Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 4439 del 11/02/2022

Cassazione civile sez. III, 11/02/2022, (ud. 07/12/2021, dep. 11/02/2022), n.4439

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – Consigliere –

Dott. AMBROSI Irene – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 21072/2019 proposto da:

V.M., elettivamente domiciliato in ROMA, presso la

CANCELLERIA della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dagli avvocati MARIA GRAZIA FIDALEO, e MARIO PAONE, che lo

rappresentano e difendono;

– ricorrente –

contro

GARGANO & MILIONI & C. S.P.A., elettivamente domiciliata in

ROMA, presso la CANCELLERIA della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentata e difesa l’avvocato ANTONIO MASTRANGELI, che la

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 440/2019 emessa dalla CORTE D’APPELLO DI ROMA

depositata in data 22/01/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

07/12/2021 dal Consigliere Dott. MARCO DELL’UTRI.

 

Fatto

RILEVATO

che,

con sentenza resa in data 22/1/2019, la Corte d’Appello di Roma, in parziale accoglimento dell’appello proposto da V.M. e T.M., e in riforma per quanto di ragione della decisione di primo grado, per quel che ancora rileva in questa sede, ha condannato V.M. al risarcimento, in favore della Gargano & Milioni & C. s.r.l., dei danni subiti da quest’ultima in conseguenza dell’illecito comportamento del V. quale amministratore della società NEG s.r.l., nella specie consistito nell’indurre fraudolentemente la Gargano & Milioni & C. s.r.l. ad eseguire talune forniture di materiali elettrici in favore della NEG s.r.l. attraverso la consegna alla prima di una polizza fideiussoria (destinata a garantire il regolare pagamento, da parte della NEG s.r.l., dei corrispettivi delle forniture ricevute dalla Gargano & Milioni & C. s.r.l.) rivelatasi inefficace in ragione della mancata integrazione di taluni elementi del contratto;

a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale – dichiarata inammissibile la censura avanzata dal V. in relazione alla ritenuta negligenza della Gargano & Milioni & C. s.r.l. nel non essersi avveduta dell’inefficacia della polizza fideiussoria – ha parzialmente accolto il gravame avanzato dal V. sul punto concernente il contenimento del danno subito dalla Gargano & Milioni & C. s.r.l., da limitarsi (diversamente da quanto statuito dal primo giudice) al solo mancato pagamento delle forniture eseguite in favore della NEG s.r.l. nel periodo intercorrente tra il rilascio della (inefficace) polizza fideiussoria in favore della Gargano & Milioni & C. s.r.l. e il relativo termine di (ritenuta) efficacia;

avverso la sentenza d’appello, V.M. propone ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi di impugnazione;

la Gargano & Milioni & C. s.r.l. resiste con controricorso, cui ha fatto seguito il deposito di successiva memoria;

nessun altro intimato ha svolto difese in questa sede.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

con il primo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 346 c.p.c., dell’art. 116 c.p.c. e degli artt. 1223 e 2395 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente ritenuto inammissibile, per carenza di contenuto critico, il motivo di appello proposto dal V. avverso la decisione con la quale il giudice di primo grado aveva escluso la determinante responsabilità della Gargano & Milioni & C. s.r.l. nel non essersi avveduta dell’inefficacia della polizza fideiussoria consegnatale dal V., avendo quest’ultimo, viceversa, specificamente articolato, in modo diffusamente argomentato, la propria valutazione critica del ragionamento seguito sul punto dal primo giudice, così come agevolmente rilevabile dal contenuto dell’atto d’appello pedissequamente riproposto nel ricorso avanzato in questa sede;

in forza di tali premesse, l’odierno ricorrente ha quindi evidenziato la piena dimostrazione, proprio sulla base delle censure avanzate in sede di appello, dell’insussistenza di alcuna relazione causale tra il comportamento allo stesso addebitato ai danni della Gargano & Milioni & C. s.r.l. e il danno da quest’ultima asseritamente subito;

il motivo è infondato;

osserva il Collegio come la lettura dei contenuti dell’atto d’appello riproposti nel corpo dell’odierno ricorso da parte del V. confermi come le (pretese) censure dallo stesso rivolte alla decisione del primo giudice si fossero limitate all’espressione di un sostanziale dissenso valutativo, ossia alla contrapposizione di una propria contraria valutazione delle evidenze probatorie acquisite, rispetto a quanto fatto proprio dal giudice di primo grado;

