Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 444 del 13/01/2010

Cassazione civile sez. II, 13/01/2010, (ud. 15/10/2009, dep. 13/01/2010), n.444

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 29794-2006 proposto da:

PREFETTURA DI VERONA in persona del Prefetto pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope

legis;

– ricorrente –

contro

F.L., elettivamente domiciliato in ROMA, LARGO TRIONFALE

7, presso lo studio dell’avvocato MANNUCCI LUIGI, che lo rappresenta

e difende, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5445/2005 del GIUDICE DI PACE di VERONA,

depositata l’11/11/2005;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

15/10/2009 dal Consigliere Relatore Dott. D’ASCOLA PASQUALE;

E’ presente il P.G. in persona del Dott. PIVETTI MARCO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Il giudice di pace di Verona con sentenza dell’11 novembre 2005 accoglieva l’opposizione proposta da F.L. avverso il Prefetto di Verona per l’annullamento dei verbali di contestazione n. (OMISSIS), relativi a violazione dell’art. 142 C.d.S., comma 9, e violazione dell’art. 13 C.d.S., commi 5 e 13, e art. 153 C.d.S., comma 11.

Rilevava che la sanzione relativa all’eccesso di velocità doveva essere annullata a causa: della mancata consegna dello scontrino “riportante la velocità rilevata” e perchè l’apparecchiatura Telelaser utilizzata per il rilevamento non era stata sottoposta alle operazioni di taratura. Osservava inoltre che non vi erano prove sufficienti della responsabilità del ricorrente, cui era stata contesta la velocità di 189 k.m orari, rilevata a 321 metri di distanza, il che avrebbe comportato che l’automobilista aveva avuto solo sei secondi di tempo per arrestarsi al posto di blocco.

Quanto al verbale con cui era stata contestata l’indebita circolazione sulla corsia di sorpasso, il giudicante accoglieva il ricorso affermando che, essendo l’opponente impegnato nel sorpasso di altri veicoli, questi dovevano trovarsi sulla corsia di centro, altrimenti sarebbe stato inverosimile che l’opponente stesse a sinistra e non sulla più sicura corsia di centro; del pari reputava singolare che sulla corsia di sorpasso si trovasse una colonna di veicoli, lasciando libera, come verbalizzato, la corsia centrale. Da queste considerazioni la sentenza impugnata desumeva la mancanza di prove in ordine alla seconda violazione contestata. Infine, in ordine all’uso dei fendinebbia (violazione art. 153) riteneva legittimo l’utilizzo di detti fari in relazione alle esistenti condizioni di tempo perturbato.

La Prefettura di Verona, assistita dall’Avvocatura dello stato, ha proposto ricorso per cassazione, notificato il 30 ottobre 2006, al quale il F. ha resistito con controricorso, illustrato da memoria. Avviata la trattazione con il rito previsto per il procedimento in Camera di consiglio, il procuratore generale ha chiesto l’accoglimento del ricorso perchè manifestamente fondato.

Preliminarmente va rilevato che l’impugnazione proposta dall’avvocatura Generale dello Stato ha sanato il difetto di legittimazione passiva della Prefettura – Ufficio territoriale del governo (erroneamente evocata in giudizio dal decreto del giudice di primo grado), che è competente sulle opposizioni ad ordinanza ingiunzione emessa dal Prefetto e non sull’opposizione a verbale di contestazione di sanzioni amministrative. In caso di opposizione proposta avverso il verbale di accertamento di violazione al codice della strada redatto da appartenenti alla polizia stradale, la legittimazione passiva nel relativo giudizio appartiene al Ministero dell’Interno, essendo a questa amministrazione centrale attribuite specifiche competenze in materia di circolazione stradale, nonchè1 il compito di coordinare i servizi di. polizia stradale, anche se espletati da organi appartenenti ad altre amministrazioni centrali (Cass 17677/06; 4195/06); tuttavia la carente legittimazione processuale della Prefettura che sia stata erroneamente evocata in giudizio è sanata dall’impugnazione svolta per l’Amministrazione dall’Avvocatura dello stato, come stabilito dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. per riferimenti Cass. 3144/06), che si è espressa in tal senso anche con intervento delle Sezioni Unite (Cass. 3117/06;

21624/06). Ed infatti l’erronea individuazione dell’organo legittimato non comporta la mancata costituzione del rapporto processuale, ma una mera irregolarità, sanabile, ai sensi della L. 25 marzo 1958, n. 260, art. 4, attraverso la costituzione in giudizio dell’Amministrazione, che non abbia sollevato al riguardo eccezioni o uno specifico motivo d’impugnazione (cfr. Cass. 9527/06).

