Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4460 del 25/02/2014


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Civile Ord. Sez. L Num. 4460 Anno 2014
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: MAROTTA CATERINA

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 29905-2010 proposto da:
ENTE

AUTONOMO

FIERA

DEL

MEDITERRANEO

P.I,

00110240R27, in PCrmsnn dg, 1 laolarappr~ntAnto prn
tempore,

elettivamente domiciliato

in

ROMA, VIA

GARIGLIANO 11, presso lo studio dell’avvocato NICOLA
MAIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato LIGUORI
GIOVANNI, giusta delega in atti;
– ricorrente contro

2013
3527

LO

GERFO

GIUSEPPE

C.F.

LGRGPP74P01G273N,

già

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SAN GODENZO
59,

presso lo studio dell’avvocato AIELLO GIUSEPPE,

rappresentato e difeso dall’avvocato BONDI’ GIUSEPPE,

Data pubblicazione: 25/02/2014

giusta delega in atti e da ultimo domiciliato presso
LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;
– controricorrente nonchè contro

– I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA CESARE BECCARIA n. 29 presso
l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e
difeso dagli avvocati SGROI ANTONINO, CALIULO LUIGI,
MARITATO LELIO, giusta delega in calce alla copia
notificata del ricorso;
– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 710/2010 della CORTE D’APPELLO
di PALERMO, depositata il 13/09/2010 R.G.N. 551/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/12/2013 dal Consigliere Dott. CATERINA
MAROTTA;
udito l’Avvocato DE ROSE EMANUELE per delega SGROI
ANTONINO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA che ha concluso per
l’inammissibilità e in subordine rigetto del ricorso.

SOCIALE C.F. 80078750587, in persona del legale

R. Gen. N. 29905/2010
Udienza 4/12/2013
Ente Autonomo Fiera del
Mediterraneo c/ Lo Gerfo
Giuseppe +1

RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 710/2010, pubblicata il 24/6/2010, la Corte di appello di Palermo rigettava il
gravame principale interposto dall’Ente Autonomo Fiera del Mediterraneo e, per l’effetto,
confermava la sentenza del Tribunale della stessa sede che aveva accolto la domanda avanzata

dell’I.N.P.S. e ritenuto la nullità del termine apposto al contratto stipulato tra le parti in data 28
aprile 1995 rilevando che la sottoscrizione del contratto fosse avvenuta successivamente
all’inizio dell’attività lavorativa. Riteneva la Corte territoriale che del tutto incoerente rispetto al
decisum del Tribunale fosse la questione della stagionalità del rapporto posta dall’appellante ed
in ogni caso escludeva che il concetto di stagionalità potesse essere dilatato sino al punto da
ricomprendere un arco temporale così esteso come quello in cui il Lo Gerfo aveva prestato
servizio. Riteneva, inoltre, che, pur non potendosi dubitare delle connotazioni pubblicistiche
dell’Ente appellante, vertendosi in tema di assunzione di personale con professionalità basse,
non vi fossero ostacoli per ritenere sussistente un rapporto a tempo indeterminato ab origine,
considerato, peraltro, che il divieto di assunzione senza pubblico concorso desumibile dagli artt.
6 e 7 della Legge Regionale Siciliana n. 14/1958 era stato scardinato per effetto delle norme
sopravvenute e sostituito con un sistema di impiego più flessibile.
Per la cassazione di tale sentenza ricorre l’Ente Autonomo Fiera del Mediterraneo
affidandosi a due motivi.
Resiste con controricorso Giuseppe Lo Gerfo.
L’I.N.P.S. ha depositato delega in calce al ricorso notificato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La questione per la quale questo Collegio ritiene opportuno un intervento chiarificatore

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da Giuseppe Lo Gerfo nei confronti dell’Ente Fiera del Mediterraneo nonché nei confronti

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Udienza 4/12/2013
Ente Autonomo Fiera del
Mediterraneo c/ Lo Gerfo
Giuseppe +1

ck.2,
delle Sezioni Unite attiene merito della seguente vicenda.
2. All’Ente Autonomo Fiera del Mediterraneo –istituito con D.L. Presidente Statuto Regione
Sicilia del 9 luglio 1948 n. 24 ai sensi della legge 5 luglio 1934 n. 1607 di conversione in legge
del Regio Decreto-Legge 29 gennaio 1934, n. 454, contenente norme per il disciplinamento delle

