Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4485 del 25/02/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 4485 Anno 2014
Presidente: BUCCIANTE ETTORE
Relatore: MANNA FELICE

SENTENZA

sul ricorso 26044-2012 proposto da:
CONSIGLIO NOTARILE DISTRETTI RIUNITI CUNEO, ALBA,
MONDOVI’ E SALUZZO 80018280042, IN PERSONA DEL
PRESIDENTE P.T., elettivamente domiciliato in ROMA,
V.LE PARIOLI 44, presso lo studio dell’avvocato
MAZZOLI PAOLO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –

2013

contro

‘1170

TOPPINO VINCENZO C.F.PTTVCN40E14C173L, elettivamente
domiciliato in ROMA, V. PIEMONTE 39, presso lo studio
dell’avvocato

GIOVANNETTI

ALESSANDRA,

che

lo

Data pubblicazione: 25/02/2014

rappresenta

e

difende

unitamente

all’avvocato

WEIGMANN MARCO;
– controricorrente nonchè contro

PROCURATORE GENERALE REPUBBLICA CORTE APPELLO DI

intimati)-

avverso l’ordinanza della CORTE D’APPELLO di TORINO,
depositata il 21/05/2012 n. 132/12;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 19/04/2013 dal Consigliere Dott. FELICE
MANNA;
udito

l’Avvocato

Mazzoli

Paolo

difensore

del

ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso
e solleva la questionlk di costituzionalità delleart.
2 n. l legge Bersani e legge Cresci Italia
opponendosi alla domanda di rinvio di controparte;
udito l’Avv. Giovannetti Alessandra difensore del
controricorrente he ha chiesto il rigetto del ricorso
e domanda di rinvio in attesa della sentenza della
Corte Costituzionale;
sentito il P.M. in persona del Sost. Proc. Gen.
Dott. VELARDI MAURIZIO che ha concluso per il rigetto
del ricorso.

TORINO;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Commissione regionale di disciplina del Piemonte e della Valle
d’Aosta, adita dal Consiglio notarile dei distretti riuniti di Cuneo, Alba,
Mondovì e Sallino, irrogava a Vincenzo Toppino, notaio in Alba, la sanzione

lett. b) e 42, leLi. c) dei principi di deontologia professionale notarile, fatto
ricorso in numerosi atti di pubblicazione di testamento olografo e di
attivazione di testamenti pubblici a clausole di esonero dall’obbligo di
trascrivere i relativi acquisti immobiliari mortis causa; e per aver, in
violazione dell’art. 147 legge notarile, posto in essere atti di concorrenza
illecita consistenti nella riduzione degli onorari richiesti, compromettendo il
decoro e il prestigio della classe notarile.
Avverso la deliberazione della Commissione regionale di disciplina, il
notaio Toppino proponeva reclamo innanzi alla Corte d’appello di Torino, che
con ordinanza del 21.5.2012, resistendo il Consiglio notarile, dichiarava
l’insussistenza dell’illecito disciplinare contestato.
La Corte territoriale, premesso che non tutti gli atti pubblici su cui si
basava la contestazione disciplinare erano stati prodotti, rilevava che se non in
tutti, in numerosi casi i lasciti testamentari aventi ad oggetto beni immobili
configuravano non già dei legati — i soli a dover essere trascritti, non
richiedendosi per l’acquisto del diritto l’accettazione del legatario — ma
istituzioni di erede ex re certa. Tale rilievo, secondo la Corte subalpina,
svalutava la tesi del Consiglio notarile secondo cui l’attività del notaio
Toppino sarebbe stata improntata a trascuratezza dei propri obblighi
professionali. Ciò che si ravvisava nella decisione impugnata non era, dunque,
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disciplinare della censura, per aver, in violazione degli artt. 1, comma 2, 14,

una violazione civilisticamente rilevante, ma un atteggiamento negligente
desunto dalla ricorrenza della clausola di esonero, che sebbene legittima
sarebbe stata pilotata dal notaio e ad essa avrebbe corrisposto un
atteggiamento sostanzialmente lassista.

quanto emerso legittimava la conclusione che alle clausole di esonero non
corrispondessero effettive informazioni date dal notaio alle parti.
Del pari era da escludere, secondo L.. Corte torinese, la seconda parte della
contestazione. Ove pure fosse stata dimostrata una negligenza nella cura degli
interessi della clientela attraverso l’inserzione ripetuta della clausola di
esonero, da ciò non sarebbe conseguito necessariamente né un intento né una
condotta di concorrenza sleale. Inoltre, ove pure vi fosse stata una condotta
negligente, il limitarsi a richiedere il compenso professionale per la sola
attività effettivamente svolta non poteva ritenersi indice rivelatore di
un’attività sleale.
Per la cassazione di tale ordinanza ricorre il Consiglio notarile dei distretti
riuniti di Cuneo, Alba, Mondovì e Saluzzo, che formula quattro mezzi
d’annullamentc. Il notaio Toppino resiste con controricorso, illustrato da memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.

