Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4439 del 25/02/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 4439 Anno 2014
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: ROSSETTI MARCO

SENTENZA

sul ricorso 10495-2008 proposto da:
CON CAVALESE in persona del Sindaco pro tempore
WALTER CAPPELLETTO, elettivamente domiciliato in
ROMA,

VIALE

MAZZINI

il,

presso

lo

studio

dell’avvocato STELLA RICHTER PAOLO, che la
rappresenta e difende unitamente agli avvocati DE
‘2013

LUCA UMBERTO, DALLA FIOR MARCO giusta delega in atti;
– ricorrente –

*2465

contro

MIN DIFESA ;
– intimato –

1

Data pubblicazione: 25/02/2014

sul ricorso 14649-2008 proposto da:
MIN DIFESA in persona del Ministro in carica,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI
12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, da cui
è difeso per legge;

contro

COM CAVALESE 00124130220 in persona del Sindaco pro
tempore WALTER CAPPELLETTO, elettivamente domiciliato
in ROMA,

VIALE MAZZINI 11,

presso lo studio

dell’avvocato STELLA RICHTER PAOLO, che lo
rappresenta e difende unitamente agli avvocati DE
LUCA UMBERTO, DALLA FIOR MARCO giusta delega in atti;
– controricorrente –

avverso la sentenza n. 60/2007 della CORTE D’APPELLO
di TRENTO, depositata il 19/03/2007, R.G.N. 125/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 17/12/2013 ‘dal Consigliere Dott. MARCO
ROSSETTI;
udito l’Avvocato PAOLO STELLA RICHTER;
udito l’Avvocato UMBERTO DE LUCA;
udito l’Avvocato MASSIMO GIANNUZZI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARIO FRESA che ha concluso per il
rigetto di entrambi i ricorsi;

2

– ricorrente –

R.G.N. 10495/08 e 14649/08
Udienza del 17 dicembre 2013

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Il 3 febbraio 1998 un velivolo di proprietà dell’esercito degli Stati Uniti
d’America, in volo formalmente di esercitazione, intercettò e tranciò i cavi
della funivia Cavalese-Cermis, nel territorio del comune di Cavalese.
Una delle cabine in quel momento in transito precipitò di conseguenza al

2. Il responsabile della strage, il militare statunitense Richard Ashby, il suo
equipaggio, il suo datore di lavoro e la struttura militare per la quale
lavorava non poterono essere giudicati dall’autorità giudiziaria italiana: essi
infatti, in quanto militari appartenenti una forza armata di uno Stato
aderente al Trattato Nord Atlantico erano sottratti alla giurisdizione italiana
dall’art. 8, paragrafo 5, lettera (g), della Convenzione tra gli Stati
partecipanti al Trattato Nord Atlantico (NATO) sullo statuto delle loro Forze
armate, firmata a Londra il 19 giugno 1951 e ratificata con I. 30-11-1955, n.
1335.
La stessa norma accolla allo stato ospitante (nella specie, l’Italia) l’onere di
risarcire i danni causati a terzi dai militari appartenenti alle forze armate
dello Stato ospitato (nella specie, gli U.S.A.).

3. In conseguenza dei fatti sopra descritti, e sulla base del quadro
normativo appena ricordato, nel 2002 il Comune di Cavalese convenne
dinanzi il Tribunale di Trento il Ministero della Difesa, allegando di avere
patito ingenti danni patrimoniali e non patrimoniali per effetto del disastro
sopra descritto, e chiedendo la condanna dell’amministrazione convenuta al
risarcimento di tali danni, in virtù dell’obbligo ex lege ad essa imposto dal
citato art. 8 della Convenzione di Londra.
Il Comune di Cavalese allegava, in particolare, di avere dovuto sostenere
ingenti esborsi per

riqualificare

il proprio territorio, attraverso la

realizzazione di opere e strutture idonee a distaccare, nell’immaginario
collettivo, il nome di Cavalese dal ricordo della sciagura.

Pagina 3

ev

suolo, provocando la morte di venti persone.

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Udienza del 17 dicembre 2013

4. Con sentenza 27.4.2004 n. 324 il Tribunale di Trento accolse
parzialmente la domanda dell’amministrazione comunale, liquidando il
danno nella somma di € 105.498,72. Vennero rigettate, in particolare, le
domande di risarcimento del danno non patrimoniale e la domanda di
risarcimento dei danni consistiti nelle spese sostenute per la realizzazione di

uno studio sugli effetti economici dell’incidente.

