Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4467 del 24/02/2011

Cassazione civile sez. III, 24/02/2011, (ud. 14/12/2010, dep. 24/02/2011), n.4467

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. URBAN Giancarlo – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

BANCA SICILIA S.P.A. (OMISSIS), in persona del Responsabile

Affari Legali, Avv. G.M., elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA RUBICONE 42, presso lo studio dell’avvocato ROTILI CARLO

ALFREDO, rappresentato e difeso dall’avvocato PIAZZA NICOLA giusta

procura speciale del Dott. Notaio MARIA ANGELA MESSANA, in PALERMO,

del 28/12/2009, REP. N. 9879;

– ricorrenti –

contro

M.C. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA ZANARDELLI 36, presso lo studio dell’avvocato BLASI

GIOVANNI, rappresentata e difesa dall’avvocato TORTORICI FILIPPO

giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrenti –

e contro

M.M., CAPITALIA SPA, M.G., M.

P., M.R., M.A., FONDAZIONE BANCO

SICILIA IST DIRITTO PUBBLICO, M.P.P., L.A.,

INTESA GESTIONI CRED SPA, L.R.;

– intimati –

sul ricorso 34797-2006 proposto da:

M.P.P., L.R., M.A., M.

P., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GALLIA 2, presso lo

studio dell’avvocato BERTI LAURA & MICCICHE’ GAETANO,

rappresentati e

difesi dall’avvocato CALANDRINO GERLANDO giusta delega a margine del

controricorso e ricorso incidentale;

– ricorrenti –

contro

BANCO SICILIA S.P.A., M.R., CAPITALIA S.P.A.,

M.M., INTESA GESTIONE CREDITI S.P.A., B.L.,

FONDAZIONE BANCO SICILIA, M.C., M.G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 832/2006 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

SEZIONE SECONDA CIVILE, emessa il 19/05/2006, depositata il

11/07/2006 R.G.N. 76/04 e 132/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/12/2010 dal Consigliere Dott. RAFFAELLA LANZILLO;

udito l’Avvocato ROTILI CARLO ALFREDO (per delega dell’Avv. NICOLA

PIAZZA);

udito l’Avvocato TORTORICI FILIPPO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SCARDACCIONE Eduardo Vittorio che ha concluso con l’accoglimento del

ricorso principale e l’assorbimento del ricorso incidentale.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Banco di Sicilia ha proposto al Tribunale di Palermo domanda di accertamento della simulazione, od in subordine domanda di revoca ai sensi dell’art. 2901 cod. civ., di un atto di vendita e sei atti di donazione di beni immobili, compiuti nell’ottobre 1985 da L.A. in favore della sorella L.R., della figlia M. C. e dei figli di questa.

Ha premesso che i coniugi M.P. ed L.A., i figli M.G. e P.P., nonchè la moglie di questo, B.L., avevano prestato fideiussione per la s.r.l. Aedilia Costruzioni, debitrice di ingenti somme nei confronti del Banco e successivamente fallita.

Nell’ottobre 1985 – poco prima della lettera 21.1.1986, che revocava gli affidamenti alla società – la L. aveva donato o venduto a prezzo irrisorio il suo intero patrimonio immobiliare alla figlia M.C., ai figli di lei, nonchè alla sorella R., in pregiudizio dei creditori.

Nel corso del giudizio – che è stato riunito ad altro, proposto contro gli stessi soggetti per crediti diversi – l’attore ha proposto anche domanda di accertamento dei debiti di L.A., in relazione alle fideiussioni prestate in favore della Aedilia e di M. P.P. Con sentenza N 30507, depositata in data 11 luglio 2006, la Corte di appello di Palermo – confermando la sentenza emessa in primo grado dal Tribunale – ha respinto tutte le domande attrici.

Ha dichiarato inammissibile perchè tardiva, la domanda di accertamento del debito ed ha ritenuto insussistenti i presupposti della simulazione e della revocabilità degli atti di trasferimento, sul rilievo che essi risultano effettivamente voluti dalle parti;

che, alla data dei trasferimenti, la soc Aedilia Costruzioni non era in stato di decozione, essendo stata ammessa all’amministrazione controllata solo nel gennaio 1986, sicchè non vi era prova della conoscenza del pregiudizio per i creditori; che L.A. aveva dimostrato di essersi trovata in pericolo di vita e di avere ragioni di gratitudine verso la sorella R., sicchè non vi era prova della dolosa preordinazione degli atti a pregiudicare i creditori; e che l’attrice non aveva provato l’eventus damni, cioè il fatto che i fideiussori non disponessero di altri beni, sufficienti a soddisfare i creditori.

