Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4476 del 11/02/2022

Cassazione civile sez. II, 11/02/2022, (ud. 12/01/2022, dep. 11/02/2022), n.4476

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 12961/2017 R.G. proposto da:

(OMISSIS) s.r.l., – (OMISSIS) in liquidazione – p.i.v.a. (OMISSIS) –

in persona del liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata in

Roma, alla via della Balduina, n. 7, presso lo studio dell’avvocato

Maria Concetta Trovato, che disgiuntamente e congiuntamente

all’avvocato Mario Camerano, la rappresenta e difende in virtù di

procura speciale a margine del ricorso.

– ricorrente –

contro

S.F., c.f. (OMISSIS), IMPR.EDI.VA, c.f. (OMISSIS), in

persona del legale rappresentante pro tempore, O.P.,

c.f. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in Roma, alla via

Cicerone, n. 49, presso lo studio dell’avvocato Sveva Bernardini,

che disgiuntamente e congiuntamente all’avvocato Gian Luca Menti, li

rappresenta e difende in virtù di procura speciale su foglio

allegato in calce al controricorso.

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 598 – 21.2/14.3.2017 della Corte d’Appello di

Torino;

udita la relazione nella Camera di consiglio del 12 gennaio 2022 del

consigliere Dott. Luigi Abete.

 

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. Con atto notificato in data 10.6.2013 S.F., la “IMPR.EDI.VA” s.r.l. e O.P. citavano a comparire dinanzi al Tribunale di Torino la “(OMISSIS) s.r.l. – (OMISSIS)”.

Esponevano che con preliminare in data 30.6.2010 la s.r.l. convenuta aveva promesso di alienare ad essi attori, che, a loro volta, avevano promesso di acquistare, un terreno edificabile in (OMISSIS).

Esponevano che nondimeno il terreno compromesso era risultato gravato dalla trascrizione di un pignoramento che ne impediva la commercializzazione.

Chiedevano dichiararsi la risoluzione del preliminare per inadempimento della promittente venditrice con condanna della promittente alla restituzione delle somme incassate, con gli interessi, ed al risarcimento dei danni.

2. Si costituiva la “(OMISSIS) s.r.l. – (OMISSIS)”.

Instava per il rigetto dell’avversa domanda.

3. Respinte, tra l’altro, le istanze istruttorie, con sentenza n. 6988/2015 l’adito tribunale dichiarava la risoluzione del preliminare per inadempimento della convenuta/promittente venditrice e ne pronunciava condanna al pagamento della somma di Euro 120.500,00 con gli interessi legali; condannava altresì la convenuta alle spese di lite.

4. Proponeva appello la “(OMISSIS) s.r.l. – (OMISSIS)” in liquidazione.

Resistevano S.F., la “IMPR.EDI.VA” s.r.l. e O.P..

5. Con sentenza n. 598 – 21.2/14.3.2017 la Corte d’Appello di Torino rigettava il gravame e condannava l’appellante alle spese del grado.

6. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso la “(OMISSIS) s.r.l. – (OMISSIS)” in liquidazione; ne ha chiesto sulla scorta di due motivi la cassazione con ogni conseguente statuizione anche in ordine alle spese di lite.

S.F., la “IMPR.EDI.VA” s.r.l. e O.P. hanno depositato controricorso; hanno chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l’avverso ricorso con il favore delle spese e con condanna della ricorrente ai sensi dell’art. 96 c.p.c..

7. Con il primo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione degli artt. 1453 e 2913 c.c., l’omessa motivazione su punto decisivo ex artt. 132 e 115 c.p.c., anche con riferimento all’art. 111 Cost..

Deduce che la corte d’appello ha omesso qualsivoglia motivazione in ordine alle censure formulate avverso il primo dictum, ovvero in ordine agli inadempimenti, gravi e prevalenti, ascrivibili ai promissari acquirenti e correlati alla crisi finanziaria in cui versavano, crisi che ha impedito loro il pagamento del prezzo.

Deduce inoltre che la corte distrettuale ha omesso qualsivoglia valutazione comparativa degli inadempimenti che ciascuna parte ha ascritto all’altra.

Deduce ancora che ha dimostrato l’inadempimento ascrivibile alla parte promissaria acquirente alla stregua di una pluralità di elementi documentali.

8. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’omessa motivazione in punto di reiezione delle istanze istruttorie con riferimento all’art. 244 c.p.c., la violazione dell’art. 132 c.p.c., anche con riferimento all’art. 111 Cost..

Deduce che del tutto ingiustificatamente la corte distrettuale ha ritenuto di non ammettere la prova testimoniale già denegata dal tribunale.

9. Va premesso che non riveste valenza, quale causa di interruzione L. Fall., ex art. 43, comma 3, la sopravvenuta dichiarazione di fallimento della “(OMISSIS) s.r.l. – (OMISSIS)” in liquidazione.

