Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4468 del 23/02/2018


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Civile Ord. Sez. 1 Num. 4468 Anno 2018
Presidente: GIANCOLA MARIA CRISTINA
Relatore: FRAULINI PAOLO

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 8209/2014 R.G. proposto da
DONDERI MAURIZIO rappresentato e difeso dagli avv. ti Franco

Mastromarino e Giovanni lana, con domicilio eletto presso lo studio
di quest’ultimo in Roma, via A. Malladra n. 31, giusta procura in
calce al ricorso;

– ricorrente contro
VENETO BANCA S.C.P.A.

rappresentata e difesa dagli avv. ti

Sergio Napoletano e Claudio Mauriello, con domicilio eletto presso
lo studio di quest’ultimo in Roma, via del Tempio n. 1, giusta
procura in calce al controricorso;
– controricorrente –

Data pubblicazione: 23/02/2018

avverso la sentenza della Corte di appello di Torino n. 1895/13,
depositata il 24 settembre 2013.
Udita la relazione svolta nella Camera di Consiglio del 8 novembre
2017 dal Consigliere Paolo Fraulini.
Letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore generale Lucio Capasso che ha concluso chiedendo il
rigetto del ricorso.

1. La Corte di appello di Torino ha respinto l’appello proposto da
MAURIZIO DONDERI avverso la sentenza con cui il Tribunale di
Verbania aveva condannato la Banca Popolare di Intra, ora Veneto
Banca s.c.p.a., a pagare in suo favore la somma di euro
136.204,42 oltre interessi legali, a titolo di ricalcolo degli interessi
dovuti in relazione a due conti correnti di corrispondenza
intrattenuti tra le parti e a una commissione di massimo scoperto
ad essi applicata, stante la ritenuta natura anatocistica degli
interessi passivi conteggiati dalla banca.
2. La Corte di appello ha ritenuto che, sulla scorta degli
accertamenti peritali acquisiti in atti, vi fosse la prova della natura
solutoria delle rimesse sul conto effettuate dal Donderi ed
evidenziate dal ctu, con la conseguente corretta decorrenza dalle
singole annotazioni del termine di prescrizione decennale; ha poi
ritenuta corretta la parziale compensazione delle spese di lite
effettuata dal Tribunale, stante la parziale soccombenza reciproca.
3. Per la cassazione della citata sentenza Maurirzio Donderi
ricorre con quattro motivi, resistiti da Veneto Banca s.c.p.a. con
controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso lamenta:
1.1. Primo

motivo:

«Omessa,

insufficiente

o

contraddittoria motivazione su un punto decisivo del giudizio,
art, 3fi0, comma i, n, 5 cod, proc, cív anche in relazione

ai violati articoli 115 e 116 cod. proc. civ. per avere la Corte
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FATTI DI CAUSA

di appello di Torino omesso del tutto la indicazione del
ragionamento logico che ha indotto la medesima Corte a
dichiarare la inesistenza di affidamenti sui conti correnti
impugnati e per aver omesso di indicare gli elementi sui quali
ha fondato il proprio convincimento in ordine alla valutazione
delle prove con riferimento alla circostanza relativa alla
esistenza del fido»;

ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ (e/o ai
sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ.), in
relazione all’art. 2697 cod. civ. ed in relazione agli articoli
115 e 116 cod. proc. civ. per avere la Corte di appello di
Torino disatteso il principio generale di disponibilità delle
prove, errato nel valutarne la rilevanza e omesso di
considerare l’esistenza dei fidi sui due conti correnti
impugnati come fatto non contestato, da ritenersi quindi
pacifico.
1.3. Terzo motivo: «Violazione o falsa applicazione ai
sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ, dell’art.
2697 cod. civ. per avere la Corte di appello disatteso il
principio generale dell’onere della prova» deducendo che era
la banca a essere gravata dell’onere della prova della
esistenza dei fidi e della natura solutoria delle rimesse, nella
specie non assolto.
1.4. Quarto motivo: «Violazione o falsa applicazione ai
sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ, in relazione
agli artt. 1283, 1842, 2033 e 2935 cod. civ. ed all’art. 117
D.Igs. n. 385 del 1993 per avere la Corte di appello
illegittimamente identificato il dies a quo di decorrenza della
prescrizione nel giorno corrispondente ad ogni singola
annotazione».
2. Il ricorso va respinto.