Il Banco di Sicilia propone tre motivi di ricorso per cassazione.

Resistono con controricorso M.P., P.P. e A. in proprio e quali eredi di M.P. ed L.A. – e L.R., proponendo un motivo di ricorso incidentale.

Resiste con separato controricorso M.C..

Gli altri intimati non hanno depositato difese.

Con comparsa 28 dicembre 2009 la s.p.a. Unicredit Credit Management Bank ha dichiarato di costituirsi in giudizio, quale mandataria della s.p.a. Aspra Finance, cessionaria dei crediti del Banco di Sicilia.

La ricorrente ha depositato memoria.

Nel corso della discussione orale il difensore del ricorrente, avv. Luciano Piazza, ha dichiarato che Unicredit Credit Management Bank è subentrata solo in una parte dei crediti fatti valere dal Banco di Napoli.

Il difensore di M.C. ha proposto opposizione all’intervento, eccependone l’inammissibilità.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Deve essere preliminarmente disposta la riunione dei due ricorsi (art. 335 cod. proc. civ.).

2.- L’intervento in causa della s.p.a. Unicredit Credit Management Bank, quale cessionaria in tutto o in parte dei crediti del Banco di Sicilia a cautela dei quali è stata proposta l’azione revocatoria, è inammissibile.

Va premesso che questa Corte ha più volte deciso che il successore a titolo particolare nel diritto controverso – pur potendo impugnare per cassazione la sentenza di merito, poichè non può essere considerato terzo, ma condivide l’interesse di una delle parti nel processo (cfr. Cass. Civ. Sez. 1^, 19 maggio 2005 n. n. 10598; 11 maggio 2007 n. 10876 e 17 marzo 2009 n. 6444) – non può intervenire nel giudizio di legittimità, mancando una espressa previsione normativa riguardante la disciplina di questa particolare fase processuale, che consenta al terzo di partecipare al giudizio e di svolgervi le sue difese, assumendo una veste atipica rispetto alle parti necessarie, che hanno partecipato al giudizio di merito (Cass. Civ. Sez. 1^, 27 maggio 2005 n. 11322; Cass. Civ. Sez. Lav. 4 maggio 2007 n. 10215; Cass. Civ. Sez. 3, 11 maggio 2010 n. 11375).

Anche a volersi discostare da questo principio, in considerazione della qualità di parte e non di terzo del successore a titolo particolare (così per esempio Cass. Civ. Sez. I, 19 maggio 2005 n. 10598), va rilevato che l’intervento non potrebbe comunque essere legittimamente proposto tramite il mero deposito in Cancelleria di una comparsa di costituzione, come è avvenuto nel caso di specie, ma richiederebbe la notificazione alle altre parti sia dell’atto di intervento, sia dei documenti ad esso allegati allo scopo di giustificare la legittimazione e i diritti dell’interveniente (analogamente a quanto dispone l’art. 372 cod. proc. civ. per la produzione di nuovi documenti davanti alla Corte di cassazione).

Solo in tal modo sarebbe garantito alle parti già costituite il pieno esercizio del diritto di difesa, nel rispetto del principio del contraddittorio.

Tali adempimenti non sono stati rispettati nel caso in esame, sicchè l’intervento è da ritenere sotto ogni profilo inammissibile.

3.- Deve essere disattesa l’istanza dei ricorrenti incidentali di integrazione del contraddittorio nei confronti di B.L..

I deducenti non precisano in quale veste e sotto quale profilo la B. sarebbe litisconsorte necessaria del presente giudizio, considerato che essa non figura quale parte di alcuno degli atti che costituiscono oggetto delle domande di accertamento della simulazione o delle azioni revocatorie, ma solo risulta avere prestato fideiussione per i debiti della Aedilia Costruzioni, unitamente alla L. e ad altri.

La sua posizione processuale e sostanziale risulta quindi distinta e scindibile da quella di coloro nei cui confronti la ricorrente ha proposto le sue domande.

4.- Con il primo motivo, deducendo violazione dell’art. 183 cod. proc. civ., nel testo in vigore prima della L. n. 353 del 1990, il Banco di Sicilia lamenta che la Corte di appello abbia ritenuto tardiva la domanda di accertamento dei crediti nei confronti di L. A.. Assume che nel regime anteriore alla riforma del 1990 la domanda nuova poteva essere esaminata, nel caso di accettazione del contraddittorio; che una tale accettazione vi è stata, in quanto i convenuti hanno chiesto il rigetto di tutte le domande attrici, senza formulare eccezioni e che comunque la domanda era da ritenere compresa in quella iniziale di revoca degli atti di disposizione, della quale costituisce un presupposto.