Col primo motivo parte ricorrente lamenta la violazione dell’art. 702-

ter c.p.c., in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c., per non aver la Corte territoriale
fatto uso dei propri poteri istruttori d’ufficio, al fine di richiedere
un’integrazione documentale, avendo l’onere di procedere nel modo ritenuto

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Tale difetto di diligenza, però, era escluso in punto di fatto perché nulla di

più opportuno zgli atti d’istruzione ritenuti rilevanti in relazione all’oggetto
del provvedimento richiesto.
2. – Il secondo motivo denuncia l’omesso esame di un fatto controverso e
decisivo (al ricorso si applica il testo dell’art. 360, n. 5 c.p.c. anteriore alle

con modificazioni in legge n. 134/12), consistente nella responsabilità
deontologica del notaio conseguente all’utilizzo della clausola di esclusione
della responsabilità. Lamenta, inoltre, parte ricorrente, che non sono stati
esaminati gli atti contenenti legati immobiliari, né è stata valutata la
sussistenza della responsabilità per non aver svolto con correttezza e
competenza la funzione di interpretazione ed applicazione della legge, per
aver eseguito prestazioni in modo inadeguato alla diligenza del plufessionista
avveduto e scrupoloso, per aver fatto ricorso a clausole di dispensa imitatrici
dell’incarico professionale senza fornire alle parti i chiarimenti utili a
garantire il riscontro delle decisioni assunte e il valore giuridicamente
rilevante dell’atto.
3. – Col terzo motivo si deduce la violazione e la falsa applicazione
dell’art. 112 c.p.c., perché la Corte territoriale, invece di esaminare la
violazione contestata, consistente nel fatto che il notaio Toppino in un numero
rilevante di casi non avrebbe provveduto alla trascrizione, avendo inserito la
clausola di esonero, si sarebbe soffermata, in violazione del principio di
corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, sull’esame degli unici due atti
non contestati perché trascritti, atti dai quali pertanto non era possibile trarre
alcun indice idoneo a valutare la condotta del notaio.

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modifiche apportate dall’art. 54, 1° comma lett. b D.L. n. 83/13, convertito

4. – Col quarto motivo parte ricorrente deduce la violazione e la falsa
applicazione degli artt. 1, comma 2, 14, lett. b) e 42, lett. c) dei principi di
deontologia professionale del notaio e dell’art. 147 della legge notarile.
Oggetto del procedimento disciplinare, deduce parte ricorrente, non è una

confronti degli obblighi deontologici che esula dal dettato codici stico in tema
di trascrizione. Il relativo obbligo, prescritto dall’art. 2648 c.c., per il caso di
acquisto mortis causa derivante da (eredità o) legato, trascende l’interesse
particolare del legatario, coinvolgendo quello pubblico alla continuità della
pubblicità dichiarativa a tutela dei terzi, e forma oggetto, ad un tempo, di
un’obbligazione professionale e di un dovere derivante dall’ufficio notarile.
La Corte territoriale, prosegue il Consiglio ricorrente, ha ignorato tali
implicazioni deontologiche derivanti dalla mancata trascrizione, dedicando
all’argomento esclusivamente una generica affermazione circa l’inesistenza di
una prassi generalizzata. Inoltre, detta Corte avrebbe escluso la violazione del
divieto di illecita concorrenza in base ad una confusa analisi del profilo
soggettivo, da cui non potrebbe comunque intravvedersi una volontà di
concorrenza sleale. Affermazione, questa, che non considera la ratio, lo
spirito e i presupposti della norma, che individua una delle forme della
concorrenza sleale nella riduzione di onorari, diritti e compensi,
sanzionandola in quanto preordinata all’incetta della clientela attraverso un
meccanismo idoneo a squilibrare la normale offerta della prestazione notarile.
5. – Il primo motivo è infondato.
L’art. 702 ter, comma 5 c.p.c., introdotto dall’art. 51, 10 comma legge n.

69/09, ed applicabile, con le altre norme del procedimento sommario di
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violazione civilisticamente rilevante, ma un atteggiamento negligente nei

cognizione, alla fase giurisdizionale del procedimento disciplinare notarile, ai
sensi dell’art. 26 D.Lgs. n. 150/11, prevede che il giudice, se non provvede ai
sensi dei commi precedenti del medesimo articolo, sentite le parti e omessa
ogni formalità non essenziale al contraddittorio, procede nel modo che ritiene

provvedimento richiesto, provvedendo con ordinanza all’accoglimento o al
rigetto delle domande.
La derivazione di tale norma dall’art. 669-sexies, 10 comma c.p.c., sul
processo cautelare uniforme, è ben più profonda e risalente di quanto già non
mostri la quasi perfetta coincidenza letterale delle due disposizioni, ove si
consideri l’evoluzione normativa e giurisprudenziale che ha condotto a una
progressiva omologazione della funzione cautelare a quella cognitiva,
culminata con il D.L. n.35/05, convertito con modificazioni in legge n.80/05,
che ha introdotto nell’ordinamento la funzione cautelare a strumentalità
attenuata relativamente alle misure aventi carattere anticipatorio (art. 669octies, 6° comm. , c.p.c.). Di rimando, anche l’ambito della cognizione ha
dovuto prendere atto di una sommarizzazione già realizzata nei fatti, sebbene
mediata dalla funzione cautelare.
Ciò premesso e ciò chiarito, le due funzioni processuali restano
diversificate per i rispettivi esiti (mera anticipazione di effetti sostanziali nel
caso dei provvedimenti cautelari a strumentalità attenuata, giudicato nelle
ipotesi di procedimento sommario di cognizione), sicché l’interpretazione
della norma di cui parte ricorrente denuncia il malgoverno va operata da un
angolo visuale diverso rispetto a quello presupposto dall’art. 669-sexies, 10
comma c.p.c. (evidenziato, del resto, dal fatto che mentre quest’ultima norma
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più opportuno agli atti di istruzione rilevanti in relazione all’oggetto del

funzionalizza gli atti d’istruzione “ai presupposti e ai fini del provvedimento
richiesto”, e dunque al tipo di misura adottabile, l’art. 702 ter, 5 0 comma

c.p.c. li volge “all’oggetto del provvedimento richiesto”, evocazione icastica
di uno degli elementi oggettivi della domanda di merito).

assicurare un diritto con effettività immediata, ed è sinonimo di un
accertamento tendenzialmente non approfondito, la sommarietà del
procedimento di cognizione di cui agli artt. 702 bis e ss. c.p.c. mira a definire

la lite con rapidità, in ragione della più o meno manifesta fondatezza o
infondatezza della domanda e della dipendenza del relativo accertamento da
poche e semplici acquisizioni probatorie. La scelta del giudice di merito di
esercitare o meno gli ampi poteri d’iniziativa istruttoria concessigli dall’art.

702 ter, 5 0 comma c.p.c. esprime una valutazione discrezionale, insindacabile

in sede di legittimità se sorretta da una motivazione esente da vizi di logica
giuridica, restando nel contempo esclusa la sola possibilità di decidere la
controversia mediante l’applicazione dell’art. 2697 c.c. quale regola di
giudizio, nel senso che il giudice non può dare per esistenti fonti di prova
decisive e nel contempo astenersi dal disporne l’acquisizione d’ufficio.
5.1. – A ben vedere, non è questo il caso di specie.
E’ vero che, a chiusura del paragrafo 10 dell’ordinanza impugnata, la Corte
piemontese afferma che in assenza di iniziative istruttorie delle parti non può
che fare riferimento al materiale disponibile, fornito in piccola parte dal
Consiglio notarile e in maggior misura dal notaio Toppino, ma nell’insieme
non esaustivo di tutti i casi oggetto della contestazione disciplinare. Ma la
stessa ordinanza prosegue osservando che al riguardo il provvedimento della
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Mentre la sonunarietà del procedimento cautelare soddisfa l’esigenza di

Commissione regionale di disciplina è generico e non consente una verifica
puntuale e mira tg_ qd “una specifica realtà documentale”. Pertanto, il Consiglio
notarile ricorrente avrebbe dovuto contestare tale motivazione formulando
un’apposita censura ai sensi del n. 5 dell’art. 360 c.p.c., corredata

uno o più atti rogati dal notaio Toppino, aventi un contenuto in tutto o in parte
diverso da quelli presenti agli atti e idonei a fondare la pretesa sanzionatorio).
Il che, però, non è avvenuto.
6. – Anche i restanti motivi — da esaminare congiuntamente perché
censurano sotto profili distinti il medesimo nucleo decisorio, secondo cui le
clausole di esonero dalla trascrizione non erano di mero stile e lesive del
dovere deontologico corrispondente — sono infondate.
6.1. – Non è dubbio che l’art. 2648, 10 comma c.c. imponga la trascrizione
dell’acquisto del legato immobiliare, e che ai sensi dell’art. 2650, 10 comma
c.c. la relativa omissione produca l’inefficacia di ulteriori trascrizioni e
iscrizioni a carico dell’acquirente. Parallelamente, e tenuto conto del fatto che
il legato si acquista senza necessità di accettazione (art. 649, 1° comma c.c.),
sul notaio che proceda alla pubblicazione di un testamento contenente
l’attribuzione di un legato immobiliare incombe un duplice obbligo, civile e
deontologico, di provvedere alla trascrizione. Diversamente avviene, invece,
nel caso di istituzione di erede ex re rrta, allorché, cioè, il testatore includa
nella quota dell’erede uno o più immobili determinati, atteso che l’acquisto
dell’eredità richiede l’accettazione (art. 459 c.c.).
6.1.1. – La Corte distrettuale non ha negato, né espressamente, né
implicitamente, tali principi, ma al contrario ha ritenuto che anche nei casi in
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dell’allegazione e della dimostrazione del fatto contrario (l’esistenza, cioè, di

