Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4471 del 24/02/2010

Cassazione civile sez. II, 24/02/2010, (ud. 03/12/2009, dep. 24/02/2010), n.4471

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. MENSITIERI Alfredo – Consigliere –

Dott. MALZONE Ennio – Consigliere –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.G. C.F. (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE

DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli Avvocati DI PRISCO

NICOLA, NATALE GIOVANNI;

– ricorrente –

contro

ENEL DISTRIBUZIONE SPA, ENEL SPA;

– intimati –

e sul ricorso n. 2552/2005 proposto da:

ENEL DISTRIBUZIONE SPA C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA MICHELE MERCATI 51, presso lo studio dell’Avvocato

BRIGUGLIO ANTONIO, che lo rappresenta e difende unitamente

all’Avvocato DE SANTIS EMILIO;

– controricorrente ric. incidentale –

contro

M.G., ENEL SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 2765/2004 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 29/09/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del

03/12/2009 dal Consigliere Dott. MIGLIUCCI Emilio;

udito l’Avvocato ANTONIO BRIGUGLIO difensore del controricorrente

ricorrente incidentale che ha chiesto di riportarsi ed insiste sulle

difese gia’ assunte in atti (ricorso incidentale condizionato);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARESTIA Antonietta che ha concluso per il rigetto del ricorso

principale assorbito il ricorso incidentale condizionato.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

M.G., premesso che: era proprietario a dei fondi (OMISSIS); che il (OMISSIS), l’Enel s.p.a. aveva installato in ciascuno dei indicati fondi n. 3 pali con base di cemento senza autorizzazione alcuna, costituendo una linea elettrica aerea nei fondi stessi e distruggendo le colture, conveniva in giudizio dinanzi al Pretore di S. Maria Capua Vetere la predetta per sentirla condannare al risarcimento dei danni.

La convenuta, costituendosi in giudizio, chiedeva il rigetto della domanda e, in via riconvenzionale subordinata, la costituzione di servitu’ coattiva di elettrodotto, invocando nel corso del giudizio l’acquisto per usucapione. Con sentenza n. 47 del 1999 il Tribunale di S. Maria Capua Vetere, pronunciando a seguito della soppressione dell’Ufficio del Pretore, accoglieva la domanda proposta dall’attore.

Con sentenza dep. il 29 settembre 2004 la Corte di appello di Napoli, in riforma della decisione impugnata dall’Enel Distribuzione s.p.a., successore a titolo particolare dell’Enel s.p.a, dichiarava la legittimita’ dei due elettrodotti, rigettando la domanda di risarcimento dei danni avanzata dall’attore nonche’ quella di usucapione formulata dalla convenuta. Preliminarmente veniva disattesa l’eccezione di inammissibilita’ dell’appello sollevata dall’attore, rilevando che l’Enel Distribuzione s.p.a. era successore a titolo particolare dell’Enel s.p.a, giacche’ -in virtu’ di cessione di ramo di azienda delle attivita’ connesse alla distribuzione -era subentrato nella titolarita’ dei crediti e debiti correlativi della cedente. Nel merito, secondo i giudici di appello, alla stregua della documentazione in atti e degli accertamenti compiuti dal consulente tecnico d’ufficio, la collocazione nei fondi dell’attore dei pali dei detti elettrodotti era destinata a condurre esclusivamente le linee elettriche poste al servizio dei fabbricati dell’istante, non essendo emersa l’esistenza di altre linee elettriche unicamente al servizio di terzi (“non si evidenzia la presenza in zona di ulteriori fabbricati”); la sentenza riteneva legittima l’ubicazione degli elettrodotti, perche’ avvenuta con il consenso prestato dal medesimo attore e dal genitore con i contratti di somministrazione, nei quali la fornitura era stata subordinata al consenso, da parte del proprietario dell’immobile a favore del quale il servizio era erogato, all’esecuzione e al mantenimento degli impianti occorrenti che restavano di proprieta’ dell’Enel e “che potranno utilizzarsi anche per terzi evidentemente finche’ fosse durata la fornitura del bene asservito”, cosi’ interpretando- ai sensi del richiamato art. 1370 c.c. – la relativa clausola a stampa del contratto; d’altra parte, la natura contrattuale confessata dalla stessa appellante, era del tutto incompatibile con il preteso possesso ad usucapionem invocato dall’Enel, sicche’ veniva rigettata anche tale domanda.

Avverso tale decisione propone ricorso per Cassazione il M. sulla base di tre motivi.

Resiste con controricorso l’Enel Distribuzione s.p.a, proponendo ricorso incidentale condizionato affidato a un unico motivo. Non ha svolto attivita’ difensiva l’altra intimata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente il ricorso principale e quello incidentale, essendo stati proposti avverso la stessa sentenza, vanno riuniti ex art. 335 c.p.c..

Va esaminato innanzitutto il terzo motivo del ricorso principale che ha priorita’ logico – giuridica rispetto ai primi due, posto che con esso si censura la mancata declaratoria di inammissibilita’ dell’appello proposto dall’Enel Distribuzione s.p.a. e che e’ stato accolto dalla decisione impugnata.

