Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4470 del 11/02/2022

Cassazione civile sez. II, 11/02/2022, (ud. 14/12/2021, dep. 11/02/2022), n.4470

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. ORILIA Lorenzo – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 3448/17) proposto da:

N.V., (C.F.: (OMISSIS)), rappresentata e difesa, in virtù

di procura speciale apposta a margine del ricorso, dagli Avv.ti

Carmine Pellegrino, e Maria Saviano, ed elettivamente domiciliata

presso lo studio del primo, in Roma, v. Savonarola, n. 39;

– ricorrente –

contro

G.B., (C.F.: (OMISSIS)), NE.VE., (C.F.: (OMISSIS)),

S.L., (C.F.: (OMISSIS)), S.S.D., (C.F.:

(OMISSIS)) e SC.LU., (C.F.: (OMISSIS)), rappresentati e

difesi, in virtù di procura speciale apposta in calce al

controricorso, dall’Avv. Biase Mezzanotte, ed elettivamente

domiciliati presso il suo studio, in Roma, v. Torino, n. 29;

– controricorrenti –

avverso la sentenza della Corte di appello di Roma n. 7110/2016

(pubblicata il 24 novembre 2016);

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14 dicembre 2021 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato.

 

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 5458/2010, decidendo sulla causa introdotta da G.B., Ne.Ve., S.L., Sc.Lu. e S.S.D. nei confronti di N.V., avente ad oggetto lo scioglimento della comunione intercorrente tra gli stessi relativamente all’asse ereditario relitto di Sc.Fl., costituito dalla quota della metà dell’unità immobiliare sita in (OMISSIS), la cui residua metà apparteneva alla citata G.B., madre della defunta, così provvedeva: – assegnava a G.B. la quota di 1/2 di proprietà di N.V. del compendio immobiliare dedotto in causa; – condannava la stessa G.B. a corrispondere, in favore di N.V., a titolo di conguaglio, la somma di Euro 33.166,65, oltre interessi legali dalla data della sentenza; condannava la N.V., per la causale di cui in linea di diritto, alla corresponsione dei seguenti importi: Euro 37.125″00 in favore di G.B., Euro 12.375,50 in favore di S.L., Euro 6.187,50 in favore dello stesso S.L., ma nella qualità di esercente la potestà sul figlio minore Sc.Lu., Euro 6.187,50 in favore di Ne.Ve., oltre, per ciascuno, agli interessi legali dalla domanda; – ordinava al competente Conservatore dei RR.II. di provvedere alla trascrizione della sentenza, disponendo che l’onere delle spese, anche di c.t.u., ricadesse sulla massa.

2. Decidendo sull’appello formulato da N.V. e nella costituzione di tutti gli appellati (che avanzavano, a loro volta, appello incidentale), la Corte di appello di Roma, con sentenza n. 7110/2016 (pubblicata il 24 novembre 2016), in parziale riforma dell’impugnata sentenza e in accoglimento per quanto di ragione del gravame principale, determinata in Euro 800,00 mensili l’indennità di occupazione dell’immobile oggetto della controversia, condannava la N.V. al pagamento, in favore degli appellati pro-quota, di tale importo mensile con decorrenza dal marzo 2010 al rilascio, confermando nel resto la sentenza di prime cure e compensando le spese del grado.

A sostegno dell’adottata pronuncia, la Corte laziale, decidendo, innanzitutto, sul dedotto vizio di omessa pronuncia relativo alla spiegata eccezione di non opponibilità degli effetti dello scioglimento della comunione all’assegnatario, affidatario della prole, della casa coniugale in sede divorzile (costituendo, detta assegnazione, vincolo di destinazione dell’immobile alle esigenze abitative anche nell’ipotesi di convivenza con figli maggiorenni ancora non autosufficienti), ne rilevava l’infondatezza sul presupposto che l’opponibilità a terzi del provvedimento di assegnazione non può estendersi al di fuori dai limiti della finalità dell’esclusiva tutela della prole (e dell’interesse di questa a rimanere nell’ambito domestico in cui è cresciuta). Ciò non senza considerare che tale provvedimento si tradurrebbe in una sostanziale espropriazione del diritto di proprietà, tendenzialmente per tutta la vita del coniuge assegnatario, in danno dell’altro comproprietario, non senza trascurare la rilevanza della circostanza che la mancata autosufficienza economica da parte della prole ultramaggiorenne deve risultare incolpevole, presupposto che non era stato dimostrato nel caso di specie.

Il giudice di appello accoglieva il secondo motivo nei sensi di cui in precedenza e respingeva il terzo ed ultimo motivo accertando la carenza di interesse ad impugnare l’assegnazione a G.B. della sola quota ereditaria della stessa N.V..

3. Avverso la suddetta sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione, riferito a tre motivi, la N.V., resistito con un congiunto controricorso da tutte le parti intimate.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo la ricorrente la denunciato – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., nonché degli artt. 100 e 112 c.p.c., in ordine al riparto dell’onere probatorio da osservare con riferimento alla ritenuta “non dimostrata” incolpevolezza della sua non autosufficienza economica.

2. Con la seconda censura la ricorrente ha dedotto – con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 833 e segg., artt. 100 e 112 c.p.c., avuto riguardo alla ritenuta legittimazione pro quota di tutti i comproprietari all’indennità di occupazione, sull’asserito erroneo presupposto come ravvisato dalla Corte di appello – che la “cessione” della quota a G.B. da parte degli altri resistenti non valeva come rinuncia alla rivendicazione di natura rendicontuale.