5. La Corte d’appello di Trento, adìta dal Comune di Cavalese che chiedeva
una più cospicua quantificazione del risarcimento, con sentenza 19.3.2007 n.
60 riformò parzialmente la decisione del Tribunale nel modo seguente:
(a) accordò all’amministrazione il risarcimento del danno non patrimoniale
(liquidato nella somma di un milione di euro);
(b)

ritenne risarcibili in parte i costi sostenuti dall’amministrazione per

remunerare vari studi preliminari e progetti di riqualificazione del territorio
urbano, maggiorando la liquidazione compiuta dal primo giudice di ulteriori
€ 95.489,95.
La corte d’appello ritenne invece non legate da un valido nesso causale
all’evento tutte le ulteriori spese di cui il Comune di Cavalese chiedeva la
rifusione.

6. Tale decisione viene ora impugnata per cassazione sia dal Comune di
Cavalese, sulla base di tre motivi; sia dal Ministero della difesa, sulla base di
sette motivi.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo del ricorso principale.
1.1. Col primo motivo di ricorso il Comune di Cavalese lamenta che la
sentenza impugnata avrebbe violato gli artt. 1223, 2043 e 2056 c.c., nella
parte in cui ha escluso l’esistenza d’un valido nesso di causa tra il disastro
del 1998 e le spese sostenute dal Comune per far progettare e pianificare il
complesso di opere necessarie per la riqualificazione del territorio comunale.
Espone, al riguardo, che la tragedia aveva profondamente nuociuto
all’immagine del Comune quale luogo ameno destinato al riposo ed alle

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due studi urbanistici, una variante dello strumento urbanistico esistente e

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Udienza del 17 dicembre 2013

vacanze, e ciò aveva reso necessario immaginare e progettare una serie di
opere che, senza nascondere quanto accaduto, inducessero i visitatori ad
associare al Comune di Cavalese le idee di pace e fratellanza.

1.2. Il motivo è inammissibile.

causa tra il fatto illecito e l’evento deve avvenire dapprima individuando in
iure la regola giuridica in base alla quale compiere il relativo giudizio (ad es.,
l’art. 40 c.p. piuttosto che l’art. 1223 c.c.); e quindi, alla luce di quella,
accertando in facto le conseguenze dell’illecito.
La distinzione rileva perché l’errore compiuto dal giudice di merito
nell’individuare la regola giuridica in base alla quale accertare la sussistenza
del nesso di causa è censurabile in sede di legittimità, ai sensi dell’art. 360
n. 3 c.p.c.; invece l’eventuale errore del giudice di merito nell’individuazione
delle conseguenze che sono derivate dall’illecito, alla luce della regola
giuridica applicata, è una valutazione di fatto, come tale sottratta al
sindacato di legittimità se adeguatamente motivata (ex permultis, Sez. 3,
Sentenza n. 26997 del 07/12/2005, in precedenza sempre conforme sino
alla sentenza “capostipite”, rappresentata da Sez. 3, Sentenza n. 3061 del
20/10/1962).

1.3. Nel caso di specie, la Corte d’appello di Trento non ha mai negato che
siano risarcibili i danni che costituiscano conseguenza immediata e diretta
del fatto illecito (secondo la regola di cui all’art. 1223 c.c.), né ha negato in
linea di principio che tutte le concause di un evento abbiano pari rilievo
giuridico (secondo la regola di cui all’art. 40 c.p.). Semplicemente, ha
adempiuto al compito di giudice del merito, ad essa attribuito
dall’ordinamento, negando in facto che i danni dei quali il Comune ha
chiesto il ristoro potessero ritenersi giuridicamente causati dal disastro del
3.2.1998.
Pertanto il Comune di Cavalese col suo primo motivo di ricorso, sotto le
viste della violazione di legge, ha in realtà denunciato un giudizio di fatto,
come tale insindacabile in questa sede di legittimità.

c

i

E’ pacifico nella giurisprudenza di legittimità che l’accertamento del nesso di

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Udienza del 17 dicembre 2013

