Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4478 del 23/02/2018


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Cassazione civile, sez. VI, 23/02/2018, (ud. 10/01/2018, dep.23/02/2018),  n. 4478

Fatto

RILEVATO

– che con la sentenza in epigrafe indicata la Commissione tributaria regionale della Puglia rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto da Giuseppe Pellegrino avverso l’avviso di accertamento emesso nei suoi confronti, ai sensi dell’art. 38 c.c., quale legale rappresentante della ASD Castellana Calcio, in relazione ai maggiori ricavi accertati a carico di quest’ultima ai fini IVA, IRES ed IRAP con riferimento all’anno di imposta 2007 a seguito del disconoscimento dei benefici di cui alla L. n. 398 del 1991;

– che i giudici di appello ritenevano inapplicabile l’art. 38 c.c. al caso di specie, in cui il contribuente “si era insediato” quale legale rappresentante della predetta Associazione solo in data 8/07/2008, e con riferimento all’anno di imposta 2007 si era limitato a sottoscrivere la dichiarazione dei redditi formati su risultanze contabili immodificabili;

– che avverso tale statuizione l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato ad un motivo, cui non replica l’intimato;

– che risulta regolarmente costituito il contraddittorio sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del vigente art. 380 bis c.p.c.;

– che il Collegio ha deliberato la redazione dell’ordinanza con motivazione semplificata.

Diritto

CONSIDERATO

– che con il motivo di ricorso la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 38 c.c., sostenendo che la mera titolarità formale della carica rappresentativa dell’associazione non riconosciuta sia sufficiente a determinare l’obbligazione di chi la riveste in solido con il soggetto rappresentato;

– che, invero, in tema di responsabilità del soggetto che rappresenta l’associazione non riconosciuta, si è affermato che “la responsabilità personale e solidale di colui che agisce in nome e per conto dell’associazione non riconosciuta ai sensi dell’art. 38 c.c., non è collegata alla mera titolarità della rappresentanza formale dell’associazione ma si fonda sull’attività negoziale concretamente svolta e sulle obbligazioni assunte verso i terzi che hanno confidato sulla solvibilità e sul patrimonio di chi ha concretamente agito” e che il principio “si applica anche ai debiti di natura tributaria” (cfr. Cass. n. 16344 del 2008 e n. 19486 del 2009); si è quindi chiarito da Cass. n. 20485 del 2013 (conf. Cass. n. 12473 del 2015) che “secondo il costante insegnamento di questa Corte la responsabilità personale e solidale, prevista dall’art. 38 c.c., di colui che agisce in nome e per conto dell’associazione non riconosciuta non è collegata alla mera titolarità della rappresentanza dell’associazione stessa, bensì all’attività negoziale concretamente svolta per suo conto e risoltasi nella creazione di rapporti obbligatori fra l’ente ed i terzi. Si è, altresì, precisato – al riguardo – che tale responsabilità non concerne, neppure in parte, un debito proprio dell’associato, ma ha carattere accessorio, anche se non sussidiario, rispetto alla responsabilità primaria dell’associazione, con la conseguenza che l’obbligazione, avente natura solidale, di colui che ha agito per essa è inquadrabile fra quelle di garanzia “ex lege”, assimilabili alla fideiussione (cfr., ex plurimis, Cass. 25748/08, 29733/11). D’altro canto, la ratio della previsione di una responsabilità personale e solidale, in aggiunta a quella del fondo comune, delle persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione, è volta a contemperare l’assenza di un sistema di pubblicità legale riguardante il patrimonio dell’ente, con le esigenze di tutela dei creditori (che abbiano fatto affidamento sulla solvibilità e sul patrimonio di dette persone), e trascende, pertanto, la posizione astrattamente assunta dal soggetto nell’ambito della compagine sociale, ricollegandosi piuttosto ad una concreta ingerenza dell’agente nell’attività dell’ente (Cass. 5746/07). Ne consegue, dunque, che chi invoca in giudizio tale responsabilità ha l’onere di provare la concreta attività svolta in nome e nell’interesse dell’associazione, non essendo sufficiente la prova in ordine alla carica rivestita all’interno dell’ente (cfr., ex plurimi Cass. 26290/07, 25748/08)”;

– che ritiene il Collegio, andando di diverso avviso dalla proposta del relatore (Cass., Sez. U., n. 8999 del 2009), che da tale orientamento giurisprudenziale non può però trarsi il convincimento che, in ipotesi di avvicendamento nella carica sociale di un’associazione non riconosciuta, il rappresentante legale subentrante possa andare esente, ai fini fiscali, da responsabilità solidale con l’associazione semplicemente adducendo la mancata ingerenza nella concreta gestione dell’ente e ciò in ragione delle considerazioni di seguito svolte che presuppongono la riaffermazione del principio di autonomia del diritto tributario rispetto a quello civile e della fonte legale dell’obbligazione tributaria; orbene, la tesi sopra prospettata, da un lato, presta il fianco a facili strumentalizzazioni a fini elusivi e, dall’altro, non considera i poteri attribuiti dalle disposizioni in materia tributaria al rappresentante fiscale, che, non solo è obbligato a redigere e presentare una dichiarazione reddituale fedele, ovvero indicando esattamente i ricavi conseguiti e le spese sopportate dall’associazione che rappresenta, non andando esente da eventuale responsabilità sanzionatoria, ma anche ad operare, se del caso, le necessarie rettifiche provvedendo, dopo la presentazione, all’emenda delle dichiarazioni fiscali presentate con dati inesatti (sui termini per presentare la dichiarazione integrativa, Cass., Sez. U., n. 13378 del 2016); pertanto, quello che rileva ai fini dell’accertamento della responsabilità personale e solidale del legale rappresentante dell’associazione non riconosciuta con quest’ultima in materia tributaria è, non solo l’ingerenza di tale soggetto nell’attività dell’ente che rappresenta, ma anche il corretto adempimento degli obblighi tributari sul medesimo incombenti, dovendosi in concreto accertare se il rappresentante, pur non essendosi ingerito nell’attività negoziale dell’ente, abbia comunque provveduto all’espletamento di tutte le verifiche necessarie per il corretto adempimento degli obblighi tributari, solo in tal caso potendo andare immune da corresponsabilità;

– che, con riferimento al caso di specie, un simile accertamento non è stato condotto dai giudici di appello, i quali si sono limitati a rilevare che il contribuente si era insediato nella carica in data 8 luglio 2008 (che è circostanza in ogni caso che non gli impediva di effettuare le necessarie verifiche e rettifiche dichiarative), erroneamente ritenendo che non rilevava “la firma per l’invio obbligatorio della dichiarazione dei redditi dell’anno precedente all’insediamento”, sull’erroneo presupposto dell’immodificabilità delle risultanze contabili (che è circostanza inidonea a giustificare la presentazione di una dichiarazione infedele);

– che, conclusivamente, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla competente CTR che procederà a nuovo esame in conformità ai superiori principi di diritto e provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale della Puglia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 10 gennaio 2018.

Depositato in Cancelleria il 23 febbraio 2018

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