Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4474 del 19/02/2021

Cassazione civile sez. I, 19/02/2021, (ud. 08/09/2020, dep. 19/02/2021), n.4474

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. CARADONNA Lunella – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20774/2016 proposto da:

S.R., S.A., Sp.An., elettivamente

domiciliate in Roma, Piazza Cavour, presso la Cancelleria Civile

della Corte di Cassazione, rappresentate e difese dall’avvocato

Girardi Micaela, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

Fallimento (OMISSIS) s.r.l., in persona dei curatori Dott.ri

F.A., e M.G., elettivamente domiciliato in Roma, via

Oslavia n. 14, presso lo studio dell’avvocato Barbera Marco, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato Marozzi Silvio, giusta

procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ASCOLI PICENO, depositato il

18/08/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/09/2020 dal Cons. Dott. ALDO ANGELO DOLMETTA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per il rigetto del primo motivo,

inammissibilità in subordine rigetto dei motivi restanti;

udito, per le ricorrenti, l’avvocata Micaela Girardi, che si riporta;

udito, per il controricorrente, l’avvocato Silvio Marozzi, che si

riporta.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.- Nel contesto del procedimento di verifica del passivo fallimentare della s.r.l. (OMISSIS), S.R., An. e A. hanno presentato, nel luglio 2015, domanda di rivendica relativa a un immobile sito in (OMISSIS).

Nell’assumere la loro qualità di proprietarie in comunione del bene, hanno sostenuto che l’immobile era stato venduto sotto condizione sospensiva alla società poi fallita nel marzo 2013, ma che la vendita era nulla per impossibilità e/o illiceità della condizione ex art. 1354 c.c., o comunque annullabile (“per errore” delle signore S. “sul significato dell’atto e sulle conseguenze che ne sarebbero derivate”); che in ogni caso la condizione non si era in realtà mai verificata compiutamente; che, d’altro canto, la vendita si era risoluta a seguito di diffida ad adempiere trasmessa a controparte prima che fosse dichiarato il suo fallimento.

In via subordinata, le signore S. hanno anche spiegato domanda di ammissione al passivo in prededuzione per il credito relativo al prezzo di vendita dell’immobile, nonchè per quello di regresso per le somme portate dall’Avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate, a loro notificato per il pagamento delle imposte di registro.

2.- Il giudice delegato ha respinto la domanda di rivendica; ha ammesso quella di insinuazione al passivo, nei limiti relativi al pagamento del prezzo del bene compravenduto.

3.- Le signore S. hanno proposto opposizione avanti al Tribunale di Ascoli Piceno. Con decreto depositato in data 18 agosto 2016, questo ha respinto l’opposizione, condannando le opponenti al pagamento delle spese del grado.

4.- Il decreto ha osservato, in particolare, che il “triplice evento posto in condizione” (la stipula di un accordo di programma di approvazione di variante a PRG; la ratifica dell’accordo da parte del Comune di Ascoli Piceno; la stipula di una convenzione attuativa fra il Comune e la s.r.l. (OMISSIS), quale soggetto attuatore) “si è storicamente realizzato” (la convenzione attuativa essendo stata stipulata il 31 luglio 2013). Del resto – ha aggiunto – le stesse opponenti hanno riconosciuto il verificarsi dell’evento dedotto in condizione, “sottoscrivendo in data 7.8.2013, insieme alla (OMISSIS) e agli altri venditori, l’accordo con cui davano atto dell’avveramento delle condizioni e pattuivano una proroga del termine per la sottoscrizione dell’atto ricognitivo dell’avvenuto avveramento della condizione”.

Per altro verso, il Tribunale ha poi riscontrato che, sulla base della L. Fall., art. 45, non hanno effetto in pregiudizio della massa dei creditori le domande per cui la legge richiede la trascrizione, se questa non venga compiuta prima della dichiarazione di fallimento e che, tra le domande così rilevanti, rientrano anche quelle di nullità o annullamento del contratto ex art. 2652 c.c., n. 6.

