Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 447 del 11/01/2011

Cassazione civile sez. III, 11/01/2011, (ud. 03/12/2010, dep. 11/01/2011), n.447

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. AMATUCCI Alfonso – rel. Consigliere –

Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 35121-2006 proposto da:

S.M.R. (OMISSIS), G.E.

G. (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

ENNIO QUIRINO VISCONTI 20, presso lo studio dell’avvocato ANTONINI

MARIO, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato VISENTIN

ANTONIO giusta procura speciale del Dott. Notaio PAOLO CARRARETTO in

CITTADELLA (PD) del 16/11/2006, REP. N. 17992;

– ricorrenti –

contro

ALI’ S.P.A.;

– intimati –

sul ricorso 2630-2007 proposto da:

ALI’ S.P.A. (OMISSIS), in persona del suo legale rappresentante

pro tempore Sig. C.F., elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA DI DONNA OLIMPIA 134, presso lo studio dell’avvocato IZZO

NUNZIO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato BARBIERO

SILVIO giusta delega a margine del controricorso e ricorso

incidentale;

– ricorrenti –

contro

G.E.G., S.M.R., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA ENNIO QUIRINO VISCONTI 20, presso lo studio

dell’avvocato ANTONINI MARIO, che li rappresenta e difende unitamente

all’avvocato VISENTIN ANTONIO giusta procura speciale nel ricorso

principale;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 2025/2005 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

SEZIONE QUARTA CIVILE, emessa il 23/11/2005, depositata il 11/01/2006

R.G.N. 3000/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/12/2010 dal Consigliere Dott. ALFONSO AMATUCCI;

udito l’Avvocato ANTONINI MARIO;

udito l’Avvocato IZZO NUNZIO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo che ha concluso, previa riunione dei ricorsi, rigetto

del ricorso principale, assorbito l’incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.- Con contratto del (OMISSIS) Alì s.p.a., aggiudicataria in sede fallimentare di un ramo d’azienda costituito da un esercizio commerciale condotto in locazione dal fallito, convenne con i locatori S. – G. che entro il (OMISSIS) ciascuna parte avrebbe eseguito lavori volti alla realizzazione di un supermercato e che il nuovo rapporto locativo sarebbe decorso dal (OMISSIS).

Il 2.5.2000 adì il tribunale di Padova rappresentando che, per una serie di inadempimenti dei locatori, solo il (OMISSIS) era stato possibile aprire il centro commerciale e domandò di essere risarcita dei danni subiti sia per mancato guadagno (L. 3.700.000.000, poi ridotte a L. 559.329.704) sia per aver corrisposto i canoni dal (OMISSIS) (L. 213.125.000) senza correlativo godimento del bene.

I convenuti resistettero. Sostennero che i ritardi erano invece dipesi da inadempimenti della società conduttrice e spiegarono domanda riconvenzionale volta alla risoluzione del contratto ed al risarcimento dei danni per avere Alì, in violazione dell’obbligazione assunta, posto in vendita articoli di abbigliamento in concorrenza con una società di cui i locatori erano soci.

Con sentenza n. 17 del 2003 il tribunale, disattesa ogni diversa istanza, in applicazione analogica degli artt. 1583 e 1584 c.c., condannò i convenuti a restituire alla società conduttrice Euro 55.034,99 “a titolo di riduzione del canone”, oltre agli interessi dalla domanda.

2.- L’appello dei locatori è stato respinto dalla corte d’appello con sentenza n. 2025/05, avverso la quale S.M.R. ed G.E.G. ricorrono per cassazione affidandosi a cinque motivi.

Resiste con controricorso la Alì s.p.a., che propone ricorso incidentale condizionato, fondato su un unico motivo illustrato anche da memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- I ricorsi vanno riuniti in quanto proposti avverso la stessa sentenza.

2.- La sentenza è censurata:

a) col primo motivo, per violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363 e 1366 c.c. per non avere la corte d’appello conferito alla clausola n. 2 della “scrittura privata di novazione contrattuale” del (OMISSIS) la valenza di una condizione risolutiva, anche implicita, del contratto;

b) col secondo, per omessa pronuncia (art. 112 c.p.c.) sulla domanda di risoluzione;

c) col terzo, per violazione dei criteri di determinazione dei danni da inadempimento (artt. 1223 e 1226 c.c.) nonchè per insufficienza ed illogicità della motivazione sul punto decisivo costituito dalla sufficienza degli elementi offerti per la quantificazione dei danni conseguiti alla violazione, da parte della conduttrice, del patto di non concorrenza;

d) col quarto, per omessa e contraddittoria motivazione sul punto decisivo rappresentato dalla colpa della conduttrice società Alì in ordine al mancato rispetto del termine pattuito per il completamento dei lavori;

e) col quinto, per falsa applicazione dell’art. 1594 c.c. (ma, recte, art. 1584 c.c.), impropriamente applicato per analogia, per ultrapetizione e per omessa ed insufficiente motivazione sul punto.

