Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4443 del 25/02/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 4443 Anno 2014
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: ROSSETTI MARCO

SENTENZA

sul ricorso 13439-2010 proposto da:
MONACO

MARCELLO

MNCMCL40B09H501K,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA SICILIA 66, presso lo studio
dell’avvocato ESPOSITO ROBERTO, che lo rappresenta e
difende giusta delega in atti;
– ricorrente contro

2013
2476

SELEGRAFICA 80 SRL 0129213008;
– intimata –

Nonché da:
SELEGRAFICA 80 SRL 0129213008, in persona del sig.

1

Data pubblicazione: 25/02/2014

GIUSEPPE PETROLLO Amministratore Unico, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA FLAMINIA 213, presso lo
studio dell’avvocato REBOA ROMOLO, che la rappresenta
e difende giusta delega in atti;
– ricorrente incidentale contro

MONACO

MARCELLO

MNCMCL40B09H501K,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA SICILIA 66, presso lo studio
dell’avvocato ESPOSITO ROBERTO, che lo rappresenta e
difende giusta delega in atti;
– controricorrente all’incidentale –

avverso la sentenza n. 921/2009 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 24/03/2009, R.G.N. 7134/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 17/12/2013 dal Consigliere Dott. MARCO
ROSSETTI;
udito l’Avvocato ROBERTO ESPOSITO;
udito l’Avvocato SIMONE TRIVELLI per delega non
scritta;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA che ha concluso per
l’inammissibilità in subordine per il rigetto;

r

R.G.N. 13439/10
Udienza del 17 dicembre 2013

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Nel 1980 il sig. Marcello Monaco nella veste di locatore, e la società
“Selegrafica 80 s.r.l.” (d’ora innanzi, per brevità, “Selegrafica”) stipularono
un contratto di locazione avente ad oggetto l’immobile sito in Roma, via
Aretusa n. 50 A/B, che la conduttrice avrebbe destinato a sede dell’esercizio

2. Cessata l’efficacia del contratto di locazione, nel 1995 la Selegrafica
convenne dinanzi al Pretore di Roma il sig. Marcello Monaco, chiedendone la
condanna:
(a)

al pagamento dell’indennità per la perdita dell’avviamento prevista

dall’art. 34 della I. 27.7.1978 n. 392;
(b)

alla restituzione del deposito cauzionale versato al momento della

stipula del contratto.
La domanda fu accolta dal Pretore, con sentenza confermata dal Tribunale
di Roma in sede di appello.
La sentenza del Tribunale venne tuttavia cassata con rinvio dalla Corte di
cassazione con la sentenza 19.4.2001 n. 5821, a causa della nullità
derivante dalla ritenuta inesistenza della notifica del ricorso introduttivo del
giudizio di primo grado.

3. La causa venne riassunta nel 2002 dalla Selegrafica dinanzi il Tribunale di
Roma (a causa della soppressione dell’ufficio del Pretore, disposta nelle
more dal d. Igs. 19.2.1998 n. 51), il quale con sentenza 19.4.2005 n. 8755
rigettò la domanda di condanna del sig. Marcello Monaco alla restituzione
del deposito cauzionale, mentre accolse quella di condanna al pagamento
dell’indennità per la perdita dell’avviamento, con gli interessi dalla data di
notifica dell’offerta per intimazione, con la quale la Selegrafica gli aveva
intimato di riprendere possesso dell’immobile locato (27.9.1993).
Le spese del giudizio vennero compensate.

4. La sentenza del Tribunale venne appellata da ambo le parti: il locatore
chiedendo la riforma del capo di sentenza con cui venne accolta la domanda
di pagamento dell’indennità per la perdita dell’avviamento; il conduttore

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della propria attività di litografia.

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Udienza del 17 dicembre 2013

chiedendo la riforma del capo di sentenza con cui vennero compensate le
spese di lite.

5. La Corte d’appello di Roma, con sentenza 24.3.2009 n. 921 accolse
parzialmente l’appello principale: ritenne infatti dovuta al conduttore

luogo del 2.9.1993 (ovvero nella data in cui il locatore tornò nel possesso
dell’immobile) il dies a quo di decorrenza degli interessi di mora.
L’appello incidentale venne, invece, rigettato, sul presupposto che si fosse
verificata nel giudizio di rinvio una “reciproca soccombenza”.

6. La sentenza della Corte d’appello è stata impugnata per cassazione dal
sig. Marcello Monaco, sulla base di otto motivi.
La Selegrafica ha resistito con controricorso e proposto ricorso incidentale,
sulla base di due motivi.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Premessa.
La società Selegrafica ha sollevato nel controricorso (pp. 5 ed 8) due
eccezioni preliminari che devono essere esaminate con priorità, ai sensi
dell’art. 276, comma 2, c.p.c., in quanto idonee a definire il giudizio.
Con la prima di tali eccezioni la Selegrafica ha eccepito la tardività del
ricorso per cassazione. Essa perviene a tale conclusione osservando che la
presente controversia, avendo ad oggetto un rapporto locatizio, è stata
celebrata col rito di cui agli artt. 409 e ss. c.p.c., e tale forma procedurale
sfugge alla sospensione feriale dei termini prevista dalla legge 7.10.1969 n.
742.
L’eccezione è manifestamente infondata.
E’ infatti pacifico, nella giurisprudenza di legittimità, che l’art. 3 della legge
7 ottobre 1969 n. 742, là dove stabilisce che la sospensione dei termini
processuali dal 10 agosto al 15 settembre non si applica alle controversie
previste dall’art. 409 cod. proc. civ., si riferisce unicamente alle controversie
di lavoro e non a tutte le controversie soggette al rito del lavoro (ex multis,
Sez. 3, Sentenza n. 28291 del 22/12/2011; Sez. 3, Sentenza n. 11607 del

l’indennità per la perdita dell’avviamento, ma individuò nel 16.2.1995 in

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Udienza del 17 dicembre 2013

