Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4442 del 25/02/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 4442 Anno 2014
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: ARMANO ULIANA

SENTENZA

sul ricorso 11218-2008 proposto da:
GOZZI

FERRUCCIO

GZZFRC46C25Z118C,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA EMILIO DE’ CAVALIERI 11,
presso lo studio dell’avvocato LANA ANTON GIULIO, che
lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato
CASCIANO UGO giusta delega in atti;
– ricorrente contro

RAKAR MARIA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
TIGRE’ 37, presso lo studio dell’avvocato CAFFARELLI
FRANCESCO, che la rappresenta e difende giusta delega

1

Data pubblicazione: 25/02/2014

in atti;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 238/2007 della CORTE D’APPELLO
di TRIESTE, depositata il 12/05/2007, R.G.N.
148/2004;

udienza del 17/12/2013 dal Consigliere Dott. ULIANA
ARMANO;
udito l’Avvocato MARIO MELILLO per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA che ha concluso per il
rigetto del ricorso;

2

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Svolgimento del processo
Con atto di citazione del maggio 1998 Ferruccio Gozzi conveniva in
giudizio davanti al Pretore di Trieste Maria Rakar , Liliana Rakar e
Sten o Rakar esponendo di aver venduto ai convenuti in data
6.7.1987 un immobile composto da casa, officina , pertinenze e
terreno; che con sentenza del 9.4.1994, la Corte d’Appello di Trieste

compravendita per inadempimento degli acquirenti, sancendo contestualmente l’obbligo di restituzione dell’ immobile al venditore; che
dopo la notifica del precetto in data 18.7.1994 per la consegna
dell’immobile , il giorno 22.9.1994 l’Ufficiale giudiziario iniziava le
operazioni di sgombero dell’edificio, operazioni immediatamente
sospese per i pretestuosi impedimenti frapposti dai Rakar colti da
malore; che in data 25.10.1994 l’Ufficiale Giudiziario ripeteva – senza
esito – la procedure di rilascio, procedura sospesa a seguito di
opposizione agli atti esecutivi proposta dai Rakar – poi rigettata con
sentenza del 28- 10 1996, i quali avevano ottenuto, un
provvedimento sospensivo dell’esecuzione, poi revocato; che le
operazioni di sgombero, riprese in data 20.4.1995, erano state
nuovamente interrotte, poichè in data .20.4.1995 i Rakar avevano
proposto un ulteriore opposizione ex art, 617 c.p.c. – poi respinta con
sentenza in data 18.4.1996 ;che soltanto in data 17.7.1995 l’ immobile
era stato rilasciato.
I Rakar avevano occupato senza titolo e quindi indebitamente
l’immobile nel periodo dal 18.7.1994 (data dell’atto di precetto per
rilascio di immobile) al 17.7.1995 (data dell’effettivo rilascio), per cui
egli aveva il diritto al risarcimento a titolo di indennità di
occupazione nella misura di lire 18.000.000.
Si costituiva in giudizio solo Rakar Maria deducendo che
l’esecuzione dello sfratto era stata sospesa dal Pretore con due
provvedimenti, sicchè erano stati tali provvedimenti a
permettere ai convenuti di rimanere nell’alloggio . Inoltre
all’epoca dell’esecuzione dello sfratto Liliana Rakar era in
gravi condizioni di salute per cui essi erano stati costretti a

3

aveva dichiarato la risoluzione del suddetto contratto di

rimanere nell’immobile per gravi motivi, costituiti dalla malattia
di Liliana Rakar e soprattutto dalla mancanza di denaro, non
avendo il Gozzi adempiuto all’obbligazione di pagamento
dell’importo di lire 58.000.000 posta a suo dalla Corte d’Appello
nel dichiarare la risoluzione del contratto di compravendita, sicchè
il loro inadempimento era conseguenza dell’inadempimento del

Il Tribunale ha accolto la domanda condannando i convenuti in
solido a pagare la somma

di euro 7.436,98 oltre accessori.