5.- Il motivo non è fondato.

5.1.- Anche in base al regime in vigore prima della L. n. 353 del 1990 – allorchè il divieto di proporre domande nuove nel corso del giudizio era posto esclusivamente nell’interesse della controparte – l’accettazione del contraddittorio doveva essere esplicita o comunque inequivoca, perchè risultante da un comportamento concludente, da accertarsi tramite una seria indagine, senza che assumesse rilievo decisivo il mero difetto di reazione alla domanda nuova (Cass. civ. S.U. 22 maggio 1996 n. 4712; Cass. civ. Sez. 2, 17 giugno 2010 n. 14625).

Nella specie la ricorrente ha dedotto a dimostrazione della pretesa accettazione del contraddittorio il solo fatto che le controparti ebbero a chiedere il rigetto di tutte le domande attrici.

I resistenti per contro hanno espressamente richiamato nel controricorso la dichiarazione resa da loro difensore nel verbale dell’udienza 22.11.1995 – nel quale la domanda è stata per la prima volta formulata – di non accettare il contraddittorio sul punto.

5.2.- Nè può essere seguita la tesi del ricorrente, secondo cui la domanda non sarebbe nuova, perchè di mero accertamento del debito della L., quindi attinente a questione che – costituendo il presupposto dell’azione revocatoria – avrebbe dovuto essere comunque accertata in via incidentale.

Presupposto dell’azione revocatoria è la qualità di creditore dell’attore e l’esistenza del credito, restando normalmente irrilevante l’esatta determinazione dell’importo dovuto.

Ove sia formulata una domanda – ancorchè di mero accertamento – diretta a stabilire quale sia la precisa entità del credito dell’attore, il convenuto si viene a trovare nella necessità di svolgere peculiari ed ulteriori difese in ordine al quantum, difese che potrebbe trovarsi a non poter compiutamente esplicare, a fronte di una domanda tardivamente formulata.

Ricorrono pertanto le ragioni che, anche in base al sistema anteriore all’entrata in vigore della L. n. 353 del 1990, giustificavano l’inammissibilità delle domande tardivamente proposte, sulle quali non fosse stato espressamente accettato il contraddittorio.

6.- Con il secondo motivo, deducendo violazione degli artt. 1414, 1417, 2727 e 2729 cod. civ.; artt. 115 e 116 cod. proc. civ., nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della controversia, il ricorrente lamenta che la Corte di appello abbia respinto la sua domanda di accertamento della simulazione degli atti di disposizione impugnati, omettendo di tenere conto di una serie di indici presuntivi che ne dimostrano la fondatezza: quali il fatto che la debitrice si è spogliata dei suoi beni in un breve arco di tempo, contestualmente all’aggravarsi della posizione debitoria della società garantita ed in favore di parenti stretti, quali la sorella, i figli e i nipoti; per di più discriminando fra i figli stessi, sì da evitare ogni attribuzione in favore di quelli indebitati verso il Banco, anche in violazione della loro quota di legittima; che gli asseriti debiti di riconoscenza verso la sorella risalivano ad oltre quindici anni prima; ecc. 1. Con il terzo motivo lamenta il rigetto dell’azione revocatoria, in violazione degli artt. 2901, 2697, comma 2, artt. 2727 e 2729 cod. civ., artt. 115 e 116 cod. proc. civ. nonchè vizi di motivazione, sul rilievo che – in base alla giurisprudenza di questa Corte – la sussistenza del pregiudizio per i creditori è da ritenere in re ipsa, a fronte dell’alienazione contestuale di una pluralità di beni, per di più tramite donazioni in favore di parenti stretti, e delle altre circostanze sopra indicate; che non occorreva la prova che la L. fosse a conoscenza dello stato di decozione in cui versava la società garantita, essendo sufficiente la mera consapevolezza di dover rispondere dei debiti della società in forza del vincolo fideiussorio; che erroneamente la Corte di appello ha escluso lo stato di insolvenza della società garantita per essere questa stata ammessa alla procedura di amministrazione controllata.

Soggiungono che ancora erroneamente la Corte di appello ha posto a carico della creditrice, anzichè dei debitori, l’onere di dimostrare l’insufficienza dei rimanenti beni a soddisfare i creditori.

8.- I due motivi – che possono essere congiuntamente esaminati perchè connessi – sono fondati.

