Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4466 del 24/02/2011

Cassazione civile sez. III, 24/02/2011, (ud. 14/12/2010, dep. 24/02/2011), n.4466

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. URBAN Giancarlo – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

S.L. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato

e difeso dagli avvocati D’AMATO GIOVANNI, BATTAGLIESE BRUNO, D’AMATO

ANTONIO, TORTORANO FRANCO, giusta delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

BANCO DI NAPOLI S.P.A. – GRUPPO BANCARIO S. PAOLO IMI S.P.A.

(OMISSIS), in persona del suo legale rappresentante Dott. I.

A., elettivamente domiciliata in ROMA, L.GO DI TORRE ARGENTINA

11 PALAZZO BESSO, presso lo studio dell’avvocato MARTELLA DARIO,

rappresentata e difesa dall’avvocato MARSEGLIA SALVATORE, giusta

procura speciale del Dott. Notaio DANIELE BAZZONI, in TORINO, del

1/03/2004, rep. n. 91958;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2390/2005 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

Sezione IV Civile, emessa il 28/12/2004, depositata il 21/07/2005,

r.g.n. 3268/2002;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/12/2010 dal Consigliere Dott. ROBERTA VIVALDI;

udito l’Avvocato BRUNO BATTAGLIESE;

udito l’Avvocato SALVATORE MARSEGLIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SCARDACCIONE Eduardo Vittorio che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Fallimento di S.G., in persona del curatore, conveniva, davanti al tribunale di Napoli, l’avv. S.L., quale curatore surrogato della stessa procedura, ed il Banco di Napoli, al fine di sentirli dichiarare responsabili degli illeciti relativi all’attività di deposito di fondi del Fallimento e di piani di riparto, in alcuni conti di deposito ed in libretti intestati al fallimento, ed aperti presso filiale del Banco convenuto; con l’ulteriore addebito di un mancato pagamento di parte di somme (L. 32.463.778) relative a piano di riparto parziale, che erano state accreditate dal Banco di Napoli su conto transitorio (n. 11/13725) presso l’Agenzia (OMISSIS).

Di tale somma, al momento, rimaneva soltanto quella di L. 401.644.

La responsabilità dei convenuti risiedeva, per il S., nel mancato controllo e nella mancata vigilanza in ordine ai pagamenti del piano di riparto parziale, e, per il Banco di Napoli, nella condotta illecita dei propri funzionari.

Si costituivano i convenuti, che contestavano le rispettive responsabilità.

Il tribunale di Napoli, all’esito della fase istruttoria, dichiarava, a seguito di transazione, cessata la materia del contendere fra il Fallimento ed il Banco di Napoli, mentre, accertata la responsabilità, sia del curatore nella misura del 30%, sia del Banco di Napoli nella misura del 70%, per i danni subiti dalla Procedura, condannava il S. a pagare al Banco la complessiva somma di L. 11.360.000.

Proponeva appello principale il S., ed incidentale il Banco di Napoli, contestando le conclusioni cui era pervenuto il primo giudice.

Il Fallimento non si costituiva.

La Corte d’Appello, con sentenza del 21.7.2005, accoglieva parzialmente l’appello principale, mentre dichiarava inammissibile quello incidentale.

Ha proposto ricorso per cassazione affidato ad otto motivi il S..

Resiste con controricorso il San Paolo Imi spa quale incorporante il Banco di Napoli.

Le parti hanno presentato memoria, ed il ricorrente anche note di udienza.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente deve rigettarsi l’eccezione di inammissibilità del ricorso, proposta dalla resistente, per non essere, nella specie, applicabile l’art. 366 bis c.p.c..

La sentenza impugnata è stata, infatti, depositata anteriormente alla data di entrata in vigore della norma dell’art. 366 bis c.p.c., introdotta dal D.Lgs. n. 40 del 2006.

Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1113 segg.; artt. 1178 segg.; artt. 1218 segg. artt. 1292 segg.; artt. 1362 segg.; artt. 1387 segg.; artt. 1418 segg.; artt. 1427 segg.; artt. 1965 segg.; artt. 2043 segg.;

artt. 2055 segg. c.c., L. Fall., artt. 23, 24, 25, 30, 34, 35, 37, 38, 115, 117; artt. 163 e segg., artt. 166 e segg., artt. 167, 180 e segg., artt. 183, 184 e segg., artt. 191 segg., artt. 269 e segg.

c.p.c.; vizi di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5.

Il motivo non è fondato.

La questione, sollevata in sede di legittimità, secondo la quale il thema decidendum doveva essere limitato all’accertamento delle responsabilità del curatore surrogato per la sottrazione di somme confluite sul libretto della procedura – azione che il Fallimento aveva ceduto al Banco di Napoli – era estranea all’oggetto del giudizio di appello, quale individuato sulla base dei motivi di impugnazione.

Si tratta, pertanto, di questione nuova come tale inammissibile in questa sede.

I motivi del ricorso per cassazione, infatti, devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio d’appello, non essendo prospettabili, per la prima volta in sede di legittimità, questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito, tranne che non si tratti di questioni rilevabili d’ufficio.

Nè il ricorrente, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha allegato l’avvenuta deduzione della questione avanti al giudice del merito, indicando in quale atto del precedente giudizio l’avesse prospettata.

Un tale onere incombe allo stesso ricorrente; e ciò per consentire alla Corte di cassazione di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminarne il merito (Cass. 14.6.2007 n. 13958, cass. 30.3.2007 n. 7981; cass. 13.3.2007 n. 5836; cass. 25.8.2006 n. 18499; cass. 12.4.2006 n. 8624; cass. 31.1.2006 n. 2140).

In ogni caso, la Corte di merito ha accertato, in fatto, che le somme sottratte appartenevano al Fallimento e che l’ex curatore non le aveva, colposamente, fatte annotare sul libretto di deposito inestato alla Procedura. Ciò ha desunto da una valutazione singola e complessiva delle circostanze di fatto, tutte puntualmente riportate in sentenza, che aveva condotto all’affermazione della responsabilità dell’attuale ricorrente per la sottrazione (ricostruzione del conto transitorio, storni, impagati, piano di riparto ecc).

A questo proposito, le contestazioni del ricorrente, che afferma non sussistere l’addebito in conseguenza della transazione fra la Procedura ed il Banco di Napoli, non colgono nel segno.

L’adempimento, infatti, da parte di uno dei debitori solidali – come più puntualmente sarà detto con l’esame del quarto motivo – non estingue l’obbligazione degli altri condebitori, facendo soltanto sorgere il diritto di regresso di colui che ha adempiuto verso gli altri coobbligati.

Con il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione delle disposizioni indicate nel motivo recedente nonchè specificamente degli artt. 2203, 2204, 2691 sgg. 2121 e segg. c.c.;

Direttiva C.C.C. n. 780 del 12.12.1917, art. 1 e D.Lgs. n. 385 del 1993; artt. 102, 112 segg., artt. 115, 164, 166, 167, 171, 180, 182, 291, 307 c.p.c.. Vizi di motivazione di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5.

Il motivo non è fondato.

E’ principio consolidato nella giurisprudenza della Corte di cassazione (v. per tutte Cass. 22.6.2007 n. 14599) quello per cui la filiale (nella specie, di una banca) non assume mai un’autonomia tale da localizzare, a tutti gli effetti, nella sua sede i rapporti che pone in essere, con esclusione totale della sede centrale e del domicilio dell’imprenditore; nè assume, in contrario, rilievo la circostanza che lo specifico affare, dal quale è sorto il rapporto controverso, sia stato dalla stessa esclusivamente gestito.

Inoltre, l’attività posta in essere dalle filiali o succursali di una banca – le quali sono prive di personalità giuridica – va sempre imputata all’istituto di credito di cui sono emanazione, potendo soltanto riconoscersi ai loro dirigenti, se ed in quanto rivestano la qualità di institore, una legittimazione processuale attiva e passiva, concorrente con quella dell’istituto preponente, per i rapporti sorti dagli atti da essi compiuti nell’esercizio dell’impresa (Cass. 8.6.2006 n. 13350; v. anche Cass. 25.7.2008 n. 20425).

