Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4447 del 23/02/2018


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Civile Ord. Sez. L Num. 4447 Anno 2018
Presidente: NAPOLETANO GIUSEPPE
Relatore: DI PAOLANTONIO ANNALISA

ORDINANZA

sul ricorso 15993-2012 proposto da:
A.R.P.A.C. AZIENDA REGIONALE PROTEZIONE AMBIENTALE
CAMPANIA, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE
DELLE MILIZIE 22, presso lo studio dell’avvocato
ANDREA RICCIO, rappresentata e difesa dall’avvocato
INNOCENZO MILITERNI, giusta delega in atti;
– ricorrente contro

2017
4594

LOMAZZO CARMELO, NARRO CLAUDIO, MARTELLI MASSIMO,
MARTINO RAFFAELE, MONTANARI FRANCESCO, elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA M. A. BRACADIN 7, presso lo
studio

dell’avvocato

ORAZIO

MANLIO

DE

DONA,

Data pubblicazione: 23/02/2018

rappresentati e difesi dall’avvocato LUIGI DE DONA,
giusta delega in atti;
– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 7294/2011 della CORTE
D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 19/01/2012, R. G.

Il. P.M. ha depositato conclusioni scritte.

N. 5861/2008;

R.G. 15993/2012

RILEVATO CHE
1. la Corte di Appello di Napoli ha respinto l’appello dell’A.R.P.A.C. – Azienda
Regionale Protezione Ambientale Campania avverso la sentenza del Tribunale
della stessa città che aveva accolto i ricorsi proposti da Carmelo Lomazzo,
Raffaele Martino, Claudio Marro, Massimo Martelli e Francesco Montanari ed
aveva condannato l’azienda al pagamento in favore degli stessi delle somme per

5 dell’Ordinanza Ministeriale n. 301/99 nonché dalla Convenzione sottoscritta il
25 febbraio 2000 e la retribuzione percepita;
2. la Corte territoriale ha evidenziato che con la richiamata Convenzione il
Commissario di Governo si era impegnato a corrispondere all’A.R.P.A.C. un
compenso, determinato a vacazioni ex art. 4 della legge n. 143 del 1949, per le
attività di supporto rese nell’ambito dell’attività di gestione dell’emergenza rifiuti;
3.

il giudice di appello ha ritenuto che detto compenso dovesse essere

corrisposto ai dipendenti dell’A.R.P.A.C. coinvolti nel progetto, non rilevando che
l’attività fosse stata prestata durante il normale orario di lavoro, perché la stessa
trovava titolo nella convenzione e non era riconducibile alle obbligazioni connesse
al rapporto di lavoro, «concernendo mansioni diverse rese a favore di un
soggetto diverso, per volontà e con il consenso del datore di lavoro»;
4.

avverso tale sentenza l’A.R.P.A.C. ha proposto ricorso affidato a tre motivi, ai

quali hanno opposto difese i litisconsorti indicati in epigrafe;
5. il Procuratore Generale in data 20 ottobre 2017 ha concluso per l’accoglimento
del ricorso;
6. entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 380 bis 1 cod. proc.civ..

CONSIDERATO CHE

1.1. con il primo motivo l’A.R.P.A.C. denuncia, ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ.,
violazione e falsa applicazione dell’art. 1372 cod. civ. e rileva che ha errato la
Corte territoriale nell’affermare che costituisce titolo idoneo a fondare la pretesa
dei dipendenti la convenzione stipulata dall’Azienda con il Commissario di
Governo, perché il contratto ha forza di legge fra le parti e non può essere, se

ciascuno indicate in dispositivo, pari alla differenza fra gli importi previsti dall’art.

non nei casi espressamente previsti dal legislatore, fonte di obbligazioni nei
confronti dei terzi, i quali non possono agire per il suo adempimento;
1.2. la seconda censura addebita alla sentenza gravata la violazione dei criteri di
ermeneutica contrattuale fissati dagli artt. 1362 e seguenti cod. civ., perché il
tenore letterale dell’art.4 della convenzione è chiaro nel limitare l’oggetto della
pattuizione alle modalità di determinazione del compenso dovuto dal
Commissario all’ Azienda ed anche il richiamo all’elenco nominativo del personale
è finalizzato unicamente a consentire la quantificazione del costo della