8.1.- La motivazione della Corte di appello è del tutto insufficiente ed incongrua al fine di escludere il carattere fittizio e comunque pregiudizievole per i creditori degli atti di disposizione compiuti da L.A., quasi tutti a titolo gratuito ed in favore di parenti stretti (figli, nipoti e sorella, ma con esclusione del figlio P.P., anch’egli indebitato con la banca): atti stipulati quasi contemporaneamente e poco tempo prima che la società garantita venisse dichiarata fallita, dopo un breve periodo di amministrazione controllata. Per giurisprudenza costante di questa Corte la consapevolezza dell’idoneità dell’atto ad arrecare pregiudizio ai creditori può essere desunta da presunzioni semplici, e circostanze significative in tal senso sono considerate la contestualità degli atti di disposizione; il loro carattere gratuito; il fatto che le parti beneficiarle siano legate al disponente da stretti vincoli di parentela; l’esiguità del prezzo nel caso di compravendita (Cass. civ. Sez. 3, 22 agosto 2007 n. 17867, con riferimento ad un caso di donazione al figlio; Cass. civ. 23 maggio 2008 n, 13404, nel caso di vendita contestuale di una pluralità di beni e di esiguità del prezzo; Cass. civ. Sez. 3, 5 marzo 2009 n. 5359, con riferimento al vincolo parentale, fra le tante).

La Corte di appello non ha dato alcun conto, nella motivazione, della ritenuta irrilevanza delle suddette circostanze.

Parimenti errata è l’affermazione della sentenza impugnata secondo cui era onere del creditore Banco di Sicilia dimostrare che il residuo patrimonio della L. non è sufficiente a far fronte ai suoi debiti.

Ai fini della proponibilità dell’azione revocatoria ordinaria non è richiesta la totale compromissione della consistenza patrimoniale del debitore, essendo sufficiente il compimento di un atto che renda più incerto e difficile il soddisfacimento del credito (Cass. civ. Sez. 3, 15 febbraio 2007 n. 3470).

Quando poi si tratti del contemporaneo trasferimento di una pluralità di beni (per di più a titolo gratuito), il pregiudizio per i creditori è da ritenere in re ipsa (Cass. civ., 18 maggio 2005 n. 10430, fra le tante), e viene a gravare sul debitore l’onere di dimostrare che il patrimonio residuo è sufficiente a soddisfare il credito (Cass. civ. 27 marzo 2007 n. 7507).

Quanto alla conoscenza della situazione di indebitamento della società alla data della stipulazione degli atti, la Corte di appello ha omesso di considerare che soci della società garantita dalla disponente erano il marito, il figlio e la nuora della stessa, sicchè è difficilmente credibile che essa – essendosi obbligata come fideiussore ed essendo titolare di un cospicuo patrimonio – non fosse stata informata dell’esistenza della situazione debitoria, nè si fosse curata di assumere informazioni in proposito.

Erronea ed incongruente appare altresì l’affermazione secondo cui la società debitrice non era oggettivamente in situazione di difficoltà, perchè ammessa all’amministrazione controllata.

E’ noto infatti che, pur se la suddetta procedura non presuppone lo stato di insolvenza, la domanda di ammissione manifesta pur sempre una situazione di difficoltà economica, ed in gran parte dei casi costituisce l’anticamera del fallimento.

Nè la sentenza impugnata ha dato conto del fatto che nella specie il fallimento è per l’appunto sopraggiunto a breve distanza di tempo dall’ammissione della società all’amministrazione controllata.

La sentenza impugnata rileva ancora che la L. aveva subito gravi operazioni chirurgiche e soffriva di insufficienza cardiaca; il che spiegherebbe le ragioni per cui ha disposto del suo patrimonio, sdebitandosi anche nei confronti della sorella, che l’aveva sempre materialmente e moralmente assistita.

Trattasi di motivazione incongrua ed irrilevante allo scopo di escludere la conoscenza del pregiudizio per i creditori. Essa vale solo a dimostrare che la disponente ha anteposto gli interessi successori di figli e nipoti (ad eccezione di quello indebitato) all’obbligo di fare fronte alle sue obbligazioni.

9.- In accoglimento del secondo e del terzo motivo di ricorso la sentenza impugnata deve essere annullata, con rinvio della causa alla Corte di appello di Palermo, in diversa composizione, affinchè decida la controversia uniformandosi ai principi sopra indicati e con congrua e logica motivazione.

10.- L’unico motivo del ricorso incidentale, che censura il capo della sentenza di appello relativo alla liquidazione delle spese, risulta assorbito.

11.- Il giudice di rinvio deciderà anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte di cassazione riunisce i ricorsi. Dichiara inammissibile la comparsa di costituzione della s.p.a. Unicredit Credit Management Bank.

Accoglie il secondo ed il terzo motivo del ricorso principale e rigetta il primo motivo. Dichiara assorbito il ricorso incidentale.

Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte di appello di Palermo, in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2011

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