cui si era trattato della pubblicazione di disposizioni testamentarie
sicuramente a titolo particolare, nulla consentiva di ritenere che la clausola di
esonero fosse mirata ad un’elusione sostanzialmente pilotata di tale obbligo.
Ha infatti affermato che “la pubblicazione o l’attivazione dell’atto di ultima

possano ritenersi con essa totalmente esonerati da egisiasi altro
adempimento. In particolare, la necessità della denuncia di successione
comporta un’ulteriore formalità, con l’indicazione dei dati ipocatastali. E’
dunque ragionevole accreditare che possa essere nell’interesse dei beneficiari
il mero atto di pubblicazione o attivazione del testamento, anche rinviando ad
un secondo tempo le ulteriori formalità, la cui necessità nulla induce a dare
per scontato essi ignorino” (v. pag. 21 ordinanza impugnata).
Dunque, la decisione impugnata non si basa né su di un’errata
interpretazione delle norme richiamate. né sulla cattiva comprensione del
senso e della violazione deontologica dedotta, ma su di un accertamento che
ha escluso in punto di fatto la prova dell’illecito. La Corte torinese, invero, ha
ritenuto che non fosse suffragato da elementi certi il fatto che le contestate
clausole di esonero, di per sé ritenute legittime dalla stessa Commissione
regionale di disciplina (v. pagg. 21-22 ordinanza impugnata), fossero
contrarie alla deontologia professionale in quanto sostanzialmente “pilotate”
dal notaio per eludere obblighi di legge.
Tale accertamento non è, in particolare, attaccato adeguatamente con il
secondo mezzo, col quale parte ricorrente si è limitata ad allegare un omesso
esame il quale, più che riguardare uno specifico fatto, concerne nel suo
l’insieme la dedotta responsabilità disciplinare, e dunque un tema, più che un
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volontà non è l’unica formalità a cui si fa luogo, sicché gli aventi causa

fatto, per sollecitare un’inammissibile rinnovazione delle valutazioni di merito
operate dalla Corte d’appello.
6.2. – L’ordinanza impugnata non appare adeguatamente contrastata
neppure sotto il profilo della ritenuta esclusione della concorrenza sleale che,

dell’inserimento delle ridette clausole di esonero dalla trascrizione.
Al riguardo, la Corte piemontese, ha osservato, con motivazione in sé
congrua e logica, che “ove pure vi fosse (stato) un atteggiamento negligente,
il limitarsi a farsi corrispondere onorari e spese per le prestazioni
effettivamente erogate non può essere ragionevolmente inteso come indice
sicuramente rivelatore di un intento di slealtà e di concorrenza indebita nei
confronti della classe notarile nel suo insieme, perché ciò significherebbe
attribuire una polarizzazione soggettiva della condotta professionale che non è
necessariamente implicata dalla semplice trascuratezza”.
7. – Le considerazioni fin qui svolte assorbono, rendendole irrilevanti, le
questioni di legittimità costituzionale, dedotte dalla parte ricorrente in sede di
discussione orale, a) del D.Lgs. n. 249/06, con riferimento alla possibile
prescrizione dell’illecito, secondo l’esito dell’incidente di costituzionalità già
sollevato da questa Corte con ordinanza interlocutoria n. 17697/12, resa in
altro procedimento fra le medesime parti; e b) delle norme del D.L. n. 223/06,
convertito con modificazioni in legge n. 248/06, e del D.L. n. 201/11,
convertito con modificazioni in legge n. 214/11, con riferimento alla
soppressione delle limitazioni all’esercizio di attività professionali.
8. – In conclusione il ricorso va respinto.

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secondo il Consiglio ricorrente, sarebbe sottesa alla generalizzata prassi

9. – La novità della questione giustifica eccezionalmente la compensazione
delle spese, ai sensi dell’art. 92, 2° comma c.p.c. nuovo testo.
P. Q. M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

della Corte Suprema di Cassazione, il 19.4.2013.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile

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