Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4455 del 21/02/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 21/02/2017, (ud. 06/12/2016, dep.21/02/2017),  n. 4455

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22863-2011 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE C.F. (OMISSIS), in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

Avvocati ANTONINO SGROI, LELIO MARITATO, LUIGI CALIULO, D’ALOISIO

CARLA, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

PREGNO TRASPORTI S.R.L. C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

ANTONIO BERTOLONI 55, presso lo studio dell’avvocato CRISTINA

BERTOCCHINI, rappresentata e difesa dagli avvocati EMILIO ANTONIO

SELLITTI, ALBERTO PASTA, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 801/2010 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 05/11/2010 R.G.N. 806/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

06/12/2016 dal Consigliere Dott. CAVALLARO LUIGI;

udito l’Avvocato D’ALOISIO CARLA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA MARCELLO che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per

quanto di ragione.

Fatto

Con sentenza depositata il 5.11.2010, la Corte d’appello di Torino confermava la statuizione di primo grado che aveva condannato l’INPS a restituire a Pregno Trasporti s.r.l. il 90% dei contributi versati nel triennio 1994 – 1997, L. n. 350 del 2003, ex art. 4, comma 90.

La Corte territoriale, per quanto qui rileva, riteneva che il D.L. n. 300 del 2006, art. 3 – quater, (conv. con L. n. 17 del 2007), nel prorogare al 31.7.2007 il termine di presentazione delle domande di cui alla L. n. 350 del 2003, art. 4, comma 90, che a sua volta aveva esteso ai soggetti colpiti dagli eventi alluvionali occorsi in Piemonte nel novembre 1994 e destinatari di provvedimenti agevolativi in materia di versamento di somme dovute a titolo di tributi, contributi e premi, i benefici dettati dalla L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, per i soggetti colpiti dal sisma della Sicilia orientale, avesse fugato ogni dubbio in ordine all’applicabilità delle disposizioni recate dalla norma ult. cit. anche ai contributi previdenziali e ai premi assicurativi e, sotto altro ma connesso profilo, considerava che non potevano distinguersi, ai fini dell’accesso ai benefici in questione, la posizione di coloro che a tale data non avessero ancora provveduto al pagamento dei premi e quella di coloro che, come l’azienda in epigrafe, vi avessero già provveduto, dovendo in tale caso riconoscersi il loro diritto a ripetere quanto versato in eccesso rispetto al dovuto.

Ricorre contro questa pronuncia l’INPS, articolando due motivi di censura. Resiste l’azienda con controricorso, illustrato da memoria.

Diritto

Con il primo motivo di censura, l’Istituto ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 107 e 108 TFUE e degli L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, L. n. 350 del 2003, art. 4, comma 90, e D.L. n. 300 del 2006, art. 3 – quater, comma 1, (conv. con L. n. 17 del 2007), per avere la Corte di merito riconosciuto la spettanza del beneficio nonostante fosse stato istituito da disposizioni di legge adottate in contrasto con il divieto di aiuti di Stato stabilito dall’ordinamento comunitario.

Con il secondo motivo, l’Istituto ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione del D.L. n. 300 del 2006, art. 3 – quater, comma 1, (conv. con L. n. 17 del 2007) per non avere nè il giudice di prime cure nè la Corte territoriale rilevato la decadenza dal diritto al rimborso, pur essendo stata la domanda L. n. 350 del 2003, ex art. 4, comma 90, presentata solo in data 2.12.2008.

Tale ultimo motivo, involgendo la possibilità per l’azienda di accedere al beneficio secondo le disposizioni del diritto interno, è logicamente preliminare rispetto al primo, in cui viceversa si controverte della compatibilità con il diritto comunitario del beneficio che sia stato eventualmente riconosciuto, ed è fondato nei termini che seguono.

Va preliminarmente disatteso il rilievo di inammissibilità della censura per intervenuto giudicato interno, sollevato da parte controricorrente per avere il giudice di prime cure accolto la domanda “previa sua qualificazione quale domanda di indebito oggettivo soggetta ex art. 2033 c.c., agli ordinari termini di prescrizione” e non avere l’INPS impugnato in appello detta statuizione (cfr. controricorso, pag. 12): posto che il giudicato sulla qualificazione giuridica di un rapporto può formarsi solo se questa abbia formato oggetto di contestazione e il punto deciso costituisca antecedente necessario ed indispensabile della pronuncia sulla domanda (cfr. da ult. Cass. n. 10053 del 2013), decisivo nella specie è rilevare che la stessa parte controricorrente ha dato atto che l’Istituto, costituendosi in primo grado, non aveva sollevato alcuna eccezione di decadenza, di talchè sulla qualificazione del rapporto in termini di indebito oggettivo soggetto a prescrizione o di beneficio previdenziale soggetto a tempestiva domanda non poteva logicamente essere sorta alcuna questione controversa.