Ha poi precisato che non era stata provata la ricezione, da parte dell’impresa poi fallita, dell’atto di diffida ad adempiere posto in essere dalle signore S.; di conseguenza, “non può dirsi” – ha riscontrato – “che al momento del fallimento il contratto era già risolto”.

Quanto alla richiesta di ammissione del credito per il pagamento del prezzo dell’immobile, il Tribunale ha affermato che questo andava collocato in chirografo: “essendo la compravendita un contratto a effetti reali e avendo la condizione sospensiva efficacia retroattiva ex art. 1360 c.c., è pacifico che il trasferimento del diritto si è verificato prima ancora del fallimento, con la conseguenza che il curatore non ha esercitato alcuna opzione di subingresso nel contratto ai sensi della L. Fall., art. 72”. Neppure poteva essere riconosciuto il credito di regresso (in relazione al debito per imposta di registro) preteso dalle opponenti, ostandovi la norma della L. Fall., art. 61, secondo cui il regresso tra condebitori solidali può essere esercitato – nei confronti del condebitore fallito – solo dopo che il credito è stato soddisfatto per l’intero.

5.- Avverso questo provvedimento S.R., An. e A. hanno proposto ricorso, articolando 9 motivi di cassazione.

Il Fallimento della s.r.l. (OMISSIS) ha resistito, con controricorso.

6.- Entrambe le parti hanno depositato memoria prima dell’udienza di discussione della causa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

7.- I motivi di ricorso sono stati rubricati nei termini qui di seguito riportati.

Primo motivo: “violazione ex art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione della L. n. 241 del 1990, art. 11,D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 34,L. n. 10 del 1977, art. 8,D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 17 e 18, L.R. Marche n. 34 del 1992, art. 76 bis, del Regolamento 6 del 2004 della Regione Marche di approvazione della convenzione tipo e del decreto del presidente della Provincia n. 13 del 22 maggio 2013 e della L. 20 marzo 1865, n. 2248, artt. 4 e 5, all. E, per avere il Tribunale ritenuto erroneamente avverata la condizione sospensiva con la motivazione che si sia storicamente realizzato il triplice evento posto a condizione della vendita”.

Secondo motivo: “violazione ex art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 1362,1363,1366,1367,1371,2650,2655,2668 c.c., per avere interpretato erroneamente la natura e la funzione giuridica dell’atto di verifica dell’avveramento della condizione sospensiva per come previsto all’art. 7 dell’atto di compravendita dell’11 marzo 2013”.

Terzo motivo: “violazione ex art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione degli artt. 1358,1362,1363,1366,1367,1371 c.c., violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 34,L. n. 10 del 1977, art. 8,D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 17 e 18, L.R. Marche n. 34 del 1992, art. 26 bis, per avere il Tribunale erroneamente statuito che l’avveramento dell’evento dedotto quale condizione sospensiva sia stato accertato da scrittura privata intercorsa tra le parti”.

Quarto motivo: “violazione ex art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione di norme di diritto di cui alla L. Fall., art. 45, art. 52, comma 2, art. 92, agli artt. 2915,2652,2644,2668,2650,1357,1358 c.c. e in merito alla asserita inefficacia nei confronti della massa dei creditori delle domande di nullità e annullamento del contratto per non essere state trascritte le relative domande in data antecedente la domanda di fallimento”.

Quinto motivo: “violazione ex art. 360 c.p.c., n. 4, nullità della sentenza ex art. 132 c.p.c., n. 4, art. 112 c.p.c., artt. 1418,1354 c.c., L. n. 241 del 1990, art. 11,D.Lgs. n. 267 del 2000, art. 34,L. n. 10 del 1977, art. 8,D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 17 e 18, L.R. Marche n. 34 del 1992, art. 26 bis, del Regolamento 6 del 2004 della Regione Marche di approvazione della convenzione tipo, per avere omesso di pronunciare sulle domande di nullità del contratto di compravendita”.