2. Il secondo motivo del ricorso principale.
2.1. Col secondo motivo di ricorso il Comune di Cavalese lamenta che la
sentenza impugnata sia contraddittoriamente motivata, nella parte in cui ha
escluso il nesso di causa tra il disastro del 1998 e la risarcibilità del danno

opere pubbliche.
Tale contraddittorietà consisterebbe, secondo il ricorrente, nell’avere la
Corte d’appello da un lato affermato che la tragedia abbia colpito e
funestato “l’intera vallata” dove sorge il Comune di Cavalese, e “colpito al
cuore” i suoi interessi economici legati al turismo; dall’altro negato tuttavia
la risarcibilità dei danni patrimoniali rappresentati dai costi di progettazione
di nuove opere pubbliche, perché realizzate in porzioni del territorio
comunale non interessate dal disastro.

2.2. Il motivo è infondato.
La contraddittorietà di una sentenza – come di qualunque testo – va
apprezzata valutandolo nel suo complesso, e non estrapolandone passi che,
successivamente collazionati al di fuori del contesto nel quale erano
originariamente inseriti, finiscano per tradire il senso originale dello scritto.
Nel caso di specie, la lettura integrale della motivazione adottata dalla Corte
d’appello non rivela nessuna contraddizione nella parte dedicata all’esame
della domanda di risarcimento del danno patrimoniale.
La Corte d’appello ha preso in esame le tipologie di spese sostenute dal
Comune per pianificare e riqualificare il territorio; le ha valutate; le ha
divise in due categorie, ritenendo talune di esse costituire un danno
risarcibile perché conseguenza immediata e diretta del disastro; altre no
perché non necessitate dal fatto illecito.
La Corte d’appello dunque non ha affatto, al contrario di quanto
pretenderebbe il ricorrente, dapprima affermato che il sinistro ha
danneggiato l’intero territorio comunale, e poi ritenuto risarcibile il danno
rappresentato dalle spese di riqualificazione di un settore soltanto del
medesimo territorio.

e

rappresentato dalle spese sostenute dal Comune per progettare nuove

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Udienza del 17 dicembre 2013

Quanto al preteso contrasto tra la decisione di rigetto parziale della
domanda di risarcimento del danno patrimoniale, ed i passi trascritti dal
ricorrente alle pp. 23-24 del ricorso, è agevole rilevare come:
(a)

le parti della sentenza trascritte a pp. 23-24 del ricorso sono state

estratte dalle pp. – rispettivamente – 33 e 35 della sentenza impugnata,

questione tutt’affatto diversa da quella concernente la stima del danno
patrimoniale;
(b) in ogni caso, con le suddette espressioni (“disastro che ha colpito l’intera
vallata”; “colpire al cuore l’economia del comune”) la Corte d’appello ha solo
fatto ricorso alla figura retorica dell’enfasi per giustificare la sussistenza del
danno non patrimoniale, ma non certo affermato che l’intero territorio
comunale necessitasse di una ricostruzione.

3. Il terzo motivo del ricorso principale.
3.1. Col terzo motivo di ricorso il Comune di Cavalese lamenta che la
sentenza impugnata sia insufficientemente motivata, nella parte in cui ha
escluso il nesso di causa tra il disastro del 1998 e la risarcibilità del danno
rappresentato dalle spese sostenute dal Comune per progettare nuove
opere pubbliche.
Lamenta che la Corte avrebbe da un lato negato la sussistenza d’un danno
risarcibile, dall’altro rigettato le prove chieste dal Comune e vòlte a
dimostrarne l’esistenza.

3.2. Il motivo è inammissibile per difetto del requisito dell’autosufficienza.
In virtù di tale principio chi lamenti in sede di legittimità la mancata
ammissione, da parte del giudice di merito, d’una prova ritualmente
proposta, ha l’onere di riprodurne nel ricorso il testo, al fine di consentire
alla Corte la valutazione della sua tempestività, ammissibilità e rilevanza
(principio, questo, talmente pacifico che si sono ritenuti manifestamente
infondati, ex art. 360 bis c.p.c., i ricorsi redatti in violazione di esso: da
ultimo, ex multis, Sez. 6 – L, Ordinanza n. 17915 del 30/07/2010).