13/05/2010; Sez. 3, Sentenza n. 9022 del 30/04/2005; Sez. 3, Sentenza n.
1931 del 25/02/1994).
Con la seconda eccezione preliminare la Selegrafica ha invocato
l’inammissibilità del ricorso, a causa della inidoneità dei quesiti di diritto
formulati dal ricorrente ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c..

ricorso principale.
I quesiti formulati a conclusione di essi sono infatti pertinenti, non ultronei e
corredati del necessario aggancio alla fattispecie concreta.

1. Il primo motivo del ricorso principale.
1.1. Col primo motivo di ricorso il sig. Marcello Monaco allega che la
sentenza impugnata sia viziata da un errore di diritto, ai sensi dell’art. 360,
n. 3, c.p.c
Espone, al riguardo, che gli artt. 34 e 35 della I. 27.7.1978 n. 392
attribuiscono il diritto all’indennità ivi previsto non ad ogni conduttore che
abbia svolto nell’immobile locato un’attività commerciale, ma solo ai gestori
di attività comportanti contatti diretti con il pubblico degli utenti e dei
consumatori: condizione tradizionalmente ritenuta sussistente solo quando
l’immobile locato abbia la funzione di “collettore di clientela”, ovvero eserciti
di per sé un richiamo su quest’ultima.
La sentenza impugnata, prosegue il ricorrente, avrebbe invece riconosciuto
il diritto della Selegrafica alla indennità per la perdita dell’avviamento sulla
base del solo rilievo che la società “usava contattare la clientela nel proprio
stabilimento”, ritenendo che tanto bastasse per l’attribuzione di quel diritto,
posto che l’art. 34 I. 392/78 non esige “alcun collegamento funzionale tra
l’attività di impresa e l’ambito territoriale in cui si svolge”.

1.2. Il motivo è infondato perché, estrapolando membra disiecta dal tessuto
motivazionale della sentenza impugnata, le fa dire quel che in realtà non ha
mai detto, e quindi non ne coglie l’esatta ratio decidendi.
La Corte d’appello di Roma, infatti, non ha mai negato che l’indennità per la
perdita dell’avviamento di cui all’art. 34 I. 392/78 spetti soltanto quando

Anche tale eccezione è infondata con riferimento a tutti e sette i motivi del

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l’immobile oggetto della locazione costituisca per le sue caratteristiche uno
strumento di incremento dell’avviamento aziendale.
Lo ha affermato chiaramente a pag. 7, terzo capoverso, della motivazione,
là dove si legge che presupposto per il diritto all’indennità è “l’inserimento
dell’immobile nell’organizzazione aziendale strumentale alla produttività

Il principio coincide esattamente con quello invocato dal ricorrente, e che si
assumerebbe violato. Dunque non dell’individuazione in iure della norma
applicabile al caso di specie il sig. Marcello Monaco si duole, ma piuttosto
della valutazione in facto circa la sussistenza dei presupposti materiali per
l’applicazione di quel principio. Il che, ovviamente, non costituisce un error
in iudicando ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c..

2. Il secondo motivo di ricorso.
2.1. Col secondo motivo di ricorso il sig. Marcello Monaco allega che la
sentenza impugnata sia viziata da un errore di diritto, ai sensi dell’art. 360,
n. 3, c.p.c
Allega, anche in questo caso, la violazione degli artt. 34 e 35 della I.
27.7.1978 n. 392, assumendo che la Corte d’appello avrebbe deciso sulla
domanda di pagamento dell’indennità muovendo da una premessa corretta
(“presupposto dell’indennità è lo svolgimento di attività rispetto alle quali
assuma rilievo il luogo in cui siano svolte”), ma pervenendo a conclusioni
logicamente contrastanti con quella premessa.
Lo iato tra premessa e conclusioni della sentenza impugnata risulterebbe in
particolare, secondo il ricorrente, da due affermazioni della Corte d’appello:
(a) la prima è l’affermazione secondo cui gli artt. 34 e 35 I. 392/78 non
esigerebbero alcun “collegamento funzionale” tra la vendita di prodotti
litografici e l’ambito territoriale di esercizio dell’attività;
(b) la seconda è l’affermazione secondo cui la conduttrice Selegrafica aveva
una ristretta cerchia di clienti.

2.2. Il motivo è infondato per la stessa ragione indicata supra, al § 1.2.

ei

dell’impresa e all’incremento del volume degli affari”.

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La Corte d’appello, infatti, ha correttamente individuato il presupposto
dell’indennità ex art. 34 I. 392/78 nella destinazione dell’immobile locato ad
un ruolo propulsivo ai fini dell’incremento dell’avviamento.
Lo stabilire, poi, se nel caso concreto tale ruolo sussistesse o meno è
questione di fatto, non di diritto. L’errore in tale giudizio può essere

violazione di legge.

