Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4463 del 07/03/2016


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 4463 Anno 2016
Presidente: CECCHERINI ALDO
Relatore: FERRO MASSIMO

Data pubblicazione: 07/03/2016

SENTENZA
Sul ricorso proposto da:

FIRS Assicurazioni s.p.a. in liquidazione coatta amministrativa, in persona del
commissario liquidatore pii., rappr. e dif. dall’avv. Antonella Iannotta, elett. dom.
presso lo studio di questi in Roma, viale Bruno Buozzi n. 82, come da procura in
calce all’atto
-ricorrente Contro

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estensore £bJ-Ttr ferro

DE TOMMASI Mario, rappr. e dif. dall’avv. Enrico Cardi, elett. dom. presso lo
studio del medesimo, in Roma, via Fabio Massimo n.60, come da procura a margine
dell’atto
-controricorrente-

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del giorno 18 dicembre
2015 dal Consigliere relatore doti Massimo Ferro;
uditi gli avvocati A.Iannotta per il ricorrente e E.Caroli per il controricorrente;
udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale dott. Anna Maria Soldi,
che ha concluso per il rigetto del ricorso.

IL PROCESSO
La FIRS Italiana di Assicurazioni s.p.a. impugna la sentenza App. Roma
20.4.2012 n. 2145/2012 che, nel rigettare il proprio appello ed accogliendo invece
quello incidentale del creditore Mario De Tornmasi avverso la sentenza Trib. Roma
11587/2005 (20.5.2005), ebbe a ribadire l’ammissibilità della domanda tardiva di
credito con cui la parte, già ammessa al passivo privilegiato della L.C.A. per credito
da prestazione professionale di avvocato, ai sensi dell’art.101 1.f. aveva altresì
domandato il riconoscimento, con identica collocazione rispetto al credito
principale, degli interessi maturati e maturandi sulle stesse somme, ex art.54 1.f.
Ritenne in particolare la sentenza qui avversata che: a) la domanda di
ammissione al passivo del credito per interessi legali su somme già ammesse
costituiva una domanda nuova, mai proposta prima, rispetto alla quale nessun
giudicato endoconcorsuale si era formato; b) l’art.54 1.f., richiamato in punto di
computo finale degli interessi spettanti ad un credito assistito da privilegio generale
mobiliare, imponeva di aver riguardo alla liquidazione dell’attività mobiliare stessa e
non alla definitività dello stato passivo, come erroneamente stabilito dal tribunale.
Il ricorso è affidato a tre motivi ed è resistito da Guido Licenziati con
controricorso. Le parti hanno depositato memoria ex art.378 cod.proc.civ.

I FATTI RILEVANTI DELLA CAUSA E LE RAGIONI DELLA
DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione di legge quanto agli artt.2909
cod.civ. e 208,209, 98,99 1.f., avendo la sentenza erroneamente trascurato la portata
di giudicato endofallimentare di cui allo stato passivo depositato e non opposto,
relativo a credito di identica causa petendi, già riconosciuto, prospettandosi altresì di
vizio di motivazione sul punto, dedotto con il secondo motivo.
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estensore eJottR.ferro

per la cassazione della sentenza App. Roma 20.4.2012, n. 2145/2012, R.G.
1572/2006;