1.3. con il terzo motivo la ricorrente denuncia il vizio motivazionale nonché la
violazione degli artt. 112 cod. proc. civ. e 2697 cod. civ. e rileva che negli atti
introduttivi dei giudizi di primo grado, poi riuniti, non era stato allegato che le
attività rese esulavano dalle mansioni normalmente espletate dai dipendenti
dell’A.R.P.A.C., sicché la Corte territoriale ha posto a fondamento della pronuncia
una circostanza non dedotta né tantomeno provata dalla parte;
1.3.1. l’Azienda deduce, inoltre, che il giudice di appello non ha considerato la
totale coincidenza delle attività elencate nella convenzione con le funzioni
attribuite all’A.R.P.A.C. dalla legge regionale n. 10 del 29 luglio 1998 e ha
omesso di esaminare la disposizione organizzativa interna con la quale era stato
costituito il gruppo assegnato al progetto «emergenza rifiuti», disposizione che
non contiene alcun riferimento a compensi o a incentivi;
2.

è infondata l’eccezione di improcedibilità del ricorso, perché l’Azienda

Regionale ha depositato la copia della sentenza notificatale in data 4 maggio
2012 ad istanza degli Avv.ti Oreste Cardillo e Antonella Cardito, che avevano
rappresentato gli attuali controricorrenti nel giudizio di appello;
3.

non si ravvisano i denunciati profili di inammissibilità del ricorso, perché nel

giudizio di legittimità possono essere prospettate questioni giuridiche diverse da
quelle esaminate dai giudici di merito, purché restino immutate le circostanze di
fatto rispettivamente allegate dalle parti;
3.1. i precedenti citati dalla difesa dei controricorrenti si riferiscono a fattispecie
nelle quali venivano in rilievo questioni «involgenti accertamenti non compiuti
perché non richiesti in sede di merito» e non possono essere invocati nel caso in
cui si discuta solo di una diversa qualificazione giuridica, che la Corte, in ragione
della funzione del giudizio di legittimità di garantire l’osservanza e l’uniforme
interpretazione della legge, può dare ai fatti di causa anche d’ufficio, nei limiti

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collaborazione;

desumibili dall’art. 112 cod. proc. civ. ( cfr. fra le tante Cass. nn. 18775/2017;
3437/2014; 6935/2007);
3.2. il ricorso è formulato nel rispetto degli oneri imposti dall’art. 366 nn. 3 e 6
cod. proc. civ., sui quali si fonda il principio della cosiddetta autosufficienza,
perché, sia pure attraverso il richiamo allo svolgimento dei fatti riportato nella
sentenza gravata, fornisce una compiuta rappresentazione della vicenda
controversa e delle posizioni rispettivamente assunte dalle parti nei precedenti
gradi di giudizio e riporta il contenuto dei documenti rilevanti, mediante

4. i motivi, che per la loro stretta connessione logico giuridica possono essere
unitariamente trattati, sono fondati;
4.1. è pacifico che i controricorrenti, tutti dipendenti dell’A.R.P.A.C., sono stati
inseriti dall’Agenzia nel gruppo del progetto “emergenza rifiuti” ed hanno svolto
durante l’orario di servizio le attività oggetto della convenzione sottoscritta
dall’A.R.P.A.C. e dal Commissario delegato, sulla base di quanto previsto dall’art.
5, comma 2, dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3011 del
21.10.1999, secondo cui qualora i Commissari delegati, Presidente della
Regione Campania e Sindaco del Comune di Napoli intendano avvalersi degli
enti pubblici di cui all’art. 4 dell’ordinanza n. 2470 del 31 ottobre 1996, con i
quali stipulano apposita convenzione, il relativo compenso è determinato, per
le attività di supporto, a vacazione ai sensi dell’art. 4 della legge n.
143/1949….»;
4.2. l’ordinanza è richiamata nell’art. 4 della convenzione, con il quale si è
stabilito che «per le attività di cui all’art. 2 il Commissario delegato riconoscerà
all’A.R.P.A.C. i costi diretti sostenuti e documentati e precisamente secondo
quanto previsto dall’art. 5 dell’Ordinanza Ministeriale n. 3011 del 21 ottobre
1999. Ai fini dell’evidenza di tali costi diretti l’A.R.P.A.C. fornirà al Commissario la
documentazione di spesa e l’elenco nominativo del personale coinvolto con livello
di appartenenza numero di ore prestate. Per l’utilizzo di strumentazione ed
apparecchiature e per le attività di rilevazione, gli eventuali costi da riconoscere
ad A.R.P.A.C. saranno definiti nell’ambito di specifici incarichi. Il commissario
delegato provvederà a compensare i costi sostenuti da A.R.P.A.C. con cadenze
trimestrali in relazione alla consuntivazione prodotta»;
4.3. la Corte territoriale ha ritenuto che la convenzione avesse attribuito ai
dipendenti dell’A.R.P.A.C. coinvolti nel progetto il diritto a vedersi corrispondere il