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nelle quali si affronta il problema del danno non patrimoniale, e dunque

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4. Il primo motivo del ricorso incidentale.
4.1. Col primo motivo del ricorso incidentale il Ministero della Difesa
lamenta – ai sensi dell’art. 360, n. 4, c.p.c. – la nullità della sentenza per
violazione dell’art. 112 c.p.c..
Espone che la Corte d’appello ha accordato al Comune di Cavalese il

l’amministrazione ne avesse mai in precedenza allegato l’esistenza e
domandato il ristoro.

4.2. Il motivo è infondato.
Anche se può manifestarsi in molti modi diversi, il danno non patrimoniale è
un categoria unitaria ed omnicomprensiva, al pari del resto di quello
patrimoniale, che non muta la propria natura sol perché si sia abbattuto su
beni di natura diversa (così le Sezioni Unite di questa Corte, con la decisione
pronunciata da Sez. U, Sentenza n. 26972 del 11/11/2008).
Da questa qualificazione sostanziale consegue, sul piano processuale, che
chi invoca il risarcimento del danno non patrimoniale non ha alcun onere di
adottare l’una piuttosto che l’altra delle varie formule qualificatorie
elaborate dalla prassi, ma ha semplicemente l’onere di allegare il concreto
tipo di pregiudizio non patrimoniale patito, in assolvimento dell’onere
imposto dall’art. 163, comma 3, n. 4, prima parte, c.p.c..
Nel caso di specie, con l’atto di citazione il Comune di Cavalese aveva
domandato il risarcimento del “danno da reato”, rinviando poi per la
descrizione dei concreti pregiudizi patiti alla motivazione dell’atto di
citazione, nella quale si dava conto tra l’altro degli effetti pregiudizievoli che
la criminale condotta del pilota nordamericano ebbe per le sventurate
vittime e l’amministrazione comunale.
Nulla rileva, pertanto, che il Comune di Cavalese abbia qualificato il
pregiudizio di cui chiedeva il ristoro dapprima come “morale”, e quindi come
“ambientale”; né rileva che non abbia mai fatto uso, nei propri scritti, della
formula del “danno all’immagine”. Quel che unicamente rileva è che egli
abbia descritto le conseguenze pregiudizievoli di cui ha domandato il ristoro:
sicché, avendo il Comune assolto a tale onere, ed avendo la Corte d’appello

c«iv

risarcimento del danno non patrimoniale all’immagine, senza che

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ristorato profili di

pregiudizio sicuramente rientranti nell’ambito delle

conseguenze pregiudizievoli lamentate dal Comune, non vi è stata alcuna
violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.

5. Il secondo motivo del ricorso incidentale.

lamenta – ai sensi dell’art. 360, n. 4, c.p.c. – la nullità della sentenza per
violazione dell’art. 342 c.p.c..
Espone che il Tribunale aveva rigettato la domanda di risarcimento del
danno non patrimoniale ritenendo che non esisteva né danno all’immagine,
né danno ambientale. Il Comune aveva impugnato tale decisione, dolendosi
unicamente del rigetto della domanda di risarcimento del danno ambientale.
La Corte d’appello tuttavia, pur in assenza di un motivo specifico d’appello,
ha accolto la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale
all’immagine.

5.2. Sebbene il Ministero lamenti, col motivo in esame, la violazione dell’art.
342 c.p.c., in realtà dall’illustrazione di esso appare chiaro che la norma che
si assume violata è l’art. 112 c.p.c.: il Ministero, infatti, si duole che la Corte
abbia riformato la sentenza nonostante non vi fosse stata alcuna
impugnazione sul punto del rigetto della domanda di risarcimento del danno
all’immagine.
Ciò, tuttavia, non rende inammissibile il motivo, in virtù del principio iura
novit curia, alla stregua del quale l’erronea individuazione, da parte del
ricorrente per cassazione, della norma che si assume violata resta senza
conseguenze, quando dalla descrizione del vizio che si ascrive alla sentenza
impugnata possa inequivocamente risalirsi alla norma che si assume violata.

5.3. Nel merito, tuttavia, il motivo è infondato per le stesse ragioni esposte
al § 4 e ss.: a prescindere, infatti, dalle espressioni verbali con le quali sia il
Comune che la Corte d’appello hanno qualificato il pregiudizio
rispettivamente domandato e liquidato, quel che rileva per stabilire se vi sia
stata o meno pronuncia ultra petita è esaminare i concreti pregiudizi posti

eq/

5.1. Col secondo motivo del ricorso incidentale il Ministero della Difesa

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dall’attore a fondamento della domanda di risarcimento, e dalla Corte
d’appello a fondamento della statuizione di condanna.
Da tale collazione risulta, come già rilevato al § 4.2, che il Comune di
Cavalese ha domandato il risarcimento del danno non patrimoniale causato
dal reato e consistito nel pregiudizio arrecato all’offerta turistica legata al

all’immagine, come il più contiene il meno.

