Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4481 del 24/02/2010

Cassazione civile sez. II, 24/02/2010, (ud. 02/02/2010, dep. 24/02/2010), n.4481

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – rel. Presidente –

Dott. ODDO Massimo – Consigliere –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 3775-2005 proposto da:

A.G. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA GIULIANA 50, presso lo studio dell’avvocato INTINO

CIRO, rappresentato e difeso dagli avvocati SPECIALE ANDREA VINCENZO,

PAOLUCCI GIORGIO;

– ricorrente –

contro

M.W. (OMISSIS), M.G.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA PACUVIO 34, presso lo studio

dell’avvocato ROMANELLI GUIDO, rappresentati e difesi dall’avvocato

VALENTINI ALDO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 277/2004 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 15/04/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

02/02/2010 dal Consigliere Dott. ROBERTO MICHELE TRIOLA;

udito l’Avvocato PAOLUCCI Giorgio, difensore della ricorrente che ha

chiesto accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato BONACCIO Giovanni, con delega depositata in udienza

dell’Avvocato VALENTINI Aldo, difensore dei resistenti che ha chiesto

il rigetto del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MARINELLI Vincenzo che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 20 dicembre 1986 A. G. conveniva M.W. davanti al Tribunale di Pesaro ed esponeva, per quello che ancora interessa:

che il convenuto, proprietario di un fabbricato, aveva costruito un muretto alto circa 70 cm, appoggiandolo su un preesistente muro situato nella adiacente proprietà di essa attrice;

– che il convenuto aveva inoltre costruito un altro manufatto che invadeva per circa 50 cm il terreno di proprietà di essa attrice, limitava la circolazione dell’aria e della luce e si poneva in contrasto con lo strumento urbanistico comunale.

M.W., costituitosi, eccepiva che il muretto era stato costruito in sopraelevazione di un muro di sua esclusiva proprietà o comunque comune e che l’altro manufatto esisteva da moltissimi anni e delimitava le rispettive proprietà per cui esso attore aveva acquistato per usucapione la comproprietà del sottostante terreno, anche volendo ammettere che lo stesso fosse stato originariamente di proprietà esclusiva della A.. Del terreno al di là di tale muro era diventato proprietario esclusivo per usucapione.

Il convenuto chiamava inoltre in garanzia il suo dante causa M.G., il quale si costituiva facendo proprie tutte le difese svolte dal chiamante.

Con sentenza in data 22 marzo 2002 il Tribunale di Pesaro accoglieva la domanda di demolizione della sopraelevazione, mentre rigettava le altre domande proposte da A.G..

La sentenza veniva impugnata in via principale da M.W. ed in via incidentale da A.G..

Con sentenza in data 14 dicembre 2004 la Corte di appello di Ancona accoglieva parzialmente l’appello principale e rigettava quello incidentale.

I giudici di secondo grado ritenevano infondata la domanda di demolizione del muretto realizzato da M.W. in sopraelevazione del muro che l’attrice assumeva di sua esclusiva proprietà in base alla seguente motivazione:

Lamenta una prima censura che la sentenza, nell’ordinare la demolizione del manufatto (OMISSIS), abbia erroneamente omesso di considerare che il muro divisorio sul quale si appoggia il manufatto esiste da oltre venti anni e rappresenta il confine anche di diritto corrente tra le due proprietà; e che esso muro, da presumersi comune ex art. 880 c.c., rende inoperante la disciplina delle distanze tra costruzioni perchè ad esso si appoggiano anche le costruzioni del l’ A..

Il motivo è fondato.

Va puntualizzato che secondo gli accertamenti compiuti dal consulente tecnico d’ufficio Geom. T. nell'(OMISSIS) il capanno E, come d’altronde il capanno (OMISSIS), si trova nella zona di confine costruito in appoggio od in aderenza a dei capanni di proprietà dell’ A., quali distinti nella planimetria con le lettere (OMISSIS); per modo che esse costruzioni presentano in comune un muro che le divide e non lascia fra di loro alcuna distanza od intercapedine.

Risulta dagli accertamenti medesimi che taluni di essi capanni, e per la precisione quelli (OMISSIS), risalgono agli anni 1939 e 1940, perchè già censiti a quelle epoche nel catasto; e che le successive edificazioni effettuare da entrambi i confinanti hanno continuato a rispettare la medesima linea di separazione dei fondi quale segnata dalle prime due costruzioni.

Ciò posto, ed atteso che il confine risultante dalle mappe catastali, quale quello accertato dal C.T.U. come corrente all’interno dei capanni (OMISSIS), ha per legge un valore meramente sussidiario (art. 950 c.c.), si deve ritenere che il muro divisorio fra i capanni costituisce un confine reale pienamente conforme al confine di diritto, in quanto è quello che ha formato oggetto di un possesso pacifico, ininterrotto, pubblico ed ultraventennale come tale esitato nell’usucapione delle antistanti proprietà da esso divise.

La Corte di appello rigettava il motivo dell’appello incidentale con il quale A.G. lamentava che il Tribunale avesse omesso di pronunciarsi sulla domanda di condanna “ad arretrare il confine lato monte, sia sul fronte dei fabbricati che sul retro degli stessi alla distanza stabilita dai confini di proprietà e così pure per il confine sul retro del fabbricato attoreo stabilendo l’esatta delimitazione tra la corte e la strada sovrastante realizzata in corso di causa”.