Al riguardo il ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 327, 328, 330 e 344 e 111 c.p.c., deduce che l’appello proposto dall’Enel Distribuzione s.p.a. era inammissibile atteso che:

a) era stato proposto da un soggetto non partecipe al giudizio di primo grado, la cui successione, a titolo particolare, al convenuto si era verificata non prima ma dopo la pubblicazione della decisione appellata;

b) l’Enel Distribuzione s.p.a. non era successore a titolo particolare dell’Enel s.p.a. nel diritto controverso, difettando nella specie il rapporto di identita’ fra il diritto e l’oggetto della pronuncia e il diritto e l’oggetto della successione a titolo particolare alla stregua della lettura dell’art. 4 dell’atto di cessione del ramo di azienda, essendosi rivelata astratta e indimostrata l’affermazione della sentenza impugnata che l’Enel cedette… il ramo d’azienda comprendente anche le attivita’ connesse alla distribuzione di energia elettrica con i debiti e i relativi crediti;

c) l’Enel Distribuzione s.p.a., quale successore a titolo particolare e, come tale non fruente della sospensione feriale dei termini processuali, aveva proposto l’appello il 29.1.2000 quando il termine annuale dalla pubblicazione della sentenza era gia’ decorso;

d) l’impugnazione era stata notificata non alla parte personalmente e ma al difensore costituito nel giudizio di primo grado, quando si era ormai esaurito il suo ministero, pur quanto a domiciliazione, a seguito del pagamento da parte dell’Enel s.p.a. di quanto dovuto in base alla decisione di primo grado.

Il motivo e’ infondato.

La sentenza ha correttamente ritenuto che la cessione del ramo di azienda relativo alla distribuzione dell’energia elettrica aveva comportato anche quella dei crediti e dei debiti inerenti le attivita’ connesse alla distribuzione, fra cui certamente rientra l’obbligazione risarcitoria dedotta in giudizio dall’attore, tenuto conto di quanto al riguardo previsto dall’art. 2560 c.c.; in considerazione della successione a titolo particolare nel giudizio controverso, l’Enel Distribuzione s.p.a. era, ai sensi dell’art. 111 c.p.c., legittimato a proporre impugnazione avverso la sentenza emessa nei confronti del suo dante causa, essendo irrilevante il momento in cui si e’ verificata la successione a titolo particolare;

essendo il successore a titolo particolare un soggetto legittimato ad acquistare la qualita’ di parte, non vi e’ alcuna ragione logica per escludere nei suoi confronti l’applicabilita’ della sospensione dei termini processuali nel periodo feriale, per cui l’impugnazione proposta tempestivamente nell’anno dalla pubblicazione della sentenza (dovendosi tenere conto dei 46 giorni del periodo feriale) era stata, ex art. 330 c.p.c., correttamente notificata al procuratore costituito che aveva rappresentato e difeso l’attore nel giudizio di primo grado.

Con il primo motivo la ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 111 e 345 c.p.c. e del divieto di ius novorum in appello, deduce che la decisione gravata aveva accolto una domanda nuova proposta in sede di gravame laddove aveva ritenuto legittima la condotta della convenuta in base al supposto consenso che M.G. e il suo genitore avrebbero prestato alla installazione degli elettrodotti. Il motivo e’ infondato.

L’avere invocato, nel giudizio di appello, il consenso dell’attore alla installazione dei due elettrodotti non comportava la proposizione di una domanda (rectius; di una eccezione) nuova, atteso che il riferimento al consenso prestato con i contratti di somministrazione e alla legittimita’ degli elettrodotti alla stregua di quanto in essi previsto costituiva una mera difesa rientrante nel thema decidendum introdotto con la domanda proposta dall’attore: in tal modo l’appellante, nell’allegare e dimostrare la legittima installazione degli elettrodotti, aveva invocato una circostanza idonea a smentire il fatto costitutivo posto a base della domanda risarcitoria ovvero il carattere illecito della condotta tenuta dalla convenuta, che rappresentava l’oggetto dell’indagine demandata al giudice di merito.

Con il secondo motivo il ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt 1370 e 1032 c.c., del R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 115, 116, 119, 123 e della L. n. 2359 del 1865, art. 1 deduce che dal consenso prestato con i contratti di somministrazione alla installazione dei contatori nelle sue abitazioni secondo quanto previsto dalla clausola n. 1 dei contratti di medesimi non poteva desumersi il consenso per l’asservimento del fondo dell’attore avvenuto con la installazione di nuovi elettrodotti in assenza di autorizzazioni e procedure prescritte dalla legge; come era emerso pacificamente dagli atti e dalla consulenza tecnica il fondo attoreo era stato libero da qualsiasi palificazione fino al novembre 1989, quando vennero su di esso installate nuove linee a favore di nuove costruzioni nel frattempo realizzate dai privati; l’Enel non poteva vantare alcun diritto a detenere quella parte del fondo su cui erano stati realizzati; erronea era stata l’applicazione dell’art. 1370 c.c. in ordine al presunto consenso manifestato dal M., atteso che secondo la normativa relativa a contratti su moduli o formulari predisposti da una parte (nella specie, l’Enel) nel dubbio le clausole si interpretano a favore dell’altro contraente (il M.); gli elettrodotti erano stati installati in assenza di un alcun titolo ed in ogni caso l’impianto era privo di autorizzazione, mentre ai fini della costituzione della servitu’ attraverso la procedura espropriativa sarebbe stata necessaria anche la dichiarazione di pubblica utilita’; tenuto conto che in materia di acquisto di servitu’ di elettrodotto non e’ utilizzabile lo schema di occupazione acquisitiva, non poteva procedersi con sentenza all’imposizione della relativa servitu’ non sussistendo alcuna autorizzazione.

