Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4476 del 24/02/2010

Cassazione civile sez. II, 24/02/2010, (ud. 19/01/2010, dep. 24/02/2010), n.4476

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.A. (OMISSIS) vedova C., C.

V. (OMISSIS), C.C. (OMISSIS) con

procura notarile rep. 72161 del 10/10/2006, elettivamente domiciliati

in ROMA, VIA PO 102, presso lo studio dell’avvocato MAZZA LEONARDO,

rappresentati e difesi dall’avvocato GABRIELI TOMMASI PANTALEO;

– ricorrenti –

contro

M.D.D.A. (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA DI VIGNA MURATA 1, presso lo studio

dell’avvocato CARRUBA CORRADO, rappresentato e difeso dall’avvocato

CAPRIOLI GIOVANNI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 599/2005 della CORTE D’APPELLO di LECCE,

depositata il 03/10/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

19/01/2010 dal Consigliere Dott. BURSESE Gaetano Antonio, il quale fa

presente che non e’ pervenuto fascicolo d’ufficio;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SCARDACCIONE Eduardo Vittorio che ha concluso per il rigetto del

ricorso anzi inammissibilita’ dello stesso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza in data 5 giugno – 5 settembre 2001 il Tribunale di Lecce in parziale accoglimento della domanda proposta da M. D. – che riteneva illegittime le “aperture lucifere” realizzate dal confinante proprietario C.R. nella parte sopraelevata del muro comune – condannava quest’ultimo a regolarizzare secondo le prescrizioni di cui all’art. 901 c.p.p., n. 1, n. 2 la finestra lucifera relativa al vano bagno; rigettava altresi’ il ricorso ex art. 700 c.p.c. presentato dallo stesso C. in corso di causa;

compensando interamente tra le parti le spese processuali.

Avverso tale sentenza proponevano appello M.A., V. e C.C. – tutti eredi di C.R. nel frattempo deceduto, ed in via incidentale lo stesso M.D..

L’adita Corte d’Appello di Lecce, con sentenza n. 599/05 depos. In data 3.10.2005 rigettava il gravame principale e dichiarava inammissibile quello incidentale, compensando le spese processuali.

M.A., V. e C.C. ricorrono per la cassazione di tale pronuncia, sulla base di n. 2 censure; M. D. resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo del ricorso, gli esponenti denunciano : “la violazione di norme di diritto” e il vizio di motivazione e la “prospettazione di questioni contrarie alla realta’ processuale in relazione all’art. 901 c.c.”. Deducono che la Corte salentina ha fondato (a propria decisione su un presupposto di fatto erroneo: che i fondi confinanti sono ubicati allo stesso livello, mentre cio’ non corrisponde alla realta’, come risulta dalla CTU espletata nel corso del giudizio. Trattasi invero “di immobili allocati su piani diversi e cioe’ quello del M.D. e’ al piano terra e quello del C. al primo piano”, di talche’ ” ….il richiamo normativo in sentenza costituisce autentico fuori luogo”. Invero l’apertura del vano bagno e’ posta al piano superiore dell’abitazione dei ricorrenti, mentre il fondo dei vicini corrisponde al piano terra, per cui l’apertura lucifera dovrebbe ritenersi alla stregua di quelle poste al primo piano, che possono avere il lato inferiore a m. 2,00 dal pavimento.

Poste tali premesse, – e cioe’ che i fondi non si trovano allo stesso livello- la “luce” aperta nel vano bagno, secondo i ricorrenti dovrebbe ritenersi regolare perche’ ubicata a m. 2,23 dal pavimento ed a m. 3,10 del fondo M.D..

Osserva il Collegio che siffatta doglianza non risulta mai proposta nei precedenti gradi del giudizio, di talche’ deve ritenersi inammissibile. Dalla sentenza impugnata si evince che del tutto diverse erano le censure mosse alla sentenza del primo giudice che aveva riconosciuta l’illegittimita’ dell’apertura lucifera in questione con riferimento alle previsioni di cui all’art. 901 c.c..

Con il secondo motivo del ricorso, gli esponente denunciano la violazione dell’art. 360 c.p.c. in relazione all’art. 700 c.p.c. in quanto la Corte territoriale aveva dichiarato inammissibile l’istanza cautelare da essi proposta . Invero non si comprenderebbe “in virtu’ di quale impianto normativo processuale la Corte salentina abbia ritenuto l’inammissibilita’ dell’istanza cautelare ex art. 700 c.p.c.”. “Quel provvedimento cautelare venne invocato nel corso del giudizio principale e quindi alcuna domanda andava formulata ad hoc nel senso che il tema del cautelare era gia’ compreso nell’oggetto principale della causa e del quale si chiese la conferma in sede di precisazione delle conclusioni”. Anche tale motivo non merita accoglimento per la sua totale carenza sotto il profilo dell’autosufficienza. I ricorrenti infatti non hanno minimamente precisato il contenuto e l’oggetto del richiesto provvedimento cautelare, rigettato dalla Corte di merito.

Non e’ inutile ricordare a questo proposito che, secondo questa S.C…”ai fini della sussistenza del requisito della esposizione sommaria dei fatti di causa, prescritto a pena di inammissibilita’ per il ricorso per Cassazione (art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3) … e’ necessario, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso, che in esso si rinvengano tutti gli elementi indispensabili perche’ il giudice di legittimita’ possa avere fa completa cognizione dell’oggetto della controversia, dello svolgimento de processo e delle posizioni in esso assunte dalle parti, senza dovere ricorrere ad altre fonti o atti del processo, ivi compresa la sentenza impugnata, allo scopo di cogliere il significato e la portata della impugnazione proposta”. (Cass. n. 7392 del 19/04/2004).

Conclusivamente il ricorso dev’essere rigettato. Le spese del giudizio seguono la soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali che liquida in complessivi Euro 1700,00 di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 19 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2010

 

 

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