in tal senso, del tutto correttamente la corte d’appello ha evidenziato come l’appellante non avesse mai inequivocamente precisato il tenore degli eventuali errori contestati alla decisione sul punto fatta propria dal tribunale, non potendo l’appellante limitarsi a contrapporre, alla decisione criticata, la propria diversa valutazione delle prove, dovendo piuttosto spingersi all’indicazione del modo in cui la valutazione fatta propria dal provvedimento impugnato debba ritenersi erronea in termini giuridici o sul piano logico: adempimento critico al quale l’allora appellante risulta essersi integralmente sottratto;

con il secondo motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e dell’art. 2043 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale gravemente travisato i contenuti della documentazione acquisita agli atti del giudizio, erroneamente interpretando i termini della polizza fideiussoria, segnatamente sul punto concernente la necessaria previa allegazione, alla stessa polizza, del contratto di fornitura oggetto di garanzia, al fine di formarne parte integrante, inscindibile e sostanziale: circostanza dalla stessa corte d’appello inopinatamente negata, con la conseguente inammissibile esclusione di una (manifesta) causa di inefficacia della polizza in forza una ragione agevolmente rinvenibile dalla società garantita;

il motivo è inammissibile;

osserva il Collegio come la censura in esame si muova sul presupposto di una determinata interpretazione della polizza oggetto di causa, senza che il ricorrente abbia mai specificato in che modo il giudice d’appello si sarebbe posto, nell’interpretare detta polizza, in contrasto con i canoni legali di interpretazione negoziale, dovendosi peraltro rilevare come l’interpretazione fatta propria dal giudice a quo (circa la non indispensabilità, ai della validità della polizza, dell’originaria allegazione del contratto di fornitura garantito) non risulti in alcun modo affetta da eventuali forme di abnormità o di palese illogicità;

quanto alla contestata violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., osserva il Collegio come la censura illustrata dal ricorrente non contenga alcuna denuncia del paradigma dell’art. 115 c.p.c., limitandosi a denunciare unicamente una pretesa erronea valutazione di risultanze probatorie;

sul punto, varrà rimarcare come, per dedurre la violazione del paradigma dell’art. 115 c.p.c., sia necessario denunciare che il giudice non abbia posto a fondamento della decisione le prove dedotte dalle parti, cioè abbia giudicato in contraddizione con la prescrizione della norma, il che significa che per realizzare la violazione deve aver giudicato, o contraddicendo espressamente la regola di cui alla norma, cioè dichiarando di non doverla osservare, o contraddicendola implicitamente, cioè giudicando sulla base di prove non introdotte dalle parti e disposte invece di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio (fermo restando il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio, previsti dallo stesso art. 115 c.p.c.), mentre detta violazione non si può ravvisare nella mera circostanza che il giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dal paradigma dell’art. 116 c.p.c., che non a caso è rubricato alla “valutazione delle prove” (cfr. Sez. U, Sentenza n. 20867 del 30/09/2020, Rv. 659037; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 26769 del 23/10/2018, Rv. 650892 – 01);

sotto altro profilo, la doglianza circa la violazione dell’art. 116 c.p.c. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (Sez. U, Sentenza n. 20867 del 30/09/2020, Rv. 659037 – 02);

nella specie, il ricorrente, lungi dal denunciare il mancato rispetto, da parte del giudice a quo, del principio del libero apprezzamento delle prove (ovvero del vincolo di apprezzamento imposto da una fonte di prova legale), – ovvero lungi dall’evidenziare l’omesso esame, da parte del giudice a quo, di uno specifico fatto decisivo idoneo a disarticolare, in termini determinanti, l’esito della scelta decisoria adottata o un vizio costituzionalmente rilevante della motivazione (entro lo schema di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5) – si è limitato a denunciare un (pretesa) cattivo esercizio, da parte della corte territoriale, del potere di apprezzamento del fatto sulla base delle prove selezionate, spingendosi a prospettare una diversa lettura nel merito dei fatti di causa, in coerenza ai tratti di un’operazione critica del tutto inammissibile in questa sede di legittimità;

con il terzo motivo, il ricorrente si duole della nullità della sentenza impugnata per motivazione apparente (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4), per avere la corte territoriale dettato, a fondamento della decisione assunta, un discorso giustificativo totalmente illogico, siccome affetto da affermazioni tra loro inconciliabili, con particolare riguardo alla ritenuta estensione dell’importo risarcitorio riconosciuto in favore della Gargano & Milioni & C. s.r.l. agli importi delle forniture eseguite (nel dicembre del 2014) in epoca successiva alla consegna della polizza fideiussoria presentata dal V., ma anteriore alla decorrenza (dal gennaio 2015) della relativa efficacia, senza avvedersi della conseguente estraneità di dette forniture all’ambito di incidenza del comportamento (asseritamente) dannoso contestato all’odierno ricorrente;