2.3. Quanto ai due passaggi motivazionali indicati dal ricorrente come
testimonianti l’errore della Corte d’appello, essi non sono né erronei in iure,
né contraddittori in facto: a condizione che li si legga nel complesso
generale della motivazione, senza estrapolarli da esso come invece ha fatto
il ricorrente nel proprio atto d’impugnazione.

2.3.1. Ed infatti dall’esame degli atti del giudizio, consentito dalla peculiarità
della censura mossa dal ricorrente alla sentenza impugnata, si rileva che
l’appellante sig. Marcello Monaco, nel dolersi di essere stato condannato al
pagamento dell’indennità, aveva dedotto tra gli altri motivi d’appello che la
Selegrafica aveva clienti che non provenivano dall’ambito territoriale nel
quale si trovava l’immobile locato: da qui aveva tratto la conclusione che
l’immobile non fosse strumentale al reperimento della clientela.
La Corte d’appello ha ritenuto infondato tale motivo di doglianza, spiegando
che quel che rileva ai fini dell’attribuzione dell’indennità è che l’immobile
fosse “strumentale all’attività dell’impresa” (il che anche il ricorrente
ammette), e non certo che i prodotti venduti nell’immobile fossero
acquistati da persone provenienti dalle aree circonvicine.
Da ciò discendono due conseguenze: l’una riguarda il significato effettivo
dell’affermazione ritenuta viziata dall’error iuris, la seconda la sua intrinseca
contraddittorietà.
Sul piano del significato da attribuire al testo della sentenza, la Corte
d’appello, là dove ha scritto che “gli artt. 34 e 35 I. 392/78 non esigono
alcun collegamento funzionale tra la vendita di prodotti litografici e l’ambito
territoriale di esercizio dell’attività” non ha affatto inteso dire che l’indennità
spetti anche all’imprenditore che non abbia contatti diretti col pubblico, ma

eR/

censurato sotto il profilo della insufficiente motivazione, ma non della

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7.

..

ha inteso semplicemente dire – in replica ad una deduzione difensiva
dell’odierno ricorrente – che i contatti diretti col pubblico non esigono affatto
che la clientela provenga da àmbiti territoriali contigui a quello ove sorge
l’immobile locato.
Sul piano della correttezza giuridica da attribuire al testo della sentenza

erroneo solo se – come ha fatto il ricorrente – lo si astragga dal contesto
degli atti e della parte restante di motivazione.
E tuttavia è noto che vale anche per le sentenze il principio ermeneutico
secondo cui incivile est, nisi tota lege perspecta, una aliqua particula eius
iudicare vel respondere: ed inserito nel contesto generale della motivazione,
ed alla luce delle censure contenuto nell’appello cui la motivazione doveva
pur rispondere, il passo sopra trascritto non è affatto contraddittorio né
erroneo.

2.3.2. Il ricorrente taccia poi di erroneità la sentenza nella parte in cui, dopo
avere affermato che il requisito dei “contatti diretti col pubblico” esige una
destinazione

strumentale

dell’immobile

locato

all’incremento

dell’avviamento, ha ritenuto tale requisito sussistente anche quando
l’immobile sia frequentato “da una limitata cerchia di operatori economici”.
A prescindere da qualsiasi rilievo circa la qualificabilità di tale vizio come
contraddittorietà della motivazione ai sensi dell’art. 360 n. 5, c.p.c.,
piuttosto che come error in iudicando ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c., v’è
comunque da osservare che – anche in questo caso – la lettura integrale
della motivazione della sentenza d’appello rivela che in essa si afferma un
principio tanto ovvio quanto inoppugnabile, e cioè che il requisito della
destinazione dell’immobile locato a contatti diretti con il pubblico può
sussistere quali che siano le dimensioni dell’impresa e quale che sia l’entità
del parco clienti, alla sola condizione che le une e le altre siano suscettibili di
incremento proprio in funzione del luogo dove l’attività è svolta.
Affermazione che in sé non contiene alcuna violazione dei precetti contenuti
7

negli artt. 34 e 35 della I. 392/78.

3. Il terzo motivo di ricorso.

Pagina 8

impugnata, il passo che precede può essere ritenuto contraddittorio od

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3.1. Col terzo motivo di ricorso il sig. Marcello Monaco lamenta che la
sentenza impugnata sia affetta da un vizio di motivazione, ai sensi dell’art.
360, n. 5, c.p.c. (nel testo vigente ratione temporis, anteriore alle modifiche
di cui al d.l. 83/2012).
Espone, al riguardo, che quattro dei testimoni escussi avevano riferito

l’attività svolta dalla Selegrafica nell’immobile locato comportasse contatti
diretti con il pubblico. Da tali testimonianze era infatti emerso che la
clientela della Selegrafica era esigua e che era costituita sempre dai
medesimi soggetti.