Sesto motivo: “violazione ex art. 360 c.p.c., n. 4, nullità della sentenza ex art. 132 c.p.c., n. 4, art. 112 c.p.c., artt. 1427,1428,1429 c.c., per avere omesso di pronunciare sulle domande di annullamento del contratto di compravendita e sulla mancata ammissione delle istanze istruttorie avanzate al Tribunale”.

Settimo motivo: “violazione e falsa applicazione art. 360 c.p.c., n. 3, artt. 1454,2704,2710 c.c., artt. 101 e 183 c.p.c., L. Fall., art. 52, art. 111 Cost., per avere ritenuto erroneamente il Tribunale che non è stata fornita dalle ricorrenti la prova della data certa della diffida ad adempiere e dunque dell’avvenuta risoluzione di diritto, in violazione del principio del contraddittorio”.

Ottavo motivo: “violazione art. 360 c.p.c., n. 4, per violazione art. 132 c.p.c., n. 4, per avere omesso il Tribunale di motivare sulla contestazione specifica della natura di creditrici in capo alle ricorrenti in conseguenza della presentazione di una istanza di fallimento di cui alla pagine da 21 a 23 dell’opposizione allo stato passivo”.

Nono motivo: “violazione art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione e falsa applicazione D.M. 2 aprile 2014, n. 55, per avere liquidato il Tribunale onorari in misura difforme dai parametri di cui al D.M. n. 55 del 2004, attinenti alle attività svolte in causa e al valore della controversia”.

8.- Con il primo motivo le ricorrenti sostengono che il Tribunale ha errato nel ritenere che nel caso di specie si sia prodotto l’effetto traslativo dell’immobile compravenduto sotto condizione sospensiva. In realtà, l’evento, che la compravendita ha dedotto in condizione, non si è mai verificato realmente.

Nel contratto di compravendita, che nel concreto è stato stipulato, l’evento dedotto in condizione “non è un fatto naturale”, bensì un fatto giuridico di tipo negoziale. Con la conseguenza – si assume che, per potere affermare che un simile evento si sia effettivamente verificato, occorre anche controllare la legittimità e validità di questo negozio.

L’affermazione del Tribunale, per cui il “triplice evento posto a condizione della vendita si è storicamente verificato”, risulta in sè stessa “insufficiente”. La stessa si manifesta, anzi, formulata in violazione di legge: la convenzione attuativa, che il 31 luglio 2013 è intercorsa tra il Comune di Ascoli Piceno e la s.r.l. (OMISSIS) – e che rappresenta parte costitutiva dell’evento dedotto in condizione nella compravendita – è nulla e deve quindi essere considerata tamquam non esset.

Per legge – così si viene a spiegare – la convenzione attuativa avrebbe dovuto (e potuto) essere stipulata dal Comune solo col soggetto proprietario dell’immobile. Tale, tuttavia, non poteva essere considerata la s.r.l. (OMISSIS), posto che il suo titolo di acquisto era per l’appunto sospensivamente condizionato alla stipula della convenzione attuativa con il Comune (con condizione debitamente formalizzata si precisa altresì – anche nel contesto della nota di trascrizione). Nei fatti, la società poi fallita ha rilasciato delle “false attestazioni sulla proprietà del bene”.

9.- Il motivo non può essere accolto.

In proposito, si manifestano comunque dirimenti le basiche considerazioni che seguono.

10.- Nel sistema vigente, il verificarsi dell’evento dedotto in condizione sospensiva per sè comporta automaticamente il prodursi degli effetti che sono propri del contratto che è stato condizionato; e tra questi, dunque, pure l’effetto traslativo del diritto di proprietà dall’alienante all’acquirente, secondo il c.d. principio consensualistico codificato nell’art. 1376 c.c..

D’altra parte, stante il disposto della norma dell’art. 1360 c.c., in materia vale la regola della retroattività della condizione, per cui “gli effetti dell’avveramento della condizione retroagiscono al tempo in cui è stato concluso il contratto”.