Da ultimo, va ribadito che, in tema di rappresentanza processuale, vige il principio per il quale la persona fisica che; riveste la qualità di organo non ha l’onere di dimostrare tale veste, ma spetta alla parte che ne contesta la sussistenza l’onere di proporre tempestiva eccezione, fornendone la relativa prova negativa (Cass. 13.9.2007 n. 19162).

Correttamente, nel caso in esame, pertanto, la Corte di merito ha escluso che la succursale o filiale, quale mero ufficio periferico, costituisse un altro soggetto diverso dalla banca di riferimento accertando anche che la contestazione in ordine al potere rappresentativo dei preposti alla filiale, che avevano conferito il mandato al difensore, non era stata “mai effettuata dal S., neppure nelle memorie di replica” (pag. 20 della sentenza impugnata).

A tal proposito, la Corte di merito, in applicazione dei principi esposti e, con accertamento di merito incensurabile in questa sede perchè correttamente LQ motivato, ha ritenuto che l’agenzia n. 39 ubicata presso il palazzo di Castel Capuano – nei cui locali si trovano gli uffici del tribunale – dipendesse dalla Filiale Est del Banco di Napoli. E ciò ha desunto da varie circostanze, quali la conclusione della transazione con la procedura e la denominazione stessa di tale filiale (Napoli Est – parte della città dove trovasi appunto il palazzo di Castelcapuano), spettando quindi all’attuale ricorrente – che contestava l’appartenenza e dipendenza dell’agenzia 39 alla Filiale Est del Banco di Napoli, provare il contrario; ciò che non era avvenuto.

Quanto, poi, all’ulteriore censura per la quale la Filiale Est del Banco di Napoli sarebbe soggetto distinto da quest’ultimo, ad avallare le considerazioni della Corte di merito in ordine alla sua esclusione – sulla base anche della normativa comunitaria art. 1 direttiva CEE n. 780 del 12.12.1977, ribadita dal D.Lgs n. 385 del 1993, art. 1 – stanno i principi enunciati sul punto dalla Corte di Legittimità e più sopra riportati.

Con il terzo motivo denuncia le stesse violazioni dei motivi precedenti nonchè specificamente dell’art. 1362 e segg., artt. 2697;

2699 e segg.; L. Fall., artt. 38, 115, 117, art. 112 c.p.c., artt. 115, 116 c.p.c.; vizi di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5.

Il motivo non è fondato.

E’ principio pacifico (v. per tutte Cass. 2.2.2007 n. 2272; cass. 12.7.2007 n. 15604) che, in tema di giudizio di cassazione, la deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata conferisca al giudice di legittimità, non il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale, ma la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito.

Soltanto a quest’ultimo, infatti, spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti sottoposti al suo esame, dando liberamente prevalenza all’uno od all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge.

Ne deriva che, per potersi configurare il vizio di motivazione su un asserito punto decisivo della controversia, è necessario un rapporto di causalità fra la circostanza che si assume trascurata e la soluzione giuridica data alla controversia, tale da far ritenere che quella circostanza, se fosse stata considerata, avrebbe portato ad una diversa soluzione della vertenza. v Inoltre, l’accertamento del nesso causale tra il fatto illecito e l’evento dannoso rientra tra i compiti del giudice del merito ed è sottratto al sindacato di legittimità della Corte di Cassazione, la quale, nei limiti dell’art. 360 c.p.c., n. 5 è legittimata al solo controllo sull’idoneità delle ragioni addotte dal giudice del merito a fondamento della propria decisione (Cass. 23.2.2009 n. 4369; cass. 17.5.2007 n. 11457; cass. 7.12.2005 n. 26997; cass. 10.5.2005 n. 9754; cass. 5.4.2005 n. 7086).