Il primo motivo di ricorso denuncia violazione dell’art. 45 C.d.S., e art. 142 C.d.S., comma 6, e relative norme di esecuzione, dell’art. 2697 c.c. della L. n. 689 del 1981, art. 13: rileva che la p.a. ha la facoltà ma non l’obbligo di ricorrere a rilievi fotografici e che l’uso dell’apparecchio telelaser non impone altri rilievi oltre l’attestazione, avente fede privilegiata, dell’avvenuto puntamento e della rilevazione sull’apparecchiatura, della velocità contestata.

Le attestazioni dei verbalizzanti, anche con riguardo al funzionamento dello strumento usato, non erano state oggetto di prova contraria e quindi di idonea contestazione.

Il secondo motivo denuncia violazione degli artt. 152 e 153 C.d.S. e della L. n. 689 del 1981, artt. 22 e 23, nonchè dell’art. 2700 c.c. e vizio di motivazione. Parte ricorrente lamenta che le deduzioni del giudicante circa la corsia percorsa dal veicolo del trasgressore contrastano con le attestazioni dei verbalizzanti, facenti prova fino a querela di falso.

Il ricorso è manifestamente fondato. Giova preliminarmente rilevare che invano il controricorrente eccepisce la mancata formulazione del fatto controverso ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c.. Detta norma è applicabile ai ricorsi che impugnino sentenze emesse dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 40 del 2006 (2 marzo 2006) e quindi l’odierna controversia resta estranea al disposto dell’art. 366 bis c.p.c..

Fondatamente è dedotta la piena legittimità dell’uso dell’apparecchiatura telelaser, conforme alle caratteristiche di cui all’art. 345 reg. esec. C.d.S., nonchè l’estraneità alla materia delle norme sul sistema nazionale di taratura. Questa Sezione ha già statuito che in tema di sanzioni amministrative per violazioni al codice della strada, le apparecchiature elettroniche regolarmente omologate utilizzate per rilevare le violazioni dei limiti di velocità stabiliti, come previsto dall’art. 142 C.d.S., non devono essere sottoposte ai controlli previsti dalla L. n. 273 del 1991, istitutiva del sistema nazionale di taratura. Tale sistema dì controlli, infatti, attiene alla materia ed metrologica, diversa rispetto a quella della misurazione elettronica della velocità ed è competenza di autorità amministrative diverse rispetto a quelle pertinenti al caso di specie (Cass 23978/07). La sentenza citata, come le altre coeve, ha esaminato e risolto tutte le problematiche in argomento e a questo orientamento occorre dare seguito. Nè rileva, nel caso di rilevamento a mezzo telelaser, l’omessa consegna dello scontrino o la mancanza di documentazione fotografica. E’ stato già più volte affermato da questa Corte che l’efficacia probatoria di qualsiasi strumento di rilevazione elettronica della velocità dei veicoli perdura sino a quando non risultino accertati, nel caso concreto, sulla base di circostanze allegate dall’opponente e debitamente provate, il difetto di costruzione, installazione o funzionalità dello strumento stesso, o situazioni comunque ostative al suo regolare funzionamento, senza che possa farsi leva, in senso contrario, su considerazioni di tipo meramente congetturale (Cass 15324/06). Vale ribadire quanto precisato in detta sentenza, a tenore della quale “Non è invece richiesto … che le apparecchiature siano munita anche di dispositivi in grado di assicurare una documentazione fotografica dell’accertamento dell’infrazione, o altra forma di documentazione automatica e permanente della individuazione del veicolo: a simile conclusione non potendosi in particolare pervenire sulla base della disposizione regolamentare in forza della quale l’accertamento deve avvenire tutelando la riservatezza dell’utente, giacchè dalla previsione – peraltro, a diverso fine – di una modalità di accertamento riferibile all’eventuale documentazione fotografica, non può trarsi la conseguenza che essa costituisca l’unica modalità di individuazione del veicolo normativamente consentita. Unico requisito al quale è subordinata l’omologazione dell’apparecchiatura è che essa permetta la rilevazione “in modo chiaro ed accertabile” – vale a dire inequivoco – ben potendo, invece, l’identificazione del veicolo essere rimessa alla percezione diretta del personale di polizia addetto all’apparecchiatura stessa, allorchè questa risulti tecnicamente idonea ad indicare con certezza a chi opera quale sia il veicolo al quale si riferisce il rilevamento (Cass., 22 luglio 2005, n. 15366; Cass. 26 aprile 2005, n. 8675;

Cass., 20 aprile 2005, n. 8232; Cass., 20 gennaio 2005, n. 1234;

Cass., 2 aprile 2004, n. 6507)”.

Nel caso di specie ci si trova esemplarmente di fronte a una indebita ricostruzione congetturale circa la mancanza dì veridicità dell’accertamento, posto che non solo è irrilevante la mancata consegna di scontrino attestante la velocità, ma che la attestazione dei verbalizzanti circa la altissima velocità rilevata (184 km orari, cioè ben 54 km orari oltre il limite consentito nell’ autostrada percorsa) è stata confutata supponendo che 1 ‘ automobilista si sia “agevolmente” fermato al posto di blocco e ipotizzando l’insufficienza dello spazio di frenata (321 metri), senza però indicare alcuna risultanza circa le modalità con cui era avvenuto l’arresto del veicolo.