11.- Dal canto suo, il decreto del Tribunale non ha mancato di riscontrare i profili appena indicati: segnalandoli in modo esplicito, anzi, pur se con immediato riferimento ad altro punto della decisione assunta (cfr. sopra, nell’ultimo capoverso del n. 4). Così annotando, in particolare, che la compravendita è un “contratto con effetti reali” e che la “condizione sospensiva ha efficacia retroattiva ex art. 1360 c.c.”.

Il ricorrente non contesta, di per sè, gli enunciati principi; nè assume l’eventuale sussistenza, nel caso concretamente in esame, di un patto di deroga alla regola generale della retroattività della condizione (secondo quanto in linea generale consente la norma dell’art. 1360 c.c.).

12.- Posta questa somma di rilievi, non rimane uno spazio aperto per potere discorrere di un’eventuale nullità della convenzione attuativa, a suo tempo intervenuta tra il Comune di Ascoli Piceno e la società poi fallita, per il fatto che, a quel tempo, quest’ultima non era proprietaria dell’immobile oggetto della convenzione.

In realtà, secondo i termini della disciplina di legge che è stata appena richiamata, la s.r.l. (OMISSIS) risulta proprietaria dell’immobile già a far tempo della stipula della compravendita sospensivamente condizionata dell’immobile.

13.- Col secondo motivo, il ricorrente sostiene che il Tribunale non ha tenuto adeguato conto dei patti contenuti nel contratto di compravendita sospensivamente condizionato. Non ha ben considerato, in particolare, la clausola dell’art. 7, il cui testo dispone che, “in caso di avveramento di tutte le suddette condizioni, l’atto acquisterà efficacia e quindi sarà dovuto dalla parte della società acquirente il prezzo secondo le modalità sopra indicate contestualmente alla stipula dell’atto di verificata condizione”; “correlativamente tutte le parti venditrici dovranno consegnare gli immobili in oggetto”.

“L’obiettiva interpretazione dell’atto notarile di compravendita nel suo insieme e nelle singole clausole contrattuali depone per ritenere che l’atto c.d. “ricognitivo” previsto dall’art. 7 dell’atto di vendita sia un elemento che le parti hanno voluto quale parte integrante l’evento dedotto in condizione, senza la stipula del quale la compravendita non doveva produrre alcun effetto, neppure traslativo della proprietà”.

Il Tribunale ha perciò errato – così si sottolinea – “nell’interpretare il contratto di vendita sul punto e nell’individuare la funzione solo dichiarativa e ricognitiva attribuita a tale atto dalla volontà dei contraenti”.

14.- Il motivo è inammissibile.

Nel presentare il motivo, il ricorrente si richiama in modo espresso alle norme di legge inerenti all’interpretazione delle dichiarazioni negoziali (artt. 1362 c.c. e segg.): per poi venire a proporre, nella sostanza, una lettura della clausola n. 7 che si presenta come parallela rispetto a quella fatta propria dal Tribunale e, nei contenuti, a quest’ultima contrapposta. Là dove il decreto ravvisa nella clausola la previsione di un atto meramente ricognitivo dell’essersi effettivamente verificata la condizione (come “terminata” dalla stipulazione della convenzione attuativa), il ricorrente legge invece la stessa nel senso di fissare nel compimento dell'”atto di verificazione” un co-elemento strutturale della condizione dedotta nel patto.

Ora, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte, “ai fini dell’ammissibilità del motivo di ricorso non può essere considerata idonea la mera critica del convincimento, cui quel giudice era pervenuto, operata mediante la mera contrapposizione d’una difforme interpretazione a quella desumibile dalla motivazione della sentenza impugnata, trattandosi d’argomentazioni che riportano semplicemente al merito della controversia” (cfr., tra le altre, Cass., 9 agosto 2004, n. 15381; Cass., 29 ottobre 2012, n. 18587; Cass., 25 novembre 2019, n. 30686).