3.2. La Corte d’appello di Roma non ha omesso di valutare le prove raccolte
nel corso dell’istruttoria.
Le ha valutate (pag. 6, ultimo capoverso, e 7, primo capoverso, della
sentenza impugnata): e, valutandole, ha ritenuto che esse fossero
sufficienti a dimostrare che l’attività svolta dalla Selegrafica comportasse
contatti diretti col pubblico, ai sensi e per gli effetti dell’art. 34 I. 392/78.
Ora, è sin troppo noto come la astratta possibilità che le prove raccolte nella
fase istruttoria possano essere valutate in modo diverso da quello prescelto
dal giudice di merito non costituisce un vizio di motivazione censurabile in
sede di legittimità; così come non costituisce un vizio tale l’omessa
considerazione di taluni degli elementi raccolti nel corso dell’istruzione, se
quelli esaminati dal giudice siano di per sé sufficienti a dare conto e ragione
della soluzione adottata.
E’ pacifico infatti, nella giurisprudenza di legittimità, il principio secondo cui
il vizio di omessa o insufficiente motivazione sussiste solo se nel
ragionamento del giudice di merito sia riscontrabile il mancato o deficiente
esame di punti decisivi della controversia. Quel vizio, invece, non può mai
consistere nel solo fatto che il giudice.abbia valutato fatti e prove in senso
difforme da quello preteso dalla parte, perché l’art. 360 c.p.c. non
conferisce alla Corte di legittimità il potere di riesaminare e valutare il
merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logicoformale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal
giudice del merito al quale soltanto spetta di individuare le fonti del proprio

e/

circostanze che avrebbero dovuto indurre la Corte d’appello a escludere che

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convincimento e, a tale scopo, valutare le prove, controllarne l’attendibilità
e la concludenza, e scegliere tra le risultanze probatorie quelle ritenute
idonee a dimostrare i fatti in discussione (Sez. L, Sentenza n. 6288 del
18/03/2011; nello stesso senso, ex permultis, Sez. 6 – 5, Ordinanza n.
7921 del 06/04/2011; Sez. L, Sentenza n. 15156 del 11/07/2011; Sez. L,

23/12/2009).

4. Il quarto motivo di ricorso.
4.1. Col quarto motivo di ricorso il sig. Marcello Monaco deduce che la
sentenza impugnata sia viziata da un errore di diritto, ai sensi dell’art. 360,
n. 3, c.p.c
Espone, al riguardo, che la Corte d’appello avrebbe violato gli artt. 34, 35
ed 80 della I. 27.7.1978 n. 392, per avere accordato alla Selegrafica il
diritto all’indennità per la perdita dell’avviamento, sebbene l’attività da
questa svolta nell’immobile locato, e comportante contatti diretti col
pubblico, non fosse né esclusiva, né prevalente rispetto alle altre attività
svolte dalla conduttrice.

4.2. Il motivo è inammissibile.
Con esso infatti, sotto l’apparenza del vizio di motivazione, la sentenza
d’appello viene in realtà censurata con riferimento ad un accertamento
squisitamente in fatto, e cioè stabilire quali fossero le attività svolte dalla
Selegrafica nell’immobile locato, e quale tra queste attività fosse quella
prevalente.

5. Il quinto motivo di ricorso.
5.1. Col quinto motivo di ricorso il sig. Marcello Monaco deduce che la
sentenza impugnata sia viziata da un errore di diritto, ai sensi dell’art. 360,
n. 3, c.p.c..
Espone, al riguardo, che l’art. 34 della I. 392/78 attribuisce il diritto
all’indennità per la perdita di avviamento solo ai conduttori i quali,
nell”immobile locato, svolgano un’attività che necessiti di contatti diretti
“con il pubblico degli utenti e dei consumatori”: espressione che, secondo il

Sentenza n. 7394 del 26/03/2010; Sez. L, Sentenza n. 27162 del

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ricorrente, come sinonimo di “utente finale”, ovvero ultimo anello della
catena distributiva dei prodotti e dei servizi.
Nel caso di specie, invece, era emerso dall’istruttoria che la società
Selegrafica produceva materiali come manifesti,

dépliants e cartelloni

destinati all’industria cinematografica: essa, dunque, non svolgeva

consumatori”.

5.2. Il motivo, per come proposto, è infondato.
Il ricorrente allega infatti che la Corte d’appello avrebbe applicato l’art. 34 I.
392/78 ad una fattispecie concreta diversa da quella prevista dal precetto
contenuto nella disposizione appena ricordata.
Ciò, tuttavia, non è esatto.
La Corte d’appello non ha infatti per nulla negato in iure che l’indennità per
la perdita dell’avviamento spetti soltanto ai conduttori che svolgano attività
rivolte al pubblico dei consumatori; ha semplicemente ritenuto in facto che
nella specie la Selegrafica svolgesse questo tipo di attività: sia perché coloro
che acquistavano i suoi prodotti non li rivendevano a terzi, ma li
impiegavano nel proprio ciclo produttivo; sia perché non solo le imprese del
settore cinematografico, ma qualunque persona avrebbe potuto recarsi
presso la sede della Selegrafica per acquistarne i prodotti od i servizi.

5.3. Così statuendo, la Corte d’appello non ha violato l’art. 34 I. 392/78: è
infatti pacifico, nella giurisprudenza di legittimità, che il requisito dei
contatti diretti “col pubblico di consumatori ed utenti” ivi previsto è
soddisfatto anche quando nell’immobile locato si svolga una attività rivolta
ai c.d. fruitori professionali, cioè ad altri imprenditori che acquistano il bene
od il servizio per destinarlo all’esercizio della propria impresa (così Sez. 3,
Sentenza n. 16627 del 16/07/2010); mentre restano esclusi dall’ambito di
applicazione della norma sopra ricordata solo i conduttori che offrano in
vendita beni a coloro che li acquistano al solo fine di rivenderli come tali
(Sez. 3, Sentenza n. 4644 del 27/04/1995). E non sarà superfluo ricordare
che questa Corte, proprio con riferimento ad una fattispecie assai vicina a
quella oggetto del presente giudizio, ha stabilito che l’indennità di cui all’art.