Ora, nella specie, la Corte di merito ha approfonditamente esaminato le circostanze di fatto sottoposte al suo esame, motivando il suo convincimento – in ordine alla imputabilità al curatore surrogato del danno subito dal Fallimento per il mancato recupero delle quote impagate successivamente all’esecuzione del piano di riparto parziale – in maniera articolata, ampia, puntuale, specifica e corretta.

Nessuna violazione o vizio di motivazione è, pertanto, ravvisabile, quanto, piuttosto, una inammissibile richiesta, in questa sede, di rivalutazione delle risultanze probatorie.

Con il quarto motivo denuncia le stesse violazioni dei motivi precedenti che abbiansi qui riprodotte nonchè artt. 1176 e segg., artt. 1218 segg., artt. 1292 segg., art. 1299 fino all’art. 1313, 1965 e 2043 sgg. c.c.; artt. 106, 112, 115, 163 bis, 295, 345 c.p.c.;

L. Fall., artt. 30, 33, 38; vizi di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5.

Il motivo non è fondato.

In tema di responsabilità solidale per fatto illecito imputabile a più persone, il vincolo di solidarietà che lega i coautori del fatto dannoso importa che il danneggiato possa pretendere la totalità della prestazione anche da uno solo dei coobbligati, mentre la diversa gravità delle rispettive colpe e la diseguale efficienza causale di esse possono avere rilevanza unicamente ai fini della ripartizione interna del peso del risarcimento fra i corresponsabili, e cioè ai fini dell’azione di regresso (Cass. 20.6.2008 n. 16810;

cass. 8.11.2005 n. 21664; cass. 5.10.2004 n. 19934; cass. 10.6.2004 n. 15428; cass. 24.6.2002 n. 9167).

Ora, nella specie, una volta affermata da parte del giudice del merito, – cui spetta il relativo accertamento di fatto, insindacabile in questa sede se – come nella specie – immune da vizi logici -, che l’evento lesivo -gli ammanchi in danno della procedura – era ascrivibile a comportamenti omissivi, sia del Banco di Napoli, sia del curatore, poi surrogato, nessun rilievo può attribuirsi alla restituzione delle somme – in virtù di transazione fra la Procedura e l’Istituto di credito – che, diversamente da quel che sembra ritenere il ricorrente, non ha per nulla escluso la solidarietà fra i condebitori (il S. ed il Banco di Napoli), nè fatto venir meno la responsabilità L. Fall., ex art. 38 dell’ex curatore.

Vale ricordare sul punto che, in tema di responsabilità del cessato curatore fallimentare, costituiscono illecito, sia la violazione dei doveri specifici di intrasmissibilità delle proprie funzioni, ai sensi della L. Fall., artt. 32 e 34, ove manchi un’apposita autorizzazione giudiziale, sia la inosservanza del dovere di diligenza, L. Fall., ex art. 38, ove il professionista si sia avvalso di collaboratori non autorizzati, nè poi dal medesimo controllati, non abbia riferito mensilmente al giudice delegato sull’amministrazione ed abbia omesso di custodire personalmente il libretto bancario del fallimento, a lui intestato. (cass. 13.7.2007 n. 15668).

Con il quinto motivo denuncia le stesse violazioni dei motivi precedenti nonchè artt. 2698 e segg. c.c.; artt. 2727 e segg. c.c.;

artt. 61 e segg.; artt. 115 e 116; art. 345 c.p.c.; vizi di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5.

Il motivo è inammissibile.

Al di là, infatti, delle denunciate violazioni, il ricorrente sollecita un inammissibile riesame di merito, in ordine a circostanze di fatto, come puntualmente accertate dalla Corte di merito, con riferimento alla somma complessiva delle quote impagate.

Anche in ordine alla mancata ammissione d’ufficio di una consulenza tecnica il rilievo non può essere seguito.

Infatti, la consulenza tecnica d’ufficio è un mezzo istruttorio (e non una prova vera e propria), sottratta alla disponibilità delle parti ed affidata al prudente apprezzamento del giudice di merito, che evidentemente, nel caso in esame, non ne ha ritenuto la necessità, in considerazione del materiale probatorio già acquisito; ed una tale valutazione non è censurabile in questa sede (Cass. 21.4.2010 n. 9461; cass. 5.7.2007 n. 15219).