Ciò posto, questa Corte ha già affermato che il termine del 31.7.2007, risultante per la presentazione delle domande di regolarizzazione L. n. 350 del 2003, ex art. 4, comma 90, a seguito della proroga dell’originario termine del 31.7.2004 da parte del D.L. n. 300 del 2006, art. 3 – quater, comma 1, (conv. con L. n. 17 del 2007), si applica anche alle imprese abbiano già versato i contributi previdenziali, dovendosi ritenere irragionevole una distinzione tra coloro che non abbiano corrisposto i contributi e coloro che, invece, abbiano già effettuato il pagamento, in quanto la locuzione “regolarizzare la posizione”, di cui all’art. 4, comma 90, cit., include tanto l’ipotesi in cui la definizione della posizione previdenziale intervenga mediante il pagamento del 10% del dovuto, quanto quella in cui avvenga mediante il rimborso del 90% del versato (Cass. n. 12603 del 2016). Ed ha parimenti affermato che il termine in questione, benchè non espressamente qualificato dal legislatore come perentorio, costituisce nondimeno un termine di decadenza di ordine pubblico, tutelando l’interesse alla certezza delle determinazioni concernenti l’erogazione di spese gravanti sui bilanci degli enti previdenziali, che a sua volta è correlato ai vincoli di carattere sovranazionale cui il bilancio pubblico è assoggettato in forza dei Trattati europei e dei criteri politico-economici e tecnici adottati dagli organi dell’Unione europea per controllarne l’osservanza (Cass. n. 24933 del 2016).

Trattandosi di istituto preordinato all’anzidetta finalità, deve allora ritenersi che la decadenza di cui alla D.L. n. 300 del 2006, art. 3 – quater, cit., sia sottratta alla disponibilità degli enti preposti all’erogazione del beneficio, così come tutte le decadenze in materia previdenziale (principio pacifico nella giurisprudenza di questa Corte: cfr. tra le più recenti Cass. nn. 7148 del 2008 e 6331 del 2014). E ciò, logicamente, porta a concludere per la sua soggezione alla regola generale di cui all’art. 2969 c.c. e dunque alla sua rilevabilità anche d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento e anche in questa sede di legittimità, alla sola condizione che non si sia formato sul punto alcun giudicato e che la soluzione della questione non implichi nuove indagini di fatto, essendo le circostanze su cui si fonda precisamente indicate in ricorso, sia quanto alla data del loro materiale accadimento sia quanto al momento in cui sono emerse nel precedente svolgimento del processo (arg. ex Cass. nn. 27674 del 2005 e, specularmente, 17395 del 2016).

Nel caso di specie, è incontroverso che parte controricorrente abbia indicato fin dal ricorso introduttivo del giudizio di primo grado che la domanda L. n. 350 del 2003, ex art. 4, comma 90, era stata presentata in data 2.12.2008, pervenendo all’INPS il 9 successivo (cfr. ricorso per cassazione, pag. 9). E trattandosi di data all’evidenza posteriore rispetto a quella del 31.7.2007, deve senz’altro concludersi per la sua tardività e la consequenziale decadenza dell’azienda dal beneficio invocato: questa Corte, infatti, ha già chiarito che il D.L. n. 300 del 2006, art. 3-quater, cit., ha distinto il termine di presentazione delle domande di regolarizzazione per i soggetti colpiti dall’alluvione piemontese di cui alla L. n. 350 del 2003, art. 4, comma 90, rispetto a quello previsto per i soggetti colpiti dal sisma siciliano di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, prevedendo per i primi, al comma 1, il suo differimento al 31.7.2007 e disponendo per i secondi, al comma 2, la sua posticipazione al 31.12.2007, di talchè, essendo soltanto la disposizione di cui al secondo comma ad essere stata interessata dalla modifica apportata dalla D.L. n. 248 del 2007, art. 36 – bis, (il quale, sotto la rubrica “Proroga di termini per la definizione di somme dovute da soggetti residenti nelle province di Catania, Ragusa e Siracusa”, ne ha disposto l’ulteriore proroga al 31.3.2008), la L. n. 190 del 2014, art. 1, comma 665, nel riaprire i termini per la presentazione delle domande di rimborso da parte dei soggetti colpiti dal sisma della Sicilia orientale, calcolandoli “a decorrere dalla data di entrata in vigore della L. 28 febbraio 2008, n. 31, di conversione del D.L. 31 dicembre 2007, n. 248”, ha presupposto e mantenuto inalterata la distinzione tra le due categorie dei destinatari del beneficio della regolarizzazione automatica per ciò che concerne il termine di presentazione delle domande, con consequenziale inapplicabilità ai beneficiari della regolarizzazione L. n. 350 del 2003, ex art. 4, comma 90, della proroga introdotta per i beneficiari della regolarizzazione L. n. 289 del 2002, ex art. 9, comma 17, (Cass. n. 24993 del 2016, cit.).

Conseguentemente, assorbito il primo motivo, la sentenza impugnata va cassata e la causa va decisa nel merito con il rigetto della domanda proposta dall’azienda controricorrente. La novità della questione e la straordinaria complessità della disciplina (che ha visto plurimi e non sempre coerenti interventi del legislatore, dando luogo a orientamenti discordanti all’interno di questa stessa Corte di legittimità: cfr. sul punto ancora Cass. n. 24993 del 2016, cit.) consentono di ravvisare in specie gravi ed eccezionali ragioni per disporre la compensazione delle spese dell’intero processo.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta da Pregno Trasporti s.r.l. Compensa le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 6 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 21 febbraio 2017

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