Il Tribunale, dopo avere qualificato l’azione esercitata come azione di
responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c., a causa della indebita
occupazione dell’immobile posta in essere dai convenuti, riteneva pacifica la
lamentata occupazione e sussistenti gli ulteriori presupposti dell’ingiustizia
del danno e dell’esistenza di un danno connesso all’occupazione. Sotto
quest’ultimo profilo il Tribunale richiamava la giurisprudenza della Suprema
Corte in base alla quale in caso di occupazione senza titolo di un cespite
immobiliare altrui il danno subito dal proprietario è”in re ipsa. Il Tribunale
escludeva ,poi,che l’ occupazione in questione avesse ricevuto una
patente di legittimità dai due provvedimenti di sospensione dell’
esecuzione , trattandosi di provvedimenti meramente provvisori ed
interlocutori, ottenuti e successivamente revocati nell’ambito

di

altrettante opposizioni all’esecuzione ed agli atti esecutivi – poi
rivelatesi del tutto destituite di fondamento o inammissibili, tanto che
i medesimi provvedimenti erano stati revocati e le opposizioni respinte
con le sentenze

n. 457/1996 e n.180/1996. Escludeva, quindi,

Tribunale che l’antigiuridicità del comportamento dei convenuti potesse
ritenersi in qualche modo esclusa della malattia e dal ricovero
ospedaliero di Liliana Raker,

circostanze di per sè non idonea a

configurare forza maggiore o altra scriminante di responsabilità
Affermava,

quindi,

Tribunale

che

nemmeno

l’ecceptio

di

inadempimento da parte del Cozzi agli obblighi restitutori posti a suo

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Gozzi.

carico dalla sentenza della Corte di appello poteva valere come
giustificazione

per i convenuti dell’obbligo di rilasciare l’ immobile

pure sancito dallo stesso titolo,non

ricorrendo alcuna delle ipotesi

(tassative) di diritto di ritenzione.
Maria Rakar proponeva appello avverso la predetta sentenza.
Lamentava l’ appellante che la decisione era viziata da errori di diritto,

affidamento su legittimi provvedimenti giurisdizionali, di forza maggiore,
della norma di cui all’art. 2045 c.o., nonché del disposto di cui all’art. 1227
c.c.
La Corte di appello di Trieste I con sentenza depositata il 27-4-2007 ) ha
accolto l’impugnazione e rigettato al domanda.
Propone ricorso il Gozzi con cinque motivi e presenta memoria.
Resiste Maria Rakar
Motivi della decisione
1.La Corte di appello, sul presupposto che il Tribunale aveva
qualificato l’azione come azione di risarcimento ex art.2043 c.c. , ha
verificato se nella fattispecie ricorressero i presupposti della dedotta
figura dell’illecito civile ed, in particolare, il presupposto
dell’antigiuridicità del comportamento a dell’ elemento soggettivo del
dolo o della colpa.
2.La Corte di merito ha ritenuto che tali requisiti, quantomeno con
riferimento ai periodi in cui il procedimento esecutivo intentato dal
Cozzi era stato sospeso con due diversi provvedimento pretorili, non
sussistevano, posto che la permanenza dei Rakar nell’immobile venne
consentita proprio dai predetti provvedimenti giurisdizionali.
3.Ma anche a prescindere da tale considerazione, la Corte di merito
ha ricordato che la Corte di Cassazione ha statuito che nell’ipotesi di
risoluzione giudiziale o per mutuo consenso – di una compravendita,
le reciproche prestazioni delle parti che conseguono alla risoluzione
restano tra loro collegate, per cui l’una non può essere pretesa se
l’altra non sia adempiuta( Cass. 2678/1980).
Nella fattispecie è pacifico ,afferma la Corte, cheil Gozzi
nnn ha corrisposta ai Rakar l’importo di lr 5S.000.000,

