Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4456 del 20/02/2020

Cassazione civile sez. II, 20/02/2020, (ud. 03/12/2019, dep. 20/02/2020), n.4456

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. SCARPA Antonio – rel. Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1012/2016 proposto da:

L.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI MONTI

PARIOLI 28, presso lo studio dell’avvocato DOMENICO FESTA, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

CONSORZIO VALLE IORO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 7377/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 28/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

03/12/2019 dal Consigliere Dott. ANTONIO SCARPA.

Fatto

FATTI DI CAUSA E MOTIVI DELLA DECISIONE

L.N. ha proposto ricorso articolato in due motivi avverso la sentenza n. 7377/2014 della Corte d’appello di Roma, depositata il 28 novembre 2014.

Rimane intimato, senza svolgere attività difensive, il Consorzio Valle Ioro.

Con ricorso del 19 maggio 2006 L.N. impugnò le deliberazioni assembleari assunte dal Consorzio Valle Ioro nella riunione del 2 aprile 2006, punti da 4 a 10 dell’ordine del giorno, per vizi inerenti al procedimento di convocazione dell’assemblea, alla valida costituzione della stessa nonchè a singoli profili degli argomenti trattati.

L’adito Tribunale di Tivoli, sezione distaccata di Castelnuovo di Porto, con sentenza del 12 novembre 2008, rigettò la domanda di L.N.. Questi propose appello con citazione del 28 dicembre 2009, ma il gravame venne dichiarato inammissibile dalla Corte d’appello di Roma con la sentenza del 28 novembre 2014 per mancata e generica enunciazione dei motivi ai sensi dell’art. 342 c.p.c.. Secondo la Corte di Roma, L.N. si era limitato a riproporre come motivi di appello le medesime censure alle delibere assembleari impugnate contenute nel ricorso di primo grado, già ritenute indeterminate dal Tribunale, senza esporre “neppure sommariamente, le proprie doglianze avverso la sentenza impugnata, omettendo di indicare le ragioni di fatto e di diritto in base alle quali ha richiesto la riforma della pronuncia di primo grado”.

La trattazione del ricorso è stata fissata in Camera di consiglio, a norma dell’art. 375 c.p.c., comma 2 e art. 380 bis.1 c.p.c..

Il primo motivo di ricorso lamenta la violazione dell’art. 342 c.p.c., riportando integralmente, da pagina 13 a pagina 35 di ricorso, i cinque motivi di appello proposti per evidenziarne le critiche svolte alla sentenza del Tribunale di Tivoli, sezione distaccata di Castelnuovo di Porto.

Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c., avendo la Corte di Roma omesso di esaminare i motivi di appello.

Il primo motivo di ricorso è fondato, rimanendo assorbito nell’accoglimento della prima censura l’esame del secondo motivo.

Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, al quale non risulta conforme l’impugnata sentenza, ai fini della specificità dei motivi d’appello imposta dall’art. 342 c.p.c. (nel testo, qui applicabile “ratione temporis”, anteriore alle modifiche apportategli dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. a, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012), l’esposizione delle ragioni di fatto e di diritto, invocate a sostegno dell’impugnazione, possono sostanziarsi anche nella prospettazione delle medesime ragioni addotte nel giudizio di primo grado, purchè ciò determini una critica adeguata e specifica della decisione impugnata e consenta al giudice del gravame di percepire con certezza il contenuto delle censure, in riferimento alle statuizioni adottate dal primo giudice; ciò impone una valutazione in concreto del fatto processuale ispirata ad un principio di simmetria e condotta alla luce del raffronto tra la motivazione del provvedimento appellato e la formulazione dell’atto di appello, nel senso che quanto più approfondite e dettagliate risultino le argomentazioni del primo, tanto più puntuali devono profilarsi quelle utilizzate nel secondo per confutare l’impianto motivazionale del giudice di prime cure (cfr. Cass. Sez. U, 25/11/2008, n. 28057; Cass. Sez. 3, 29/11/2011, n. 25218; Cass. Sez. 1, 12/02/2016; n. 2814; Cass. Sez. 2, 23/02/2017, n. 4695).

Poichè la prima censura investe la dichiarazione di genericità dei motivi di appello adottata dalla Corte di Roma, e perciò costituisce denunzia di un error in procedendo, occorre procedere al diretto esame del contenuto dell’atto di appello. E’ agevole allora considerare come tutti i motivi dell’appello proposto da L.N. contenessero una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata del Tribunale di Tivoli e, con essi, delle relative doglianze, contrapponendo le diffuse argomentazioni critiche dell’appellante al fondamento logico-giuridico su cui era fondata la decisione di primo grado (quanto al difetto di prova della invalida convocazione e costituzione dell’assemblea, all’accertamento del “valore dell’edificio” per la verifica dei quorum, alle incongruenze del rendiconto consuntivo 2005, alla conformità tra ordine del giorno ed argomenti trattati in assemblea, alla violazione dei criteri di ripartizione delle spese).

Le esposte considerazioni determinano l’accoglimento del primo motivo di ricorso, con assorbimento del secondo motivo (essendo la violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato ex art. 112 c.p.c., ipotizzata nella seconda censura, in realtà conseguente alla pronuncia in rito di inammissibilità resa sull’intero gravame). Consegue la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, che dovrà fare applicazione dei principi sopra riaffermati nella disamina del proposto appello, conclusivamente regolando anche le spese processuali del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, ad altra sezione della Corte d’Appello di Roma.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 3 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 febbraio 2020

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