1.1 tre morivi, da trattare congiuntamente perché connessi, sono infondati. In tema,
decidendo su questione di particolare importanza, Cass s.u. n. 6060/2015 (conf.
6061 e 6062/2015) ha di recente affrontato il problema della proponibilità in via
tardiva, proprio nella medesima liquidazione coatta amministrativa e per credito di
professionista, della domanda relativa al credito accessorio da interessi, quando già si
sia proposta istanza tempestiva per la sorte-capitale (nella specie, a titolo di
compenso di attività professionale), accolta in sede di verifica dello stato passivo. La
premessa ha riguardato l’identificazione della domanda, ai fini della sua distinguibilità
da quella già ammessa al passivo, secondo un’attività interpretativa la quale,
muovendo dall’ordinaria disamina degli elementi costitutivi della fattispecie (persone,
causa petendi e petitunz), conduce a ravvisare l’identità della componente soggettiva e,
trattandosi di diritto di credito eterodeterminato, con la pretesa che trae origine da
un contratto di opera intellettuale, laddove la domanda accessoria relativa agli
interessi moratori ha natura risarcitoria, fondata com’è sul ritardo nell’adempimento.
Da tale constatazione, si è precisato, discende la difforme modalità di
determinazione del quantum: “in misura fissa, con riferimento alla sorte-capitale, in conformità
con il parametro in concreto applicabile, in tema di compenso dell’opera intellettuale (art. 2233 cod.
civ.); soggetta, invece, ad incremento progressivo, ratione temporis acti, in ordine all’obbligazione
accessoria per interessi.”.Tale inquadramento concettuale, con la distinzione netta tra le
due causae petendi, vale così “a risolvere in senso affetwativo la questione della separata
proponibilità delle relative domande, per compenso e per interessi, tiOettivamente in sede di verifica
dello stato passivo ed in via tardiva ex art. 101 L Fa/I.: fuori delle ipotesi, estranee al presente
thema decidendum, in cui il debito per interessi resti, per contro, inscindibilmente legato alla sortecapitale, al punto da poter essere anche liquidato d’ufficio, senza vizio di ultrapetizione: come nel
caso di credito da lavoro subordinato o di credito risarcitorio da illecito aquik ano.”.
Ed ancora le Sezioni Unite, ricordando come la preclusione della domanda tardiva di
insinuazione al passivo fallimentare degli interessi maturati, ex art. 101 1.f., dopo
l’avvenuta ammissione tempestiva del credito principale fosse già stata esclusa da
Cass. 4554/2012, n. 4554, ha ritenuto che identica soluzione valga anche nella
procedura di liquidazione coatta amministrativa, connotata da profili di specialità
quanto ad officiosità nell’iter formativo dello stato passivo.
2. Al riguardo, si è osservato che “l’impulso d’ufficio sia temperato, peraltro, dalla facoltà del
creditore di presentare osservazioni alla comunicazione delle somme risultanti a suo credito secondo
le scritture contabili e i documenti dell’impresa (art. 207, commi 1 e 3 L Fa/I.) e che
“alternativamente, i creditori che non abbiano ricevuto la predetta comunicazione possono chiedere,
mediante raccomandata entro il termine di 60 giorni dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale
del provvedimento di liquidazione, il riconoscimento dei propri crediti (art. 208 L Fa/I.)”, ciò
implicando che, per quanto atto diretto al commissario giudiziale e dunque privo dei
tratti della domanda al giudice, il commissario debba tenere conto, come delle
osservazioni: “cosicché il silenzio mantenuto sulle richieste formulate e l’omes o inserimento del
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estensore con

erro

Con il terzo motivo il ricorrente contesta il mancato rispetto degli artt.1175 e 1375
cod.civ., che avrebbe dovuto impedire l’accesso ad una seconda domanda di credito,
per divieto di parcellizzazione della stessa.