Con il sesto motivo denuncia le stesse violazioni dei motivi precedenti nonchè della L. Fall., art. 30; art. 2699, artt. 2100, 2934 segg. c.c.; artt. 115, 116, 357 c.p.c.; vizi di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5.

Il motivo non è fondato.

La Corte di merito, in ordine all’eccepita prescrizione, ne ha escluso la ricorrenza precisando che il comportamento omissivo, e produttivo di danno, dell’ex curatore, incominciato anteriormente al momento della conclusione della transazione fra Procedura e Banco di Napoli, era. proseguito fino alla data del provvedimento di surroga.

Ha anche affermato il carattere illecito permanente della sua condotta omissiva; ciò derivando dall’epoca dei singoli fatti lesivi, sottrazioni di somme dal libretto -che la Corte di merito elenca analiticamente – fino al 1993.

Correttamente, quindi, la sentenza impugnata ha concluso che “dalla surroga alla data della notificazione della citazione di primo grado (1996) e della stessa domanda di regresso del Banco è decorso un lasso di tempo ben inferiore al quinquennio (ex art. 2947 c.c.), applicabile a qualsiasi tipo di illecito, anche solo civile”.

Nessuna violazione le è, pertanto, imputabile.

Con il settimo motivo denuncia le stesse violazioni dei motivi precedenti nonchè degli artt. 2697 segg. e artt. 2721 segg. c.c.;

artt. 61, 256, 345 c.p.c.; art. 312 c.p.; vizi di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5.

Il motivo è inammissibile per la genericità delle censure con lo stesso avanzate.

L’onere della indicazione specifica dei motivi di impugnazione, imposto a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione dall’art. 366 cod. proc. civ., n. 4, qualunque sia il tipo di errore (“in procedendo” o in “iudicando”) per cui è proposto, non può essere assolto “per relationem” con il generico rinvio ad atti del giudizio di appello, senza la esplicazione del loro contenuto (Cass. 21.2.2007 n. 4021; cass. 23.1.2007 n. E’ 1406; cass. 21.10.2005 n. 20454).

Nella specie, non si comprende neppure verso quali statuizioni della Corte di merito vengono avanzate le censure proposte, nè quali siano i vizi motivazionali imputati alla sentenza; al che consegue l’inammissibilità del motivo.

Con l’ottavo motivo denuncia le stesse violazioni dei motivi precedenti nonchè degli artt. 1241 segg. artt. 2043 segg. c.c., art. 345 c.p.c.. Vizi di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5.

Il motivo è inammissibile.

La sentenza impugnata, in ordine al danno subito dall’attuale ricorrente per la mancata liquidazione del suo compenso, da atto che una tale richiesta avanzata ne ” gli ultimi motivi di appello”, sia nei confronti del Banco di Napoli, sia nei confronti della Procedura, doveva considerarsi nuova, perchè non svolta fin dal giudizio di primo grado, con la sua conseguente inammissibilità ai sensi dell’art. 345 c.p.c..

La novità – con la conseguente inammissibilità del motivo – va, pertanto, ribadita anche in questa sede.

Nè il ricorrente ha contestato di averla già proposta nel giudizio di primo grado, dovendo, in questo caso, al fine di evitare la declaratoria di inammissibilità, indicare in quali atti del giudizio sarebbe stata avanzata, e riproducendone, per il principio di autosufficienza, il contenuto nel ricorso per cassazione (S.U. ord. 25.3.2010 n. 7161; S.U. 2.12.2008 n. 28547); onere questo che non risulta minimamente adempiuto. Conclusivamente il ricorso è rigettato. Le spese seguono la soccombenza e, liquidate come in dispositivo, vanno poste a carico del ricorrente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese che liquida in complessivi Euro 2.800,00, di cui Euro 2.600,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di cassazione, il 14 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 24 febbraio 2011

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