frutto della omessa e/o inesatta applicazione del principi generali in tema di

dovuto in restituzione, nè risulta provato che tale obbligazione
si sia in altro giudizio estinta
4. Infine, ha dato atto che la sentenza n. 378/2005 della Corte di Cassazione
richiedendo, ai fini del risarcimento del danno da occupazione
senza titolo di un immobile, che il danneggiato fornisca la prova di
una effettiva lesione del suo patrimonio si è posta in contrasto con

occupazione senza titolo di un cespite immobiliare altrui, il danno per
proprietario usurpato è in re ipsa, ricollagandosi al semplice fatto della
perdita della disponibilità del bene da parte del doiminus ed
all’impossibilità per costui di conseguire l’utilità normalmente ricavabile dal
bene medesimo in relazione alla nature normalmente fruttifera di esso” e
quindi la determinazione del danno risarcibile può essere operata dal giudice
facendo riferimento al danno figurativo, (Cass. 13630/2001; Cass.
7692/2001; 649/2000; 114/2000), Cass. 10498/2006 e 827/2006.
5.Con il primo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione degli
artt.1453,1460,1493 e 2033 cod. Civ., nonché dell’art.14 della Disposizioni
sulla legge in generale,dell’art.2907 cod.civ e dell’art.101 Cost in relazione
all’art.360 n.3 e 5 c.p.c.
Sostiene il ricorrente che la Corte di appello ha erroneamente affermato la
interdipendenza degli obblighi retitutori conseguenti alla risoluzione
giudiziale del contratto di compravendita intercorso fra il ricorrente e i
fratelli Rakar ,ritenendo in tal modo che, non avendo il Gozzi restituito la
somma di lire 58.000.000 percepita titolo di prezzo parziale della
compravendita, egli non aveva alcun titolo a richiede la restituzione
dell’immobile.
Secondo giurisprudenza prevalente gli obblighi restitutori a seguito della
risoluzione per qualsiasi causa di un contratto, possono essere fatti valere a
titolo di ripetizione di indebito oggettivo ex art.2033 c.c. per cui non è
applicabile in tale ipotesi il mezzo di autotutela dell’eccezionde di
inadempimento ex art.1460 c.c.
6.Con il secondo motivo sì denunzia violazione e falsa applicazione
dell’art.1460 c.c. e vizio di motivazione sul punto ex art.360 n.3 e 5 c.p.c.

6

l’orientamento consolidato della stessa Corte secondo il quale”in caso di

Assume il ricorrente che la Corte di merito non ha operato la prescritta
comparazione fra i comportamenti fra le due parti.
7.Con il terzo motivo si denunzia violazione dell’art.1460, 2697 comma
2cod.civ. e 167,345 ,346 cod.proc. civ.in relazione all’art.360 n.3 c.p.c per
aver la corte di merito pronunziato su una eccezione di inadempimento che
non era stata mai proposta dalla parte.

artt.324,329 °Doma 2 e 346 cod.proc civ in relazione all’art.360 n.3 per
non avere la Corte tenuto conto del giudicato formatosi a seguito della
mancata impugnazione dalla Rakar sulla ritenuta non interdipendenza delle
obbligazioni restitutorie.
9.Con il quinto motivo si denunzia violazione e falsa applcazione
dell’art.2043 cod.civ in relazione agli artt.360 n.3 e 5.
Il ricorrente censura l’affermazione della Corte di merito che ha ritenuto
l’occupazione dell’immobile da parte dei Rakar giustificata per i periodi in
cui la esecuzione per rilascio era stata sospesa con provvedimenti del
giudice dell’esecuzione, in quanto tali provvedimenti hanno natura
provvisoria e non legittimano l’occupazione dell’immobile, tenendo anche
conto che i due procedimenti di opposizione all’esecuzione proposti dai
Rakar sono stati entrambi respinti.
10.Preliminare è l’esame del terzo motivo , con cui il ricorrente denunzia
la mancata proposizione da parte della Rakar della eccezione di
inadempimento e la conseguente pronunzia ultra petita sul punto.
11.11 motivo è infondato.
Infatti la Rakar fin dalla costituzione in primo grado ha eccepito che il Gozzi
non aveva adempiuto all’obbligo di restituire la somma di lire 58.000.000,
ricevuta come anticipo del prezzo ,deducendo anche che il mancato
ricevimento di tale somma aveva impedito alla stessa di trovare altra
abitazidt.
Si ricorda che l'”exceptio inadimpleti contractus” di cui all’art. 1460 cod.
civ., al pari di ogni altra eccezione, non richiede l’adozione di forme speciali
o formule sacramentali, essendo sufficiente che la volontà della parte di
sollevarla sia desumibile, in modo non equivoco, dall’insieme delle sue
difese, secondo un’interpretazione del giudice di merito che, se ancorata a
7