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trascrizione dei passi decisivi ai fini della pronuncia richiesta;

compenso pattuito dalle parti stipulanti ed in tal modo ha violato, quanto
all’interpretazione della fonte contrattuale, il canone ermeneutico fissato dall’art.
1362 cod. civ., secondo cui la comune volontà dei contraenti deve essere
ricostruita sulla base di due elementi principali, ovvero il senso letterale delle
espressioni usate e la ratio del precetto contrattuale;
4.4. in particolare il giudice di appello, a fronte di un testo contrattuale il cui
tenore letterale è chiaro nel limitare la disciplina convenzionale al rapporto
obbligatorio intercorrente fra A.R.P.A.C. e Commissario, predeterminando i criteri

indicato le ragioni per le quali dalla sottoscrizione poteva desumersi anche la
volontà dell’A.R.P.A.C. di obbligarsi a corrispondere ai propri dipendenti le
somme ivi indicate;
4.5. la Corte territoriale, inoltre, non ha considerato che, per il principio della
relatività dell’efficacia del contratto, quest’ultimo, fatti salvi i casi espressamente
previsti dalla legge, non può fare sorgere diritti soggettivi in capo a terzi che
siano estranei al rapporto contrattale né può modificare le obbligazioni che
gravano su una delle parti in relazione al distinto rapporto che la lega ad altro
soggetto;
4.6. la sentenza impugnata ha omesso di considerare che il rapporto di lavoro dei
dipendenti dell’ARPAC, ente strumentale della Regione Campania dotato di
personalità giuridica pubblica ( art. 4 della L.R. n. 10 del 1998) è disciplinato dal
d.lgs. n. 165 del 2001 che, all’art. 2, nel testo applicabile alla fattispecie ratione

temporis, prevede che “l’attribuzione di trattamenti economici può avvenire
esclusivamente mediante contratti collettivi o, alle condizioni previste, mediante
contratti individuali”;
4.7. la Corte territoriale ha anche errato nel ritenere che la prestazione
lavorativa, benché resa durante il normale orario di lavoro, non fosse
riconducibile al rapporto di impiego, solo perché resa in favore di un altro
soggetto, senza considerare che ai sensi dell’art. 5, comma 6, della richiamata
Legge Regionale «l’A.R.P.A.C. può fornire prestazioni a favore di terzi, sia
pubblici che privati, purché tali attività non risultino incompatibili con l’esercizio
di vigilanza ad essa affidata»;
4.8. il giudice di appello non ha indicato le ragioni per le quali le prestazioni
riconducibili al progetto emergenza rifiuti dovevano essere ritenute diverse da
quelle proprie del profilo professionale di ciascun ricorrente e non ha considerato

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per la quantificazione dell’importo dovuto da quest’ultimo all’Azienda, non ha

che ai sensi dell’art. 52 del d.lgs. n. 165 del 2001 il datore di lavoro pubblico
può esigere dal dipendente tutte le mansioni ricomprese nell’area e nel livello di
inquadramento, sicché un compenso per prestazioni aggiuntive potrà essere
rivendicato solo qualora i compiti espletati in concreto esulino dal profilo
professionale ( Cass. 15.12.2015 n. 25246 e Cass. 2.8.2016 n. 16094);
5. la sentenza impugnata va, pertanto, cassata con rinvio alla Corte di Appello di
Napoli, in diversa composizione, che procederà ad un nuovo esame, attenendosi
ai principi di diritto sopra enunciati (punti da 4.3. a 4.8) e provvedendo anche

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa la sentenza
impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte di Appello di Napoli, in diversa
composizione.
Così deciso nella Adunanza camerale del 21 novembre 2017

sulle spese del giudizio di legittimità.

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