Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4458 del 25/02/2014


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Civile Ord. Sez. L Num. 4458 Anno 2014
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: MAROTTA CATERINA

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 29901-2010 proposto da:
ENTE

AUTONOMO

FIERA

DEL

MEDITERRANEO

P.I.

00110240827, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
GARIGLIANO 11, presso lo studio dell’avvocato NICOLA
MAIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato LIGUORI
GIOVANNI, giusta delega in atti;
– ricorrente contro

2013
3525

TARTAMELLA ANDREA C.F. TRTDNR58P03G2731;
– intimata –

Nonché da:
TARTAMELLA

ANDREA

C.F.

TRTDNR58P03G2731,

già

Data pubblicazione: 25/02/2014

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA ORAZIO
MARUCCHI 5, presso lo studio dell’avvocato PROIETTI
FABRIZIO, che la rappresenta e difende, giusta delega
in atti e da ultimo presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE
SUPREMA DI CASSAZIONE;

contro

ENTE

AUTONOMO

FIERA

DEL

MEDITERRANEO

P.I.

00110240827;
– intimata –

avverso la sentenza n. 696/2010 della CORTE D’APPELLO
di PALERMO, depositata il 12/07/2010 R.G.N. 165/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/12/2013 dal Consigliere Dott. CATERINA
MAROTTA;
udito l’Avvocato PROIETTI FABRIZIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA che ha concluso per
inammissibilità e subordine rigetto del ricorso
principale,
condizionato.

assorbimento del ricorso incidentale

– controricorrente e ricorrente incidentale –

R. Gen. N. 29901/2010
Udienza 4/12/2013
Ente Autonomo Fiera del
Mediterraneo c/ Tartamella
Andrea

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza n. 696/2010, pubblicata il 12/7/2010, la Corte di appello di Palermo
rigettava il gravame interposto dall’Ente Autonomo Fiera del Mediterraneo nei
confronti di Andrea Tartamella e, per l’effetto, confermava la sentenza del Tribunale

nullo il termine apposto al primo di una serie di contratti stipulati tra dette parti, in
quanto effettuato in violazione della legge n. 230/1962 per non avere l’Ente
convenuto provato né chiesto di provare l’adibizione del ricorrente ad attività
stagionali, e la sussistenza di un rapporto a tempo indeterminato a far data dal
16/2/2001. Riteneva la Corte territoriale, modificando in parte qua la motivazione
della sentenza di primo grado, che il concetto di “stagione” di cui all’art. 1, comma 2,
lett. a legge n. 230/1962 non potesse essere dilatato sino al punto da ricomprendere
un arco temporale così esteso come quello, pressoché continuativo, di 32 mesi di cui
ai vari contratti a termine stipulati tra le parti. Riteneva, inoltre, che pur non
potendosi dubitare delle connotazioni pubblicistiche dell’Ente appellante, vertendosi
in tema di assunzione di personale con professionalità basse, non vi fossero ostacoli
per ritenere sussistente un rapporto a tempo indeterminato ab origine, considerato,
peraltro, che il divieto di assunzione senza pubblico concorso desumibile dagli artt. 6
e 7 della Legge Regionale Siciliana n. 14/1958 era stato scardinato per effetto delle
norme sopravvenute e sostituito con un sistema di impiego più flessibile.
Per la cassazione di tale sentenza ricorre l’Ente Autonomo Fiera del
Mediterraneo affidandosi a due motivi.
Resiste con controricorso Andrea Tartamella e propone, altresì, ricorso
incidentale subordinato.

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della stessa sede che aveva accolto la domanda avanzata dal Tartamella e ritenuto

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Udienza 4/12/2013
Ente Autonomo Fiera del
Mediterraneo c/ Tartamella
Andrea

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. 1. La questione per la quale questo Collegio ritiene opportuno un intervento
chiarificatore delle Sezioni Unite attieneYmerito della seguente vicenda.
2. All’Ente Autonomo Fiera del Mediterraneo — istituito con D.L. Presidente