campionaria a carattere internazionale interessante tutti rami della promozione o altre fiere
speciali in epoche diverse da quella della fiera campionaria”—con d.P.R. del 22 marzo 1954, n.
618 è stata riconosciuta personalità giuridica.
Si tratta di un soggetto qualificabile come ente pubblico economico (e di questo, invero, le
stesse parti non dubitano) ancorché mantenente un legame con la Pubblica Amministrazione (la
sentenza impugnata fa riferimento a “spiccate connotazioni pubblicistiche”) essendo le relative
deliberazioni di impegno finanziario e relative al personale sottoposte al Ministero dell’Industria
e del Commercio che le approva d’Intesa con la Regione Sicilia ed essendo la liquidazione
patrimoniale affidata alla giunta o dal Ministero, d’intesa con la Regione, ad un commissario
liquidatore.
2.1. Come detto, dunque, l’Ente Fiera del Mediterraneo è un ente pubblico economico
sottoposto al controllo ed alla vigilanza della Regione Sicilia. Tanto si evince non solo da quanto
già sopra riferito in ordine all’assoggettamento a verifica delle deliberazioni comportanti
impegno di spesa ma anche dalla giurisprudenza in materia di responsabilità contabile per le
ipotesi di danno erariale riconducibile ad esborsi sostenuti dall’Ente e di responsabilità
amministrativa dei dipendenti (si vedano le sentenze della Sezione Giurisdizionale per la Sicilia
della Corte dei Conti del 29 aprile 2011, n. 1679 e del 19 luglio 2005, n. 1863 rese proprio con
riguardo all’Ente odierno ricorrente).

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mostre, fiere ed esposizioni, “con lo scopo di organizzare annualmente in Palermo una fiera

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Udienza 4/12/2013
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2.2. Si discute, nella specie, della possibilità di conversione di un contratto cui sia stato
illegittimamente apposto un termine finale.
Nel lavoro pubblico, l’impossibilità di una tale conversione è, come è noto, di per sé
significativa del fatto che l’inoccupazione non è da porsi in relazione alla illegittimità del ricorso

(ribadita dagli artt. 3 d.P.R. 1957 n. 3 e 20 legge n. 93 del 1983) che fissa l’obbligo di accedere
agli impieghi nelle Pubbliche Amministrazioni mediante concorso, salvo casi stabiliti dalla
legge. Tale impossibilità è stata sancita con la riforma del pubblico impiego. Così nell’ambito
del processo di contrattualizzazione, l’art. 36 del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, recante
razionalizzazione dell’organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della
disciplina in materia di pubblico impiego a norma dell’articolo 2 della legge 23 ottobre 1992, n.
42, sostituito prima dall’art. 17 del d.lgs. n. 546 del 1993 e poi dall’art. 22 del d.lgs. n. 80 del
1998, e successivamente confluito nell’art. 36 del testo unico del pubblico impiego, di cui al
d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165, sono state previste forme contrattuali flessibili di assunzione e di
impiego del personale, e, nel consentire che le pubbliche amministrazioni, nel rispetto delle
disposizioni sul reclutamento del personale, si avvalessero delle forme contrattuali flessibili di
assunzione e di impiego del personale previste dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di
lavoro subordinato nell’impresa, e che i contratti collettivi nazionali provvedano a disciplinare la
materia dei contratti a tempo determinato, si è stabilito che “in ogni caso, la violazione di
disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori, da parte delle
pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo
indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e
sanzione. Il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla

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al lavoro flessibile bensì alla ineludibilità della regola di cui all’art. 97 della Costituzione

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prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative. Le amministrazioni hanno
l’obbligo di recuperare le somme pagate a tale titolo”.
2.3 Vi è, però, un’altra ragione sottesa alla mancata omologazione tra contratto a termine nel
pubblico impiego (ed a ben vedere anche in relazione ai contratti di lavoro a termine da parte di

nell’esigenza concreta di contenimento, controllo e razionalizzazione della spesa pubblica cui
corrisponde una rigida programmazione del fabbisogno del personale con le dotazioni organiche,
intese ad evitare il rischio di assumere un numero di persone maggiore di quanto possano
consentire gli stanziamenti in bilancio.
Né può sottacersi al riguardo di rimarcare come il rispetto dei vincoli del bilancio pubblico
(ora assurto a strumento legislativo di razionalizzazione della spesa pubblica con l’introduzione
della c.d. spending review) fosse, a ben vedere, già costituzionalizzato essendo l’obbligo del
rispetto delle esigenze di un contenimento di tale spesa rinvenibile dalla lettera dell’art. 81 Cost.
(si ricorda che la legge costituzionale n. 1/2012, novellando gli artt. 81, 97, 111, 117 e 119 della
Costituzione, ha introdotto il principio dell’equilibrio tra entrate e spese del bilancio, c.d.
pareggio di bilancio, correlandolo ad un vincolo di sostenibilità del debito di tutte le pubbliche
amministrazioni nel rispetto delle regole in materia economico-finanziaria derivanti
dall’ordinamento europeo; per l’affermazione che il vincolo di bilancio imposto dall’art. 81,
quarto comma, della Costituzione, garantisce il rispetto dei principi generali di uguaglianza e di
solidarietà tanto da assumere una posizione privilegiata nel bilanciamento con gli altri valori
costituzionali si veda ex plurimis Corte cost. n. 254 del 2012).
Alla stregua delle considerazioni svolte si spiega meglio il divieto di conversione (da
ritenersi operante, dunque, in tutte le ipotesi di rapporto con la pubblica amministrazione per il