il motivo è infondato;

osserva il Collegio come la corte territoriale abbia correttamente identificato il fatto lesivo posto in essere dal V. nella consegna della polizza fideiussoria (fatto avvenuto il 14/12/2014), ossia nella sua presentazione alla controparte, individuando, in tale presentazione della polizza, l’estremo determinante ai fini della rassicurazione della controparte circa la corretta gestione della relazione tra le parti (cfr. pag. 11 della sentenza impugnata), essendo le forniture destinate ad essere realizzate o pagate entro i primi sei mesi del 2015 (periodo di efficacia della polizza);

varrà sul punto considerare, come la corte territoriale abbia incluso nell’importo dei danni risarcibili la fattura emessa il (OMISSIS) poiché il pagamento di quest’ultima fattura era stato vincolato al rilascio di effetti cambiari in scadenza solo nei primi sei mesi del (OMISSIS), e dunque nel periodo coperto dalla garanzia (ratio decidendi, quest’ultima, non specificamente censurata dall’odierno ricorrente);

con il quarto motivo, il ricorrente censura la sentenza impugnata per omesso esame di un fatto decisivo controverso (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5), per avere la corte territoriale omesso di rilevare come la stessa società (asseritamente) danneggiata avesse riconosciuto come l’ammontare dello scoperto per le forniture eseguite nel (OMISSIS) (coperte dalla polizza) fosse pari all’importo di Euro 60.941,67, in tal modo riconoscendo (ed ammettendo espressamente) la limitazione a tale importo del danno asseritamente subito, in contrasto con il maggiore importo (di Euro 95.501,83) riconosciuto in sentenza in favore della società avversaria;

il motivo è inammissibile;

osserva il Collegio come, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, il ricorrente che, in sede di legittimità, denunci il difetto di motivazione su un’istanza di ammissione di un mezzo istruttorio o sulla valutazione di un documento o di risultanze probatorie o processuali, ha l’onere di indicare specificamente le circostanze oggetto della prova o il contenuto del documento trascurato o erroneamente interpretato dal giudice di merito, provvedendo alla loro trascrizione, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della decisività dei fatti da provare, e, quindi, delle prove stesse, che, per il principio dell’autosufficienza del ricorso per cassazione (nella sua consacrazione normativa di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6), la Suprema Corte dev’essere in grado di compiere sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative (Sez. 6 – L, Ordinanza n. 17915 del 30/07/2010, Rv. 614538 e successive conformi);

e’ appena il caso di ricordare come tali principi abbiano ricevuto l’espresso avallo della giurisprudenza delle Sezioni Unite di questa Corte, le quali, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, hanno ribadito come, nel denunciare eventuali omissioni rilevabili dalla motivazione della sentenza impugnata, il ricorrente deve indicare il fatto storico, il cui esame sia stato omesso, il dato, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il come e il quando tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua decisività, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (cfr. per tutte, Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629831);

nella violazione dei principi sin qui rassegnati deve ritenersi incorso il ricorrente con il motivo d’impugnazione in esame, atteso che lo stesso, nel dolersi che la corte territoriale avrebbe omesso di rilevare come la stessa società (asseritamente) danneggiata avesse riconosciuto un ammontare dello scoperto per le forniture eseguite nel (OMISSIS) (coperte dalla polizza) pari all’importo di Euro 60.941,67, ha tuttavia omesso di fornire alcuna indicazione, nella loro completezza, in ordine agli atti processuali della controparte dai quali sarebbe possibile desumere, in modo inequivoco, l’esistenza di una simile confessione, viceversa, in nessun modo ricavabile dalla lettura degli scarni stralci contenuti nell’odierno ricorso;

sulla base di tali premesse, rilevata la complessiva infondatezza delle censure esaminate, dev’essere pronunciato il rigetto del ricorso, con la conseguente condanna del ricorrente al rimborso, in favore della società controricorrente, delle spese del presente giudizio, secondo la liquidazione di cui al dispositivo;

dev’essere, infine attestata la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 7.000,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, e agli accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 7 dicembre 2021.

Depositato in Cancelleria il 11 febbraio 2022

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA