Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4444 del 07/03/2016


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 4444 Anno 2016
Presidente: MAZZACANE VINCENZO
Relatore: MIGLIUCCI EMILIO

SENTENZA

sul ricorso 21953-2011 proposto da:
NISI ANNA NSINNA33C63C424K, elettivamente domiciliata
in ROMA, VIA LUIGI RIZZO 41, presso lo studio
dell’avvocato MARIA ANTONIETTA TORTORA, rappresentata
e difesa dagli avvocati VITTORIANO BRUNO, ANTONELLO
BRUNO;
– ricorrente contro

GALETTA MARIA C.F.GLTMRA49C46C424U,

elettivamente

domiciliata in ROMA, PIAZZA GIOVANNI RANDACCIO, 1,
presso lo studio dell’avvocato LEONARDO MUSA,

Data pubblicazione: 07/03/2016

.1
I

rappresentata e difesa dall’avvocato AUGUSTO CONTE;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7/2011 della CORTE D’APPELLO
di LECCE, depositata il 08/01/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

MIGLIUCCI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

udienza del 13/01/2016 dal Consigliere Dott. EMILIO

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Pompilio Nisi con atto di citazione del 10 ottobre 1999 adiva il
Tribunale di Brindisi, Sez. Dist. di Francavilla Fontana perché fosse
dichiarata la risoluzione della disposizione testamentaria con la quale

proprietà di un immobile sito in Ceglie Messapica, via Mancini l e 3.
Egli esponeva che: la legataria non aveva adempiuto all’onere impostole
di provvedere alle esigenze sue e della moglie; era stato abbandonato a
se stesso dall’estate del 1998.
Maria Galetta si era costituita ed aveva chiesto il rigetto della
domanda attrice e, in via riconvenzionale, la corresponsione del compenso
per il servizio di assistenza reso al basi.
Il Tribunale di Brindisi, Sez. Dist. di Francavilla Fontana, con
sentenza n. 223/05 accoglieva la domanda attrice e rigettava quella
riconvenzionale.
Maria Galetta proponeva appello con cui si doleva della decisione di
prime cure e ne chiedeva la riforma.
La Corte di Appello di Lecce, nella resistenza dell’appellato, a cui
con comparsa di costituzione del 22 febbraio 2007 si era sostituita Anna
Misi, nella qualità di erede, con sentenza n. 7/2011 rigettava la domanda
accolta in primo grado.
A sostegno della decisione adottata la corte distrettuale evidenziava
che la risoluzione di una disposizione testamentaria per inadempimento di
un modus non poteva essere chiesta dal relativo beneficiario.
Avverso la suindicata sentenza della Corte di Appello di Lecce ha

sua moglie Anna Bellanova aveva legato a Maria Galetta la sua quota di

proposto ricorso per cassazione Anna Nisi, articolandolo su un motivo.
Maria Galetta ha resistito con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
l. Preliminarmente deve essere esaminata l’eccezione avanzata da Maria

in quanto non sarebbe stato rispettato il termine di sei mesi previsto
dall’art. 327 c.p.c., come modificato dalla legge n. 69 del 2009. Questa
è infondata, in quanto l’art. 46, comma 17, della legge n. 69 del 2009,
che ha abbreviato in sei mesi il termine di proposizione delle
impugnazioni ex art. 327 c.p.c., trova applicazione, ai sensi dell’art.
58, comma primo, della stessa legge, ai soli giudizi iniziati dopo il 4
luglio 2009 (Cass., Sez. 1, sentenza n. 17060 del 5 ottobre 2012, Rv.
624680). Nella specie, l’atto introduttivo del giudizio di primo grado
risale al 10 ottobre 1999, con la conseguenza che il ricorso poteva
essere proposto entro un anno dalla pubblicazione della sentenza, come
previsto dall’art. 327 c.p.c. nel testo all’epoca vigente e come, in
concreto, avvenuto (la sentenza di appello è stata depositata in
cancelleria l’13 gennaio 2011, mentre il ricorso in esame è stato
notificato il 15 settembre 2011). 2. Con il suo unico motivo di ricorso
Anna Nisi impugna la sentenza ex art. 360, n. 3, c.p.c., per violazione e
falsa applicazione degli articoli 647, 648, 677, 1253 ed 1256 c.c. La
Corte di Appello di Lecce avrebbe errato, ad avviso della ricorrente, nel
ritenere che il beneficiario di un onere rimasto inadempiuto che fosse
pure erede non fosse legittimato a chiedere la risoluzione della
disposizione testamentaria a cui accedeva il detto onere.
2

