Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4443 del 07/03/2016


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 4443 Anno 2016
Presidente: NUZZO LAURENZA
Relatore: MANNA FELICE

SENTENZA

2,t\t\

sul ricorso 23595-2011 proposto da:
RADANO

VINCENZO

RDNVCN33DO6F479O,

elettivamente

domiciliato in ROMA, PIAZZA DI PRISCILLA 4, presso lo
studio dell’avvocato ANTONELLA LUCARELLI,
rappresentato e difeso dall’avvocato CARMELA MILEO;
– ricorrente contro

2015
2415

MARATEA MICHELE;
– intimato –

avverso la sentenza n. 850/2010 della CORTE D’APPELLO
di SALERNO, depositata il 30/09/2010;

Data pubblicazione: 07/03/2016

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 14/12/2015 dal Consigliere Dott. FELICE
MANNA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUISA DE RENZIS che ha concluso per

ricorso.

l’inammissibilità del ricorso o per il rigetto del

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione notificata il 24.5.1993 Michele Maratea agiva nei confronti
di Vincenzo Radano in rivendicazione dei terreni meglio identificati dalle
particelle 201, 202 e 203 del f. 20 N.C.T. del comune di Montecorice, con

Nel resistere in giudizio il convenuto eccepiva l’usucapione di detti terreni.
L’adito Tribunale di Vallo della Lucania accoglieva la domanda
condannando il convenuto al rilascio dei terreni.
L’appello proposto dal Radano era respinto dalla Corte d’appello di
Salerno, con sentenza pubblicata il 30.9.2010 (che respingeva anche l’appello
incidentale del Maratea sul rigetto della domanda accessoria di risarcimento
dei danni). Riteneva la Corte territoriale che l’onere probatorio del
rivendicante era attenuato non tanto dalla proposta eccezione d’usucapione,
quanto dalla circostanza che il Radano, con un atto di citazione notificato al
Maratea il 21.3.1995, aveva espressamente riconosciuto, sia pure al limitato
fine di individuare il soggetto legittimato passivo alla sua domanda, che i
medesimi beni in contestazione erano di proprietà di lui, per averli acquistati
con atto notaio Malinconico del 25.4.1983 dai germani Petillo. Tale citazione
aveva dato origine ad una causa innanzi al Pretore di Vallo della Lucania
conclusasi con sentenza del 25.2.1999, dichiarativa della connessione con la
causa anteriormente promossa innanzi al Tribunale dal Maratea. Sulla base di
tale premessa, la Corte territoriale riteneva sufficiente che l’attore dimostrasse
come il bene rivendicato avesse formato oggetto del proprio titolo d’acquisto.
Rilevava, quindi, che questi aveva prodotto atti pubblici di compravendita
fino a risalire all’atto d’acquisto dei suoi danti causa dai precedenti
3

annesso fabbricato rurale.

proprietari; e che, per contro, correttamente il Tribunale aveva verificato il
fallimento della prova dell’eccepita usucapione, in quanto tutti i testi escussi
avevano riferito fatti non indicativi di un possesso utile a tal fine. La mera
costante presenza del Radano sul fondo era, infatti, insufficiente, non essendo

Per la cassazione di tale sentenza Vincenzo Radano propone ricorso
affidato a due motivi.
Michele Maratea è rimasto intimato.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1.

Col primo motivo di ricorso è dedotta la violazione degli artt. 1140,

1141 e 1158 c.c., in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c.
La Corte territoriale, sostiene il ricorrente, ha errato nel non aderire alla
giurisprudenza di legittimità secondo cui l’animus possidendi si presume in
colui il quale esercita un potere di fatto corrispondente all’esercizio del diritto
di proprietà, e non è escluso dalla consapevolezza del possessore di non avere
un proprio titolo di giustificazione.
Ancora, la sentenza impugnata contrasterebbe con l’art. 1141 c.c., secondo
cui il possesso si presume in colui che esercita il potere di fatto corrispondente
all’esercizio della proprietà.
Deduce, quindi, che dalle deposizioni raccolte in primo grado (che
trascrive) è risultato che Vincenzo Radano coltivava i terreni sin dagli anni
’60, vi metteva a dimora delle piante ed allevava degli animali, ed aveva
altresì ristrutturato il fabbricato rurale ivi esistente; facoltà, queste, che
competono al solo proprietario.

