Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4480 del 23/02/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 4480 Anno 2018
Presidente: CIRILLO ETTORE
Relatore: LUCIOTTI LUCIO

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8211-2017 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. 06363391001, in persona del
Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, presso la quale è domiciliata in Roma,
alla via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente contro

GIOANCOSTE s.r.1., in persona del legale rappresentante, Cosimo
Longobardi, rappresentata e difesa dall’avv. Raffaele BOCCIA, ed
elettivamente domiciliata presso il dott. Alessandro COSTANTINI, in
Roma, alla via Pompeo Magno, n. 78;

– controricorrente –

Data pubblicazione: 23/02/2018

avverso la sentenza n. 8271/04/2016 della Commissione tributaria
regionale della CAMPANIA, Sezione staccata di SALERNO, depositata il
28/09/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata dell’11/01/2018 dal Consigliere Lucio LUCIOTTI.

— che in controversia relativa ad impugnazione di un avviso di
accertamento ai fini IVA, IRES ed IRAP per l’anno di imposta 2006, con
cui l’amministrazione finanziaria contestava alla Giancoste s.r.l. l’utilizzo
di una fattura per operazione oggettivamente inesistente, con la sentenza
in epigrafe indicata la CTR della Campania accoglieva l’appello proposto
dalla società contribuente avverso la sentenza della CTP che aveva a sua
volta rigettato il ricorso da quella proposto avvero il predetto atto
impositivo, sostenendo la non applicabilità alla fattispecie del raddoppio
dei termini di accertamento per essere stata effettuata la comunicazione
della notitia cri minis oltre la scadenza dei termini ordinari;
— che per la cassazione della sentenza di appello ricorre con unico
motivo l’Agenzia delle entrate, cui replica l’intimata società contribuente
con controricorso;
—che sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi dell’art. 380 bis cod.
proc. civ. (come modificato dal d.l. 31 agosto 2016, n. 168, convertito con
modificazioni dalla legge 25 ottobre 2016, n. 197), risulta regolarmente
costituito il contraddittorio, all’esito del quale la controricorrente ha
depositato memoria;
— che il Collegio ha disposto la redazione dell’ordinanza con
motivazione semplificata;

CONSIDERATO
—che il motivo di ricorso, con cui la difesa erariale deduce, ai sensi
dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa
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RILEVATO

applicazione degli artt. 43 d.P.R. n. 600 del 1973, 57 d.P.R. n. 633 del 1972
e 2, comma 3, d.lgs. n. 128 del 2015, è fondato e va accolto nei limiti di
cui appresso si dirà;
— che, invero, la statuizione d’appello si pone in insanabile contrasto
con la giurisprudenza di questa Corte secondo cui «In tema di

del 1973 per l’IRPEF e 57 del d.P.R. n. 633 del 1972 per l’IVA, nella
versione applicabile “ratione temporis”, sono raddoppiati in presenza di
seri indizi di reato che facciano insorgere l’obbligo di presentazione di
denuncia penale, anche se questa sia archiviata o presentata oltre i termini
di decadenza», come peraltro stabilito dalla Corte costituzionale nella
sentenza 25 luglio 2011, n. 247, «senza che, con riguardo agli avvisi di
accertamento per i periodi d’imposta precedenti a quello in corso alla data
del 31 dicembre 2016 e già notificati, incidano le modifiche introdotte
dall’art. 1, commi da 130 a 132, della 1. n. 208 del 2015, attesa la
disposizione transitoria ivi introdotta, che richiama l’applicazione dell’art. 2
del d.lgs. n. 128 del 2015, che fa salvi gli effetti degli avvisi già notificati»
(Cass. n. 16728 del 2016; conf. Cass. n. 26037 del 2016);
— che nelle citate pronunce questa Corte ha avuto cura di precisare:
a) che «non di raddoppio dei termini in senso proprio si tratta, bensì di un
nuovo termine di decadenza», applicabile in ipotesi di sussistenza di seri
indizi di reità, che è un dato obiettivo non lasciato alla discrezionalità del
funzionario dell’ufficio tributario ma che deve essere accertato dal giudice;
b) che tale raddoppio non è escluso dalla configurabilità di una causa di
estinzione del reato come la prescrizione, né dalla intervenuta
archiviazione della denuncia, non rilevando «né l’esercizio dell’azione
penale da parte del p.m., ai sensi dell’articolo 405 c.p.p., mediante la
formulazione dell’imputazione, né la successiva emanazione di una
sentenza di condanna o di assoluzione da parte del giudice penale, anche
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accertamento tributario, i termini previsti dagli artt. 43 del d.P.R. n. 600

in considerazione del doppio binario tra giudizio penale e procedimento e
processo tributario (in termini, Cass. 15 maggio 2015, n. 9974)» (Cass. n.
16728/16, cit.); c) che su tale assetto nessun effetto spiega la sequenza di
modifiche che hanno riguardato la disciplina dei termini prescritti per
l’accertamento (legge n. 208 del 2015, art. 1, commi da 130 a 132, nonché

relativi a periodo d’imposta precedenti a quello in corso alla data 31
dicembre 2016 siano stati già notificati – come nel caso in esame, in cui gli
atti impositivi risultano notificati in data 23/05/2011 – si applica la
disciplina dettata dall’art. 2 del d.lgs. n. 128 del 2015 (che non è stato
modificato dalla successiva legge n. 208 del 2015), che fa espressamente
salvi gli effetti degli avvisi di accertamento notificati alla data di entrata in
vigore del predetto decreto;
—che, pertanto, con riferimento ad avviso di accertamento emesso e
notificato nell’anno 2014, come nella fattispecie qui vagliata, è del tutto
indifferente la data in cui viene effettuata la comunicazione di notizia di
reato e persino l’omissione di quella comunicazione, perché quello che
invece assume rilevanza ai predetti fini è la circostanza che le violazioni
tributarie accertate integrino fatti anche penalmente rilevanti; e ciò priva di
rilevanza le argomentazioni svolte dalla società contribuente nel
controricorso e nelle memorie, che a quei principi non si ispirano;
—che per tale ragione il raddoppio dei termini di accertamento non
opera con riferimento all’IRAP posto che, «non essendo l’IRAP
un’imposta per la quale siano previste sanzioni penali è evidente che in
relazione alla stessa non può operare la disciplina del “raddoppio dei
termini” di accertamento quale applicabile ratione ternporis (cfr. Cass. n.
20435/2017; n. 4775/2016 n. 26311 del 2017, n. 23629 del 2017);
— che, conclusivamente, il ricorso va accolto limitatamente alla
ripresa a tassazione ai fini IVA e IRPEF e rigettato quanto alla ripresa a
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d.lgs. n. 128 del 2015, art. 2) in quanto, qualora gli avvisi di accertamento

fini IRAP e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla competente
CTR per l’esame delle questioni rimaste assorbite e per la
regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità;

P.Q.M.
accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza

giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale della
Campania, in diversa composizione.

impugnata e rinvia, anche per la regolamentazione delle spese del presente

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