3. Con la terza ed ultima doglianza la ricorrente ha prospettato – in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – l’omesso esame su un fatto decisivo per il giudizio, anche sotto il profilo della violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., deducendo l’erroneità dell’impugnata pronuncia laddove aveva rilevato la carenza di interesse ad impugnare l’assegnazione in favore della G.B. della sola quota ereditaria della stessa appellante principale.

4. Rileva, in primo luogo, il collegio che non è accoglibile l’eccezione preliminare di inammissibilità del ricorso – formulata dai controricorrenti – riferita all’asserito difetto di legittimazione della ricorrente in relazione all’opposto diritto di assegnazione della casa coniugale, dal momento che il suo diritto si sarebbe dovuto intendere derivato da quello – rimasto immutato – del padre assegnatario, sull’affermato presupposto (costituente, tuttavia, oggetto di questione di merito, a cui è riferito il primo motivo) che ancora si sarebbero dovute considerare rimaste inalterate le sue esigenze seppure divenuta maggiorenne in presenza del mancato raggiungimento di una condizione economica autosufficiente.

5. Ciò chiarito, la prima censura è infondata e deve, perciò, essere rigettata.

Invero, la Corte di appello ha fatto buon governo, con l’impugnata sentenza, dell’applicazione dell’art. 2697 c.c., avendo posto a carico della parte eccipiente (ovvero dell’odierna ricorrente) l’onere della prova riguardante il fatto – consistente nella permanenza incolpevole della propria non autosufficienza economica – dalla stessa opposto, siccome impeditivo del riconoscimento ed accoglimento dell’altrui azione all’ottenimento della divisione e del rilascio dell’immobile oggetto di comunione ereditaria esercitata nei suoi confronti.

Alla stregua, infatti, del generale principio statuito dalle Sezioni unite di questa Corte con la sentenza n. 13533/2001 (poi seguito da tutta la successiva giurisprudenza), deve affermarsi che chi eccepisce l’inefficacia di fatti estintivi e/o impeditivi dei diritti che costituiscono il fondamento della domanda attrice (nel caso di specie il diritto alla divisione e al rilascio dell’immobile assegnato) è onerato a provare i fatti su cui la propria eccezione si basa. Da ciò consegue che” nella fattispecie, avrebbe dovuto essere la N.V. a comprovare la sussistenza della sua non autosufficienza economica, posto l’incontestato raggiungimento della maggiore età da parte della stessa, al fine della permanenza del rivendicato diritto all’opponibilità alla domanda attrice dell’assegnazione della casa coniugale.

6. Anche il secondo motivo è privo di fondamento e va, perciò, respinto nel suo complesso.

Deve essere, innanzitutto, disatteso il motivo nella parte relativa al prospettato difetto di “ius postulandi” in appello dei controricorrenti, poiché – al di là che il contenuto della procura non risulta trascritto nel motivo – il mandato originariamente conferito agli attori era esteso a tutti i gradi e fasi del giudizio e i nuovi difensori costituitisi in virtù di nuova procura con apposita comparsa avevano fatto proprie le difese del precedente patrocinatore, che era munito di idonea procura ai fini della proposizione dell’appello incidentale.

Il motivo non è accoglibile nemmeno nella parte in cui si fa riferimento ad un asserito riferimento nell’impugnata sentenza di una cessione della quota in favore della G., poiché non di ciò si discorre nella sentenza stessa ma si afferma che l’accettazione (o acquiescenza) degli altri coeredi, diversi dalla G., dell’assegnazione a questa del bene in comunione, riguardando l’aspetto reale della controversia, non poteva essere interpretato quale rinuncia alla rivendicazione rendicontuale. Pertanto, è corretta la sentenza di appello in favore degli altri comproprietari, G. inclusa, in ordine alla corresponsione, da parte della N.V., dell’indennità di occupazione, in accoglimento della specifica domanda da ciascuno di essi proposta sin dal primo grado di giudizio e reiterata in grado di appello.

Non coglie nel segno neppure l’ulteriore sub-censura di asserita ultrapetizione relativa alla dichiarata condanna della N.V. alla corresponsione dell’indennità di occupazione fino all’effettivo rilascio, poiché il riconoscimento di detta indennità era stato richiesto senza alcuna determinazione temporale e, al fine della determinazione di quanto effettivamente dovuto e compiutamente satisfattivo della pretesa creditoria, il giudice di appello ha posto riferimento, quale termine di decorrenza, alla data di pubblicazione della sentenza di primo grado (con la quale era stata rilevata la fondatezza dell’inerente diritto) fino al rilascio, in tal senso intendendo solo individuare un criterio univoco per una quantificazione certa della somma dovuta a tale titolo al fine della conseguente ripartizione tra gli aventi diritto.

7. Anche l’ultima doglianza è infondata dal momento che la Corte di appello ha preso in esame la questione dedotta, avendo affermato che nessuna rinuncia alla quota ereditaria e/o cessione della stessa in favore della G. erano mai avvenute da parte dei controricorrenti né prima né nel corso del procedimento.

8. In definitiva, alla stregua delle argomentazioni complessivamente svolte, il ricorso deve essere integralmente respinto, con conseguente condanna della soccombente ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che si liquidano nei sensi di cui in dispositivo.

Infine, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che si liquidano in Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre iva, cpa e contributo forfettario nella misera e sulle voci come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 14 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2022

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