Non pare, d’altro canto, che la lettura promossa dal decreto del Tribunale circa la clausola n. 7 sia per qualche verso affetta da profili di irragionevolezza o implausibilità.

Le ricorrenti osservano in proposito, che la clausola n. 7 ricollega all'”atto di verificazione” l’esigibilità del prezzo della vendita e il dovere di rilascio dell’immobile. Entrambi questi profili, tuttavia, non incidono in alcun modo sul verificarsi dell’effetto traslativo. Gli stessi suppongono già avvenuta, piuttosto, la produzione di tale effetto. Peraltro, non sembra inopportuno segnalare, altresì, che – stando al testo completo della clausola n. 7 (che si trova riportato a p. 11, nota 1, del controricorso) – questo indica in modo affatto univoco che l'”efficacia” della compravendita rimane sospensivamente condizionata alla “concretizzazione” di tre (soli) eventi: stipula dell’accordo di programma; ratifica del medesimo da parte del Comune; stipula della convenzione attuativa.

15.- Errato – così procede il terzo motivo esposto dal ricorrente – è l’ulteriore rilievo del Tribunale, per cui l’avvenuto avveramento della condizione sospensiva è stato “riconosciuto” dalle signore S. nella scrittura da loro sottoscritta in data 7 agosto 2013. A simile dichiarazione non può essere attribuita “rilevanza decisiva… per ritenere verificato l’avveramento della condizione”.

“L’avveramento della condizione dedotta” – si argomenta in proposito – “non può essere rimesso alla volontà delle parti contraenti della compravendita dell’area di edificazione, neppure può dipendere dalla discrezionalità delle parti, poichè si tratta di un procedimento amministrativo che attua un interesse pubblico, il cui ultimo atto è la convenzione attuativa tra impresa ed enti”.

16.- Il motivo non può essere accolto.

Esso sembra fraintendere la motivazione svolta dal decreto. Che non ha assegnato all’atto di verificazione, che è stato sottoscritto dalle signore S., valore e forza costitutivi del verificarsi della condizione dedotta, come pur pretendono le ricorrenti. Nei fatti il Tribunale si limitato a vedere nel compimento di quest’atto una conferma ulteriore di una soluzione già aliunde raggiunta (cfr. sopra, il primo capoverso del n. 4; in proposito, peraltro, v. altresì i rilievi svolti nei nn. 10 e 11).

17.- Col quarto motivo, le ricorrenti affermano che il Tribunale ha errato nell’affermare che, ai sensi della L. Fall., art. 45, le domande di nullità e di annullamento della compravendita condizionata, che sono state proposte in sede di verifica fallimentare, erano comunque “inefficaci” nei confronti del Fallimento, perchè non trascritte prima della relativa sentenza dichiarativa.

Nella specie, la compravendita era stata trascritta – si segnala – e con apposita indicazione, nella nota di trascrizione, della sussistenza della condizione sospensiva: “perciò, alcun affidamento può essersi ingenerato da parte dei terzi, e comunque della massa dei creditori, sulla proprietà in capo all’impresa (OMISSIS) dell’area in oggetto, alla data del fallimento, stante la situazione risultante dai registri immobiliari”. Del resto, la trascrizione delle dette domande non era in sè necessaria, “stante l’assenza – sia in fatto che in diritto – del bene de quo nel patrimonio del fallito”.

18.- Il motivo non merita di essere accolto.

La norma dell’art. 2652 c.c., n. 6, a cui fa corretto riferimento il decreto impugnato, è chiara, univoca, nel disporre che – per potere essere opposta ai terzi la sentenza che accolga la domanda di nullità o di annullamento di negozio traslativo di bene immobile – occorre sia anche trascritta la relativa domanda giudiziale.

Non può essere dubbio, poi, che, nel novero dei terzi protetti dall’istituto della trascrizione immobiliare, rientri pure la massa dei creditori dell’acquirente L. Fall., ex art. 45 (cfr., per tutte, Cass., 8 agosto 2013, n. 19025).