8.Con il quarto motivo si denunzia violazione dell’art.2909 cod. Civ. e degli

correnti canoni di ermeneutica processuale, non è censurabile in sede di
legittimità. Sez. 2, Sentenza n. 20870 del 29/09/2009
12.Si esaminano congiuntamente il primo ed il quinto motivo di ricorso, per
la connessione logico giuridica che li lega.
Essi sono fondati.
13.La Corte di appello , confermata la qualificazione fatta dai primi giudici

c.c. a seguito di occupazione dell’immobile senza titotolo,ha ritenuto che la
condotta dei Rakar era giustificata dalla circostanza che il Gozzi non aveva
a sua volta assolto all’obbligo di restituire la somma di lire 58.000.000,
ricevuta come anticipo del prezzo, e dai provvedimenti giurisdizionali di
sospensione dell’azione esecutiva.
14.Si osserva che ,contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte di appello
che ha applicato sul punto i principi espressi da una risalente sentenza di
questa Corte- Cass.

2678 / 1980 – ,la concorde giurisprudenza

successiva ha ritenuto che una volta risolto il contratto ,le due
obbligazioni che sorgono da tale risoluzione perdono il requisito della
corrispettività e pertanto non opera a loro riguardo la possibilità di proporre
l’eccezione di inadempimento ex art.1460 c.c. .
15.Infatti è ormai principio pacifico nella giurisprudenza di questa Corte
che, nei contratti a prestazioni corrispettive, la retroattività (art. 1458,
comma 1 c.c.) della pronuncia costitutiva di risoluzione per inadempimento,
collegata al venir meno della causa giustificatrice delle attribuzioni
patrimoniali già eseguite, comporta l’insorgenza, a carico di ciascun
contraente, ed indipendentemente dalle inadempienze a lui eventualmente
imputabili, dell’obbligo a restituire la prestazione ricevuta: la sentenza che
pronuncia la risoluzione del contratto per inadempimento produce infatti un
effetto liberatorio ex nunc, rispetto alle prestazioni da eseguire, ed un
effetto recuperatorio ex tunc, rispetto alle prestazioni eseguite. Una volta
pronunciata la risoluzione del contratto, in forza della operatività retroattiva
di essa, stabilita dall’art. 1458 c.c., si verifica per ciascuno dei contraenti ed
in modo avulso dall’imputabilità dell’inadempienza, rilevante ad altri fini,
una totale “restitutio in integrum” e, pertanto, tutti gli effetti del contratto
vengono meno e con essi tutti i diritti che ne sarebbero derivati e che si
8

all’azione proposta dal Gozzi – azione di risarcimento del danno ex art. 2043

considerano come mai entrati nella sfera giuridica dei contraenti stessi.
16.L’obbligazione restitutoria non ha quindi natura risarcitoria derivando dal
venir meno, per effetto della pronuncia costitutiva di risoluzione, della
causa delle reciproche obbligazioni (nei sensi suddetti, tra le tante,
sentenze 19/5/2003 n. 7829; 14/1/2002 n. 341; 4/6/2001 n. 7470).
17. Ne consegue che nei contratti con prestazioni corrispettive l’eccezione