3. Anche con riguardo più specifico al terzo motivo, le cit. Sez. Un. hanno ritenuto
“inconferente il richiamo argomentativo al principio di ragionevole duratd’ , rilevando che il
canone in questione, sancito innanzitutto dalla Convenzione Europea dei diritti
dell’uomo (art. 6, paragrafo 1), poi recepito dalla legislazione nazionale costituzionale
(art. 111 Cost., emendato, in parte qua, in forza della L. Cost. 23 novembre 1999, n. 2)
e ordinaria (L. 24 marzo 2001, n. 89) è rivolto allo stesso legislatore, e cioè, allo
Stato-Amministrazione affinché realizzi l’obiettivo della definizione del giudizio
entro un termine ragionevole. Ne consegue che esso “non può essere distorto al fine di
penalizzare proprio la parte privata, che di tale principio dovrebbe invece beneficiare, riducendone le
possibilità di iniziativa giudiziaria, pur se conformi alla disciplina speciale del rito fallimentare:
nella specie, inibendo domande di ammissione al passivo fallimentare tardive, e financo
“ultratardive”, pur se rispettose dei limiti temporali fissati dall’ad 101 L Fa/i, u.c.,nel testo
nove/lato.”. La riconosciuta diversità di crediti da un lato allora impedisce che si possa
ravvisare nella fattispecie un esempio di “parcellizzazione di unico credito”, laddove,
come nel caso in esame, si tratti di crediti diversi per causa petendi e per petitum. Ma
dall’altro lato l’insinuazione tardiva per il solo credito da interessi, già ammesso
quello da capitale, nemmeno è invocabile come abusiva prassi rispetto al principio
generale di buona fede, la cui violazione potrebbe semmai giustificare un
regolamento delle spese che deroghi in tutto o in parte al criterio della soccombenza,
e così comportare una responsabilità per eventuali danni, ma non equivalere a una
preclusione che pregiudichi definitivamente il diritto spettante. Sul punto, osserva
ancora questo Collegio, che la censura – più argomento a sostegno del primo motivo
che autonomo capo d’impugnazione – non risulta essere stata già proposta avanti al
giudice dell’appello, così palesandosi nuova e come tale non esaminabile.
4. Infine, anche le fattispecie su cui la giurisprudenza di legittimità invocata ha
formato l’indirizzo penalizzante il frazionamento delle domande di credito erano del
tutto diverse: così Cass. s.u. 23726/2007 ha reso il principio secondo cui non è
consentito al creditore di una determinata somma di denaro, dovuta in forza di un
unico rapporto obbligatorio, di frazionare il credito in plurime richieste giudiziali di
adempimento, contestuali o scaglionate nel tempo, in quanto tale scissione del
contenuto della obbligazione, operata dal ereditare per sua esclusiva utilità con
unilaterale modificazione aggravativa della posizione del debitore, si pone in
contrasto sia con il principio di correttezza e buona fede, che deve improntare il
rapporto tra le parti non solo durante l’esecuzione del contratto ma anche
nell’eventuale fase dell’azione giudiziale per ottenere l’adcmpim9lito, sia con il
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estensore or. .ferro

credito nell’elenco di cui all’art. 209 L Fa/I., comma 1, assumono valore implicito di rigetto:
contro il quale il creditore deve attivarsi mediante opposizione allo stato passivo, ex art. 98 L
Fa/i, per evitare il formarsi di una preclusione (Cass., sez 1, 11 novembre 2013 n. 25.301;
Cass., se1, 19 febbraio 2003 n. 2476). Simmetricamente, il mancato esercizio del potere di
proporre specifica domanda o di presentare osservazioni alla comunicazione del commissario
liquidatore – iniziative, previste solo come eventuali dalle norme citate – non preclude la proponibilità
della domanda di ammissione tardiva del credito accessorio da interessi, non pregiudicata da alcun
silenzio-rigetto.”.

Ne consegue il rigetto del ricorso, con compensazione delle spese del giudizio di
legittimità, per consolidamento solo recente dei principi applicati.

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e dichiara la compensazione delle spese del grado,
dando altresì atto che, ai sensi dell’art.13 co.1 quater d.P.R. n.115/2002, itua:De
sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore
importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del co.1bis dello stesso art.13 cit.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 18 dicembre 2015.

principio costituzionale del giusto processo, traducendosi la parcellizzazione della
domanda giudiziale diretta alla soddisfazione della pretesa creditoria in un abuso
degli strumenti processuali che l’ordinamento offre alla parte, nei limiti di una
corretta tutela del suo interesse sostanziale (conf. Cass. 24539/2009). Nella vicenda
di causa, all’opposto, non si riscontra, né è stato allegato, alcun intento del ricorrente
di ritrarre speciali utilità dalla protrazione del processo (in punto di rimborso delle
spese), non si danno ulteriori costi del processo a carico del debitore concorsuale, lo
stesso creditore tardivo sopporta in proprio gli esborsi connessi alla sua seconda
iniziativa e per di più partecipa al concorso in una collocazione ripartitoria
temporalmente condizionata da tale differito accesso, a lui stesso imputabile. Anche
per tali ragioni il (terzo) motivo è dunque altresì infondato.

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