Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4488 del 23/02/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 4488 Anno 2018
Presidente: D’ASCOLA PASQUALE
Relatore: PICARONI ELISA

ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso 22403-2016 proposto da:
COSTA LUISA MARIA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
DELLA BALDUINA 7, presso lo studio dell’avvocato CARLO
PIETROPAOLO, rappresentata e difesa dagli avvocati
PIERFRANCESCO ALESSI, GUIDO BONAVENTURA;
– ricorrente contro

SCHEMBARI FILIPPO, elettivamente domiciliato in ROMA,
VIALE LIEGI 58, presso lo studio dell’avvocato ROMANO
CERQUETTI, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 878/2016 della CORTE D’APPELLO di
CATANIA, depositata il 31/05/2016;

Data pubblicazione: 23/02/2018

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
non partecipata del 30/11/2017 dal Consigliere dott. Elisa
Picaroni.
Ritenuto che Maria Luisa Costa ricorre, con atto notificato

il 27 settembre 2016, per la cassazione della sentenza della

e notificata in data 29 giugno 2016, e nei confronti di Filippo
Schembari;
che la Corte d’appello ha rigettato il gravame proposto
dalla sig.ra Costa avverso la sentenza del Tribunale di Ragusa
n. 577 del 2010, confermando la condanna della predetta al
pagamento di euro 15.230,00 in favore di Filippo Schembari
per mancanza di qualità essenziali dell’immobile
compravenduto con rogito 16 luglio 2003;
che, secondo la Corte d’appello, il Tribunale non era
incorso in extrapetizione qualificando la domanda dell’attore
Schembari anziché come garanzia per oneri reali dell’art. 1489
cod. civ., impropriamente richiamata in citazione, come
garanzia per mancanza di qualità essenziali del bene
compravenduto, disciplinata dall’art. 1497 cod. civ.;
che la diversa qualificazione della domanda era basata
sui fatti allegati sin dall’atto di citazione, nel quale l’attore
aveva lamentato che l’immobile acquistato – locale ad uso
commerciale – era pressoché inaccessibile poiché,
diversamente da quanto dichiarato dalla venditrice Costa nel
rogito, lo spazio antistante non era costituito da area pubblica,
risultando quasi per intero di proprietà di un terzo (circostanza
confermata dalla CTU disposta nel giudizio di primo grado);
che, pertanto, risultava correttamente esercitato il
potere-dovere del giudice di qualificare l’azione, dando al
rapporto dedotto in giudizio il nomen iuris anche in difformità
2
Ric. 2016 n. 22403 sez. M2 – ud. 30-11-2017

Corte d’appello di Catania, depositata in data 31 maggio 2016

rispetto alla prospettazione formulata dalle parti, nel rispetto
del petitum e della causa petendi,

quindi senza giungere

all’attribuzione di un bene diverso da quello domandato e
senza introdurre nel tema controverso nuovi elementi di fatto;
che, non essendo mutati i fatti allegati dall’attore fin

giuridica degli stessi, era tardiva l’eccezione di prescrizione,
sollevata dalla sig.ra Costa per la prima volta in appello;
che la ricorrente denuncia, con il primo motivo,
violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in
riferimento agli artt. 1498 e 1497 cod. civ., e, con il secondo
motivo, violazione degli artt. 101, primo e secondo comma,
cod. proc. civ., 24 e 111 Cost.;
che resiste con controricorso Filippo Schembari;
che il relatore ha formulato proposta di decisione, ai
sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., di manifesta
infondatezza;
che la ricorrente ha depositato memoria;
che il Collegio ritiene insussistente l’evidenza decisoria e,
ai sensi dell’art. 380-bis, terzo comma, cod. proc. civ., rimette
la causa alla pubblica udienza della sezione semplice.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rimette la causa alla pubblica udienza della
sezione semplice.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-II
Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 30
novembre 2017.
Il Presidente

ti

dall’atto introduttivo del giudizio, ma soltanto la qualificazione

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