Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4447 del 20/02/2020

Cassazione civile sez. II, 20/02/2020, (ud. 12/11/2019, dep. 20/02/2020), n.4447

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Felice – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – rel. Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10002/2015 proposto da:

L.R., quale procuratore di se stesso, rappresentato e

difeso anche dall’Avvocato ALESSANDRO BIAMONTE, ed elettivamente

domiciliato presso lo studio di questo, in ROMA, VIA PISTOIA 6;

– ricorrente –

contro

COMUNE di SAN MARCO EVANGELISTA (CE);

– intimato –

avverso la sentenza n. 1415/2014 della CORTE d’APPELLO di NAPOLI,

pubblicata il 1/04/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

12/11/2019 dal Consigliere Dott. UBALDO BELLINI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto di citazione il COMUNE DI SAN MARCO EVANGELISTA conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Sezione Distaccata di Caserta, l’avv. L.R., proponendo opposizione avverso il Decreto Ingiuntivo n. 1276 del 2005, chiesto e ottenuto dal professionista – a seguito di parere di congruità dell’Ordine degli Avvocati – per il pagamento delle proprie spettanze professionali relative all’incarico espletato innanzi al TAR Campania e pari a Euro 11.851,28.

A sostegno dell’opposizione, il Comune deduceva l’infondatezza della pretesa creditoria, in quanto le prestazioni professionali rientravano nel compenso forfettario stabilito dalla convenzione intercorsa con il professionista, da cui erano escluse solo le cause di valore superiore a Lire 150.000.000, per le quali la convenzione prevedeva una separata pattuizione, mentre vi rientravano quelle di valore indeterminabile; in subordine, la rideterminazione della parcella professionale con applicazione dei minimi tariffari.

Si costituiva in giudizio il L. chiedendo il rigetto dell’opposizione.

Con sentenza n. 397/2009 dell’8.7.2009, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, Sezione Distaccata di Caserta, rigettava l’opposizione, condannando l’opponente alle spese di lite.

Avverso la sentenza proponeva appello il Comune. Si costituiva il L. chiedendo il rigetto dell’appello ed eccependo, in via preliminare, l’esistenza di un giudicato tra le parti, secondo il quale dalla convenzione esulavano tutte le cause di valore indeterminabile.

Con sentenza n. 1415/2014, depositata in data 1.4.2014, la Corte d’Appello di Napoli accoglieva l’appello proposto dal Comune, rilevando che il Tribunale non aveva affermato il valore indeterminato della causa amministrativa, bensì aveva tenuto conto dell’interesse economico-patrimoniale sotteso al giudizio amministrativo e che nella specie il valore della controversia era superiore a Lire 150.000.000; eccepiva la nullità dell’incarico per mancanza di forma scritta ed impegno di spesa, come richiesto anche dalle norme sugli enti locali.

Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione l’avv. L.R. sulla base di cinque motivi; l’intimato Comune di San Marco Evangelista non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Preliminarmente, va rilevato che nei giudizi di opposizione tra le stesse parti si sono avute diverse decisioni tra loro di segno opposto: con le sentenze nn. 527/2015; 2742/2013; 1579/2104; 1415/2014; 4220/2012, la Corte d’Appello di Napoli accoglieva l’appello del Comune; mentre con le sentenze nn. 3100/2012; 3172/2013; 4288/2013 e 1542/2015 della stessa Corte e con quella impugnata erano accolte le ragioni del L..

1.1. – Con il primo motivo, il ricorrente lamenta, “In via preliminare: motivo di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3; eccezione di formazione di giudicato; cassazione in toto della sentenza impugnata per violazione del principio del ne bis in idem, ex art. 2909 c.c. e art. 324 c.p.c.”, rievando il giudicato esterno, derivante dalla sentenza della Corte d’Appello di Napoli n. 4220/2012, avente lo stesso petitum e la stessa causa petendi, che aveva interpretato la convenzione nel senso che dal compenso forfetizzato, pattuito fra Comune e professionista, erano escluse le cause di valore indeterminabile. Il ricorrente rileva che la stessa sentenza aveva nel contempo escluso la nullità dell’incarico per mancanza di forma scritta e per mancata previsione di spesa.

1.1. – Il motivo è parzialmente fondato.

1.2. – In entrambe le richiamate decisioni di legittimità inter partes (Cass. n. 20381 e n. 21007 del 2019) questa Corte a fronte dello speculare richiamo alla configurabilità (o meno) ed alla valenza dei dedotti giudicati esterni asseritamente formatisi in relazione a differenti decisioni di merito (onde evitare la sovrapposizione di divergenti e contraddittorie decisioni) – ha espressamente posto in rilievo come debba “riconoscersi che il giudicato sussista limitatamente alla decisione sulla questione pregiudiziale riguardante l’interpretazione della convenzione, in quanto costituente un punto fondamentale comune di ambedue le controversie (Cass. n. 11754 del 2018), e non anche in ordine alle ulteriori statuizioni della sentenza sulla validità dell’incarico, trattandosi di affermazioni in diritto riferite all’incarico oggetto di lite e non suscettibili di costituire giudicato su incarichi diversi” (cfr. Cass. n. 20381 del 2019, sempre relativa al medesimo contenzioso).

2. – Con il secondo motivo, il ricorrente deduce un “Motivo di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3. Violazione e falsa applicazione dell’art. 83 c.p.c.. Violazione e falsa applicazione del D.R. n. 2440 del 1923, artt. 16 e 17”, poichè la Corte territoriale, in contrasto con la giurisprudenza di legittimità, ha negato che, nel contratto di patrocinio, il requisito della forma scritta, richiesto ad substantiam per i contratti della P.A., sia integrato dalla sottoscrizione della procura ad litem, ex art. 83 c.p.c., nonchè preveda espressamente le condizioni contrattuali e la spesa.