Pertanto, l’attore aveva diritto al risarcimento dei danni determinati dalla illegittima realizzazione delle opere sul terreno occupato senza titolo.

Il motivo e’ infondato.

La sentenza impugnata ha ritenuto che l’installazione nel fondo attoreo degli elettrodotti era legittimo ed aveva fonte contrattuale, in quanto la stessa trovava fondamento nel consenso prestato dall’attore e dal genitore con i contratti di somministrazione della fornitura la cui erogazione era subordinata ai “consensi all’esecuzione e al mantenimento degli impianti occorrenti che restano di proprieta’ dell’Enel e che potranno utilizzarsi anche per terzi”.

La doglianza, in sostanza, formula una ricostruzione dei fatti difforme da quella accolta dalla sentenza impugnata la quale, facendo riferimento agli elementi emersi dalla documentazione fotografica nonche’ dalla consulenza tecnica d’ufficio, ha accertato che gli unici pali installati nei fondi dell’attore erano destinati a condurre le linee elettriche del medesimo e non di terzi, avendo addirittura rilevato l’inesistenza in zona di altri fabbricati e tale collocazione era avvenuta legittimamente in virtu’ della clausola di cui ai contratti di somministrazione con cui – come si detto – il ricorrente e il genitore avevano manifestato il consenso all’installazione di opere necessaria, strumentali per l’erogazione dell’energia elettrica al loro fondo.

Tenuto conto che l’accertamento del fatto compiuto dal giudice di merito nell’ambito dell’indagine al medesimo riservata e’ sindacabile in sede di legittimita’ sotto il profilo del vizio di motivazione di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, il ricorrente avrebbe dovuto semmai denunciare il procedimento logico – giuridico seguito dai Giudici nella ricostruzione della fattispecie compiuta dai giudici, invocando l’omesso o insufficiente esame di quelle risultanze istruttorie decisive cioe’ di quelle che, ove fossero state valutate, avrebbero portato con certezza a una diversa decisione: a tal fine avrebbe dovuto trascrivere, in virtu’ del principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione, il testo integrale della consulenza (e non limitarsi a riportarne una frase) nonche’ delle prove non esaminate o non sufficientemente esaminate (si e’ limitato a un generico riferimento alle risultanze processuali), in modo da consentire alla Corte di verificarne la decisivita’, atteso che il giudice di legittimita’ non e’ giudice del fatto e non puo’ procedere all’esame diretto degli atti, per cui il ricorso difetta anche di autosufficienza.

Per quel che concerne l’erronea interpretazione del contratto, l’attore avrebbe dovuto denunciare la violazione dei criteri ermeneutici di cui all’art. 1362 c.c. indicando il canone interpretativo violato con specifico riferimento al contenuto del testo contrattuale (in particolare il contenuto della richiamata clausola di cui ai contratti di somministrazione) che avrebbe dovuto trascrivere sempre in virtu’ del principio di autosufficienza di cui si e’ detto. Al riguardo, appare fuori luogo la censura di erronea applicazione dell’art. 1370 c.c., posto che la sentenza impugnata, nel sottolineare che era stato prestato il consenso all’esecuzione e al mantenimento degli impianti occorrenti che restano di proprieta’ dell’Enel e che potranno utilizzarsi anche per terzi, aveva fatto riferimento a tale norma al limitato fine di ritenere che il mantenimento e l’utilizzazione degli elettrodotti potevano avvenire finche’ fosse durata la fornitura all’utente asservito.

Infine, la mancata autorizzazione o l’assenza delle procedure di cui al R.D. 11 dicembre 1933, n. 1775, artt. 115, 116, 119, 123 e alla L. n. 2359 del 1865, art. 1 sono del tutto irrilevanti nella specie, tenuto conto che la installazione dell’elettrodotto trovava fondamento in un titolo contrattuale, cioe’ in virtu’ del consenso prestato dall’attore, e non era dunque oggetto di imposizione coattiva.

Il ricorso principale va rigettato.

Il ricorso incidentale condizionato e’ assorbito.

Le spese della presente fase vanno poste a carico del ricorrente, risultato soccombente.

PQM

Riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale assorbito quello incidentale. Condanna il ricorrente al pagamento in favore della resistente costituita delle spese relative alla presente fase che liquida in Euro 1.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 1.500,00 per onorari di avvocato oltre spese generali ed accessori di legge.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 dicembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2010

 

 

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