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1.2. Secondo motivo: «Violazione o falsa applicazione

2.1. Il primo motivo, per la parte in cui lamenta un
vizio di motivazione, è inammissibile, applicandosi alla
presente controversia il novellato testo dell’articolo 360 n. 5
cod. proc. civ. (la sentenza impugnata è stata pubblicata
dopo 1’11 settembre 2012). Ne deriva che è denunciabile in
cassazione ai sensi del citato articolo solo l’anomalia
motivazionale che si tramuta in violazione di legge

della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della
sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le
risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella
“mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e
grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto
irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione
perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa
qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della
motivazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del
07/04/2014). Elementi del tutto estranei al caso di specie,
ove la motivazione esiste ed è perfettamente intellegibile. La
censura è poi infondata laddove lamenta la violazione degli
articoli 115 e 116 cod. proc. civ., atteso che la motivazione
della sentenza impugnata fa espresso rinvio all’accertamento
peritale che ha evidenziato la passività dei conti correnti sui
quali sono state effettuate le rimesse, dichiarando di evincere
da tale circostanza la loro natura solutoria e la decorrenza

costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza

immediata della prescrizione da ogni relativa data indicata
nell’elaborato tecnico. Tale procedimento logico appare del
tutto legittimo, ben potendo il giudice dichiarare
espressamente di concordare con le risultanze di fatto
accertate dal perito (id est: la sussistenza di passività sui
conti oggetto di rimessa) e – come gli compete in via
esclusiva, inferendo da tale fatto la conseguenza giuridica (id
est:

la natura solutoria delle rimesse e la conseguente
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decorrenza

immediata

della

prescrizione);

ciò

che

corrisponde al costante insegnamento di questa Corte dopo
S.U. n. 24418 del 2010 (cfr. Cass. n. 6857 del 2014; id n.
10713 del 2016).
2.2. Il secondo motivo è infondato per la parte
inerente la pretesa violazione delle norme in tema di
interpretazione delle prove, per gli stessi argomenti già

lamenta che l’esistenza degli affidamenti sul conto fosse
incontestata, giacché omette, in spregio al dettato degli artt.
366, primo comma, n. 6 e 369, secondo comma, n. 4 cod.
proc. civ., di trascrivere o almeno di indicare in quale fase
processuale si sarebbe verificata da parte del ricorrente
l’allegazione delle circostanze oggetto di contestazione
(esistenza degli affidamenti) e la non contestazione ad opera
della controparte con conseguente formazione della
ammissione processuale. Tale omissione impedisce alla Corte
di apprezzare il fondamento della censura, ancor prima della
rilevanza dell’argomento, e ne determina reiezione.
2.3. Il terzo motivo è infondato. È certamente vero
che l’eccezione di prescrizione, in quanto eccezione in senso
stretto, deve fondarsi su fatti allegati dalla parte, ma è
altrettanto vero che – dedotto il fatto – essa sia suscettibile
di qualificazione da parte del giudice. Nella specie anche il
ricorrente ammette nel motivo in esame che l’eccezione di
prescrizione del diritto a contestare le annotazioni sia stata
sollevata dalla banca; in tale contesto, introdotta
correttamente l’eccezione, ben poteva il giudice di appello,
come ha fatto, indicarne la decorrenza sulla base della
tipologia delle rimesse sul conto, deducendone la natura
dall’elaborato peritale che, ricostruendo l’andamento dei conti
correnti, non ha affatto obliterato l’onere della prova, ma ha
semplicemente posto a disposizione del giudice un
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esplicitati sub 2.1. È poi inammissibile nella parte in cui

accertamento tecnico legittimamente disposto nell’ambito del
potere del giudice di istruire il giudizio (tanto che il ricorrente
non impugna espressamente la ctu).
2.4. Il quarto motivo è inammissibile giacché non
coglie la più volte richiamata ratio decidendi della sentenza
impugnata che non ha affatto obliterato i principi di legge
della cui violazione il mezzo si lamenta; al contrario, la Corte

rimesse ed ha motivato sulla ragione della ritenuta natura
solutoria di quelle dichiarate prescritte, con argomentazione
logica che si sottrae alle astratte censure del motivo in
esame.
3. La soccombenza regola le spese.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore
della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che
liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie
nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00
ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002,
inserito dall’art. 1, comma 17 della I. n. 228 del 2012, dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del
ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari
a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello
stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 8 novembre
2017.
o
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Dott.ssa

1’a/21i:1a

Il Presidente
Cristina Giancola

distrettuale ha espressamente citato la diversa natura delle

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