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enti o società a capitale, totale o maggioritario, pubblico) e nell’impiego privato da ravvisarsi

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Giuseppe +1

solo fatto che quest’ultima conserva pur sempre, anche in presenza di un rapporto di lavoro
ormai contrattualizzato, una connotazione peculiare, essendo tenuta al rispetto dei principi
costituzionali di legalità, imparzialità e buon andamento cui è e deve rimanere estranea ogni
logica di mero profitto).
Ciò

posto

va

precisato

che,

in

termini

generali,

il

personale

degli enti pubblici economici è soggetto al regime dei rapporti di lavoro privato ai sensi degli
artt. 2093 e 2129 cod. civ. e pertanto ad esso non si applicano, in difetto di espressa previsione
contraria, le regole per l’accesso agli impieghi pubblici.
2.5 Nello specifico, però, con riguardo alla generalità dei rapporti di lavoro con gli enti
pubblici della Regione Sicilia l’art. 6 della legge regionale n. 14 del 1958, come già il precedente
art. 3 della legge reg. n. 49 del 1981, prevedeva che: “Sono vietate nuove assunzioni di
personale non di ruolo, di salariati, di cottimisti di diurnisti e di personale comunque denominato
presso gli uffici dell’Amministrazione centrale della Regione, presso le amministrazioni di enti
pubblici istituiti con legge regionale e sottoposti alla vigilanza della Regione” ed il successivo
art. 9 aggiungeva che: “Le nuove assunzioni di personale sono fatte per pubblico concorso”.
Per l’operatività del divieto (espressione del principio costituzionale di buona
amministrazione degli uffici pubblici – art. 97 Cost. -) era, dunque, sufficiente che l’ente fosse,
come nel caso in questione, sottoposto alla vigilanza della Regione.
Il quadro è solo in parte mutato con la legge regionale n. 12 del 1991.
L’art. 1 di tale legge, pur mantenendo la regola generale dell’assunzione mediante concorso,
ha espressamente richiamato l’art. 16 della legge 28 febbraio 1987, n. 56, disposizione che,
specificamente prevista per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, e
per gli enti pubblici non economici a carattere nazionale, e poi confermato dall’art. 35 del d.lgs.

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2.4

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Ente Autonomo Fiera del
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n. 165 del 2001, ha introdotto, per determinate professionalità (qualifiche o profili per i quali è
richiesto il possesso del tutolo di studio non superiore a quello della scuola dell’obbligo), un
sistema di reclutamento differenziato: non pubblico concorso ma avviamento dalle liste
collocamento e/o mobilità previa formazione di determinate graduatorie in applicazione dei

sottoposizione a prove di idoneità (svolgimento di prove pratiche attitudinali ovvero
sperimentazioni lavorative i cui contenuti sono determinati con riferimento a quelli previsti nelle
declaratorie e nei mansionari di qualifica, categoria e profilo professionale dei comparti di
appartenenza od eventualmente anche delle singole amministrazioni e comunque con riferimento
ai contenuti ed alle modalità stabilite per le prove di idoneità relative al conseguimento degli
attestati di professionalità della regione nel cui ambito ricade l’amministrazione che deve
procedere alla selezione, alla stregua degli articoli 14 e 18 della legge 21 dicembre 1978, n.
845).
Ciò è confermato dall’art. 3 della stessa legge.
Il reclutamento differenziato nei termini indicati (tale da garantire l’effettività della
funzionalizzazione dell’azione dell’amministrazione al pubblico interesse, in una prospettiva di
eguaglianza non solo formale, ma anche sostanziale) si è consolidato per effetto della successiva
legge regionale n. 18 del 1999.
Ed allora vi è da chiedersi se la scelta del legislatore regionale di applicare per tutti gli enti
(anche economici) sottoposti alla vigilanza della Regione la disciplina in materia di assunzioni
vigente per le amministrazioni pubbliche, non comporti anche l’applicazione del divieto di
conversione del rapporto che proprio da tale disciplina deriva la sua ratio. E nella stessa ottica vi
è da chiedersi se le indicate procedure selettive siano rispettose – stante anche il riferimento alla