Galetta, secondo la quale il ricorso sarebbe stato proposto tardivamente

Il motivo è fondato.
Ai sensi dell’art. 648, secondo comma, c.c.,

“Nel caso d’inadempimento

dell’onere, l’autorità giudiziaria può’ pronunziare la risoluzione della
disposizione

testamentaria,

se la risoluzione è stata prevista dal

determinante della disposizione”.

Secondo la giurisprudenza della Suprema

Corte di Cassazione, tale disposizione va interpretata nel senso che, in
tema di legato, l’inadempimento del

modus

ad opera del legatario

legittima i prossimi_ congiunti del testatore, ancorché eredi, nonché i
beneficiari dell’onere a proporre, oltre all’azione di adempimento,
quella di risoluzione (Cass., Sez. 2, sentenza n. 2487 del 18 marzo 1999,
Rv. 524268; Cass., Sez. 2, sentenza n. 2306 dell’il giugno 1975, Rv.
376143). Con tale giurisprudenza non contrasta il precedente di Cass.,
Sez. 2, sentenza n. 3049 del 30 settembre 1968, Rv. 335909, menzionato
dalla resistente, per il quale la legittimazione all’azione di
adempimento del modo ed all’azione di risoluzione della disposizione
testamentaria modale non riguarda le stesse persone. Infatti, la prima
sarebbe più ampia rispetto alla seconda, spettando a qualsiasi
interessato e, quindi, a chiunque abbia un interesse materiale od anche
non patrimoniale all’adempimento, fra cui, ad esempio, il beneficiario
del modus.
Con riferimento all’azione di risoluzione della disposizione
testamentaria modale, invece, detta legittimazione andrebbe attribuita in
base ai principi generali sull’interesse ad agire, di cui all’art. 100
c.p.c., interesse che è dato dalla situazione giuridica soggettiva di
3

testatore, o se l’adempimento dell’onere ha costituito il solo motivo

vantaggio sostanziale, il cui riconoscimento viene posto ad oggetto della
pretesa fatta valere in giudizio, e che si concreta nella esigenza di
conseguire un risultato utile o giuridicamente apprezzabile attraverso
l’intervento del giudice. In tale ottica, il beneficiario dell’onere è da

della disposizione testamentaria de
riotterrebbe indietro la res,

qua.

Egli, ove sia pure erede,

conseguendo un vantaggio patrimoniale; in

ogni caso, potrebbe soddisfare le esigenze morali che erano state
perseguite dal de cuius e che, a causa dell’inadempimento del legatario,
erano rimaste irrealizzate. Pertanto, nella specie, la Corte di Appello
di Lecce, statuendo che Pompino Nisi, marito ed erede della
nonché beneficiario del

modus,

de cuius,

non era legittimato a chiedere la

risoluzione della disposizione in questione ex art. 648, secondo comma,
c.c., non ha rispettato la giurisprudenza summenzionata.I1 ricorso è,
quindi, fondato, sicché la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla
stessa corte territoriale, in diversa composizione, pure per le spese del
presente giudizio di legittimità, affinché decida la causa applicando il
seguente principio di diritto: in tema di legato, l’inadempimento del

modus

ad opera del legatario legittima i prossimi congiunti del

testatore, ancorché eredi, nonché i beneficiari dell’onere a proporre,
oltre all’azione di adempimento, quella di risoluzione ex art. 648,
secondo comma, c.c.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla
Corte di Appello di Lecce, in diversa composizione, anche per le spese
4

ritenere soggetto che sicuramente ha motivo per chiedere la risoluzione

del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2

^ Sezione Civile214t 1 t,

La presente sentenza è stata redatta con la collaborazione

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