Ritenevano i giudici di secondo grado:

Il motivo è tanto infondato quanto inammissibile. Infondato perchè, come detto sopra al punto (OMISSIS), l’impugnata sentenza si è pronunciata su tutte le altre domande non accolte formulando la ragione del loro mancato accoglimento, e tale ragione non forma oggetto di alcuna censura. Inammissibile perchè la domanda è obiettivamente incomprensibile, sfuggendo a qualsiasi logica giuridica nel suo senso letterale l’arretramento di un confine, non essendo indicato nè comunque dato sapere se e quali opere esistono sul confine da arretrare, essendo impossibile rendersi conto come possa uno stesso lato monte stare sia sul fronte che sul retro dei fabbricati.

La Corte di appello rigettava anche il motivo dell’appello incidentale con il quale si deduceva che il M. non aveva dato dimostrazione di avere usucapito il terreno sul quale era realizzato l’altro manufatto, in quanto esso era di costruzione recente, prossima all’anno della causa, quello indicato nella mappa catastale del (OMISSIS) essendo altro e diverso ed essendo stato demolito dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, osservando:

Le asserzioni critiche non trovano corrispondenza alcuna nelle acquisizioni istruttorie; la planimetria catastale del (OMISSIS) è un dato probatorio abbastanza preciso, gli eventi bellici costituiscono un riferimento del tutto generico ed indifferenziato, e l’eventualità di una demolizione e di una ricostruzione si appalesa poi del tutto irrilevante a cospetto della collocazione naturale del confine e della conseguente usucapione degli spazi da essa distinti.

Contro tale decisione ha proposto ricorso per cassazione, con tre motivi, A.G..

Resistono con controricorso M.W. e M. G..

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo del ricorso A.G. si duole del fatto che i giudici di merito abbiano ritenuto comune il muro sopraelevato da M.W., in contrasto con quanto risultava dalle testimonianze e dal fatto che al di là di tale muro (a quanto pare secondo le mappe catastali) esisteva uno spazio di terreno di proprietà di essa ricorrente.

La doglianza è infondata, in quanto, da un lato, invoca testimonianze del tutto generiche e, dall’altro, nulla viene detto per contrastare quanto affermato dalla sentenza impugnata, secondo la quale il confine risultante dalle mappe catastali non coincideva con quello reale, risultante da un possesso pacifico, ininterrotto, pubblico e ultra ventennale, come tale esitato nell’usucapione delle antistanti proprietà da esso (muro) divise.

Con il secondo motivo la ricorrente si duole, in primo luogo, del fatto che i giudici di merito abbiano ritenuto che il manufatto della cui costruzione si era lamentata con l’atto di citazione ed indicato con la lettera (OMISSIS) nella consulenza tecnica di ufficio risalisse, secondo le risultanze catastali, al (OMISSIS), mentre dalle prove testimoniali risultava realizzato negli anni (OMISSIS), essendo stato demolito quello preesistente a seguito di bombardamenti durante la seconda guerra mondiale, per cui non poteva essere maturata v.

l’usucapione a favore del convenuto.

La doglianza è inammissibile per la sua genericità, non venendo riportato il contenuto delle testimonianze dalle quali, invece, risulterebbe l’errore in cui sono incorsi i giudici di merito.

Deduce, poi, la ricorrente: La Corte di Appello di Ancona, inoltre, non ha preso minimanente in considerazione quanto stabilito dal regolamento urbanistico del comune di Montelabbate (PU) il quale indica in mt. 5 la distanza di rispetto tra confini errano cosi anche in punto di diritto per avere disattesa una normativa vincolante in sul punto.

Anche tale doglianza è infondata.

Va rilevato, in proposito, che nel giudizio di secondo grado la attuale ricorrente aveva così concluso sul punto: Condannare altresì il convenuto M.W. ad arretrare il confine lato monte, sia sul fronte dei fabbricati che sul retro degli stessi, alla distanza stabilita dai confini di proprietà cosi come accertati in corso di causa e così pure dicasi per il confine sul retro del fabbricato attoreo, stabilendo l’esatta delimitazione del confine tra la corte attorca e la strada sovrastante realizzata del sig. M.W. in corso di causa senza il rispetto della delimitazione tra le rispettive proprietà.

La Corte di appello ha così motivato:

Il motivo è tanto infondato quanto inammissibile. Infondato perchè, come detto sopra al punto (OMISSIS), l’impugnata sentenza pronunciata su tutte le A altre domande non accolte formulando la ragione dello mancato accoglimento, e tale ragione non forma oggetto di alcuna censura. Inammissibile perchè la domanda è obiettivamente incomprensibile, sfuggendo a qualsiasi logica giuridica nel suo senso letterale l’arretramento di un confine, non essendo indicato nè comunque dato sapere se e quali opere esistono sul confine da arretrare, essendo impossibile rendersi conto come possa uno stesso lato monte stare sia sul fronte che sul retro dei fabbricati.

Contro tali affermazioni nessuna specifica censura viene svolta in questa sede.

In definitiva, il ricorso va rigettato, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano come da dispositivo.

PQM

la Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida nella complessiva somma di Euro 2.200,00, di cui Euro 2.000,00 per onorari, ed oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 2 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2010

 

 

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