Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4471 del 11/02/2022

Cassazione civile sez. II, 11/02/2022, (ud. 14/12/2021, dep. 11/02/2022), n.4471

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12804/2017 proposto da:

B.F., rappresentato e difeso dall’Avvocato GIUSEPPE

PALLARO, e dall’Avvocato EZIO SPAZIANI, per procura in data

20/2/2020;

– ricorrente –

contro

D.S. e B.S., rappresentate e difese dall’Avvocato

DAVIDE GUARDAMAGNA, dall’Avvocato ALESSANDRO FACCHINO, e

dall’Avvocato RUGGIERO DIAFERIO, per procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la SENTENZA n. 2595/2016 della CORTE D’APPELLO DI VENEZIA,

depositata in data 16/11/2016;

udita la relazione della causa svolta nell’adunanza non partecipata

del 14/12/2021 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE DONGIACOMO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.1. D.S. e B.S., quali eredi di B.C., deceduto il (OMISSIS), hanno agito nei confronti di B.F. al fine di ottenere lo scioglimento della comunione insistente su un vasto compendio immobiliare in (OMISSIS), appartenente, per la quota di un mezzo al convenuto e per la residua porzione alle attrici nella misura di un quarto ciascuna.

1.2. Il convenuto, costituitosi in giudizio, ha chiesto, innanzitutto, la sospensione delle operazioni divisionali per l’esistenza di problemi connessi alla manutenzione dello stabile e, solo dopo la risoluzione degli stessi, lo scioglimento della comunione, con assegnazione in ogni caso dell’appartamento da lui abitato.

1.3. Il tribunale, con sentenza del 10/2/2015, ha disposto lo scioglimento della comunione assegnando una parte degli immobili alle attrici in via congiunta ed in parte al convenuto e ponendo a carico di quest’ultimo un conguaglio di Euro 58.242,50.

2.1. B.F. ha proposto appello avverso la sentenza lamentando, per quanto ancora rileva, innanzitutto, che il giudice di primo grado non aveva sospeso il giudizio divisionale nonostante la necessità di procedere in via preliminare alle opere di manutenzione del compendio, con particolare riguardo all’impianto idrico e fognario, ed, in secondo luogo, che il tribunale non aveva considerato la flessione che il valore dell’immobile aveva riportato dal maggio del 2013, epoca della redazione della perizia di stima, al febbraio del 2015, data di pronuncia della sentenza appellata.

2.2. La corte d’appello, con la sentenza in epigrafe, ha rigettato l’appello.

2.3. La corte, in particolare: – quanto alla prima censura, dopo aver evidenziato che l’art. 1111 c.c., applicabile alla “divisione ereditaria” in forza del richiamo operato dall’art. 1116 c.c., consente la dilazione della divisione solo nell’ipotesi in cui l’immediata esecuzione della divisione possa arrecare pregiudizio alla cosa comune, ha ritenuto che, nel caso di specie, “proprio il permanere della comunione possa arrecare nocumento al compendio, come dimostra il fatto che, nelle more del giudizio, a causa dei dissapori della tra i condividenti, si sia resa necessaria la nomina di un amministratore, il quale ha provveduto a porre a reddito parte delle unità immobiliari di cui è composto lo stabile, e ciò al fine di evitare che, nella permanenza della comunione, il compendio potesse deperire o costituire solo fonte di oneri”; – quanto all’altra censura, ha ritenuto che il motivo, vertente sulla stima operata dal consulente tecnico d’ufficio, fosse del tutto generico perché fondato “sulla mera asserzione della flessione del mercato immobiliare, senza alcuna specifica allegazione rapportata al compendio oggetto del… giudizio, e senza indicazione che dia contezza sulle ragioni addotte a sostegno della tesi secondo la quale una flessione si sarebbe verificata, e in quale misura”.

3.1. B.F., con ricorso notificato il 12/5/2017, ha chiesto, per due motivi, la cassazione della sentenza della corte d’appello, dichiaratamente non notificata.

3.2. Hanno resistito con controricorso D.S. e B.S..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4.1. Con il primo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 717 e 1111 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto che il tribunale avesse correttamente escluso la necessità di sospendere il giudizio di divisione sul rilievo che “proprio il permanere della comunione potesse arrecare nocumento al compendio, come dimostra il fatto che, nelle more del giudizio, a causa dei dissapori della tra i condividenti, si sia resa necessaria la nomina di un amministratore”, senza, tuttavia, considerare che, una volta sciolta la comunione, è del tutto improbabile che le parti, che non sono riuscite ad accordarsi nemmeno sulla gestione ordinaria, riescano a convenire sulla necessità ed urgenza, evidenziata dal consulente tecnico d’ufficio, di procedere al compimento di dispendiosi e complicati lavori di manutenzione straordinaria, come il rifacimento della nuova rete fognaria, e che e’, pertanto, indispensabile che le operazioni divisionali siano sospese, a norma degli artt. 717 e 1111 c.c., fino al compimento delle opere indicate da parte dell’amministratore della comunione nominato nel corso del giudizio. La corte d’appello, ha aggiunto il ricorrente, ha, poi, trascurato di verificare, a fronte degli imprecise espressioni utilizzate al riguardo dal consulente tecnico d’ufficio, se il complesso immobiliare in questione, specie in relazione agli interventi di manutenzione straordinaria dei quali necessita con urgenza, sia effettivamente in regola sul piano della disciplina edilizia.