nell’immobile condotto in locazione un’attività rivolta ad “utenti e

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34 I. cit. spetti ai conduttori la cui attività sia rivolta astrattamente ad una
generalità indiscriminata di persone, a nulla rilevando che di fatto a
quell’attività sia interessata solo una cerchia limitata e specifica di soggetti,
come nel caso di realizzazione di manifesti destinati alla pubblicità (Sez. 3,

6. Il sesto motivo di ricorso.
6.1. Col sesto motivo di ricorso il sig. Marcello Monaco deduce che la
sentenza impugnata sia viziata da motivazione insufficiente o
contraddittoria, ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c..
Espone, al riguardo, che la Corte d’appello ha ritenuto dovuta l’indennità ex
art. 34 I. cit. alla Selegrafica nonostante le prove orali raccolte nel corso
dell’istruttoria dimostrassero che l’attività svolta dalla conduttrice era rivolta
ad un pubblico composto di operatori professionali.

5.2. Il motivo è infondato per le medesime ragioni già indicate ai §§ 5.2 e
5.3.
Gli “utenti e consumatori” di cui è menzione nell’art. 34 I. 392/78 non
coincidono con i “consumatori” di cui all’art. 33 d. Igs. 206/05, come
parrebbe sostenere il ricorrente. Ai fini del pagamento dell’indennità per la
perdita dell’avviamento, anche il conduttore che fornisca beni a
professionisti od imprese ha un pubblico di “utenti e consumatori”, per
quanto già esposto.
Di conseguenza giustamente la Corte d’appello non ha dato alcun rilievo
giuridico alla circostanza che i clienti della Selegrafica fossero
prevalentemente operatori professionali della cinematografia, e non ha
pertanto adottato alcuna motivazione insufficiente.

7. Il settimo motivo di ricorso.
7.1. Col settimo motivo di ricorso il sig. Marcello Monaco deduce che la
sentenza impugnata sia viziata da un errore di diritto, ai sensi dell’art. 360,
n. 3, c.p.c..
Lamenta, al riguardo, la violazione da parte della Corte d’appello sia dell’art.
112 c.p.c., sia dell’art. 34 I. 392/78.

QNQ/

Sentenza n. 22 dell’ 11/01/1988).

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Espone il ricorrente che la Selegrafica, pendente il rapporto di locazione,
aveva danneggiato l’immobile: così facendo si era resa inadempiente
all’obbligo contrattuale di restituire l’immobile nelle condizioni in cui si
trovava al momento della stipula del contratto.
Soggiunge che egli aveva domandato nelle fasi di merito la risoluzione del

omesso di pronunciarsi su questa domanda. Se l’avesse fatto, avrebbe
dovuto accertare in via incidentale la risoluzione del contratto per
inadempimento, e negare alla Selegrafica il diritto all’indennità, il quale non
spetta nei casi di inadempimento del conduttore alle proprie obbligazioni.
Così giudicando, la Corte d’appello avrebbe perciò violato, conclude il
ricorrente, da un lato l’art. 112 c.p.c., per non essersi pronunciata sulla
domanda di risoluzione del contratto; dall’altro l’art. 34 I. 392/78, per avere
accordato l’indennità per la perdita dell’avviamento ad un conduttore
inadempiente.

7.2. Il motivo è, nello stesso tempo, tanto inammissibile quanto infondato.

7.2.1. E’ inammissibile perché il ricorrente, in violazione del principio di
autosufficienza, ha omesso di trascrivere le parole con le quali, nel giudizio
di merito, avrebbe formulato la domanda di risoluzione del contratto, del cui
mancato esame si duole.
E’ appena il caso di osservare, poi, che il testo estrapolato dalla comparsa di
costituzione e risposta nel giudizio di rinvio, trascritto a pag. 90, primo
capoverso, del ricorso per cassazione, non contiene alcuna domanda di
risoluzione del contratto.

7.2.2. Il motivo, in ogni caso, è anche infondato nel merito, per due motivi.
Il primo motivo è che nel presente giudizio il ricorrente non risulta aver mai
formulato alcuna domanda di risoluzione del contratto per inadempimento,
ai sensi dell’art. 1453 c.c..
La domanda (o anche l’eccezione: cfr. Sez. 3, Sentenza n. 6733 del
30/03/2005) di risoluzione del contratto per inadempimento, ai sensi dell’art.
1453 c.c., mira infatti ad una pronuncia di accertamento costitutivo, e deve

contratto di locazione per inadempimento, ma che la Corte d’appello aveva

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pertanto essere espressa ed inequivoca. Forma espressa ed inequivocità che,
invece, mancano del tutto nel presente giudizio.
La seconda e decisiva ragione di infondatezza del settimo motivo del ricorso
principale è che la sussistenza del lamentato inadempimento (violazione
dell’obbligo di riconsegna dell’immobile nello

status quo ante) è stata

giudicato, in seguito al rigetto, sul punto, del ricorso proposto dal sig.
Marcello Monaco e deciso da questa Corte con la sentenza 15.12.2011 n.
27020 (prodotta, ex art. 372 c.p.c., dallo stesso ricorrente; in ogni caso
sulla rilevabilità d’ufficio del giudicato esterno si vedano, ex multis, Sez. L,
Sentenza n. 7301 del 22/03/2013; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 5478 del
05/03/2013; Sez. 1, Sentenza n. 18041 del 19/10/2012).
Infatti nel giudizio concluso dalla sentenza 27020/11, appena ricordata, è
stata rigettata la domanda proposta dal sig. Marcello Monaco nei confronti
della Selegrafica, avente ad oggetto il risarcimento del danno da
deterioramento dell’immobile. Sicché, essendosi esclusa la sussistenza del
lamentato danno, nemmeno può concepirsi un inadempimento dell’obbligo
di conservazione dell’immobile locato.
In questi sensi deve perciò ritenersi corretta, sul punto, la motivazione della
sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 384, comma 4, c.p.c..