E’ sufficiente il riferimento all’insegnamento secondo cui, in tema di ricorso per cassazione, la dichiarazione di fallimento di una delle parti non integra una causa di interruzione del giudizio di legittimità, posto che in quest’ultimo opera il principio dell’impulso d’ufficio e non trovano, pertanto, applicazione i comuni eventi interruttivi del processo contemplati in via generale dalla legge (cfr. Cass. 23.3.2017, n. 7477; Cass. (ord.) 15.11.2017, n. 27143).

10. Si giustifica la disamina congiunta dei motivi di ricorso; difatti, ambedue i motivi si qualificano, esclusivamente, nonostante le indicazioni di cui alle rispettive rubriche, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (cfr. controricorso, pag. 18).

11. Specificamente con il primo mezzo di impugnazione – seppur merce’ la prospettazione di una omissione di motivazione – la ricorrente censura, in sostanza, il giudizio di “fatto” cui ha atteso la corte di merito ai fini della identificazione della parte gravemente inadempiente (“la Corte, ribadendo le asserzioni del Tribunale, ha apoditticamente affermato che l’ipoteca giudiziale, che i bilanci di Imprediva, che la mail del 31.03.2013 del Dott. S. (…) non costituiscono prova dell’inadempimento del compratore”: così ricorso, pag. 27).

Del resto, è propriamente il motivo di ricorso ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, che concerne l’accertamento e la valutazione dei fatti rilevanti ai fini della decisione della controversia (cfr. Cass. sez. un. 25.11.2008, n. 28054).

Ciò viepiù, da un canto, ai fini della decisione circa la fondatezza della domanda di risoluzione ex art. 1453 c.c. (cfr. Cass. 20.4.1982, n. 2454; Cass. 30.3.1989, n. 1554; Cass. 16.9.1991, n. 9619; Cass. 9.6.2010, n. 13840; Cass. 30.3.2015, n. 6401), in caso di inadempienze reciproche, il giudizio di comparazione in ordine ai comportamenti delle parti, allo scopo di stabilire quale di esse si sia resa responsabile delle trasgressioni che, per numero o per gravità oppure per entrambe le cause, si rivelino idonee a turbare il sinallagma contrattuale, costituisce accertamento “di fatto” demandato al giudice del merito, censurabile in sede di legittimità solo se viziato nei principi di diritto applicabili e nella logica del ragionamento, recte, a tal ultimo riguardo, al cospetto del novello n. 5 dell’art. 360 c.p.c., comma 1, se viziato da omesso esame circa fatto decisivo e controverso.

Ciò viepiù, d’altro canto, che l’indagine circa la gravità della inadempienza costituisce questione “di fatto”, la cui valutazione è rimessa al prudente apprezzamento del giudice del merito, insindacabile in sede di legittimità ove sorretta da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici (cfr. Cass. 30.3.2015, n. 6401; Cass. 7.6.2011, n. 12296), recte, a tal ultimo riguardo, al cospetto del novello n. 5 dell’art. 360 c.p.c., comma 1, ove non inficiato da omesso esame circa fatto decisivo e controverso.

12. Specificamente con il secondo mezzo di impugnazione la ricorrente censura, sì, la mancata ammissione della prova per testimoni, nondimeno una simile doglianza si risolve, senz’altro nella specie, nella prefigurazione di un vizio della motivazione afferente al giudizio “di fatto”.

Del resto, il vizio di motivazione per omessa ammissione della prova per testimoni o di altra prova può essere denunciato per cassazione solo nel caso in cui esso investa un punto decisivo della controversia e, quindi, ove la prova non ammessa o non esaminata in concreto sia idonea (il che nella specie certamente non e’) a dimostrare circostanze tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia delle altre risultanze istruttorie che hanno determinato il convincimento del giudice di merito, di modo che la ratio decidendi risulti priva di fondamento (cfr. Cass. (ord.) 17.6.2019, n. 16214; Cass. (ord.) 7.3.2017, n. 5654).

13. Ebbene, sulla scorta dell’operata nqualificazione, i motivi di ricorso sono senz’altro inammissibili (cfr. controricorso, pagg. 17 – 19).

14. Più esattamente si rappresenta quanto segue.

Innanzitutto, il giudizio di appello ha avuto inizio nel corso del 2016.

Altresì, la statuizione di seconde cure ha integralmente confermato la statuizione di prime cure.

Conseguentemente si applica ratione temporis al caso di specie la previsione di cui all’art. 348 ter c.p.c., comma 5, che esclude che possa essere impugnata con ricorso per cassazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la sentenza di appello “che conferma la decisione di primo grado” (cfr. Cass. 18.12.2014, n. 26860, secondo cui l’art. 348 ter c.p.c., comma 5, non si applica ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione anteriormente all’11.9.2012).

