Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4482 del 24/02/2011

Cassazione civile sez. III, 24/02/2011, (ud. 20/01/2011, dep. 24/02/2011), n.4482

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – rel. Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.I., (OMISSIS), elettivamente domiciliata

in ROMA, VIA COLA DI RIENZO 162, presso lo studio dell’avvocato

SCALONE DI MONTELAURO LUCIA, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato DI NICUOLO FRANCO giusta delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

CITROEN ITALIA SPA, (OMISSIS), in persona del Direttore Gestione

& Informatica Dott. G.G., elettivamente domiciliata

in

ROMA, PIAZZA DELLA LIBERTA’ 20-13, presso lo studio dell’avvocato

MANFREDONIA PIERLUIGI, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato GALLETTO DAVIDE giusta delega in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1995/2005 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

Sezione Seconda Civile, emessa il 29/06/2005, depositata il

22/08/2005; R.G.N. 2255/2002.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

20/01/2011 dal Consigliere Dott. ADELAIDE AMENDOLA;

udito l’Avvocato LUCIA SCALONE DI MONTELAURO;

udito l’Avvocato PIERLUIGI MANFREDONIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto che ha concluso per il rigetto o la inammissibilità

del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

1 C.I., dipendente della ditta Pulispidy, convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Milano Citroen Italia s.p.a., chiedendone la condanna al risarcimento dei danni per le lesioni riportate in data 15 giugno 1996, allorchè, mentre eseguiva le pulizie nei locali della convenuta, era caduta da una scala.

La società contestò l’avversa pretesa, segnatamente eccependo il difetto di titolarità passiva, non essendo essa nè proprietaria, nè custode della scaletta.

2 Con sentenza del 12 luglio 2001 il giudice adito rigettò la domanda.

Proposto dalla soccombente gravame, la Corte d’appello lo ha respinto in data 22 agosto 2005.

In motivazione il giudicante, dato atto che le richieste avanzate dall’attrice erano state correttamente ritenute infondate dal giudice di prime cure perchè dall’istruttoria espletata era emerso che la scala era di proprietà dell’impresa alle cui dipendenze lavorava la C., la quale ne aveva altresì la custodia, ha osservato che non era stato provato, e neppure dedotto in primo grado, anche soltanto in via di mera allegazione, che lo slittamento dell’attrezzo fosse stato cagionato da un’anomalia del pavimento del locale dell’appellata.

3 Avverso detta pronuncia propone ricorso per cassazione C. I., affidato a un solo motivo.

Resiste con controricorso Citroen Italia s.p.a.. Il collegio ha raccomandato una motivazione particolarmente sintetica.

4 L’unico motivo col quale l’impugnante lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 cod. civ., nonchè insufficienza e contraddittorietà della motivazione, perchè la Corte d’appello avrebbe posto a suo carico un onere probatorio gravante invece sulla controparte, e tanto nella prospettiva che, essendosi l’infortunio verificato all’interno dei locali della società, questa ne doveva in ogni caso rispondere, si risolve nella contestazione della necessità della prova del rapporto eziologico tra cosa e danno. La ricorrente postula invero l’addebitabilità dell’evento in ragione della sola dislocazione dello stesso in un certo ambito spaziale.

Trattasi tuttavia di assunto sbagliato, in quanto resistito dal principio, assolutamente consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, per cui la responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia di cui all’art. 2051 cod. civ., se prescinde, in ragione del suo carattere oggettivo, dall’accertamento del carattere colposo del comportamento del custode, esige in ogni caso, per la sua configurabilità, la sussistenza del rapporto causale tra cosa e pregiudizio (confr. Cass. civ., 7 aprile 2010, n. 8229).

Il ricorso deve conseguentemente essere rigettato.

Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in complessivi Euro 1.700 (di cui Euro 200,00 per spese), oltre IVA e CPA, come per legge.

Così deciso in Roma, il 20 gennaio 2011.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2011

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