fatto discusso e decisivo.

Erroneamente la corte territoriale non avrebbe riconosciuto la somma di Euro 7291,52 chiesta dell’attuale ricorrente per il totale rifacimento dei pavimenti, “confondendo il valore dei danni che sono parsi non eccessivi, con il danno da inadempimento all’obbligazione di ripristino” che avrebbe gravato la B. “per contratto”, il che sarebbe stato “ribadito – per alcuni danni – con il verbale 30 giugno 2015” (documento 2 del fascicolo di primo grado). Infatti la B. “avrebbe ben potuto adempiere alla propria obbligazione consegnando i locali nello stato in cui li aveva ricevuti”. Al riguardo la corte territoriale “si contraddice”: dapprima “dà per verificati fatti mai comprovati da idonea CTU (richiesta e mai concessa)”, ma “al contempo” non analizza criticamente “la perizia prodotta” e “le fatture che comprovano la richiesta di risarcimento danni”. Quindi il giudice d’appello avrebbe tenuto conto solo dei danni ammessi dalla B. nel verbale firmato il 30 giugno 2015, e non di “quelli rilevati con la perizia di tre mesi successiva”. La corte territoriale “non si avvede che i lavori di ripristino non coincidono con i danni”. Sotto questo profilo il ricorrente, trattandosi di “pavimentazione di pregio e fuori produzione”, non avrebbe potuto sostituire “unicamente le piastrelle rovinate come suggeriva il Giudice”, ma avrebbe dovuto cambiare tutto il pavimento.

Il motivo dimostra una evidente genericità (anche) in ordine agli obblighi “per contratto” della B., e offre comunque una valutazione alternativa fattuale. Non tiene conto neppure dell’argomento – che pertanto non viene a confutare – di cui si è avvalsa, con pregnanza fondante, la corte territoriale allorquando nella motivazione, oltre al riferimento al verbale del 30 giugno 2015, osserva: “In ogni caso quel che parte appellante chiede è il rimborso di un pressochè completo rifacimento del suo alloggio, risalente nel tempo e dopo dieci anni di locazione alla conduttrice e quindi a fronte di un deterioramento non ad essa direttamente imputabile”. Sotto tutti questi profili, dunque, il ricorso incorre in netta inammissibilità.

In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente alla rifusione delle spese del grado – liquidate come da dispositivo – alla controricorrente; sussistono altresì D.P.R. n. 115 del 2012 ex art. 13, comma 1 quater, i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo, comma 1 bis.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso, condannando il ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese processuali, liquidate in complessivi Euro 3000, oltre a Euro 200 per gli esborsi e al 15% per spese generali, nonchè agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 7 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 febbraio 2020

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