4.2. Con il secondo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione e la falsa applicazione degli artt. 726,728 e 1116 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d’appello ha ritenuto che la censura relativa alla stima operata dal consulente tecnico d’ufficio fosse del tutto generica in quanto fondata “sulla mera asserzione della flessione del mercato immobiliare, senza alcuna specifica allegazione rapportata al compendio oggetto del… giudizio, e senza indicazione che dia contezza sulle ragioni addotte a sostegno della tesi secondo la quale una flessione si sarebbe verificata, e in quale misura”, omettendo, tuttavia, di considerare che la valutazione del compendio, nelle more del giudizio di primo grado, in conseguenza delle carenze dello stesso, dei danni arrecati da eventi atmosferici avversi e dell’aggravarsi della crisi del mercato immobiliare, doveva in ogni caso ritenersi non più attuale” con la conseguente necessità, onde assicurare la formazione di porzioni di valore corrispondente alle quote, di procedere, a fronte di una stima effettuata in epoca troppo antecedente, alla rinnovazione della stima in relazione all’effettivo valore di mercato del bene al momento della decisione. D’altra parte, ha aggiunto il ricorrente, il debito da conguaglio, che grava sul condividente assegnatario dell’immobile non facilmente divisibile, ha la natura di debito di valore e nasce solo con l’assegnazione del bene, al momento della pronuncia definitiva sulla divisione, per cui è a tale momento che il giudice deve rapportare, anche in via ufficiosa, il valore di ciascuna porzione tanto più a fronte della notoria flessione, della quale il tribunale aveva dato atto, che il mercato immobiliare ha subito nel periodo che va dal maggio del 2013 al febbraio del 2015. Infine, ha concluso il ricorrente, la statuizione con la quale la corte d’appello ha ritenuto che il motivo di gravame era del tutto generico in quanto fondato sulla mera asserzione della flessione del mercato immobiliare, “senza alcuna specifica allegazione rapportata al compendio oggetto del… giudizio e senza indicazione che dia contezza sulle ragioni addotte a sostegno della tesi secondo la quale una flessione si sarebbe verificata, e in quale misura”, è del tutto inconciliabile non solo con le puntuali e specifiche allegazioni che l’appellante aveva fornito e ribadito in tutti gli atti delle due fasi di merito del giudizio, anche in sede di osservazioni alla consulenza tecnica d’ufficio ma anche con l’affermazione del giudice di primo grado in ordine alla notorietà della sia pur lieve flessione dei valori del mercato immobiliare nel periodo 2013-2015 che avrebbe dovuto in ogni caso imporre la rideterminazione del valore del conguaglio al momento della decisione della causa di divisione.

5.1. Il primo motivo è in parte infondato e per il resto inammissibile.

5.2. L’art. 717 c.c., prevede, in effetti, che la divisione dell’eredità o di alcuni beni può essere sospesa dal giudice, su richiesta di uno dei coeredi, per un periodo non eccedente i cinque anni “qualora l’immediata sua esecuzione possa recare notevole pregiudizio al patrimonio ereditario”. La norma, quindi, richiede, per un verso, che il pregiudizio sia notevole e, per altro verso, che tale pregiudizio investa non l’interesse del coerede istante, come nel caso previsto dall’art. 1111 c.c., comma 2, ma direttamente il patrimonio ereditario, nel senso, più precisamente, che la sua divisione determina (o può determinare) una riduzione del valore o della redditività dello stesso. Nel caso in esame, come visto, la corte d’appello, con statuizione in fatto non censurata (nell’unico modo possibile, e cioè, a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 5) per l’omesso esame di circostanze controverse e decisive risultanti dalla sentenza impugnata o dagli atti del giudizio, hai escluso la sussistenza dell’indicato presupposto sul rilievo che, al contrario, “proprio il permanere della comunione possa arrecare nocumento al compendio, come dimostra il fatto che, nelle more del giudizio, a causa dei dissapori della tra i condividenti, si sia resa necessaria la nomina di un amministratore, il quale ha provveduto a porre a reddito parte delle unità immobiliari di cui è composto lo stabile, e ciò al fine di evitare che, nella permanenza della comunione, il compendio potesse deperire o costituire solo fonte di oneri”.

5.4. Tale statuizione, peraltro, è corretta sul piano giuridico. I pericoli di danno al compendio da dividere, così come esposti nella sentenza impugnata e nello stesso ricorso, non conseguono, infatti, alla divisione come tale dei beni che lo compongono ma piuttosto alle possibili difficoltà di gestione degli stessi una volta che, cessate le operazioni divisionali, sono partitamente attribuiti ai condividenti.