3.- Nessuno dei motivi di ricorso merita accoglimento per le seguenti ragioni:

a1) che la violazione da parte del conduttore del “divieto di vendere abbigliamento e scarpe” costituisse (non una clausola risolutiva espressa ma) una condizione risolutiva presupposta è prospettazione che i ricorrenti non affermano di aver mai fatto e che non è annoverata fra i motivi di appello che essi riportano alle pagine da 11 a 13 del ricorso, sicchè il primo motivo è inammissibile perchè pone una questione nuova;

a2) la domanda di risoluzione per inadempimento è stata implicitamente disattesa dalla corte territoriale nella parte in cui ha affermato che la domanda di risarcimento, di cui quella di risoluzione costituiva presupposto (così a pagina 10, secondo capoverso, della sentenza) non poteva essere accolta per difetto di prova del danno sofferto, essendo ovvio che, in difetto di un danno, l’inadempimento della parte non possa dar luogo a risoluzione per difetto del requisito dell’importanza dell’inadempimento stesso, avuto riguardo all’interesse, nella specie economico, dell’altra (art. 1455 c.c.);

a3) la circostanza che, in taluni casi, i giudici di merito abbiano proceduto a valutazione equitativa del danno da violazione del patto di non concorrenza e che la valutazione equitativa sia ovviamente possibile se il danno non possa (anche per particolari difficoltà della prova in relazione alla rilevanza degli interessi economici coinvolti) essere provato nel suo preciso ammontare, non significa che il giudice debba necessariamente procedere alla liquidazione anche se ritenga che difettino addirittura i presupposti per “l’individuazione della consistenza” del danno (pagina 10, quintultima riga, della sentenza), in definitiva difettandone “la prova dell’esistenza” (pagina 11, terzo capoverso); il che vale a rendere evidente l’opinione in fatto della corte d’appello nel senso dello scarsissimo rilievo della violazione del patto di non concorrenza da parte della Alì, la quale aveva d’altronde affermato che solo occasionalmente gambaletti e calze erano stati venduti in 3 metri quadrati dei 708 occupati dal supermercato (secondo quanto affermato a pagina 3 dello stesso ricorso). Dove d’altronde non si sostiene che l’affermazione fosse stata oggetto di specifica contestazione da parte dei locatori; impropriamente si denuncia un vizio di motivazione in relazione a prospettate violazioni di norme processuali relative al rifiuto della corte d’appello di ordinare l’esibizione di documentazione contabile e di disporre una consulenza tecnica d’ufficio, dalla corte considerata di natura esplorativa; nè si spiega per quale ragione la prova del danno non potesse essere offerta mediante la diretta dimostrazione, da parte dei locatori, della ipotetica contrazione (in punto di vendite di gambaletti e calze) dell’attività commerciale della società di cui essi erano soci;

a4) il quarto motivo è manifestamente infondato nella parte in cui si pretende di dedurre contraddittorietà della sentenza di secondo grado in relazione ad affermazioni (riportate a pagina 29 del ricorso) invece contenute nella sentenza di primo grado; la motivazione è d’altronde cristallina laddove ritiene corretta la soluzione adottata dai primi giudici (che avevano disposto la restituzione alla conduttrice della metà dei canoni percepiti dai locatori prima che l’immobile fosse pronto) convenendo “come a monte dell’intera vicenda si ponga l’erronea valutazione delle parti in ordine ai tempi necessari per eseguire le opere edili di competenza di ciascuna di esse, da cui sono derivati, come inevitabile conseguenza, i reciproci inadempimenti” (pagina 6, penultimo capoverso, della sentenza impugnata);

a5) il quinto motivo è inammissibile laddove non chiarisce quale diversa norma sarebbe stata nella specie applicabile in luogo di quella applicata per analogia (art. 1584 c.c.) ed è infondato nella parte in cui da rilievo alla circostanza che nel caso in scrutinio i lavori erano stati concordati prima della conclusione del contratto e contestualmente alla espressa pattuizione del canone, mentre l’art. 1584 c.c. concerne il caso di riparazioni la cui necessità sia insorta in costanza di rapporto locativo: tanto non esclude, invero, che i due casi siano simili (per gli effetti di cui all’art. 12 disp. gen., comma 2) nella parte in cui l’alterazione funzionale della causa della locazione è integrata dalla totale impossibilità del godimento della cosa locata per fatto non imputabile al locatore (per il 50%), a fronte dell’obbligo del conduttore di pagare l’intero canone pattuito (per questo ridotto dai giudici del merito alla metà, per il periodo che veniva in considerazione).

4.- Il ricorso principale è conclusivamente respinto, con assorbimento di quello incidentale condizionato.

Le spese seguono la soccombenza dei ricorrenti in via principale.

P.Q.M.

riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito quello incidentale e condanna i ricorrenti principali alle spese, che liquida in Euro 7.200, di cui 7.000 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2011

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