A supporto della catena delle ipotesi costruite dal giudicante a beneficio dell’opponente, palesemente insufficiente a dimostrare il malfunzionamento dei telelaser, è stata quindi utilizzata la tesi, già esaminata, relativa al la rilevanza della mancanza di taratura dell’apparecchiatura elettronica.

Ancor più evidente è la erroneità della sentenza con riguardo al secondo motivo di ricorso, concernente la contestazione i n ordine all’indebita occupazione della corsia di sorpasso. Sul punto la percezione sensoriale degli agenti verbalizzanti poteva essere posta nel nulla soltanto mediante querela di falso, dovendosi ricordare che secondo le Sezioni Unite (V. SU 17355/09) “nel giudizio di opposizione ad ordinanza ingiunzione relativo al pagamento di una sanzione amministrativa è ammessa la contestazione e la prova unicamente delle circostanze di fatto della violazione che non sono attestate nel verbale di accertamento come avvenute alla presenza del pubblico ufficiai e o rispetto alle quali l’atto non è suscettibile di fede privilegiata per una sua irrisolvibile contraddittorietà oggettiva, mentre è riservata al giudizio di querela di falso, nel quale non sussistono limiti di prova e che è diretto anche a verificare la correttezza dell’operato del pubblico ufficiale, la proposizione e l’esame di ogni questione concernente l’alterazione nel verbale, pur se involontaria o dovuta a cause accidentali, della realtà degli accadimenti e dell’effettivo svolgersi dei fatti”.

Fondatamente è quindi lamentata la violazione dell’art. 2700 c.c..

Va inoltre evidenziato che ancora una volta la sentenza impugnata si distingue per la illogica ricostruzione congetturale dell’accaduto.

Giunge infatti ad ipotizzare che l’automobile, pur lanciata ad altissima velocità, non stesse impegnando la terza corsia, ma quella di centro, per avere più ampie possibilità di manovra in caso di situazione di pericolo. Trattasi di considerazione che non solo contrasta con la normale constatazione di qualsiasi utente delle autostrade in ordine alla condotta di guida dei veicoli che marciano superando i limiti di velocità, i quali costantemente impegnano la terza corsia, ma urta con la logica elementare del conducente trasgressore del codice della strada. Un automobilista lanciato molto oltre i limiti di velocità deve infatti prevedere che vi è elevatissima probabilità di incontrare veicoli mollo più lenti sulla corsia centrale, venendo così costretto a pericolose frenale o deviazioni; al contrario, sulla terza corsia è normalmente preceduto da un numero molto inferiore di veicoli, peraltro anch’essi molto veloci, ai quali, previa segnalazione visiva o acustica, è possibile chiedere il passo, potendo essi scalare sulla corsia centrale. Nè ha pregio giuridico alcuno ipotizzare, come ha fatto il giudicante, in mancanza di riscontri probatori prodotti nelle forme e sedi opportune dall’opponente, la falsità delle attestazioni dei verbalizzanti circa l’esistenza di una colonna dì veicoli in corsia di sorpasso, capeggiata dall’opponente. Anche questo rilievo, oltre a condurre alla violazione del disposto dell’art. 2700, confligge con la constatazione elementare che è ben frequente e logico che più veicoli, accomunati dal procedere a velocità eccessiva, sì accodino lungo l’estrema corsia di sinistra, facendo affidamento sull’assenza in essa di veicoli lenti e ostacoli improvvisi, così potendo accadere che per tratti di 500 o 600 metri come, stando al ricorso, riferito dal verbale – sulla corsia intermedia non vi sia alcun veicolo. Non a caso per confutare le circostanze di fatto attestate dal verbale, la sentenza ha dovuto autonomamente ipotizzare che l’opponente stesse sorpassando altri veicoli (pag. 11 sentenza), circostanza ovviamente non oggetto di verbalizzazione, ma neppure altrimenti provata.

Discende da quanto esposto l’accoglimento del ricorso e a condanna alla refusione delle spese di lite, liquidate in dispositivo. Si la luogo, con decisi one di merito ex art. 384 c.p.c., al rigetto dell’originaria opposizione, giacchè il giudice di merito ha già scrutinato e respinto tutti gli altri motivi di opposizione, senza che sul punto sia stato proposto ricorso incidentale.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta l’opposizione relativa al verbale (OMISSIS) N e al verbale (OMISSIS) N oggetto del ricorso. Condanna parte ricorrente alla refusione a controparte delle spese di lite, liquidate in Euro 600,00 per onorari, oltre rimborso delle spose prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Seconda Sezione Civile, il 15 ottobre 2009.

Depositato in Cancelleria il 13 gennaio 2010

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