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criteri di cui al d.P.R. 9 maggio 1994 n. 487 e selezione, secondo il relativo ordine, mediante

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natura dei profili professionali e delle categorie dei destinatari dei vari comparti a dette
procedure assoggettabili – oltre che del nuovo e costituzionalizzato principio del rispetto dei
limiti della spesa pubblica anche del disposto degli artt. 3 e 97 Cost. (cfr. altresì, sul punto, Corte
cost. n. 207 del 2013 che rimarca come il disposto dell’art. 36, comma 5, del d.lgs. 30 marzo

sentenza n. 89 del 2003; e come la stessa Corte di Giustizia – con ordinanza 1 ottobre 2010 in
causa C-3110, Affatato, punto 51 – abbia affermato che la summenzionata norma non è in
contrasto con la clausola 5 dell’accordo-quadro a tempo determinato allorquando siano previste
).
2.5. Una scelta nel senso del riconoscimento agli enti pubblici economici di regole, come
quelle in esame, finirebbe per determinare una non giustificata diversità rispetto al sistema di
reclutamento del personale delle pubbliche amministrazioni e finirebbe sul versante fattuale per
causare ricadute negative – e non ragionevoli alla stregua del bilanciamento di interessi a
copertura costituzionale – attraverso una conversione dei contratti a termine in contratti a tempo
indeterminato, laddove la norma di riferimento sia quella che prevede, per l’instaurazione del
rapporto di pubblico impiego, in luogo del pubblico concorso un avviamento indifferenziato per
il tramite delle liste collocamento o a seguito di una non regolata mobilità o di sistemi selettivi di
reclutamento che non garantiscano la imparzialità e la efficienza del personale da assumere a
tempo indeterminato.
3. La rilevanza della questione in esame viene attestata anche dalla indubbia analogia della
fattispecie scrutinata con quelle – riscontrabili in sede di legislazioni regionali – di stabilizzazione
di rapporti di lavoro a tempo determinato (dei dipendenti delle stessa Regione) in rapporti a

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2001 n. 165 sia stato ritenuto dalla Corte stessa rispettoso degli artt. 3 e 97 Cost. già con

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tempo indeterminato.
3.1. Ed infatti l’art. 1 della legge della Regione Campania regionale del 30 gennaio 2008
(intitolata “Norme per la stabilizzazione del personale precario del servizio sanitario regionale”),
modificato in parte dall’art. 5 della legge della stessa Regionale del 14 aprile 2008 (dichiarata

il giorno successivo a quello della sua pubblicazione avvenuta il 4 febbraio 2008), riconosce
come destinatari della detta stabilizzazione “coloro che alla data del 31 dicembre 2006 risultino
avere prestato servizio per almeno tre anni anche non continuativi con contratto lavoro a tempo
determinato”.
3.2. Ne consegue che anche gli interventi legislativi sulla “stabilizzazione”, per sembrare
porsi in discontinuità sotto molteplici versanti con i più volte giù sottolineati principi
costituzionali, possono giustificare una interpretazione costituzionalmente orientata del dato
normativo nonché una estensione dei principi fissati dal disposto dell’art. 36 del d.lgs n. 165 del
2001.
4. Per le ragioni sopra esposte il Collegio stima che ricorrano le condizioni per la rimessione
degli atti al Primo Presidente, affinché, ove condivida l’esigenza di una risposta nomofilattica al
più alto livello sulla questione, valuti l’opportunità di assegnarne la trattazione e la decisione alle
Sezioni unite, atteso che la suddetta questione – sia per il cospicuo contenzioso ancora in corso,
sia per il numero non esiguo dei soggetti interessati, sia infine anche per i connessi ipotizzabili
profili di responsabilità amministrativa e contabile – può qualificarsi ai sensi dell’art. 374,
comma 2, c.p.c. “di massima di particolare importanza”.
P.Q.M.
La Corte rimette gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione del ricorso alle

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urgente dall’art. 97 della stessa legge ai sensi degli artt. 45 e 46 dello Statuto ed entrata in vigore

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Mediterraneo ci Lo Gerfo
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Sezioni unite ai sensi dell’art. 374 cod. proc. civ., comma 2.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio il 4 dicembre 2013.

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