8. L’ottavo motivo di ricorso.
8.1. Con l’ottavo motivo di ricorso il sig. Marcello Monaco deduce, infine,
che la sentenza impugnata sia viziata da un errore di diritto, ai sensi dell’art.
360, n. 3, c.p.c..
Lamenta, al riguardo, la violazione da parte della Corte d’appello sia dell’art.
1590 c.c., sia dell’art. 34 I. 392/78.

8.1.1. Espone il ricorrente di essere stato condannato dalla Corte d’appello
al pagamento, in favore della Selegrafica, degli interessi di mora sulla
somma dovuta a titolo di indennità per la perdita dell’avviamento, con
decorrenza dal 16.2.1995.
Soggiunge che la Corte d’appello ha individuato in tale data il dies a quo
della mora, perché in una comparsa sottoscritta dal difensore del sig.

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esclusa con sentenza pronunciata in altro giudizio ed ormai passata in

R.G.N. 13439/10
Udienza del 17 dicembre 2013

Marcello Monaco, depositata in un procedimento incidentale e menzionata in
altra sentenza pronunciata tra le stesse parti, risulterebbe che in quel
giorno il proprietario dell’immobile provvide a farne sostituire la serratura:
dal che la Corte d’appello ha tratto la conclusione che l’immobile dovesse
evidentemente essere rientrato nella disponibilità del proprietari, se questi

Il ricorrente lamenta tuttavia che così statuendo la Corte d’appello avrebbe
violato l’art. 34 I. 392/78. La pacifica interpretazione di tale norma infatti è
nel senso che l’indennità ivi prevista sia dovuta dal momento in cui il
conduttore rilascia l’immobile, ovvero dal momento in cui il locatore è
costituito in mora. Nel caso di specie, invece, nel momento in cui il locatore
fece sostituire la serratura dell’immobile non ne aveva ancora la giuridica
disponibilità, in quanto tra le parti pendeva un giudizio circa la legittimità e
l’efficacia dell’offerta di rilascio compiuta dalla Selegrafica ai sensi dell’art.
1216 c.c..

8.1.2. Sotto un secondo e subordinato profilo, poi, il ricorrente lamenta che
in ogni caso la circostanza che in data 16.2.1995 il sig. Monaco fece
sostituire la serratura dell’immobile non poteva essere ritenuta provata dalla
Corte d’appello, in quanto menzionata non dalla parte, ma dal suo difensore,
in un atto sottoscritto soltanto da quest’ultimo.

8.2. Il motivo è inammissibile, perché censura come violazione di legge, ex
art. 360 n. 3 c.p.c., una questione squisitamente di fatto, e cioè
l’individuazione del momento iniziale della mora debendi.
Violazione di legge vi sarebbe stata se la Corte d’appello avesse negato che
il locatore sia in mora nel pagamento dell’indennità dalla data in cui
riacquisti la disponibilità dell’immobile: ma nel caso di specie il giudice di
merito ha correttamente applicato tale principio, semplicemente ritenendo
che tale disponibilità di fatto dell’immobile fosse stata acquisita dal
proprietario nella data sopra indicata.

9. Il primo motivo del ricorso incidentale.

poté eseguire la suddetta sostituzione.

R.G.N. 13439/10
Udienza del 17 dicembre 2013

9.1. Col primo motivo del ricorso incidentale la Selegrafica censura la
sentenza d’appello nella parte in cui, riformando quella di primo grado, ha
fatto decorrere gli interessi sull’importo dovuto a titolo di indennità per la
perdita dell’avviamento dal 16.2.1995 (data in cui ha ritenuto che il locatore
sia ritornato nel possesso dell’immobile), e non invece dal 27.9.1993, data

cui il conduttore avrebbe dovuto riprendere possesso dell’immobile.
Tale statuizione è censurata sotto due profili:
(a) sia per violazione di legge, con riferimento all’art. 2909 c.c.;
(b) sia per difetto di motivazione.

9.1.1 Sotto il primo profilo, la Selegrafica deduce che la Corte d’appello ha
escluso la possibilità di far risalire la mora credendi del locatore a quella
dell’offerta per intimazione, sul presupposto che con statuizione ormai
passata in giudicato, contenuta nella sentenza di questa Corte che cassò
con rinvio la decisione conclusiva della prima fase del presente giudizio, si
era accertato che tra il 1992 ed il 1995 il sig. Marcello Monaco non risiedeva
nell’immobile dove gli fu notificata l’offerta per intimazione.
Tale decisione sarebbe tuttavia erronea ad avviso della ricorrente, perché
nella prima fase del presente giudizio, cui aveva fatto riferimento la Corte
d’appello, non si era mai fatta questione della validità della notificazione
dell’offerta per intimazione, ma si era discusso solo della validità della
notifica del ricorso introduttivo.

