Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4452 del 20/02/2020

Cassazione civile sez. II, 20/02/2020, (ud. 22/11/2019, dep. 20/02/2020), n.4452

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – rel. Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 14303/2016 R.G. proposto da:

Associazione Archivi G., rappresentata e difesa dagli Avv.ti

Gianluca Fusco e Giulia Di Giulio per procura in calce al ricorso,

elettivamente domiciliata in Roma presso il loro studio alla via dei

Tre Orologi n. 20;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) s.p.a., già Telemarket 2 s.r.l., rappresentata e difesa

dagli Avv.ti Davide Guardamagna, Maria Francesca Guardamagna e

Silvia Golino per procura in calce al controricorso, elettivamente

domiciliata in Roma presso lo studio di quest’ultima al vicolo del

Mazzarino n. 14;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma, n. 2118,

depositata il 4 aprile 2016.

Udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Enrico Carbone

nell’udienza pubblica del 22 novembre 2019;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. PEPE Alessandro, che ha concluso per il rigetto del

ricorso;

uditi gli Avv.ti Gianluca Fusco e Giulia Di Giulio.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Nel corso dell’anno 2003, Telemarket 2 s.r.l. sottoponeva un quadro di sua proprietà all’Associazione Archivi G., affinchè questa espletasse, riguardo a tale opera, l’attività di esame e archiviazione offerta tramite il proprio sito internet.

Presa in deposito la tela, l’Associazione così espresse il suo giudizio: “non sono emersi elementi tali da consentirne l’attribuzione a G.R.”.

Ritenuto tale giudizio tanto sommario da costituire inadempimento degli obblighi contrattuali, la società televisiva ha adito il Tribunale di Roma, per sentir condannare l’Associazione G. all’adempimento in forma specifica, domanda che tuttavia è stata respinta a motivo dell’infungibilità della prestazione.

Con l’appello, la soccombente ha convertito la domanda, sollecitando la risoluzione del contratto per inadempimento dell’Associazione G. e la condanna generica di questa al risarcimento dei danni.

In accoglimento del gravame, la Corte d’appello di Roma ha dichiarato la risoluzione contrattuale per inadempimento dell’Associazione, questa condannando a restituire il corrispettivo di Euro 186,00 e a risarcire i danni da liquidarsi in separato giudizio.

L’Associazione G. ricorre per cassazione con sei motivi, illustrati da memoria.

(OMISSIS) s.p.a., già Telemarket 2 s.r.l., resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso denuncia la nullità della sentenza per difetto di costituzione del giudice e la violazione degli artt. 132,158,276,359 c.p.c., art. 119 disp. att. c.p.c., in quanto la minuta della sentenza d’appello sarebbe stata sottoposta al presidente del collegio giudicante, e da lui sarebbe stata sottoscritta, quando egli era stato ormai collocato a riposo per raggiunti limiti d’età.

1.1. Il primo motivo è infondato.

Per giurisprudenza costante, dalla quale non v’è ragione di discostarsi, la potestas iudicandi che legittima il magistrato all’adozione del provvedimento giurisdizionale deve sussistere al momento della deliberazione della decisione, a prescindere dal tempo del deposito della minuta, in quanto la decisione si intende presa quando è deliberata in Camera di consiglio, mentre le successive fasi dell’iter formativo dell’atto non incidono sulla sostanza della pronuncia, sicchè, ai fini dell’esistenza, validità ed efficacia della sentenza, è irrilevante che, dopo la deliberazione, il magistrato sia cessato dalle funzioni perchè collocato a riposo o fuori ruolo (tra molte, Cass. 9 febbraio 1991, n. 1374; Cass. 8 ottobre 2001, n. 12324; Cass. 27 ottobre 2006, n. 23191; Cass. 4 novembre 2014, n. 23423).

2. Il secondo motivo di ricorso denuncia omissione di pronuncia e violazione degli artt. 83,112,125 c.p.c., artt. 2702,2703 c.c., il terzo motivo violazione degli artt. 2495,2504-bis c.c., art. 75 c.p.c., entrambi per aver il giudice d’appello respinto l’eccezione di inammissibilità del gravame e ignorato l’eccezione di inesistenza della relativa procura, eccezioni sollevate dall’Associazione G. in rapporto all’estinzione della società Telemarket 2, avvenuta prima della notifica dell’atto d’appello.