paralizzare la richiesta della controprestazione, relativa alla prestazione già
eseguita, ma non quella relativa alla parte della prestazione già eseguita
che non sia stata restituita ne’ offerta in restituzione. Cass. Sentenza n.
18143 del 09/09/2004
18.Nei contratti a prestazioni corrispettive, alla retroattività della pronuncia
costitutiva di risoluzione, sancita dall’art. 1458 e 1 cc, si collega il venir
meno della causa giustificatrice delle attribuzioni patrimoniali già eseguite
dalle parti col conseguente insorgere dell’obbligo di restituire le prestazioni
ricevute, obbligo che si impone a tutte le parti contraenti a prescindere
dalla attribuzione della imputabilità dell’inadempimento (Cass. 5.4.1990 n.
2802, Cass. 24.2.1995 n. 2135), che non ha influenza alcuna sul venire
meno della causa delle prestazioni eseguite. Inoltre il debito restitutorio
non trova la sua giustificazione nella colpa ma nella risoluzione, che
sanziona il venir meno del contratto ed impone il ristabilimento della
situazione ad esso anteriore e, quindi (fatte salve quelle relative ai contratti
di durata), priva di titolo le prestazioni anteriormente eseguite da entrambe
le parti, anche nel caso in cui la risoluzione sia dipesa da fatto imputabile
Mil’accipiens dal momento che gli effetti liberatori(ex nunc) e quelli
restitutori(ex tunc) si verificano anche nei confronti ed a favore di questi
per il semplice fatto della risoluzione, che lascia privo di causa ogni
adempimento futuro in relazione al contratto e rende indebite, ob causam
finitam, le prestazioni già effettuate.
19. Gli effetti restitutori, quindi, che prescindono dalla eventuale
imputabilità dell’inadempimento, non vanno confusi con gli effetti
sanzionatori (il risarcimento dei danni) che conseguono a favore della parte
adempiente e gravano sul contraente inadempiente trovando titolo nella
sua responsabilità (contrattuale). Sez. 2, Sentenza n. 7829 del 2003.
9

inadempiendi non est adimplendum (consentita dall’articolo 1460 c.c.) può

20.In ordine alla asserita legittimità del possesso dell’immobile nei periodi
si sospensione dell’esecuzione derivante da provvedimenti giurisdizionali di
sospensione, si osserva che non è contestato che i provvedimenti di
sospensione sono stati revocati e che entrambi i procedimenti instaurati dai
Rakar per opporsi all’esecuzione per il rilascio dell’immobile sono stati
rigettati.
dell’obbligazione restitutoria

dell’immobile è stata infondatamente bloccata dai Rakar.
21.In caso di occupazione senza titolo di un cespite immobiliare altrui, il
danno subito dal proprietario è in re ipsa, discendendo dalla perdita della
disponibilità del bene e dall’impossibilità di conseguire l’utilità ricavabile dal
bene medesimo in relazione alla natura normalmente fruttifera di esso
(secondo la giurisprudenza costante, Cass. 8 maggio 2006, n. 10498) ;
anche durante il procedimento di opposizione alla procedura esecutiva per
il rilascio dell’immobile ,opposizione poi risultata infondata, il danno subito
dal proprietario permane per tutto il periodo della procedura esecutiva,
non rilevando sull’entità del danno i periodi di sospensione dell’esecuzione,
in quanto il proprietario è stato comunque privato, per tutta la durata della
procedura ,della disponibilità del bene e della possibilità di conseguire dallo
stesso la normale utilità .
22.11 secondo motivo, sulla mancata comparazione degli inadempimenti ed
quarto il quarto motivo , sull’asserito giudicato interno in ordine alla non
correlazione degli obblighi restitutori ,rimangono assorbiti .
La sentenza va cassata in relazione ai motivi accolti e rinviata alla Corte di
appello di Trieste,in diversa composizione , che deciderà la causa tenendo
conto dei principi espressi e che provvederà anche alle spese del giudizio di
cassazione.
P.Q.M
La Corte accoglie il ricorso;cassa e rinvia alla Corte di appello di Trieste in
diversa composizione che provvederà anche alle spese del giudizio di
cassazione
Roma 17-12-2013

Di conseguenza l’attuazione esecutiva

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