15. In ogni caso, si rappresenta altresì quanto segue.

Per un verso, è da escludere recisamente che taluna delle figure di

“anomalia motivazionale” destinate ad acquisire significato alla stregua della pronuncia n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite di questa Corte – e tra le quali non è annoverabile il semplice difetto di sufficienza della motivazione – possa scorgersi in relazione alle motivazioni cui la Corte di Torino ha ancorato il suo dictum.

Per altro verso, è da escludere che la Corte di Torino abbia omesso la disamina del fatto decisivo oggetto della controversia de qua.

Per altro verso ancora, l’iter motivazionale che sorregge l’impugnato dictum risulta in toto ineccepibile sul piano della correttezza giuridica.

A tal ultimo riguardo si rappresenta ulteriormente quanto segue.

16. A norma dell’art. 1455 c.c., il giudice chiamato a provvedere sulla domanda di risoluzione del contratto per inadempimento deve porsi, anche di ufficio, il problema della gravità o meno dell’inadempimento ed è tenuto ad indicare, in ipotesi di accoglimento della domanda, il motivo per cui, nel caso concreto, ritiene l’inadempimento di non scarsa importanza, a meno che non si tratti di inadempimento definitivo delle obbligazioni primarie o essenziali di una delle parti (cfr. Cass. 20.7.2007, n. 16084).

Innegabilmente, la perdurante trascrizione del pignoramento immobiliare sull’immobile compromesso in vendita (cfr. sentenza d’appello, pag. 4) si risolve nell’inadempimento definitivo dell’obbligazione primaria del promittente venditore. Inadempimento, a sua volta, in chiave comparativa, all’evidenza, del tutto prioritario e prevalente.

17. Non vi è margine perché la ricorrente si dolga per l’asserita omessa, erronea valutazione della documentazione depositata.

Vi osta l’insegnamento di questa Corte (cfr. Cass. (ord.) 29.10.2018, n. 27415, secondo cui l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie; cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892, secondo cui il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, né in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132 c.p.c., n. 4 – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante).

18. In materia di ricorso per cassazione, la violazione dell’art. 115 c.p.c., può essere dedotta come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente (il che non è nel caso di specie) di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato (il che non è nel caso di specie) sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri ufficiosi riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892; Cass. sez. lav. (orci.) 27.12.2016, n. 27000; Cass. (ord.) 17.1.2019, n. 1229; Cass. sez. un. 20.9.2020, n. 20867 (Rv. 65903701)).

19. In dipendenza della declaratoria di inammissibilità del ricorso la ricorrente va condannata a rimborsare ai controricorrenti le spese del presente giudizio di legittimità. La liquidazione segue come da dispositivo.

20. Non vi è margine per far luogo in questa sede alla condanna della ricorrente ai sensi dell’art. 96 c.p.c..

Non sussiste infatti, anche ai fini di cui dell’art. 96 c.p.c., comma 3, il presupposto della colpa grave (cfr. Cass. sez. un. 20.4.2018, n. 9912, secondo cui la responsabilità aggravata ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 3, a differenza di quella di cui ai primi due commi della medesima norma, non richiede la domanda di parte né la prova del danno, ma esige pur sempre, sul piano soggettivo, la mala fede o la colpa grave della parte soccombente, sussistente nell’ipotesi di violazione del grado minimo di diligenza che consente di avvertire facilmente l’infondatezza o l’inammissibilità della propria domanda, non essendo sufficiente la mera infondatezza, anche manifesta, delle tesi prospettate; peraltro, sia la mala fede che la colpa grave devono coinvolgere l’esercizio dell’azione processuale nel suo complesso, cosicché possa considerarsi meritevole di sanzione l’abuso dello strumento processuale in sé, anche a prescindere dal danno procurato alla controparte e da una sua richiesta, come nel caso di pretestuosità dell’azione per contrarietà al diritto vivente ed alla giurisprudenza consolidata, ovvero per la manifesta inconsistenza giuridica o la palese infondatezza dei motivi di impugnazione).

Ne’, in pari tempo, la proposizione dell’esperito ricorso per cassazione si è risolta in una iniziativa pretestuosa, oggettivamente valutabile alla stregua di “abuso del processo” (cfr. Cass. 24.9.2020,. n. 20018).

21. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis, D.P.R. cit., se dovuto (cfr. Cass. sez. un. 20.2.2020, n. 4315).

PQM

La Corte così provvede:

dichiara inammissibile il ricorso;

condanna la ricorrente, “(OMISSIS) s.r.l. – (OMISSIS)” in liquidazione, a rimborsare ai controricorrenti le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nel complesso in Euro 5.800,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, i.v.a. e cassa come per legge;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, comma 1 bis, D.P.R. cit., se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 12 gennaio 2022.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2022

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