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accompagnata dalla prova dell’esercizio delle facoltà tipiche del proprietario.

2. – Il secondo motivo lamenta il vizio d’insufficienza motivazionale, in
relazione al n. 5 dell’alt 360 c.p.c., richiamando le medesime deposizioni
anzi dette in quanto indicative dell’esercizio di facoltà tipicamente
proprietarie.

infondati.
Premesso che nessuna delle due censure tocca il riparto e la delimitazione
dell’onere probatorio delle parti, e che la motivazione della sentenza
impugnata si incentra sull’idoneità o meno della prova dell’esercizio di
facoltà corrispondenti a quelle dominicali, va osservato che le critiche mosse
non colgono nel segno.
Posto che il possesso è il potere di fatto corrispondente alla proprietà o ad
altro diritto reale (art. 1140 c.c.), e che la proprietà è il diritto di godere e
disporre in maniera piena ed esclusiva (art. 832 c.c.), la possessio idonea
all’usucapione della proprietà è quella in cui il potere di fatto si estrinseca con
i connotati di pienezza e di esclusività.
La prima esprime la latitudine e la generalità del potere, non limitato
soltanto a talune facoltà; la seconda consiste nell’impedire un pari godimento
da parte dei terzi sulla medesima res. L’individuazione dell’uno e dell’altro
connotato nella situazione concreta costituisce un apprezzamento di fatto che
compete al giudice di merito, e che si sottrae al sindacato di legittimità se
sorretto da motivazione esente da vizi logico-giuridici.
3.1. – Nello specifico, la presenza del Radano sul fondo, la coltivazione di
esso e l’allevamento ivi di animali non sono state ritenute attività sufficienti a
dimostrare un possesso idoneo all’usucapione della proprietà. Non anche la
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3. – I due motivi, da esaminare insieme per la loro complementarietà, sono

ristrutturazione del fabbricato rurale, di cui non v’è traccia nella sentenza
impugnata come nelle deposizioni trascritte nel ricorso.
Il giudizio espresso dalla Corte distrettuale non contraddice nessuna delle
norme di cui parte ricorrente denuncia la violazione.

animali non dimostrano, di per sé soli e in difetto d’altro, i requisiti di
pienezza ed esclusività del possesso, essendo compatibili con un diritto di
contenuto limitato.
Non l’art. 1141 c.c., per la semplice ragione che la presunzione di possesso
corrispondente alla proprietà opera sul presupposto che sia provato un potere
di fatto non qualsiasi, ma analogo, appunto, a quello d’un proprietario; la
norma si limita a presumere l’elemento soggettivo del possesso, mentre nel
caso in esame ciò che la Corte territoriale ha escluso è proprio la materialità di
un potere di fatto parificabile a quello dominicale.
Non l’art. 1158 c.c., ove si consideri che escludere in punto di fatto la
sussistenza della prova dell’usucapione non produce la lesione della norma
che la disciplina.
In definitiva, pertanto, le critiche mosse alla sentenza impugnata non
eccedono l’ambito di una contestazione di puro merito sulle prove raccolte, in
ordine alle quali questa Corte non può svolgere alcun sindacato.
4. – Il ricorso va dunque respinto,
5. – Nulla per le spese, non avendo la parte intimata svolto attività
difensiva in questa sede di legittimità.

P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso.
6

Non l’art. 1140 c.c., poiché coltivazione del fondo e allevamento di

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile

della Corte Suprema di Cassazione, il 14.12.2015.

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