Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4465 del 21/02/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 4465 Anno 2013
Presidente: ROVELLI LUIGI ANTONIO
Relatore: GIUSTI ALBERTO

sentenza in firma
semplificata

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
STANISCIA Edoardo Manfredi, rappresentato e difeso, in

forza di procura speciale a margine del ricorso,
dall’Avv. Nicola Staniscia, elettivamente domiciliato
nel suo studio in Roma, via Crescenzio, n. 20;
– ricorrente contro
MINISTERO

tenore,

DELLA GIUSTIZIA,

Data pubblicazione: 21/02/2013

in persona del Ministro pro

rappresentato e difeso, per legge,

dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso gli Uffici di questa domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n.
12;
– controricorrente –

avverso il decreto della Corte d’appello di Perugia in
data l ° marzo 2012.
Udita la relazione della causa svolta nell’udienza
pubblica dell’8 febbraio 2013 dal Consigliere relatore

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Aurelio Golia, che ha
concluso per raccoglimento del ricorso.
Ritenuto che la Corte d’appello di Perugia, con de-

creto depositato in data l ° marzo 2012, ha condannato il
Ministero della giustizia al pagamento, in favore di Edoardo Manfredi Staníscia, della somma di euro 5.000 a
titolo di equa riparazione del danno non patrimoniale,
ai sensi della legge 24 marzo 2001, n. 89, per
l’irragionevole durata di una causa civile di lavoro
svoltasi dinanzi al Tribunale e alla Corte d’appello di
Roma e alla Corte di cassazione, nonché al rimborso delle spese processuali, distratte in favore del difensore
dichiaratosi antistatario, liquidate in euro 465, di cui
euro 286 per diritti, oltre a spese generali e ad accessori di legge;
che per la cassazione del decreto della Corte
d’appello lo Staniscia ha proposto ricorso, con atto notificato il 4 aprile 2012, sulla base di due motivi;

2-

Dott. Alberto Giusti;

che l’intimato Ministero ha resistito con controricorso.

Considerato

che il Collegio ha deliberato

l’adozione di una motivazione in forma semplificata;

condo

se-

motivo, con cui si lamenta l’insufficienza del

quantum liquidato a titolo di equa riparazione, rilevandosi che, essendo il giudizio presupposto durato dodici
anni e sei mesi, erroneamente da questa durata complessiva sarebbe stata detratta una parte del tempo lasciato
trascorrere dall’attore prima di impugnare la sentenza
di primo grado e di appello;
che il motivo è infondato;
che esso parte dall’erronea premessa che tutto il
tempo utilizzato dalla parte per l’esercizio della facoltà di impugnare rientri nella fisiologia del processo;
che, invece, poiché non può essere addebitato
all’amministrazione della giustizia il segmento temporale del processo utilizzato dalla parte per l’esercizio
di un diritto eccedente quello strettamente necessario,
non deve essere computato nella durata complessiva del
procedimento il tempo intercorrente tra la pronuncia impugnata e la proposizione dell’impugnazione per la parte
eccedente quella corrispondente al tempo trascorso fino

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1_

che preliminare in ordine logico è l’esame del

alla comunicazione dell’avvenuto deposito della decisione maggiorato di quello corrispondente al termine previsto per lo specifico mezzo di gravame (Cass., Sez. I, 3
maggio 2010, n. 10632);

pure la parte ricorrente richiama, correttamente la Corte del merito ha detratto, dalla durata complessiva del
giudizio, il termine lungo utilizzato per proporre appello e ricorso per cassazione, avendo sostanzialmente
ritenuto adeguato il termine breve;
che assolutamente generica, e pertanto inammissibile, è poi la parte del motivo in cui si sostiene
l’illegittimità del decreto “nella parte in cui, alla
luce anche della documentazione prodotta in atti, ha omesso di pronunciarsi sulla domanda in cui non era stato
limitato il

quantum e ciò in spregio degli artt. 112,

115 e 116 cod. proc. civ.”;
che con il primo motivo si censura che le spese di
lite siano state liquidate in misura inferiore ai minimi
di legge;
che la doglianza è fondata;
che, ai fini della liquidazione delle spese processuali, il procedimento camerale per l’equa riparazione
del pregiudizio derivante dalla riduzione del termine di
ragionevole durata del processo – di cui alla legge n.

– 4 –

che proprio in applicazione di tale principio, che

89 del 2001 – va considerato quale procedimento avente
natura contenziosa, con le conseguenze che, ai fini della liquidazione degli onorari e dei diritti spettanti
all’avvocato per l’attività in esso prestata, trovano
ratione temporis,

le tabelle A, paragrafo

IV, e B, paragrafo I, allegate al d.m. 8 aprile 2004,
n.127, nonché il principio, di cui all’art.24 della legge n. 794 del 1942, della inderogabilità degli onorari
minimi e dei diritti stabiliti in detta tariffa (Cass.,
Sez. I, 7 ottobre 2009, n. 21371);
che da questo principio la Corte d’appello di è discostata, liquidando a titolo di spese una somma inferiore ai minimi di legge;
che il decreto impugnato è cassato limitatamente alla statuizione sulle spese;
che, non occorrendo al riguardo ulteriori accertamenti, questa Corte può provvedere direttamente al riguardo a norma dell’art. 384 cod. proc. civ., liquidando
le spese di merito nella misura di complessivi euro
810,81, di cui euro 140 per onorari, euro 630 per diritti ed euro 40,81 per spese vive, oltre a spese generali
e ad accessori di legge;
che – compensate per 213 le spese del giudizio di
cassazione, essendo il ricorso accolto soltanto in parte
– il Ministero intimato va anche condannato al pagamento

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applicazione,

della restante parte, che si liquida come in dispositiv o;

che entrambe le condanne alle spese vanno fatte in
favore

del

difensore

antistatario.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e =i-

getta

il secondo,

cassa il decreto impugnato in rela-

zione alla statuizione sulle spese e,
rito,

decidendo nel me-

condanna il Ministero della giustizia al rimborso

delle spese del giudizio di merito, che liquida, nella
misura di euro 630 per diritti, euro 140 per onorari,
oltre ad euro 40,81 per spese vive, oltre spese generali
e accessori, da distrarsi in favore dell’Avv. Nicola
Staniscia, oltre al rimborso di 1/3 delle spese del giudizio di cassazione, compensata la restante parte, liquidate, nell’intero, in euro 342,50, di cui euro 292,50
per compensi, oltre accessori come per legge, con distrazione in favore dell’avv. Nicola Staniscia.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della II Sezione civile della Corte suprema di Cassazione,
1’8 febbraio 2013.

P.Q.M.

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