Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4468 del 11/02/2022

Cassazione civile sez. II, 11/02/2022, (ud. 17/11/2021, dep. 11/02/2022), n.4468

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. GORJAN Sergio – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. CAVALLARI Dario – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21210-2017 proposto da:

B.S., elettivamente domiciliato in ROMA, presso la

Cancelleria della Corte di cassazione, rappresentato e difeso

dall’Avv. Francesco Maria Formica;

– ricorrente –

contro

G.G., e M.R., elettivamente domiciliati in ROMA, via

Trionfale 129, rappresentati e difesi dall’Avv. Corrado Correnti;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 653/2017 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 13/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/11/2021 dal relatore Dott. DARIO CAVALLARI;

Letti gli atti del procedimento di cui in epigrafe.

 

Fatto

MOTIVI IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE

Con ricorso possessorio depositato l’8 marzo 2000 presso il Tribunale di Barcellona P.G., G.G. e M.R. hanno chiesto la reintegrazione nel possesso della servitù di accesso, anche carrabile, esistente in favore di un fabbricato di loro proprietà ed a carico del fondo confinante di proprietà di B.S..

Il Tribunale di Barcellona P.G., nel contraddittorio delle parti, con ordinanza del 14 novembre 2000 ha ordinato la reintegrazione dei ricorrenti nel possesso e fissato udienza per la trattazione nel merito della controversia.

Con sentenza n. 100/2015, il Tribunale di Barcellona P.G. ha confermato la menzionata ordinanza.

B.S. ha proposto, con citazione del 5 maggio 2015, appello contro la citata sentenza che la Corte di Appello di Messina, nel contraddittorio delle parti, ha respinto con sentenza n. 653/2017.

B.S. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un motivo.

G.G. e M.R. hanno resistito con controricorso.

Sia il ricorrente che i controricorrenti hanno depositato memorie.

1. Con un unico motivo il ricorrente lamenta la violazione e fala applicazione dell’art. 2909 c.c., art. 1067 c.c., comma 2, e art. 324 c.p.c. e art. 669 novies c.p.c., comma 2, e art. 132 c.p.c. in quanto la sentenza di appello avrebbe errato nel ritenere che la decisione della Corte d’Appello di Messina n. 170/2014, ormai passata in giudicato, avesse di fatto respinto l’appello da lui proposto e tendente a negare e limitare la servitù di passaggio dei controricorrenti. In particolare, deduce B.S. che la pronuncia n. 170/2014 aveva riconosciuto il suo diritto a realizzare “una parte di banchina in corrispondenza del di lui fabbricato” e che la sentenza impugnata nella presente sede si sarebbe dovuta limitare a valutare questa circostanza e non la presenza sul luogo anche di tre pilastri che “ostacolavano la manovra di ingresso”.

In definitiva, la decisione n. 170/2014 doveva essere interpretata nel senso che era stato accertato il diritto di B.S. di restringere la larghezza della via di accesso sino a mt. 5,10 nella parte in corrispondenza del fabbricato di sua proprietà.

La doglianza merita accoglimento nei limiti che seguono.

In tema di azioni a difesa del possesso, tra causa possessoria e causa petitoria sussiste una forma di connessione impropria, non essendo ravvisabile un vincolo di subordinazione o di garanzia o di pregiudizialità. Ne consegue che non va disposta la sospensione del giudizio possessorio in attesa dell’esito definitivo del giudizio petitorio, posto, altresì, che la sentenza definitiva che decide la controversia petitoria, escludendo definitivamente la sussistenza del diritto, impone di negare al possesso la protezione giuridica (Cass., Sez. 2, 19384 dell’8 settembre 2009).

Infatti, la riconosciuta titolarità in capo al soggetto convenuto (lo spoliator) di un diritto reale incompatibile con il comportamento che il ricorrente ha inteso tutelare con il ricorso possessorio, è idonea a paralizzare la tutela della situazione di fatto inconciliabile con detta statuizione (Cass., Sez. 2, n. 10588 del 25 giugno 2012).

Nella specie, la decisione n. 170/2014 della Corte d’Appello di Messina, ormai passata in giudicato (circostanza che rende irrilevante la questione della proponibilità della domanda petitoria pendente il giudizio possessorio), ha inequivocabilmente accertato, in sede petitoria, che l’estensione del diritto di passaggio vantato dai resistenti coincide, alla luce del chiaro dettato del titolo costitutivo della servitù, con quello dagli stessi vantato ed a tutela del quale essi hanno azionato il presente giudizio possessorio.

Peraltro, la stessa sentenza n. 170/2014 ha affermato, ponendosi nell’ottica dell’art. 1067 c.c., comma 2, secondo il quale “Il proprietario del fondo servente non può compiere alcuna cosa che tenda a diminuire l’esercizio della servitù o a renderlo più incomodo”, che la banchina posta, sul fondo servente”-in corrispondenza del fabbricato dell’attuale ricorrente, “in entrata – in un tratto successivo e che ha inizio proprio dalla linea che in piantina segna la larghezza di mt. 7.50” non comporta alcun aggravio o scomodità ai proprietari del fondo dominante.

La pronuncia n. 170/2014 ha, nella sostanza, applicato il principio per cui “Le opere vietate dal proprietario del fondo servente dall’art. 1067 c.c., comma 2 sono soltanto quelle che si riflettono alterandole, sul contenuto essenziale dell’altrui diritto di servitù quale è determinato dal titolo, sì da incidere sull’andatura e sull’estensione dell’utilitas” oggetto di quello stesso diritto. La norma non tutela quindi l'”utilitas” che di fatto il proprietario del fondo dominante ritenga di trarre dalla servitù, ma quella assicurata nel suo contenuto essenziale dal titolo. Conseguentemente, in tema di servitù di passaggio, non comporta diminuzione dell’esercizio della servitù l’esecuzione di opere che pur riducendo la larghezza dello spazio di fatto disponibile a tal fine, la conservino tuttavia in quelle dimensioni che non comportino una riduzione o una maggiore scomodità dell’esercizio delle servitù” (Cass., Sez. 2, n. 10990 del 3 novembre 1998).

Ciò posto, deve ritenersi che la regola espressa dalla giurisprudenza per la quale la sentenza definitiva che decide la controversia petitoria, escludendo definitivamente la sussistenza del diritto, impone di negare al possesso la protezione giuridica (Cass., Sez. 2, n. 10588 del 25 giugno 2012; Cass., Sez. 2, 19384 dell’8 settembre 2009) si applichi, in tema di servitù, non solo ove ne siano in discussione la stessa esistenza ed estensione, ma pure quando la decisione sul petitorio avvenga ai sensi dell’art. 1067 c.c., comma 2, e, quindi, accerti od escluda se ed in che termini il proprietario del fondo servente abbia compiuto “alcuna cosa che tenda a diminuire l’esercizio della servitù o a renderlo più incomodo”.

2. Ne consegue che il motivo va accolto e che la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte di Appello di Messina, altra sezione, affinché la causa sia decisa nel merito, individuando l’esatta estensione della banchina individuata dalla sentenza n. 170/2014 e la cui realizzazione è stata ritenuta ammissibile ex art. 1067 c.c., comma 2; allo stesso tempo, deve rilevarsi che, con riferimento alle ulteriori opere non autorizzate dalla sentenza da ultimo menzionata, la domanda di tutela possessoria degli attuali resistenti dovrà trovare accoglimento.

PQM

La Corte,

accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione;

cassa con rinvio alla Corte di Appello di Messina, diversa sezione, la quale deciderà la causa nel merito, anche in ordine alle spese di lite.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 17 novembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2022

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