Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4441 del 07/03/2016


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Civile Sent. Sez. L Num. 4441 Anno 2016
Presidente: NOBILE VITTORIO
Relatore: CAVALLARO LUIGI

SENTENZA

sul ricorso 30180-2010 proposto da:
CIRMI GIUSEPPINA C.F. CRMGPP73545Z1120, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA DELLE MEDAGLIE D’ORO 169,
presso lo studio dell’avvocato ITALA MANNIAS (STUDIO
LEGALE DI GIOVANNI – MANNIAS), che la rappresenta e
difende unitamente agli avvocati MATILDE DI GIOVANNI,
2016
135

UMBERTO DI GIOVANNI, ETTORE DI GIOVANNI, giusta
delega in atti;
– ricorrente contro

POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585, in persona

Data pubblicazione: 07/03/2016

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, V.LE MAZZINI 134, presso lo
studio dell’avvocato LUIGI FIORILLO, rappresentata e
difesa dall’avvocato GAETANO GRANOZZI, giusta delega
in atti;
controricorrente

avverso la sentenza n. 887/2009 della CORTE D’APPELLO
di CATANIA, pubblicata il 29/12/2009 R.G.N. 409/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 13/01/2016 dal Consigliere Dott. LUIGI
CAVALLARO;
udito l’Avvocato DI GIOVANNI UMBERTO;
udito l’Avvocato BONFRATE FRANCESCA per delega orale
Avvocato FIORILLO LUIGI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIOVANNI GIACALONE che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso per guanto di ragione.

FATTO
Con sentenza depositata il 29.12.2009, la Corte d’appello di Catania
rigettava l’appello proposto da Giuseppina Cirmi avverso la sentenza di
primo grado che aveva rigettato la querela nullitatis da lei proposta
avverso il termine finale di durata apposti ai contratti stipulati con la

3 agosto-30 settembre 1999, entrambi ex artt. 23, I. n. 56/1987, e 8
CCNL 26.11.1994 e successivi accordi integrativi del 25.9.1997, per la
necessità di assicurare l’espletamento del servizio di recapito in
concomitanza con le ferie del personale dipendente.
Per la cassazione di questa pronuncia ricorre la lavoratrice con ricorso
affidato a quattro motivi, illustrati con memoria. Resiste la s.p.a. Poste
Italiane con controricorso.
DIRITTO
Con il primo motivo, la ricorrente denuncia violazione e falsa
applicazione degli artt. 1372, 1375, 1419, 1422 e 2697 c.c. per avere la
Corte ritenuto che l’inerzia da lei serbata successivamente alla scadenza
del termine in ipotesi illegittimo valesse a concretare un comportamento
incompatibile con la permanenza del vincolo contrattuale.
Con il secondo motivo, la ricorrente lamenta violazione e falsa
applicazione degli artt. 112, 113, 115, 116, 410, 415, 416, 421 e 437
c.p.c. per avere la Corte omesso di considerare, ai fini della valutazione
dell’anzidetto comportamento, l’avvenuta presentazione del tentativo
obbligatorio di conciliazione.
Con il terzo motivo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione
della legge n. 230/1962 e dell’art. 23, I. n. 56/1987, in relazione all’art.
1419 c.c., nonché dell’art. 8 CCNL 26.11.1994 e dei successivi accordi
integrativi per avere la Corte ritenuto la legittimità della clausola
appositiva del termine nonostante che il contratto fosse stato stipulato
dopo la scadenza del termine di validità della contrattazione collettiva
autorizzativa.
Da ultimo, con il quarto motivo, la ricorrente lamenta omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata in
ordine ai punti decisivi della risoluzione per mutuo consenso e della
legittimità dell’apposizione del termine.

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s.p.a. Poste Italiane per il periodo 5 giugno-3 luglio 1998 e per il periodo

Il terzo motivo di ricorso, involgendo la legittimità o meno della clausola
appositiva del termine, va logicamente esaminato per primo ed è
infondato.
E’ sufficiente al riguardo rilevare che si tratta di contratti conclusi in
base alla previsione di cui all’art. 8 CCNL 26.11.1994, concernente la

ferie nel periodo giugno-settembre, e che questa Corte di legittimità, in
numerose controversie analoghe, ha valutato come congrua
l’interpretazione del giudice di merito secondo cui la previsione in
questione costituisce ipotesi diversa e distinta da quella concernente
esigenze eccezionali conseguenti alla fase di ristrutturazione, onde non
rileva in specie il limite temporale del 30.4.1998, fissato dalle parti
collettive con i successivi accordi attuativi in relazione a tale seconda
ipotesi (cfr. da ult. Cass. nn. 614 e 2734 del 2015).
pur vero che si tratta di decisioni che prendono posizione in ordine
all’interpretazione di contratti collettivi aziendali di diritto comune e non
costituiscono dunque precedenti in senso tecnico, non risolvendosi in
esse quaestiones iuris ma limitandosi il giudizio di legittimità al controllo
della corretta risoluzione della quaestio voluntatis da parte del giudice di
merito. Ma non è meno vero che le clausole dei contratti aziendali di
diritto comune, per la loro riferibilità ad una serie indeterminata di
destinatari e per il loro carattere sostanzialmente normativo, non sono
assimilabili completamente a quelle di qualsivoglia contratto o accordo,
onde neanche riguardo ad esse è trascurabile il fine proprio della
nomofilachia di assicurare ai potenziali interessati, per quanto possibile e
per quanto non influenzato dalle insopprimibili peculiarità di ciascuna
fattispecie, quella reale parità di trattamento che si fonda sulla stabilità
degli orientamenti giurisprudenziali (cfr. in tal senso Cass. nn. 8297 del
2007 e 25139 del 2010).
La ritenuta interpretazione della clausola collettiva autorizzatoria della
stipulazione a termine determina l’assorbimento degli ulteriori motivi di
ricorso, siccome implicitamente presupponenti la nullità della clausola
del contratto individuale per difetto dei presupposti di cui all’art. 23, I. n.
56/1987. Il ricorso, pertanto, va rigettato e le spese del presente
giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, vanno poste a
carico di parte ricorrente, giusta il principio della soccombenza.

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necessità di espletamento dei servizio in concomitanza di assenze per

P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle
spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in C 100,00 per esborsi
e C 3.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e
accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 13.1.2016.

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