Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4468 del 24/02/2011

Cassazione civile sez. III, 24/02/2011, (ud. 14/12/2010, dep. 24/02/2011), n.4468

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. URBAN Giancarlo – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

S.A. (OMISSIS), S.A.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA SABOTINO

46, presso lo studio dell’avvocato ROMANO GIOVANNI, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIORGIS PIETRO giusta

delega in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

B.E. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato

e difeso dall’avvocato VIDETTA FRANCESCO PAOLO, giusta delega in

calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

F.C., M.M.C.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 574/2007 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

Sezione Quarta Civile, emessa il 08/11/2006, depositata il

11/04/2007, r.g.nn. 353 + 403 + 446/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/12/2010 dal Consigliere Dott. ROBERTA VIVALDI;

udito l’avvocato PIETRO GIORGIS;

udito l’avvocato FRANCESCO PAOLO VIDETTA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SCARDACCIONE Eduardo Vittorio che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

M.M.C. chiedeva al Pretore di Novara che fosse accertata la legittimità dell’esercizio del proprio diritto di riscatto, L. n. 392 del 1978, ex art. 39 e che, conseguentemente, fosse dichiarata legittima proprietaria dei locali – dalla stessa condotti in locazione – oggetto della compravendita conclusa fra i proprietari e locatori A. ed S.A. e l’acquirente F. C..

Quest’ultima si costituiva contestando la fondatezza dei presupposti per l’esercizio del diritto di riscatto, chiamando in causa i precedenti proprietari.

Si costituiva il solo S.A. il quale affermava di essersi rivolto per la vendita, assieme al fratello, ad B. E. che li aveva assicurati di avere già. interpellato, in ordine all’esercizio della prelazione, la conduttrice che si era dichiarata non interessata all’acquisto.

Chiamava, poi, in causa il B. il quale si costituiva.

Disposto il mutamento del rito, il tribunale, a seguito dell’istituzione del giudice unico di primo grado, con sentenza del 2.12.2002, accoglieva la domanda.

La Corte d’Appello di Torino, sugli appelli del B. e dei S., pronunciava sentenza non definitiva gravata di riserva di impugnazione; quindi con sentenza definitiva in data 11.4.2007 accoglieva l’appello del B. nei limiti indicati in motivazione Hanno proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi Alberto ed S.A..

Resiste con controricorso il B..

Le altre intimate non hanno svolto attività difensiva.

Le parti costituite hanno presentato anche memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente, deve rilevarsi che il rito applicabile nella specie, in ordine all’impugnazione con ricorso per cassazione di entrambe le sentenze definitiva, e non definitiva – è quello previsto dal D.Lgs n. 40 del 2006.

La riserva di impugnazione formulata nei confronti della sentenza non definitiva, pubblicata anteriormente al 2 marzo 2006 (data di entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 che ha introdotto modifiche al giudizio di cassazione), a seguito della proposizione del ricorso contro la sentenza definitiva pubblicata successivamente alla suddetta data del 2 marzo 2006 (e sottopostai, per questo, alla nuova disciplina del processo di cassazione, ai sensi del citato D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 27), deve essere considerata soggetta alle norme dell’indicato D.Lgs. n. 40 del 2006, perchè l’esercizio del diritto di impugnazione, per effetto della riserva effettuata ai sensi dell’art. 361 cod. proc. civ., poteva avvenire “unitamente” alla sentenza definitiva e, quindi, a far tempo dalla sua pubblicazione, ragion per cui la sentenza non definitiva si intende fittiziamente pronunciata nella stessa data, come parte della statuizione dell’intera controversia (Cass. ord. 6.5.2009 n. 10432).

Al ricorso per cassazione proposto – come già detto -si applica il D.Lgs. 15 febbraio 2006, n. 40, recante modifiche al codice di procedura civile in materia di ricorso per cassazione; con l’applicazione, quindi, delle disposizioni dettate nello stesso decreto al Capo 1^.

Secondo l’art. 366 bis c.p.c. – introdotto dall’art. 6 del decreto – i motivi di ricorso debbono essere formulati, a pena di inammissibilità, nel modo lì descritto ed, in particolare, nei casi previsti dall’art. 360, n. 1), 2), 3) e 4, l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall’art. 360, comma 1, n. 5), l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.

Segnatamente, nel caso previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione, la relativa censura deve contenere, un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (S.U. 1.10.2007 n. 20603; Cass. 18.7.2007 n. 16002).

Il quesito, al quale si chiede che la Corte di cassazione risponda con l’enunciazione di un corrispondente principio di diritto che risolva il caso in esame, poi, deve essere formulato, sia per il vizio di motivazione, sia per la violazione di norme di diritto, in modo tale da collegare il vizio denunciato alla fattispecie concreta (v. S.U. 11.3.2008 n. 6420 che ha statuito l’inammissibilità – a norma dell’art. 366 bis cod. proc. civ. – del motivo di ricorso per cassazione il cui quesito di diritto si risolva in un’enunciazione di carattere generale e astratto, priva di qualunque indicazione sul tipo della controversia e sulla sua riconducibilità alla fattispecie in esame, tale da non consentire alcuna risposta utile a definire la causa nel senso voluto dal ricorrente, non potendosi desumere il quesito dal contenuto del motivo o integrare il primo con il secondo, pena la sostanziale abrogazione del suddetto articolo).

Nella specie, i ricorrenti propongono tre motivi di ricorso: il primo e secondo di vizi di motivazione; il terzo di violazione di norma di diritto (art. 91 c.p.c.).

In ordine alle censure di vizi motivazionali, deve rilevarsi che entrambi i motivi – con i quali, peraltro, sono denunciate valutazioni delle risultanze probatorie che appartengono al giudice di merito e che, correttamente motivate, non sono censurabili in questa sede – non contengono una specifica parte destinata alla chiara indicazione del fatto controverso (momento di sintesi) ed all’illustrazione delle ragioni che rendono inidonea la motivazione (perchè insufficiente, contraddittoria od omessa) a giustificare la decisione (S.U. 16.11.2007 n. 23730).

I quesiti riferiti al terzo motivo sono generici, non contengono alcun riferimento al caso concreto (S.U. 11.3.2008 n. 6420; cass. ord. 24.7.2008 n. 20409), non consentendo in tal modo, pur volendo dare risposta (v. Cass. 15.2.2006 n. 3282; cass. 17.7.2009 n. 16713), di enunciare un principio di diritto che risolva il caso concreto.

Conclusivamente, il ricorso per cassazione è inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e liquidate come in dispositivo in favore del resistente, vanno poste a carico solidale dei ricorrenti.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese, in favore del resistente, che liquida in complessivi Euro 4.200,00, di cui Euro 4.000,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 14 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2011

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