6. Il terzo motivo del ricorso incidentale.
6.1. Col terzo motivo del ricorso incidentale il Ministero della Difesa lamenta
– ai sensi dell’art. 360, n. 4, c.p.c. – la nullità della sentenza per violazione
dell’art. 115 c.p.c..
Espone che la Corte d’appello ha posto a fondamento dell’accoglimento della
domanda di risarcimento del danno non patrimoniale tre circostanze di fatto
mai debitamente allegate dal Comune, e cioè: (a) la circostanza che
analogo incidente si fosse già verificato nel 1976; (b) la circostanza che i
due eventi siano stati associati nell’immaginario collettivo dei potenziali
turisti; (c) la conseguente compromissione dell’immagine del Comune, noto
in Italia ed all’estero per la sua offerta turistica.

6.2. Il motivo è manifestamente infondato: le circostanze sub (a) e (b),
infatti, possono ritenersi notorie, mentre quella sub (c) non è un fatto, ma
una deduzione logica, e quindi una prova presuntiva ex art. 2727 c.c.. In
nessuno dei tre casi, quindi, il giudice di merito ha utilizzato prove non
addotte dalle parti.

7. Il quarto motivo di ricorso incidentale.
7.1. Col quarto motivo del ricorso incidentale il Ministero della Difesa
lamenta – ai sensi dell’art. 360, n. 4, c.p.c. – la nullità della sentenza per
violazione dell’art. 115, comma 2, c.p.c..
Espone, al riguardo, che la sentenza impugnata avrebbe errato nel ritenere
“notoria”, ai sensi dell’art. 115, comma 2, c.p.c., la circostanza della

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nome “Cavalese”, pregiudizio che inevitabilmente ricomprende quello

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associazione nell’immaginario collettivo del nome “Cavalese” ai due disastri
funiviari avvenuti nel 1976 e 1998.
Un atteggiamento psicologico, tuttavia, non potrebbe mai ritenersi “notorio”,
perché tali possono qualificarsi solo fatti certi ed incontestabili: di qui,

7.2. Il motivo è infondato.
La sentenza della Corte d’appello ha ritenuto sussistere il danno non
patrimoniale lamentato dal Comune di Cavalese (anche) in base al rilievo
che il disastro del 1998 non poteva non rievocare negli abitanti e nei turisti
la analoga tragedia avvenuta 22 anni prima, per poi trarne la conclusione
che il verificarsi di due tragedie analoghe in venti anni è circostanza che ha
leso l’immagine del Comune.
Così ragionando, la Corte d’appello non ha affatto ritenuto notorio un fatto
che non lo era, ma ha

sillogizzato

un ragionamento razionalmente

condivisibile: ha, dunque, fatto legittimo ricorso allo strumento di cui all’art.
2727 c.c..
Il giudice di merito infatti, muovendo dal fatto noto dell’esistenza del
disastro e della sua reiterazione (circostanze mai in contestazione tra le
parti), è risalita al fatto ignorato che tali eventi avessero offuscato, agli
occhi dei turisti, l’immagine del luogo ove quei luttuosi fatti avvennero.
Giusta o sbagliata che sia stata sul piano della verità oggettiva, tale
deduzione è corretta sul piano della logica formale, né l’amministrazione
ricorrente l’ha mai censurata per violazione dell’art. 2727 o 2729 c.c..

8. Il quinto motivo del ricorso incidentale.
8.1. Col quinto motivo del ricorso incidentale il Ministero della Difesa
lamenta – ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c. – la violazione degli artt. 2043 e
2059 c.c..
Espone, al riguardo, che la Corte d’appello avrebbe qualificato come danno
non patrimoniale risarcibile l’ “associazione di idee” tra Cavalese e la
disgrazia. Così facendo, tuttavia, la Corte d’appello avrebbe ritenuto

eg

secondo la ricorrente, la violazione dell’art. 115 c.p.c..