9.1.2. Sotto il secondo profilo, il ricorrente censura la sentenza impugnata
per avere ritenuto priva di effetti l’offerta per intimazione di riconsegna
dell’immobile, nonostante molteplici indizi deponessero nel senso che nel
luogo ove l’offerta per intimazione fu eseguita fosse effettivamente
residente o domiciliato il locatore.

9.2. Il motivo è manifestamente infondato.
Come si è detto supra, al § 2, il presente giudizio ebbe inizio nel 1995.
Tuttavia dopo che la domanda della Selegrafica di condanna del sig.
Marcello Monaco al pagamento dell’indennità per la perdita dell’avviamento

che il conduttore aveva fissato nell’offerta per intimazione, come quella in

R.G.N. 13439/10
Udienza del 17 dicembre 2013

era stata accolta in primo e secondo grado, questa Corte con la sentenza
19.4.2001 n. 5821 cassò con rinvio la decisione d’appello, per inesistenza
della notifica del ricorso introduttivo.
In quella sentenza la Corte di legittimità pervenne alla cassazione della
sentenza di merito in base al rilievo che questa aveva omesso di

Monaco, dai quali risultava che egli “non abitava più in Via Aretusa n. 48,
ma, a causa di un incendio che aveva reso inagibile l’alloggio, aveva
trasferito, sin dal 20.11.1992, la sua residenza in Via Aretusa n. 50, dove
aveva abitato sino al 15.5.1996, data in cui si era nuovamente trasferito in
Via Aretusa n. 48” (così la sentenza 5821/01 di questa Corte, ovviamente
conoscibile in questa sede in virtù del “dovere della Corte di conoscere le
proprie sentenze”, già ripetutamente affermato da questa Corte: cfr. Sez. U,
Sentenza n. 295 del 06/05/2000).
L’accertamento della residenza del sig. Marcello Monaco, compiuto ai fini di
stabilire la validità della notifica del ricorso introduttivo del presente giudizio,
ha efficacia vincolante anche ai fini dell’accertamento della validità della
notificazione dell’offerta per intimazione, e quindi indirettamente ai fini della
individuazione del dies a quo della mora debendi.
Lo impone l’art. 2909 c.c., il quale come noto stabilisce che “l’accertamento
contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato a ogni effetto tra le
parti (…)”.

9.3. La società Selegrafica ha inteso sostenere in questa sede la tesi
giuridica secondo cui l’accertamento della effettiva residenza del sig.
Marcello Monaco, compiuta al fine di stabilire la validità della notificazione
del ricorso introduttivo del giudizio, non sia vincolante quando si tratti di
stabilire la validità della notificazione dell’offerta per intimazione.
E’ una tesi manifestamente infondata.
Secoli di speculazioni giuridiche dottrinarie, corroborate da decenni di
contributi giurisprudenziali uniformi, insegnano che l’efficacia vincolante del
giudicato, dal punto di vista oggettivo:
(a) si forma sull’ “accertamento” dei fatti contenuto nella sentenza (cfr. Sez.
U, Sentenza n. 26482 del 17/12/2007);

considerare i numerosi documenti prodotti dal ricorrente, sig. Marcello

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Udienza del 17 dicembre 2013

(b) si estende a tutte le questioni logicamente o giuridicamente dipendenti
da quell’accertamento (c.d. “giudicato per implicazione discendente”: cfr.
Sez. 1, Sentenza n. 21472 del 19/09/2013), a nulla rilevando che tali
questioni vengano sollevate per finalità diverse da quelle che hanno
costituito lo scopo ed il petitum del giudizio concluso dal giudicato (Sez. U,

celebre esempio proposto dalla dottrina, secondo cui formatosi il giudicato
su una domanda di accertamento della proprietà d’un immobile, esso avrà
effetto vincolante nel successivo giudizio di rilascio;
(c) si estende a tutte le questioni logicamente antecedenti al

decisum e

poste sull’arco logico della decisione, quando su esse sia sorta controversia
tra le parti e non siano state risolte in via meramente incidentale
(giurisprudenza pacifica, a partire dalla sentenza capostipite rappresentata
da Sez. 2, Sentenza n. 1494 del 07/06/1966, sino ad arrivare alla più
recente Sez. 2, Sentenza n. 3434 del 11/02/2011).

9.4. Applichiamo ora i suddetti princìpi al nostro giudizio.
La questione della residenza del sig. Marcello Monaco nel periodo tra il 1992
ed il 1996 fu l’ovvio antecedente logico-giuridico della decisione sulla nullità
della notificazione del ricorso introduttivo del presente giudizio. Essa formò
oggetto di contestazione tra le parti, e venne affrontata e risolta in via
diretta e non incidentale.
E’ dunque naturale e conforme al disposto dell’art. 2909 c.c. che il fatto
“residenza del sig. Marcello Monaco” dovesse ritenersi accertato tra le parti
con l’efficacia vincolante del giudicato, ed accertato nel senso che nel 1993
il sig. Marcello Monaco non risiedesse in via Aretusa n. 48. E poiché, per
quanto detto, l’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato
fa stato “a tutti gli effetti”, correttamente il giudice di merito ha escluso che
fosse da ritenersi valida, e produttiva degli effetti tipici della mora, l’offerta
per intimazione notificata all’indirizzo appena ricordato.

