Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 445 del 11/01/2017

Cassazione civile, sez. II, 11/01/2017, (ud. 15/09/2016, dep.11/01/2017),  n. 445

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PARZIALE Ippolisto – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 8258/2012 proposto da:

B.Z.A.B.A., (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA ARCHIMEDE 143, presso lo studio dell’avvocato LUIGI

PATRICELLI, rappresentato e difeso dall’avvocato CLAUDIO DEFILIPPI;

– ricorrente –

contro

IL TORRAZZO S.a.s. in persona del legale rappresentante pro tempore;

– intimata –

avverso la sentenza n. 997/2011 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 23/09/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

15/09/2016 dal Consigliere Dott. MASSIMO FALABELLA;

udito l’Avvocato EDOARDO D’ELIA, con delega dell’Avvocato CLAUDIO

DEFILIPPI difensore del ricorrente, che si riporta agli atti

depositati;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

B.Z.A.B.A. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Cremona il 3 novembre 2005 su ricorso di Il Torrazzo s.a.s. con cui gli era stato intimato il pagamento della somma di Euro 6.234,52 quale corrispettivo per l’acquisto di un autocarro usato e del motore che su di esso era stato montato.

Nella resistenza dell’ingiungente il Tribunale di Cremona revocava il decreto ingiuntivo e condannava l’opponente al pagamento della somma di Euro 5.034,52, oltre interessi. Riteneva, in proposito, che l’ingiunto avesse versato alla controparte il costo del solo veicolo, non anche quello del motore.

L’opponente dunque proponeva appello, chiedendo l’integrale accoglimento dell’opposizione.

Si costituiva la società Il Torrazzo che instava per il rigetto dell’impugnazione.

La Corte di appello di Brescia, con sentenza depositata il 23 settembre 2011, respingeva il gravame.

Con cinque motivi, illustrati da memoria, B.Z.A.B.A. ricorre per cassazione. Non ha svolto attività processuale in sede di legittimità la società intimata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col primo motivo il ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972 e richiama pure l’art. 360 c.p.c., n. 5. Assume che la fattura che documentava l’operazione ai fini fiscali era numerata come “5 bis/04” e che la stessa risultava essere inefficace in quanto non conforme alla previsione legislativa secondo cui la fattura deve essere datata e numerata in ordine progressivo.

Il motivo non ha fondamento.

Non risulta che la questione oggetto del motivo, che verte sul valore probatorio della fattura, sia stata sollevata avanti al giudice del gravame, nè emerge che la stessa sia stata trattata nella sentenza della Corte di appello. Deve ricordarsi, in proposito, che qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso stesso, di indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione (Cass. 18 ottobre 2013, n. 23675; cfr. pure: Cass. 28 luglio 2008, n. 20518; Cass. 26 febbraio 2007, n. 4391; Cass. 12 luglio 2006, n. 14599; Cass. 2 febbraio 2006, n. 2270).

Peraltro, il tema afferente l’idoneità probatoria della fattura, con riferimento all’operazione di cui trattasi, costituisce una quaestio facti non deducibile nella presente sede.

Da ultimo, la fattura nemmeno assume un rilievo decisivo nell’economia della sentenza impugnata, visto che la Corte, nel definire il giudizio di impugnazione, ha attribuito rilievo centrale alla deposizione resa da un testimone ( C.).

Col secondo motivo è lamentata violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., ma è pure fatto riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5. Rileva il ricorrente che la controparte non aveva in alcun modo dimostrato che la fattura contestata corrispondesse all’accordo, in effetti mai intercorso, circa la vendita del veicolo. Sostiene che la fattura, quale atto partecipativo, non era idonea a dimostrare l’esistenza del credito; rileva pure che la società incaricata della riparazione aveva emesso la relativa fattura in data 14 marzo 2003, mentre la fattura contestata si riferiva al precedente mese di febbraio.

Infine, l’istante deduce che la deposizione del teste escusso risultava inconferente.

Anche tale motivo deve essere disatteso.

La Corte di merito, in base a un giudizio di fatto non sindacabile nella presente sede, ha desunto la prova del contratto (oggetto del primo motivo di appello) dalla deposizione testimoniale di cui si è detto. La questione afferente la datazione della fattura emessa dalla società Grugnasco presenta, poi, carattere di novità e involge, comunque, apprezzamenti di fatto.

Il terzo motivo censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 1322 e 1376 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. Vi si contesta che la Corte di merito abbia ritenuto sufficiente, ai fini della prova del credito, la deposizione del teste C. e la fattura, osservando come le parti ben avrebbero potuto accordarsi per un prezzo inferiore rispetto a quello pagato per l’acquisto ed il montaggio del motore.

Esso non ha fondamento.

La questione verte non tanto sulla denunciata violazione o falsa applicazione di norme di diritto, quanto, piuttosto, sul vizio di motivazione. Dalla motivazione resa dalla Corte di appello risulta che la difesa dell’appellante era basata sull’assunto per cui sarebbe stato lui stesso ad eseguire la riparazione: tesi, questa, che il giudice distrettuale ha ritenuto fosse sconfessata dai conseguiti riscontri in ordine all’acquisto del motore e al suo montaggio sull’autocarro da parte del teste C.. Non risulta, del resto, che l’appellante avesse specificamente sollevato, in appello, una questione vertente sulla misura del corrispettivo pattuito.

E’ oggetto del quarto motivo una doglianza di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia. Il ricorrente lamenta che la Corte non abbia argomentato in merito alla richiesta di consulenza tecnica quanto al valore del mezzo e ad altre istanze istruttorie.

Il motivo va disatteso.

La mancata pronuncia su una istanza istruttoria non integra, di per sè, il vizio di omessa

insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, occorrendo che l’istanza non esaminata attenga a circostanza che, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, avrebbero potuto condurre ad una decisione diversa da quella adottata (Cass. 21 giugno 2006, n. 14303; Cass. 30 gennaio 2006, n. 1875). Nella specie l’impianto argomentativo della pronuncia risulta logico e completo; esso è tale da non essere inficiato dal mancato esperimento della richiesta consulenza: consulenza che avrebbe avuto ragione di essere disposta solo ove fosse stato eccepito che tra le parti non era intercorso accordo sul corrispettivo (aspetto, questo, che doveva essere dedotto in questa sede attraverso la trascrizione del relativo motivo di appello).

Il quinto motivo denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo. Lamenta il ricorrente che la Corte territoriale non abbia adeguatamente motivato circa il fatto che egli fosse debitore della controparte nonostante avesse già corrisposto l’unico importo che era stato pattuito: quello dovuto per l’acquisto dell’autocarro.

Nemmeno tale motivo può essere accolto.

La Corte di merito ha ritenuto che il motore fu acquistato e montato a spese della società controricorrente mentre, come si è visto, l’istante ha mancato di dar conto – operandone la trascrizione – di un motivo di appello avente puntualmente ad oggetto la misura del prezzo convenuto.

In conclusione, il ricorso è respinto.

Nulla deve statuirsi in punto di spese, stante il mancato svolgimento di attività difensiva da parte della controricorrente.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 15 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 11 gennaio 2017

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