1607 di conversione in legge del Regio Decreto-Legge 29 gennaio 1934, n. 454,
contenente norme per il disciplinamento delle mostre, fiere ed esposizioni, “con lo
scopo di organizzare annualmente in Palermo una fiera campionaria a carattere
internazionale interessante tutti rami della promozione o altre fiere speciali in epoche
diverse da quella della fiera campionaria” — con d.P.R. del 22 marzo 1954, n. 618 è
stata riconosciuta personalità giuridica.
Si tratta di un soggetto qualificabile come ente pubblico economico (e di questo,
invero, le stesse parti non dubitano) ancorché mantenente un legame con la Pubblica
Amministrazione (la sentenza impugnata fa riferimento a “spiccate connotazioni
pubblicistiche”) essendo le relative deliberazioni di impegno finanziario e relative al
personale sottoposte al Ministero dell’Industria e del Commercio che le approva
d’Intesa con la Regione Sicilia ed essendo la liquidazione patrimoniale affidata alla
giunta o dal Ministero, d’intesa con la Regione, ad un commissario liquidatore.
2.1. Come detto, dunque, l’Ente Fiera del Mediterraneo è un ente pubblico
economico sottoposto al controllo ed alla vigilanza della Regione Sicilia. Tanto si
evince non solo da quanto già sopra riferito in ordine all’assoggettamento a verifica
delle deliberazioni comportanti impegno di spesa ma anche dalla giurisprudenza in
materia di responsabilità contabile per le ipotesi di danno erariale riconducibile ad
esborsi sostenuti dall’Ente e di responsabilità amministrativa dei dipendenti (si

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Statuto Regione Sicilia del 9 luglio 1948 n. 24 ai sensi della legge 5 luglio 1934 n.

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vedano le sentenze della Sezione Giurisdizionale per la Sicilia della Corte dei Conti
del 29 aprile 2011, n. 1679 e del 19 luglio 2005, n. 1863 rese proprio con riguardo
all’Ente odierno ricorrente).
2.2. Si discute, nella specie, della possibilità di conversione di un contratto cui sia

Nel lavoro pubblico, l’impossibilità di una tale conversione è, come è noto, di per
sé significativa del fatto che l’inoccupazione non è da porsi in relazione alla
illegittimità del ricorso al lavoro flessibile bensì alla ineludibilità della regola di cui
all’art. 97 della Costituzione (ribadita dagli artt. 3 d.P.R. 1957 n. 3 e 20 legge n. 93
del 1983) che fissa l’obbligo di accedere agli impieghi nelle Pubbliche
Amministrazioni mediante concorso, salvo casi stabiliti dalla legge. Tale
impossibilità è stata sancita con la riforma del pubblico impiego. Così nell’ambito
del processo di contrattualizzazione, l’art. 36 del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29,
recante razionalizzazione dell’organizzazione delle amministrazioni pubbliche e
revisione della disciplina in materia di pubblico impiego a norma dell’articolo 2 della
legge 23 ottobre 1992, n. 42, sostituito prima dall’art. 17 del d.lgs. n. 546 del 1993 e
poi dall’art. 22 del d.lgs. n. 80 del 1998, e successivamente confluito nell’art. 36 del
testo unico del pubblico impiego, di cui al d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165, sono state
previste forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale, e, nel
consentire che le pubbliche amministrazioni, nel rispetto delle disposizioni sul
reclutamento del personale, si avvalessero delle forme contrattuali flessibili di
assunzione e di impiego del personale previste dal codice civile e dalle leggi sui
rapporti di lavoro subordinato nell’impresa, e che i contratti collettivi nazionali
provvedano a disciplinare la materia dei contratti a tempo determinato, si è stabilito

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stato illegittimamente apposto un termine finale.

i

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Andrea

che “in ogni caso, la violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o

l’impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può
comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le
medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione.

prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative. Le amministrazioni
hanno l’obbligo di recuperare le somme pagate a tale titolo”.
2.3 Vi è, però, un’altra ragione sottesa alla mancata omologazione tra contratto a
termine nel pubblico impiego (ed a ben vedere anche in relazione ai contratti di
lavoro a termine da parte di enti o società a capitale, totale o maggioritario,
pubblico) e nell’impiego privato da ravvisarsi nell’esigenza concreta di
contenimento, controllo e razionalizzazione della spesa pubblica cui corrisponde una
rigida programmazione del fabbisogno del personale con le dotazioni organiche,
intese ad evitare il rischio di assumere un numero di persone maggiore di quanto
possano consentire gli stanziamenti in bilancio.
Né può sottacersi al riguardo di rimarcare come il rispetto dei vincoli del bilancio
pubblico (ora assurto a strumento legislativo di razionalizzazione della spesa
pubblica con l’introduzione della c.d. spending review) fosse, a ben vedere, già
costituzionalizzato essendo l’obbligo del rispetto delle esigenze di un contenimento
di tale spesa rinvenibile dalla lettera dell’art. 81 Cost. (si ricorda che la legge
costituzionale n. 1/2012, novellando gli artt. 81, 97, 111, 117 e 119 della
Costituzione, ha introdotto il principio dell’equilibrio tra entrate e spese del bilancio,
c.d. pareggio di bilancio, correlandolo ad un vincolo di sostenibilità del debito di
tutte le pubbliche amministrazioni nel rispetto delle regole in materia economico-

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Il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante dalla

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finanziaria derivanti dall’ordinamento europeo; per l’affermazione che il vincolo di
bilancio imposto dall’art. 81, quarto comma, della Costituzione, garantisce il rispetto
dei principi generali di uguaglianza e di solidarietà tanto da assumere una posizione
privilegiata nel bilanciamento con gli altri valori costituzionali si veda ex plurimis

Alla stregua delle considerazioni svolte si spiega meglio il divieto di conversione
(da ritenersi operante, dunque, in tutte le ipotesi di rapporto con la pubblica
amministrazione per il solo fatto che quest’ultima conserva pur sempre, anche in
presenza di un rapporto di lavoro ormai contrattualizzato, una connotazione
peculiare, essendo tenuta al rispetto dei principi costituzionali di legalità, imparzialità
e buon andamento cui è e deve rimanere estranea ogni logica di mero profitto).
2.4 Ciò posto va precisato che, in termini generali, il personale
degli enti pubblici economici è soggetto al regime dei rapporti di lavoro privato ai
sensi degli artt. 2093 e 2129 cod. civ. e pertanto ad esso non si applicano, in difetto
di espressa previsione contraria, le regole per l’accesso agli impieghi pubblici.
2.5 Nello specifico, però, con riguardo alla generalità dei rapporti di lavoro con
gli enti pubblici della Regione Sicilia l’art. 6 della legge regionale n. 14 del 1958,
come già il precedente art. 3 della legge reg. n. 49 del 1981, prevedeva che: “Sono
vietate nuove assunzioni di personale non di ruolo, di salariati, di cottimisti di
diurnisti e di personale comunque denominato presso gli uffici dell’Amministrazione
centrale della Regione, presso le amministrazioni di enti pubblici istituiti con legge
regionale e sottoposti alla vigilanza della Regione” ed il successivo art. 9
aggiungeva che: “Le nuove assunzioni di personale sono fatte per pubblico
concorso”.

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Corte cost. n. 254 del 2012).

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Mediterraneo c/ Tartamella
Andrea

Per l’operatività del divieto (espressione del principio costituzionale di buona
amministrazione degli uffici pubblici – art. 97 Cost. -) era, dunque, sufficiente che
l’ente fosse, come nel caso in questione, sottoposto alla vigilanza della Regione.
Il quadro è solo in parte mutato con la legge regionale n. 12 del 1991.

mediante concorso, ha espressamente richiamato l’art. 16 della legge 28 febbraio
1987, n. 56, disposizione che, specificamente prevista per le amministrazioni dello
Stato, anche ad ordinamento autonomo, e per gli enti pubblici non economici a
carattere nazionale, e poi confermato dall’art. 35 del d.lgs. n. 165 del 2001, ha
introdotto, per determinate professionalità (qualifiche o profili per i quali è richiesto
il possesso del tutolo di studio non superiore a quello della scuola dell’obbligo), un
sistema di reclutamento differenziato: non pubblico concorso ma avviamento dalle
liste collocamento e/o mobilità previa formazione di determinate graduatorie in
applicazione dei criteri di cui al d.P.R. 9 maggio 1994 n. 487 e selezione, secondo il
relativo ordine, mediante sottoposizione a prove di idoneità (svolgimento di prove
pratiche attitudinali ovvero sperimentazioni lavorative i cui contenuti sono
determinati con riferimento a quelli previsti nelle declaratorie e nei mansionari di
qualifica, categoria e profilo professionale dei comparti di appartenenza od
eventualmente anche delle singole amministrazioni e comunque con riferimento ai
contenuti ed alle modalità stabilite per le prove di idoneità relative al conseguimento
degli attestati di professionalità della regione nel cui ambito ricade l’amministrazione
che deve procedere alla selezione, alla stregua degli articoli 14 e 18 della legge 21
dicembre 1978, n. 845).
Ciò è confermato dall’art. 3 della stessa legge.

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L’art. 1 di tale legge, pur mantenendo la regola generale dell’assunzione

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Il reclutamento differenziato nei termini indicati (tale da garantire l’effettività
della funzionalizzazione dell’azione dell’amministrazione al pubblico interesse, in
una prospettiva di eguaglianza non solo formale, ma anche sostanziale) si è
consolidato per effetto della successiva legge regionale n. 18 del 1999.

tutti gli enti (anche economici) sottoposti alla vigilanza della Regione la disciplina in
materia di assunzioni vigente per le amministrazioni pubbliche, non comporti anche
l’applicazione del divieto di conversione del rapporto che proprio da tale disciplina
deriva la sua ratio. E nella stessa ottica vi è da chiedersi se le indicate procedure
selettive siano rispettose – stante anche il riferimento alla natura dei profili
professionali e delle categorie dei destinatari dei vari comparti a dette procedure
assoggettabili – oltre che del nuovo e costituzionalizzato principio del rispetto dei
limiti della spesa pubblica anche del disposto degli ara. 3 e 97 Cost. (cfr. altresì, sul
punto, Corte cost. n. 207 del 2013 che rimarca come il disposto dell’art. 36, comma
5, del d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165 sia stato ritenuto dalla Corte stessa rispettoso degli
artt. 3 e 97 Cost. già con sentenza n. 89 del 2003; e come la stessa Corte di Giustizia
– con ordinanza 1 ottobre 2010 in causa C-3/10, Affatato, punto 51 – abbia affermato
che la summenzionata norma non è in contrasto con la clausola 5 dell’accordoquadro a tempo determinato allorquando siano previste ).
2.5. Una scelta nel senso del riconoscimento agli enti pubblici economici di
regole, come quelle in esame, finirebbe per determinare una non giustificata diversità
rispetto al sistema di reclutamento del personale delle pubbliche amministrazioni e

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Ed allora vi è da chiedersi se la scelta del legislatore regionale di applicare per

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finirebbe sul versante fattuale per causare ricadute negative – e non ragionevoli alla
stregua del bilanciamento di interessi a copertura costituzionale – attraverso una
conversione dei contratti a termine in contratti a tempo indeterminato, laddove la
norma di riferimento sia quella che prevede, per l’instaurazione del rapporto di

il tramite delle liste collocamento o a seguito di una non regolata mobilità o di
sistemi selettivi di reclutamento che non garantiscano la imparzialità e la efficienza
del personale da assumere a tempo indeterminato.
3. La rilevanza della questione in esame viene attestata anche dalla indubbia
analogia della fattispecie scrutinata con quelle – riscontrabili in sede di legislazioni
regionali – di stabilizzazione di rapporti di lavoro a tempo determinato (dei
dipendenti delle stessa Regione) in rapporti a tempo indeterminato.
3.1. Ed infatti l’art. 1 della legge della Regione Campania regionale del 30
gennaio 2008 (intitolata “Norme per la stabilizzazione del personale precario del
servizio sanitario regionale”), modificato in parte dall’art. 5 della legge della stessa
Regionale del 14 aprile 2008 (dichiarata urgente dall’art. 97 della stessa legge ai
sensi degli artt. 45 e 46 dello Statuto ed entrata in vigore il giorno successivo a quello
della sua pubblicazione avvenuta il 4 febbraio 2008), riconosce come destinatari
della detta stabilizzazione “coloro che alla data del 31 dicembre 2006 risultino avere
prestato servizio per almeno tre anni anche non continuativi con contratto lavoro a
tempo determinato”.
3.2. Ne consegue che anche gli interventi legislativi sulla “stabilizzazione”, per
sembrare porsi in discontinuità sotto molteplici versanti con i più volte giù
sottolineati principi costituzionali, possono giustificare una interpretazione

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pubblico impiego, in luogo del pubblico concorso un avviamento indifferenziato per

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costituzionalmente orientata del dato normativo nonché una estensione dei principi
fissati dal disposto dell’art. 36 del d.lgs n. 165 del 2001.
4. Per le ragioni sopra esposte il Collegio stima che ricorrano le condizioni per la
rimessione degli atti al Primo Presidente, affinché, ove condivida l’esigenza di una

assegnarne la trattazione e la decisione alle Sezioni unite, atteso che la suddetta
questione – sia per il cospicuo contenzioso ancora in corso, sia per il numero non
esiguo dei soggetti interessati, sia infine anche per i connessi ipotizzabili profili di
responsabilità amministrativa e contabile – può qualificarsi ai sensi dell’art. 374,
comma 2, c.p.c. “di massima di particolare importanza”.
P.Q.M.
La Corte rimette gli atti al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione del
ricorso alle Sezioni unite ai sensi dell’art. 374 cod. proc. civ., comma 2.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio il 4 dicembre 2013.

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