,

9.5. Inammissibile è il secondo profilo del primo motivo del ricorso
incidentale, col quale la Selegrafica lamenta il vizio di motivazione sul punto

Pagina 18

emí(

Sentenza n. 26482 del 17/12/2007); sin troppo noto, al riguardo, è il

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dell’accertamento del giorno di decorrenza degli interessi di mora dovuti dal
proprio debitore.
E ciò sia perché non concluso dal “momento di sintesi” prescritto dall’art.
366 bis c.p.c. (applicabile ratione temporis al presente giudizio); sia perché
sollecita una valutazione delle prove diversa rispetto a quella adottata dal
giudice di merito; sia, infine, perché pur dolendosi dell’omesso esame della
relazione di notificazione dell’offerta per intimazione, non ne ha trascritto il
contenuto nel ricorso incidentale, in violazione del principio di
autosufficienza.

10. Il secondo motivo del ricorso incidentale.
10.1. Col secondo motivo del ricorso incidentale la Selegrafica torna a
censurare la sentenza d’appello nella parte in cui, riformando quella di
primo grado, ha fatto decorrere dal 16.2.1995 gli interessi sull’importo
dovutole a titolo di indennità per la perdita dell’avviamento.
Lo fa sia sotto il profilo della violazione di legge, sia sotto quello del vizio di
motivazione.
Espone, al riguardo, che anche ad ammettere l’invalidità della notifica
dell’offerta per intimazione, la Corte d’appello avrebbe dovuto comunque
considerare che il sig. Marcello Monaco era stato costituito in mora con atti
successivi, e segnatamente con una raccomandata inviatagli il 13.9.1994.
L’avere ritenuto tale raccomandata improduttiva degli effetti della mora
costituirebbe perciò un error in iudicando.
Soggiunge infine la Selegrafica che, in ogni caso, la motivazione adottata
dalla Corte d’appello per posticipare la decorrenza degli interessi di mora
sarebbe contraddittoria: essa infatti, dopo avere astrattamente dichiarato
che gli interessi sono dovuti dalla data del rilascio dell’immobile “ovvero
dalla diversa data in vi sia stata una costituzione in mora del locatore”, ha
omesso di considerare che nella specie una costituzione in mora del locatore
esisteva, ed ha computato gli interessi dal rilascio.

10.2. Il motivo è infondato in ambedue i profili in cui si articola.
E’ pacifico, nella giurisprudenza di legittimità, che gli interessi sulla somma
dovuta a titolo di indennità per la perdita dell’avviamento non cominciano a

Pagina 19

.

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Udienza del 17 dicembre 2013

decorrere finché non sia avvenuto, da parte del conduttore, il rilascio
dell’immobile (da ultimo, Sez. 3, Sentenza n. 10962 del 06/05/2010).
Questo principio si fonda sull’assunto che le obbligazioni di pagamento
dell’indennità e di rilascio dell’immobile sono in rapporto di reciproca
dipendenza, sicché ciascuna delle due prestazioni è inesigibile in difetto di

parole di Sez. 3, Sentenza n. 1930 del 10/02/2003; il principio di
dipendenza tra obbligo di rilascio dell’immobile ed obbligo di pagamento
dell’indennità è stato affermato da Sez. U, Sentenza n. 1177 del
15/11/2000).

E’ ben vero che in alcune decisioni di questa Corte, per come massimate, si
afferma che gli interessi sul’indennità di avviamento decorrono dal rilascio
“o dalla diversa data in cui vi sia stata una costituzione in mora del locatore
da parte del conduttore” (così Sez. 3, Sentenza n. 4272 del 15/05/1997),
ma è da osservare al riguardo: (a) che tali decisioni sono tutte anteriori
all’intervento delle Sezioni Unite sopra ricordato (e cioè Sez. Un. 1177/00,
cit.), nel quale si sancì l’interdipendenza tra obbligo di pagare ed obbligo di
restituire; (b) che il riferimento alla “diversa data” della costituzione in mora
costituisce un mero obiter dictum nel contesto della motivazione di Cass.
4272/97, cit.; (c) che in ogni caso “la diversa data della costituzione in
mora”, quale dies a quo di decorrenza degli interessi sull’indennità per la
perdita dell’avviamento, non può che essere intesa come data della mora
credendi del conduttore nel riprendere possesso dell’immobile, non certo
della mora debendi nel pagamento dell’indennità, posto che – per quanto
detto – tale obbligo non sorge se non al momento del rilascio.

10.2. Le osservazioni che precedono valgono a svelare l’infondatezza del
motivo in esame anche nella parte in cui lamenta la contraddittorietà della
motivazione.
Infatti, pur dovendosi ammettere un certo tasso di ambiguità
nell’affermazione contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui gli
interessi sull’indennità di avviamento potrebbero decorrere dalla
“costituzione in mora”, la decisione è comunque conforme a diritto per i

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contemporaneo adempimento (o offerta di adempimento) dell’altra (sono

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Udienza del 17 dicembre 2013

motivi esposti nel precedente §, ed in tal senso deve ritenersi emendata la
suddetta motivazione, ai sensi dell’art. 384, comma 4, c.p.c.

11. Le spese.
La soccombenza reciproca costituisce un giusto motivo per compensare

P.q.m.
la Corte di cassazione:
-) rigetta il ricorso principale;
-) rigetta il ricorso incidentale;
-) dichiara compensate le spese del presente grado di giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile
della Corte di cassazione, addì 17 dicembre 2013.

integralmente tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

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