Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4479 del 19/02/2021

Cassazione civile sez. I, 19/02/2021, (ud. 27/10/2020, dep. 19/02/2021), n.4479

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco A. – Presidente –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3850/2015 proposto da:

F.C., elettivamente domiciliato in Roma, Via Raffaele

Caverni n. 6, presso lo studio dell’avvocato Armellin Paola, che lo

rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

P.J.C., elettivamente domiciliato in Roma, Via S. Tommaso

d’Aquino n. 116, presso lo studio dell’avvocato Fiorelli Stefano,

rappresentato e difeso dall’avvocato Matar Sahd Dario, giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1105/2014 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 09/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

27/10/2020 dal Cons. Dott. ACIERNO MARIA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

La Corte d’Appello di Torino ha confermato la pronuncia del Tribunale di Aosta che aveva rigettato l’opposizione a decreto ingiuntivo proposta da F.C. nei confronti di P.J.C. ed avente ad oggetto l’importo determinato nel lodo arbitrale intercorso tra le parti che avevano costituito un’associazione in partecipazione, riguardante il valore della quota di liquidazione conseguente al recesso del P..

L’oggetto della cognizione arbitrale era limitato alla determinazione della quota e non era stata formulata domanda di condanna al pagamento della somma oggetto dell’accertamento.

Ne era conseguita la proposizione del decreto ingiuntivo nei confronti del debitore sulla base della prova scritta costituita dal lodo e la conferma del provvedimento monitorio in entrambi i gradi di giudizio. La Corte d’Appello in particolare ha rilevato che non è stata censurata la ratio relativa alla limitazione dell’oggetto della cognizione arbitrale al mero accertamento del diritto non risultando richiesta una statuizione di condanna. Da tale premessa ha fatto conseguire il giudicato sull’oggetto del giudizio e l’ininfluenza della quaestio iuris relativa alla incompatibilità di una pronuncia di accertamento con la natura rituale dell’arbitrato e di conseguenza l’irrilevanza delle istanze istruttorie.

F.C. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. E’ pervenuta il 26/10/2020 atto di rinuncia al ricorso notificato via PEC ai difensori della parte controricorrente ex art. 390 c.p.c..

Il ricorso deve, di conseguenza, essere dichiarato inammissibile per sopravvenuto carenza d’interesse ma la mancata accettazione della rinuncia per regolare le spese processuali, impone l’esame dei motivi ai fini della decisione sulla soccombenza virtuale, ex art. 391 c.p.c., comma 4.

Nel primo motivo è stata contestata l’inammissibilità per genericità del primo motivo d’appello, pronunciata dalla Corte territoriale sostenendo che nella contestazione relativa all’incompatibilità tra arbitrato rituale e pronuncia di accertamento è contenuta l’implicita contestazione della ratio decidendi relativa alla corretta delimitazione dell’oggetto della cognizione al solo accertamento del diritto.

La censura non è fondata. Deve condividersi la conclusione cui è pervenuta la Corte d’Appello nell’escludere che fosse stata censurata la ratio decidendi relativa alla delimitazione ad una pronuncia di accertamento dell’oggetto del giudizio trattandosi di questione eziologicamente pregiudiziale a quella relativa alla compatibilità di tale formula decisoria con la natura rituale dell’arbitrato. In mancanza della censura sulla verifica eseguita dal Tribunale in ordine all’effettivo oggetto del giudizio arbitrale è caduto il giudicato sulla questione pregiudiziale così come individuata e le questioni consequenziali risultano prive di efficacia concreta rispetto alla decisione.

Il secondo motivo rivolto a censurare l’omessa ammissione della prova testimoniale è inammissibile perchè involge un riesame del merito la cui valutazione è incensurabile in sede di giudizio di legittimità, così come incensurabile è l’interpretazione della clausola statutaria invocata nella censura.

In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza,d’interesse con applicazione del principio della soccombenza virtuale per le spese poste a carico del ricorrente.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza d’interesse e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite da liquidarsi in Euro 3000 per compensi Euro 200 per esborsi oltre accessori di legge. Sussistono i requisiti processuali per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 febbraio 2021

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