Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4484 del 24/02/2011

Cassazione civile sez. III, 24/02/2011, (ud. 20/01/2011, dep. 24/02/2011), n.4484

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. AMATUCCI Alfonso – rel. Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 29239-2006 proposto da:

D.V.M., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA OTTAVIANO 66, presso lo studio dell’avvocato BARILE

ANTONIO, rappresentato e difeso dall’avvocato SAUCHELLA GIUSEPPE

giusta comparsa di costituzione di nuovo difensore in atti;

– ricorrente –

contro

AUTOSTRADE per l’ITALIA SPA (già AUSTRADE – CONCESSIONI

&

COSTRUZIONI AUTOSTRADE SPA), in persona del responsabile della

Direzione Legale Avv. F.P., elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CAVOUR 211 INT. 12, presso lo studio dell’avvocato RICCI

EMANUELE, che lo rappresenta e difende giusta delega a margine del

controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 19338/2005 del TRIBUNALE di ROMA, Sezione 13^

Civile, emessa il 28/07/2005, depositata il 13/09/2005; R.G.N.

57106/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/01/2011 dal Consigliere Dott. ALFONSO AMATUCCI;

udito l’Avvocato GIUSEPPE SAUCHELLA;

udito l’Avvocato EMANUELE RICCI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- Con sentenza n. 5578/03 il giudice di pace di Roma rigettò la domanda di D.V.M. nei confronti di Autostrade s.p.a.

volta al risarcimento del danno patito per la rottura del radiatore (e la successiva fusione del motore) della propria autovettura, provocata da un birillo spartitraffico che delimitava una corsia chiusa al traffico sull’autostrada Al nel tratto (OMISSIS) e che era “schizzato” al centro della cortesia che egli stava percorrendo.

2.- Il tribunale di Roma ha rigettato il gravame del soccombente con sentenza n. 19338/05, avverso la quale il D.V. ricorre per cassazione affidandosi a due motivi, cui Autostrade s.p.a. resiste con controricorso illustrato anche da memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Il Collegio ha disposto che la motivazione sia redatta in forma semplificata.

2.- Col primo motivo il ricorrente si duole che il tribunale abbia ritenuto che la responsabilità della società convenuta ex art. 2051 c.c. fosse stata inammissibilmente dedotta per la prima volta in appello; col secondo censura la decisione, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2051 e 2697 c.c. ed ogni possibile tipo di vizio della motivazione, per essere stata esclusa la responsabilità della società Autostrade in base ad entrambi i possibili criteri di imputazione; assume, in particolare, che la convenuta non aveva offerto la prova del fortuito per gli effetti di cui all’art. 2051 c.c..

3.- Il ricorso è infondato.

L’inammissibilità per difetto di interesse del primo motivo direttamente discende dal rilievo che il tribunale, pur avendo effettivamente affermato a pag. 10 della sentenza che la responsabilità da cosa in custodia era stata invocata solo in secondo grado, tanto ha fatto in esito alla disamina della fattispecie anche alla luce dell’art. 2051 c.c. esplicitamente chiarendo che la conclusione cui doveva addivenirsi era, in ogni caso, quella del rigetto della domanda e facendo dichiaratamente applicazione dei principi enunciati da questa corte con sentenza n. 298 del 2003 (seguita dalla giurisprudenza successiva), che ha appunto ritenuto l’art. 2051 c.c. applicabile anche al gestore di autostrade.

S’è in quella occasione chiarito che “nell’applicazione del principio occorre peraltro distinguere le situazioni di pericolo immanentemente connesse alla struttura o alle pertinenze dell’autostrada, da quelle provocate dagli stessi utenti ovvero da una repentina e non specificamente prevedibile alterazione dello stato della cosa, che pongano a repentaglio l’incolumità degli utenti e l’integrità del loro patrimonio. Mentre, invero, per le situazioni del primo tipo, l’uso generalizzato e l’estensione della res costituiscono dati in via generale irrilevanti in ordine al concreto atteggiarsi della responsabilità del custode, per quelle del secondo tipo dovrà configurarsi il fortuito tutte le volte che l’evento dannoso presenti i caratteri della imprevedibilità e della inevitabilità; come accade quando esso si sia verificato prima che l’ente proprietario o gestore, nonostante l’attività di controllo e la diligenza impiegata al fine di garantire un intervento tempestivo, potesse rimuovere o adeguatamente segnalare la straordinaria situazione di pericolo determinatasi, per difetto del tempo strettamente necessario a provvedere”.

Di tale principio il tribunale ha fatto corretta applicazione laddove, dopo averlo enunciato, ha concluso che l’improvviso rotolamento di un birillo (di cui non si contesta il legittimo impiego) non era nè prevedibile nè rimediabile; e che, dunque, il danno provocato dalla cosa era dovuto al fortuito. Lo stesso ricorrente, del resto, facendo riferimento in atto introduttivo alla circostanza che il birillo fosse “schizzato” al centro della corsia, ha implicitamente escluso che in quella posizione esso già da tempo si trovasse e che, dunque, la società Autostrade avrebbe avuto modo di eliminare la situazione di pericolo repentinamente determinatasi.

Si tratta di un apprezzamento di fatto, assolutamente ragionevole e del tutto adeguatamente motivato. Nè il ricorrente sostiene di aver mai prima rappresentato la possibilità evocata in questa sede:

(addirittura) che la violenta proiezione del birillo potesse essere stata provocata dagli operatori del cantiere stradale in atto sulla corsia non percorribile (così il ricorso, a pagina 17, secondo capoverso).

E’, infine, del tutto irrilevante che alle censurate conclusioni sulla riconducibilità dell’evento dannoso al fortuito il tribunale sia pervenuto sulla base delle risultanze comunque acquisite, anzichè in esito ad articolazioni probatorie della convenuta.

4.- Il ricorso è respinto.

Le spese, compensate in appello, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE DI CASSAZIONE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, che liquida in Euro 2.700, di cui 2.500 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 20 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2011

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