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costituire un danno risarcibile non il pregiudizio patito dalla vittima del reato,
ma una superstizione che il fatto avrebbe ingenerato nei terzi.

8.2. Il motivo è infondato, perché fa dire alla Corte d’appello un principio
ben diverso da quello effettivamente affermato.

danno di per sé risarcibile la “associazione di idee” tra il nome “Cavalese” ed
eventi luttuosi, ma ha ritenuto una cosa ben diversa e molto più semplice: e
cioè che il fatto stesso del verificarsi per due volte di una grave tragedia, di
risonanza mediatica generale, sul territorio del Comune, ha fatto sì che
qualunque persona di media esperienza finisca per pensare che sulle funivie
di Cavalese si morì tragicamente in passato, e forse si potrebbe morire
ancora: nel che, con tutta evidenza, risiede la lesione dell’immagine e della
identità turistica.

9. Il sesto motivo del ricorso incidentale.
9.1. Col sesto motivo del ricorso incidentale il Ministero della Difesa lamenta
– ai sensi dell’art. 360, n. 4, c.p.c. – la nullità del procedimento per
violazione dell’art. 112 c.p.c.
Espone, al riguardo, che la Corte d’appello ha liquidato il danno non
patrimoniale patito dal Comune facendo riferimento alle “attività
promozionali” da questo compiute per il rilancio della propria immagine, e
dunque ha liquidato un danno patrimoniale: con ciò violando il principio
della corrispondenza tra chiesto e pronunciato.

9.2. Il motivo è inammissibile.
L’errore compiuto dal giudice di merito nella liquidazione del danno non
costituisce una causa di nullità del procedimento (per quanto già esposto, la
domanda di risarcimento del danno non patrimoniale fu correttamente
formulata dall’amministrazione comunale), ma potrebbe dar vita al più o un
error in iudicando, ovvero ad un vizio di motivazione. Nel caso di specie,
tuttavia, né l’uno, né l’altro di tali vizi sono stati invocati

Q1/

La sentenza impugnata, infatti, non ha affatto ritenuto che costituisse un

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dall’amministrazione, sicché non possono certo essere rilevati e decisi
d’ufficio.

10. Il settimo motivo del ricorso incidentale.
9.1. Col settimo motivo del ricorso incidentale il Ministero della Difesa

sentenza, con riferimento alla quantificazione del danno non patrimoniale.
Espone, al riguardo, che la Corte d’appello ha liquidato quest’ultimo
pregiudizio senza tenere conto delle circostanze del caso concreto, ed in
particolare del fatto che la stima del danno non patrimoniale ha finito per
essere cinque volte superiore rispetto al danno patrimoniale accertato; che
la lesione dell’immagine del Comune riguardava aspetti unicamente
economici, e che il danno all’immagine era stato causato non solo dalla
tragedia del 1998, ma anche da quella del 1976, alla quale il Ministero della
Difesa era estraneo.

9.2. Il motivo è infondato, per due ragioni.
La ragione principale è che la Corte d’appello non ha affatto trascurato di
considerare le circostanze del caso concreto, da essa debitamente
esaminate alle pp. 33-38 della sentenza. Sicché, adducendo il preteso vizio
di “omesso esame delle circostanze del caso concreto”, in realtà
l’amministrazione sollecita una diversa lettura di quelle circostanze: riesame
ovviamente impossibile in questa sede.
La seconda ragione è che non esiste alcuna corrispondenza biunivoca tra
l’entità del danno patrimoniale e quella del danno non patrimoniale: ad
ingenti pregiudizi economici possono associarsi lievi o nulli pregiudizi non
patrimoniali, e viceversa. Dunque non è erronea una motivazione sol perché
i due ambiti del danno vengano monetizzati in quantità non omogenee di
denaro.

10. Le spese.
10.1. La reciproca soccombenza costituisce un giusto motivo per la
compensazione integrale delle spese di lite.

cil

lamenta – ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c. – il vizio di motivazione della

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P.q.m.
la Corte di cassazione, decidendo sui ricorsi riuniti:
-) rigetta il ricorso principale;
– ) rigetta il ricorso incidentale;
– ) compensa integralmente le spese del presente grado di giudizio tra le

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile
della Corte di cassazione, addì

4T-,A2.2a{3,

parti.

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