2.1. Da esaminare unitariamente per connessione logica, il secondo e il terzo motivo sono infondati.

Pacifico che Telemarket 2 s.r.l. sia stata incorporata da Telemarket s.p.a. e questa poi da (OMISSIS) s.p.a. (pag. 7 della sentenza d’appello), vale il principio di continuità anche processuale tra incorporata e incorporante, quale emerge dall’art. 2504 bis c.c., che ha atteggiato la fusione societaria a vicenda non estintiva, ma evolutivo-modificativa dello stesso soggetto giuridico (Cass. 18 novembre 2014, n. 24498; Cass. 16 maggio 2017, n. 12119; Cass. 12 febbraio 2019, n. 4042).

3. Il quarto motivo di ricorso denuncia violazione degli artt. 1175,1362,1363,1366,1371,1375,2729 c.c. e omesso esame di fatto decisivo, per aver il giudice d’appello ritenuto sussistere l’obbligo negoziale dell’Associazione G. di motivare il rifiuto di archiviazione.

3.1. Il quarto motivo è fondato.

Ad avviso del giudice d’appello, la risposta negativa espressa dall’Associazione G., “per la sua laconicità e genericità”, non assicura “quello studio attento dell’opera e quel confronto con il materiale in possesso dell’archivio che erano stati prospettati nell’offerta su internet” (pag. 11-12 di sentenza).

In altri termini, per l’interpretazione che ne ha dato il giudice distrettuale, il contratto d’opera stipulato dalla Telemarket 2 tramite l’accettazione dell’offerta al pubblico manifestata dall’Associazione G. ha posto in capo a quest’ultima non soltanto l’obbligo di esaminare il quadro ed archiviarlo in caso di riconosciuta autenticità, ma anche l’obbligo di motivare dettagliatamente il giudizio di non attribuzione, “in modo da rendere note al proprietario dell’opera le ragioni oggettive e riscontrabili dell’eventuale giudizio negativo” (pag. 14 della sentenza d’appello).

Come esattamente denunciato nel motivo di ricorso, questa interpretazione non rispetta alcuni criteri legali di ermeneutica contrattuale.

Si ribadisce che l’interpretazione del contratto è affidata al giudice di merito ed è censurabile in sede di legittimità solo nell’ipotesi di violazione dei canoni ermeneutici di cui agli artt. 1362 c.c. e segg., dovendo quindi il ricorrente per cassazione specificare quali criteri interpretativi siano stati violati e in quale modo la violazione sia avvenuta (tra molte, Cass. 31 maggio 2010, n. 13242; Cass. 9 ottobre 2012, n. 17168; Cass. 15 novembre 2017, n. 27136; Cass. 16 gennaio 2019, n. 873).

Quest’onere di specificità è stato assolto dall’Associazione G. con riferimento al criterio letterale ex art. 1362 c.c., al criterio della buona fede ex art. 1366 c.c. e – in ultima eventuale istanza – al canone dell’equo contemperamento ex art. 1371 c.c..

Sotto il profilo testuale, rileva che l’offerta manifestata dall’Associazione via internet, per com’è trascritta nella medesima sentenza d’appello (pag. 10), menziona un obbligo di attento esame dell’opera e di archiviazione della stessa ove autentica, non anche un obbligo di motivare il rifiuto di archiviazione dell’opera non autentica.

Questo dato letterale risulta ignorato dal giudice d’appello, che invece avrebbe dovuto considerarlo quale elemento basilare, seppur da mettere in relazione con gli ulteriori elementi, testuali ed extratestuali, indicati dal legislatore (Cass. 10 ottobre 2003, n. 15150; Cass. 9 giugno 2005, n. 12120; Cass. 11 gennaio 2006, n. 261; Cass. 15 luglio 2016, n. 14432).