5.5. Nessun rilievo, infine, può avere l’omessa verifica da parte della corte d’appello della effettiva regolarità edilizia del compendio da dividere, se non altro perché si tratta di questione (di diritto che presuppone un accertamento in fatto) della quale la sentenza impugnata non tratta: ed e’, invece, noto che, secondo il costante insegnamento di questa Corte (cfr. Cass. n. 20694 del 2018; Cass. n. 15430 del 2018), qualora una determinata questione giuridica, che implichi un accertamento di fatto, non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere, rimasto nella specie inadempiuto (non potendo a tal fine valere quanto ambiguamente esposto a p. 5 del ricorso), non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di specificità del motivo, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa.

6.1. Il secondo motivo è infondato. Il ricorrente, infatti, non si confronta realmente con la sentenza che ha impugnato: la quale, in effetti, lungi dall’affermare l’irrilevanza della stima dei beni da dividere e della sua attualità, si è limitata a ritenere che la censura formulata sul punto nell’atto d’appello fosse generica perché fondata “sulla mera asserzione della flessione del mercato immobiliare, senza alcuna specifica allegazione rapportata al compendio oggetto del… giudizio, e senza indicazione che dia contezza sulle ragioni addotte a sostegno della tesi secondo la quale una flessione si sarebbe verificata, e in quale misura”. Ed e’, invece, noto che, ove il ricorrente censuri la statuizione d’inammissibilità, per difetto di specificità, di un motivo di appello, ha l’onere, rimasto nella specie inadempiuto, di specificare, nel ricorso, le ragioni per cui ritiene erronea tale statuizione del giudice di appello e sufficientemente specifico, invece, il motivo di gravame sottoposto a quel giudice, e non può limitarsi a rinviare all’atto di appello, ma deve riportarne il contenuto nella misura necessaria ad evidenziarne la pretesa specificità (Cass. n. 22880 del 2017; Cass. n. 20405 del 2006).

6.2. D’altra parte, secondo la giurisprudenza di questa Corte, in materia di divisione ereditaria, la stima dei beni per la formazione delle quote va compiuta con riferimento al loro valore venale al tempo della divisione, coincidente, nel caso di divisione giudiziale, con il momento di presentazione della relativa domanda giudiziale (Cass. n. 21632 del 2010; Cass. n. 15634 del 2006). Nel relativo giudizio, tuttavia, occorrendo assicurare la formazione di porzioni di valore corrispondente alle quote, può farsi riferimento alla stima dei beni effettuata in data non troppo vicina a quella della decisione soltanto se si accerti che, nonostante il tempo trascorso, per la stasi del mercato o per il minor apprezzamento del bene in relazione alle sue caratteristiche, non sia intervenuto un mutamento di valore che renda necessario l’adeguamento di quello stabilito al tempo della stima (Cass. n. 3635 del 2007). Il relativo accertamento e’, peraltro, riservato all’apprezzamento di fatto del giudice del merito: la stima dei beni da dividere e la scelta del criterio da adottare per la determinazione del relativo valore, con riguardo a natura, ubicazione, consistenza, possibile utilizzazione e condizioni di mercato, rientrano, infatti, nel potere discrezionale ed esclusivo del giudice del merito (cfr. Cass. n. 18546 del 2017), le cui valutazioni in proposito sono, in quanto tali, sindacabili in sede di legittimità solo per il vizio, nella specie neppure invocato, previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5, e cioè per l’omesso esame di fatti decisivi e controversi di cui sia riprodotta in ricorso l’emergenza dagli atti del giudizio. La parte che solleciti una rivalutazione degli immobili per effetto del tempo trascorso dall’epoca della stima, d’altra parte, ha l’onere (il cui adempimento, come visto, la corte d’appello ha, con statuizione non utilmente censurata, del tutto escluso) di allegare ragioni di significativo mutamento del valore degli stessi intervenute medio tempore, non essendo sufficiente il mero riferimento al lasso temporale intercorso (Cass. n. 21632 del 2010; Cass. n. 3029 del 2009). In tema di divisione ereditaria, infatti, la determinazione del conguaglio in denaro, ai sensi dell’art. 728 c.c., prescinde dalla domanda di parte poiché concerne l’attuazione del progetto divisionale che appartiene alla competenza del giudice il quale, pertanto, deve procedere d’ufficio alla relativa rivalutazione, a condizione, però, che vi sia stata un’apprezzabile lievitazione del prezzo di mercato del bene, tale da alterare la funzione di riequilibrio propria del suddetto conguaglio, e che la parte interessata a tale accertamento adempia all’onere di allegare l’avvenuta verificazione della sproporzione eventualmente intervenuta (cfr. Cass. n. 29733 del 2017; Cass. n. 8226 del 2019).

7. Il ricorso dev’essere, quindi, rigettato.

8. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

9. La Corte dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte così provvede: rigetta il ricorso; condanna il ricorrente a rimborsare alle controricorrenti le spese di lite, che liquida in Euro 5.500,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge e le spese generali nella misura del 15%; dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 14 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2022

 

 

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