19.- Il quinto e il sesto motivo di ricorso assumono che il Tribunale di Ascoli Piceno ha errato nell’omettere di pronunciare sulla domanda di nullità e sulla domanda di annullamento della compravendita immobiliare a suo tempo intervenuta tra le signore S. e la società di poi fallita.

Il mancato accoglimento del quarto motivo di ricorso comporta assorbimento del quinto e del sesto motivo.

20.- Col settimo motivo le ricorrenti segnalano di avere pure proposto, nella verifica fallimentare, “domanda di risoluzione” della compravendita immobiliare, sulla base di una diffida ad adempiere posta in essere ben prima della dichiarazione di fallimento.

Questa domanda – si aggiunge – è stata respinta dal Tribunale perchè ha ritenuto che la detta diffida ad adempiere fosse mancante d41Ia data certa della recezione da parte della s.r.l. (OMISSIS). Ma questa statuizione è errata – si afferma -, posta l'”assenza di contestazioni”, al riguardo, da parte della curatela fallimentare.

21.- Il motivo è inammissibile.

Lo stesso non si confronta con la ratio decidendi del decreto impugnato. Che si pone propriamente a monte della tematica rappresentata dalla data certa.

“Le opponenti hanno documentato di avere inviato all’impresa (OMISSIS) la raccomandata con la quale comunicavano alla stessa la diffida ad adempiere” – riscontra la pronuncia – “ma non anche la ricezione della stessa”: “essendo la diffida ad adempiere un negozio unilaterale recettizio, in mancanza di prova di detta recezione, non può dirsi verificata la risoluzione di diritto”.

22.- Con l’ottavo motivo, le ricorrenti rilevano che il decreto impugnato non ha pronunciato su un “punto specifico”.

Nel respingere la domanda di rivendica presentata dalle signore S., il giudice delegato ebbe tra l’altro a rilevare che queste “sono senz’altro creditrici della società, tali si sono esse stesse ritenute avendo chiesto il fallimento del loro debitore e tali sono state riconosciute dal Tribunale che ne ha accolto il ricorso (il che renderebbe singolare l’agognato riconoscimento attuale dello status di proprietario e non già di creditori chirografari”.

Le ricorrenti si dolgono di questa statuizione, rilevando in particolare di avere “articolato specifica contestazione alle pagine da 21 a 23 dell’opposizione allo stato passivo”.

23.- Il motivo è inammissibile.

Il rigetto della domanda di rivendica è stato motivato dal Tribunale di Ascoli Piceno per ragioni che nulla hanno a che vedere con l’eventualità che le signore S. abbiano a suo tempo formulata istanza per il fallimento della s.r.l. (OMISSIS) (cfr. sopra, il n. 4).

24.- Il nono motivo di ricorso contesta la liquidazione delle spese di giudizio che è stata compiuta dal Tribunale.

La liquidazione è erronea – si segnala – “perchè è in violazione dei parametri forensi”. Nella specie, la “fase istruttoria non si è svolta”; “l’onorario per la fase decisionale potrà essere riconosciuto in misura non superiore a 1/3 del massimo”; “si ritiene che non sussistano ragioni per liquidare il massimo dell’importo per le altre fasi”.

25.- Il motivo non può essere accolto.

La liquidazione effettuata dal giudice del merito non risulta esorbitare dai limiti complessivamente fissati, per lo scaglione a cui la controversia fa riferimento, dalle tariffe forense. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, all’interno di questi limiti il giudice del merito procede in modo discrezionale della determinazione degli onorari.

26.- In conclusione, il ricorso va rigettato.

In ragione delle elevate peculiarità presentate dalla fattispecie concreta, il Collegio ritiene di compensare le spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte respinge il ricorso. Compensa le spese relative al giudizio di legittimità. Dà atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato parti a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, secondo quanto stabilito dalla norma dell’art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 8 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 febbraio 2021

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA