Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4458 del 23/02/2018


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Civile Ord. Sez. 1 Num. 4458 Anno 2018
Presidente: AMBROSIO ANNAMARIA
Relatore: FRAULINI PAOLO

ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9023/2014 R.G. proposto da
GLORIA ROSA e BEVITORE NUNZIO, rappresentati e difesi
dall’avv. Stefano Pettorino, con domicilio eletto presso la
Cancelleria della Corte di Cassazione, giusta procura a margine del
ricorso;
– ricorrenti contro
BANCO DI NAPOLI S.P.A., rappresentato e difeso dall’avv. Nicola
Rocco di Torrepadula, con domicilio eletto in Roma, via XX
settembre n. 3 presso lo studio dell’avv. Antonio Rappazzo giusta
procura a margine del controricorso;
– controricorrente avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli n. 3606/13
00
-1.

depositata il 16 ottobre 2013.
Udita la relazione svolta nella Camera di Consiglio del 9 ottobre
2017 dal Consigliere Paolo Fraulini;

Data pubblicazione: 23/02/2018

lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore generale Lucio Capasso che ha chiesto l’accoglimento
del primo motivo del ricorso con l’assorbimento dei restanti;
letta la memoria depositata dalla controricorrente ai sensi dell’art.
380-bis cod. proc. civ.
FATTI DI CAUSA
1. La Corte di appello di Napoli ha confermato la sentenza con

ROSA GLORIA e NUNZIO BEVITORE avente per oggetto la
condanna della s.p.a. San Paolo Banco di Napoli al pagamento in
loro favore della somma di euro 233.291,38, pari all’importo da
essi investito in obbligazioni argentine per il tramite della banca
intermediaria.
2. Il giudice di appello, per quanto in questa sede ancora rileva,
ha ritenuto che in tema di nullità del contratto di intermediazione
finanziaria e dei singoli ordini di acquisto, il giudice deve ritenersi
vincolato alla prospettazione della parte, non potendo scrutinare
ragioni di invalidità diverse da quelle dedotte; nella specie gli
investitori avevano dedotto in primo grado la nullità degli ordini di
acquisto per violazione da parte dell’intermediario degli obblighi
informativi su di esso ricadenti e mai avevano fatto menzione

dell’assenza del contrattò quadro; domanda questa formulata per
la prima volta e quindi tardivamente in appello; parimenti tardive
ha valutato le domande di annullamento degli ordini per vizio del
consenso e quelle di

accertamento della

responsabilità

precontrattuale e contrattuale della banca.
3. Avverso tale sentenza ROSA GLORIA e NUNZIO BEVITORE
ricorrono con tre motivi, resistiti dal BANCO DI NAPOLI S.P.A. (già
San Paolo Banco di Napoli s.p.a.) con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il ricorso lamenta:
1.1. Primo motivo: «Violazione e falsa applicazione degli
artt. 1421 c.c. e 23 del TUF e degli artt. 99, 112, e 354 c.p.c. e 111
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cui il locale Tribunale aveva respinto la domanda formulata da

della Cost. in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c. per avere omesso la
Corte di appello di Napoli di rilevare ex officio la nullità delle
operazioni di investimento in obbligazioni dello Stato Argentino del
31/10/2001 e del 07/01/2002, per complessive euro 233.291,38
per cui è causa per la mancanza del contratto quadro / stipulato e
sottoscritto inter partes solo in data 9.8.2004 circa tre anni più
tardi dell’effettuazione degli ordini di acquisto da parte dei

1.2. Secondo motivo: «Violazione ed erronea applicazione
degli artt. 112 e 345 c.p.c. in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c.) per
avere la Corte di merito erroneamente ritenuto nuovo e perciò
inammissibile il secondo motivo di gravame, omettendo di
pronunciarsi sulla domanda ritualmente introdotta con l’atto di
citazione introduttivo del presente giudizio e riproposta con il 2°
motivo di appello con la quale i ricorrenti denunciavano la nullità
e/o annullamento degli ordini di acquisto delle obbligazioni
argentine per cui è causa ai sensi dell’art. 1418 cod. civile in
relazione all’art. 640 c.p. ed ai sensi dell’art. 1427 e 1439 c.c. per
avere la banca convenuta omesso di informare i ricorrenti dei rischi
sottesi alle operazioni di acquisto delle obbligazioni argentine
ovvero che lo Stato Argentino era insolvente e dunque le operazioni
loro proposte avrebbero comportato la perdita certa del capitale
investito, traendo consapevolmente vantaggio l’istituto di credito
dell’inesperienza e della ignoranza in materia dei sig.ri GloriaBevitore».
1.3. Terzo motivo: «Violazione ed erronea applicazione degli
artt. 112 e 345 c.p.c. in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c.) per
avere la Corte di merito erroneamente ritenuto nuovo e perciò
inammissibile il terzo motivo di gravame, omettendo di
pronunciarsi sulla domanda ritualmente introdotta con l’atto di
citazione introduttivo del presente giudizio e riproposta con il 3°
motivo di appello con la quale i ricorrenti denunciavano la
responsabilità della banca convenuta per la perdita di capitale
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ricorrenti.».

investito da essi subita senza che fossero mai osservate le
prescrizioni di cui agli artt. 21 TUF e 26,27,28 e 29 del Reg.
Consob n. 11522/98 ed artt. 1175 e 1176 2 comma cod. civ.
avendo la banca proposto ad essi, umili ed inesperti risparmiatori,
l’acquisto di un prodotto finanziario ad alto rischio, non adeguato al
loro basso profilo di rischio e senza informarli che lo Stato
emittente era in stato di insolvenza e giammai sarebbe stato in

2.

Il ricorso va respinto.

3.

Il primo motivo è infondato. Sul punto ritiene questa Corte di
dover dare continuità al proprio indirizzo espresso con la
sentenza 16 marzo 2016, n. 5249 secondo cui, in tema di
intermediazione

finanziaria,

ove

sia

stata

dedotta

dall’investitore la nullità dei soli ordini di investimento, deve
escludersi che il giudice, anche in sede di appello, possa
rilevare d’ufficio la nullità del contratto quadro per difetto del
requisito della forma scritta. Nella fattispecie è incontestato,
poiché sono gli stessi ricorrenti a confermarlo nelle premesse
del ricorso per cassazione, che in primo grado essi avevano
chiesto dichiararsi la nullità o l’annullabilità dei soli ordini di
acquisto dei titoli; e che solo in grado di appello avevano
formulato per la prima volta una censura che evidenziava la
mancanza all’epoca degli acquisti del contratto quadro di
negoziazione, di cui pertanto chiedevano in quella fase la
declaratoria di nullità con conseguenti effetti sugli ordini di
negoziazione. In tale contesto va ribadito che il rilievo officioso
della nullità contrattuale, pur dopo l’ampliamento del suo
ambito di rilevabilità ad opera di Cass., Sez. Un., 12 dicembre
2014, n. 26242, va pur sempre coordinato, nel giudizio di
gravame, con quello del divieto di domande nuove. Ne deriva
che nel caso di specie, la declaratoria di nullità del contratto
quadro – di cui gli stessi ricorrenti ammettono la stipula solo
tre anni dopo gli ordini di negoziazione oggetto della domanda
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grado di garantirgli la restituzione del capitale investito.».

in primo grado, non poteva né può essere esaminata. Invero il
rilievo officioso della nullità contrattuale non può che
concernere il negozio posto a fondamento della domanda
introduttiva (id est: gli ordini di negoziazione), non certo un
contratto diverso da esso (che all’epoca degli acquisti, in tesi,
nemmeno esisteva). Se è pur vero che tra il contratto quadro o
contratto normativo e i successivi ordini di investimento esiste

muovono da una autonoma manifestazione di volontà e sono
così dotati di una propria autonoma individualità, la quale
rende evidentemente possibile che il vizio di nullità colpisca
detti ordini, senza investire affatto il contratto quadro (mentre,
all’inverso, la nullità del contratto quadro travolge
ineluttabilmente gli ordini eseguiti a valle). Da ciò si trae
ulteriore conferma che le due domande (quella formulata dai
ricorrenti in primo grado e quella proposta per la prima volta in
appello, concernevano negozi del tutto distinti, sicché la
seconda è stata correttamente giudicata nuova e come tale
inammissibile dalla Corte di appello. Invero Cass., Sez. Un., 12
dicembre 2014, n. 26243, ha affermato che, in sede di appello,
il thema decidendum resta definitivamente cristallizzato dal
contenuto della decisione impugnata e che, tenuto conto della
previsione dell’articolo 345 c.p.c., e del principio ivi previsto
dell’inammissibilità delle domande nuove, coordinata con
l’obbligo, che si assume perdurante anche in sede di
impugnazione, di rilievo officioso di una causa di nullità
contrattuale, il giudice di appello investito di una domanda
nuova volta alla declaratoria di nullità contrattuale non può
esaminarla perché inammissibile, potendo essa soltanto
convertirsi in eccezione di nullità, nella specie tuttavia
inoperante stante la posteriorità temporale del contratto
quadro ai singoli ordini oggetto di controversia.

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un evidente collegamento, è altrettanto vero che questi ultimi

4. Il secondo motivo è inammissibile; esso non attinge il punto
nodale della decisione di secondo grado sul punto in cui si
evidenzia che il primo giudice aveva rilevato la genericità delle
domanda di annullamento risolventesi – come risulta anche dal
passo riportato in ricorso – nella mera indicazione di norme,
senza l’esplicazione di argomenti idonei a supportare la
denuncia di vizio del consenso e si rileva la genericità della

sussiste alcuna nullità della sentenza impugnata, che sul punto
risulta aver fornito una motivazione coerente e come tale
riconoscibile; dall’altro il motivo continua anche in questa fase
a enunciare e commentare la normativa in tema di
annullamento contrattuale, ma nulla dite sul rilievo della
genericità della relativa deduzione nei gradi di merito; ne
consegue l’inammissibilità del mezzo.
5.

Il terzo motivo,

nella sostanza, sollecita

una

reinterpretazione dell’atto introduttivo del giudizio ma omette di
trascrivere o anche solo di indicare gli atti processuali cui fa
riferimento (segnatamente le conclusioni dell’atto di citazione in
primo e la definitiva domanda formulata all’esito delle preclusioni
proec4ssuali); ne consegue la violazione del combinato disposto
degli artt. 366 n. 4 e 369 n. 6 cod. proc. civ. con conseguente
inammissibilità della censura (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8077 del
22/05/2012).
6.

La soccombenza regola le spese.
P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna GLORIA ROSA e BEVITORE NUNZIO
al rimborso in favore della controricorrente delle spese del giudizio
di cassazione, liquidate in C 5.200,00 (di cui C 200,00 per esborsi)
oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella
misura del 15%; ai sensi dell’art.13 co. 1 quater del d.p.r. n. 115
del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il
versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a
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censura in appello sul tema. In tale contesto da un lato non

titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a
norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 9 ottobre 2017.
Il Presidente
io

Dott.ssa Fabrija BAL E

Annamaria Ambrosio
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Il Funzionario Giudi

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