Peraltro, la buona fede, criterio di interpretazione del contratto, esclude che a questo possano essere attribuiti significati unilaterali, contrastanti con l’affidamento dell’uomo medio (Cass. 12 marzo 2014, n. 5782).

Amplius, i principi di correttezza e buona fede nell’esecuzione e nell’interpretazione dei contratti, di cui agli artt. 1175,1366 e 1375 c.c., rilevano tanto sul piano dell’individuazione degli obblighi contrattuali, quanto sul versante del bilanciamento dei contrapposti interessi delle parti (Cass. 18 settembre 2009, n. 20106).

Pacifico che il corrispettivo del servizio offerto dall’Associazione G. era modestissimo, appena Euro 154,94 oltre IVA (ancora pag. 10 della sentenza d’appello), non rispondeva a buona fede, quale parametro oggettivo delle attese ragionevoli del contraente medio, pretendere di ottenere in cambio una vera e propria expertise, quindi una dettagliata relazione storico-filologica sulla paternità dell’opera, nel caso in cui questa fosse risultata non archiviabile.

Vero che l’offerta pubblicizzata dall’Associazione G. sul proprio sito web faceva riferimento ad uno studio “attento” dell’opera ai fini dell’archiviazione, ma l’espressione, interpretata ex fide bona, assicurava che la verifica sarebbe stata seria, non che l’eventuale esito negativo sarebbe stato compendiato in una perizia d’arte.

Il silenzio dell’offerta circa l’obbligo di motivare il rifiuto di archiviazione e l’entità irrisoria del corrispettivo della prestazione indicano che quest’ultima era limitata alla sola “pronta archiviazione”, cioè alla catalogazione di opere sicuramente attribuibili al Maestro; nell’intesa di buona fede che, ove l’attribuzione non fosse certa, l’Associazione avrebbe restituito l’opera senza certificarla, salve le verifiche ulteriori tramite perizie indipendenti, sempre a disposizione della proprietà che volesse affrontarne i costi.

Oltre a violare il criterio letterale, integrato da buona fede, il giudice d’appello neppure ha considerato la regola finale dell’art. 1371 c.c., che prescrive di interpretare il contratto a titolo oneroso nel senso dell’equo contemperamento degli interessi delle parti, sia pure in via supplementare, cioè in caso di dubbio persistente (Cass. 4 gennaio 1995, n. 74; Cass. 6 novembre 2008, n. 26626).

Per vero, ove reputi non risolutiva l’esegesi testuale ex fide bona, non può il giudice di merito omettere di rapportare l’estensione dell’obbligo all’entità del corrispettivo, tenute presenti la natura culturale e la finalità non lucrativa dell’ente obbligato.

4. Restano assorbiti il quinto e il sesto motivo di ricorso, dacchè attinenti alla sussistenza e alle conseguenze dell’inadempimento, questo essendo riferito ad un’obbligazione contrattuale l’esistenza della quale dovrà essere scrutinata dal giudice di rinvio.

5. Deve essere accolto il quarto motivo di ricorso, respinti i primi tre e assorbiti gli altri; la sentenza deve essere cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Roma, che si atterrà ai principi di diritto richiamati sopra nel p. 3.1, e quindi regolerà le spese processuali, anche del giudizio di legittimità.

6. Per completezza, si osserva che quanto riferito dalla ricorrente nella memoria ex art. 378 c.p.c., a proposito del fallimento di (OMISSIS) s.p.a., intervenuto medio tempore, non ha rilevanza processuale: l’effetto interruttivo correlato all’apertura del fallimento dalla L. Fall., art. 43, non opera nel giudizio di legittimità, il quale, essendo dominato dall’impulso d’ufficio, non è soggetto alle ordinarie cause di interruzione del processo (Cass. 13 ottobre 2010, n. 21153; Cass. 23 marzo 2017, n. 7477; Cass. 15 novembre 2017, n. 27143).

P.Q.M.

Accoglie il quarto motivo di ricorso, respinge i primi tre e dichiara assorbiti gli altri.

Cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia ad altra sezione della Corte d’appello di Roma, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 22 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 febbraio 2020

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