2.2. – Il motivo è fondato.

2.3. – In entrambe le richiamate decisioni di legittimità inter partes (Cass. n. 20381 e n. 21007 del 2019) questa Corte ha rilevato di avere più volte affermato che “nel contratto di patrocinio della pubblica amministrazione, il requisito della forma scritta ad substantiam è soddisfatto con il rilascio al difensore della procura ai sensi dell’art. 83 c.p.c., atteso che l’esercizio della rappresentanza giudiziale tramite la redazione e la sottoscrizione dell’atto difensivo perfeziona, mediante l’incontro di volontà fra le parti, l’accordo contrattuale in forma scritta (Cass. n. 15454 del 2015, in motiv.; Cass. n. 1830 del 2018; conf., con riferimento alla procura generale, Cass. n. 3721 del 2015; Cass. n. 2266 del 2012; Cass. n. 13963 del 2006). In effetti, mentre la procura ad litem costituisce un negozio unilaterale con il quale il difensore viene investito del potere di rappresentare la parte in giudizio, il mandato sostanziale costituisce un negozio bilaterale (cosiddetto contratto di patrocinio) con il quale il professionista viene incaricato, secondo lo schema negoziale che è proprio del mandato, di svolgere la sua opera professionale in favore della parte: ne consegue, in particolare, che, ai fini della conclusione del contratto di patrocinio, non è indispensabile il rilascio di una procura ad litem, essendo questa necessaria solo per lo svolgimento dell’attività processuale, e che non è richiesta la forma scritta, vigendo per il mandato il principio di libertà di forma. La procura ad litem, tuttavia, quando sia stata conferita per iscritto dal cliente ai sensi dell’art. 83 c.p.c., ed è accettata dal professionista con il concreto esercizio della rappresentanza giudiziale tramite atto difensivo sottoscritto, perfeziona il contratto di patrocinio tra ente pubblico e professionista, del quale, infatti, sussistono tutti i requisiti necessari, vale a dire l’incontro di volontà tra ente pubblico e difensore, la funzione economico-sociale (causa) del negozio, l’oggetto nonchè la forma scritta, che, quale requisito proprio di tutti i contratti stipulati dalla P.A., risponde all’esigenza di identificarne il contenuto negoziale e di rendere possibili i controlli dell’autorità tutoria (Cass. n. 8500 del 2004; Cass. n. 2266 del 2012): specie se considera la particolare liquidità delle obbligazioni hinc et inde assunte, considerato che oggetto del contratto di patrocinio sono, da un lato, l’attività di difesa della parte, per sua natura non predeterminabile specificamente, e, dall’altro, il pagamento del compenso secondo la tariffa forense (Cass. n. 15454 del 2015, in motiv.). Non a caso, è stato segnatamente evidenziato che la nullità correlata alla mancata previsione della spesa e della sua copertura non può concernere anche le deliberazioni relative alla partecipazione degli Enti a controversie giudiziarie, sia perchè è incerta l’incidenza del relativo onere economico, condizionato alla soccombenza, e sia perchè, nel bilancio dell’Ente, è di norma presente una voce generale nella quale possono essere inserite le prevedibili spese di lite (Cass. n. 15454 del 2015, in motiv.; conf., Cass. n. 8646 del 1993; Cass. n. 3581 del 1998; Cass. n. 11859 del 1999; Cass. SU n. 11098 del 2002)”.

3.1. – Con il terzo motivo, il ricorrente deduce altresì altro “Motivo di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3: violazione dell’art. 345 c.p.c., comma 1, per la proposizione di domanda nuova in appello”, là dove la Corte di merito – asseritamente sulla base a una domanda nuova del Comune – ha disposto l’invalidità dell’obbligazione di pagamento pretesa dal L. in quanto non assistita dal correlativo impegno di spesa, previsto non solo dalle norme generali sulla contabilità di Stato, ma anche dalle norme sugli enti locali.

3.2. – Con il quarto motivo, il riccorrente deduce altro “Motivo di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3: violazione e falsa applicazione degli artt. 147 bis e 191 T.U.E.L.”, non essendo necessario l’impegno di spesa nel caso di incarichi legali e quindi di spese di giustizia, trattandosi di spese ordinarie e normalmente prevedibili che rientrano nelle voci ordinarie di bilancio, oltre al fatto che si tratta di spese incerte nell’ammontare al momento del conferimento dell’incarico (Cass. n. 8646/1993; n. 8500/2004; n. 13963/2006).

3.3. – Con il quinto motivo, il ricorrente deduce infine altro “Motivo di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3: violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3 della convenzione stipulata dall’avv. L.R. con il Comune di San Marco Evangelista, approvata con Delib. G.C. 6 giugno 2000, n. 99”, secondo cui dal compenso annuale erano esclusi le spese e gli onorari per gli eventuali contenziosi con valore superiore a Lire 150.000.000, che dovevano essere pattuiti e pagati a parte.

3.4. – All’accoglimento del primo e del secondo motivo di ricorso segue l’assorbimento dei successivi tre motivi. La sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata alla Corte d’appello di Napoli, altra sezione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo ed il secondo motivo, con assorbimento dei successivi tre motivi. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Napoli, altra sezione, che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, della Corte Suprema di Cassazione, il 12 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 20 febbraio 2020

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